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Lezione VIII Avviare la presentazione col tasto “Invio”
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Faremo un riepilogo degli argomenti
trattati fino adesso, e lo faremo andando a ritroso, cioè partendo dagli argomenti più recenti Riepilogo I
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Un caso esemplificativo di tutto quello che abbiamo imparato può prendere spunto da
esperimenti del genere: Una biglia in moto m1 colpisce una biglia ferma m2 : l’urto può essere: Elastico: P = costante; K = costante due incognite (v1 e v2), due equazioni (P e K) Anelastico: P = costante; K = diminuisce due incognite (v1 e v2), una equazione (P ) ? Completamente anelastico: P = costante; K = diminuisce; v1 = v2 una incognita una equazione (P )
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Potremmo complicare il problema… per esempio nel caso elastico potremmo immaginare
una cosa del genere: E saremmo in grado di calcolare la deformazione x della molla! ΔK = −ΔU ΔU = ½ kx2
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h Oppure, sempre nel caso elastico potremmo immaginare
una cosa del genere: h E saremmo in grado di calcolare l’altezza h raggiunta dalla biglia bersaglio! ΔK = −ΔU ΔU = mgh
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? Se invece l’urto è anelastico, se ci viene indicata come dato del problema l’altezza a cui arriva la biglia bersaglio , o di quanto comprime la molla, allora potremo calcolare quanta energia potenziale ΔU acquisisce, ricavare l’energia cinetica acquisita con l’urto dalla biglia bersaglio dalla relazione: ΔKm2 = −ΔU potremmo paragonare ΔKm2 all’energia cinetica inziale del sistema (cioè quella della biglia incidente), calcolare di quanto è diminuita l’energia cinetica del sistema e cioè l’entità della dissipazione termica
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Se poi l’urto è completamente anelastico, poiché l’incognita è una sola e cioè
la velocità finale delle due biglie attaccate, con la sola conservazione della quantità di moto siamo in grado di determinare questa velocità e quindi l’energia cinetica delle due biglie attaccate: K = ½ (m1 + m2) v2 e siamo pertanto di nuovo In grado di determinare la compressione della molla o l’altezza raggiunta sul piano inclinato
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Ma le cose potrebbero essere un po’ più complicate: per esempio il piano inclinato
su cui si arrampica la biglia bersaglio potrebbe essere dotato di attrito! In questo caso, il lavoro esercitato dalla biglia nella sua risalita, sarà in parte trasformato in energia potenziale ΔU = mgh ma in parte sarà dissipato in lavoro fatto contro la forza d’attrito ΔL = F d Quindi se avevamo calcolato che l’energia cinetica acquisita dalla biglia bersaglio nell’urto elastico era ΔK dovremo tenere in conto che quando la biglia si ferma sul piano inclinato, ΔK si è trasformata in mgh + F d
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Conservazione della quantità di moto e urti
p = mv La quantità di moto di un sistema isolato si conserva La variazione di quantità di moto è pari all’impulso ricevuto dall’esterno J = F (t) dt = Δp F(t) t2 ∫ t1 Δp t1 t2 t Δt
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L’applicazione della sola conservazione della quantità di moto negli urti non ci permette
in generale di prevedere l’esito dell’urto, a meno che questo non sia completamente anelastico (una sola velocità finale in quanto i corpi rimangono attaccati).
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m1 m2 velocità = u1 velocita = u2 velocità = v1 velocità = v2
Prima dell’urto (velocità u) velocità = u1 velocita = u2 Dopo l’urto (velocità v) velocità = v1 velocità = v2
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In questo caso, noti i dati iniziali m1, u1 ,m2 e u2 applicando la sola conservazione della quantità di moto possiamo scrivere una sola equazione avendo però due incognite v1 e v2 m1u1 + m2u = m1v1 + m2v2 cioè in base alla sola conservazione della quantità di moto l’esito dell’urto non è univocamente determinato
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Applicando però congiuntamente anche la conservazione dell’energia cinetica
(urti elastici) si ha una soluzione univoca per le due velocità
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m1 ≥ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma:
si ferma solo se ha rigorosamente la stessa massa della biglia bersaglio prosegue alla sua stessa velocità solo se è MOLTO più massiva della biglia bersaglio se ha una massa intermedia manterrà una certa velocità inferiore a quella iniziale
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m1 ≤ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma:
si ferma solo se ha la stessa massa della biglia bersaglio Rimbalza indietro con la sua stessa velocità cambiata di segno solo se è MOLTO più leggera della biglia bersaglio se ha una massa intermedia avrà un lieve rimbalzo ma non sarà del tutto ferma
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Energia potenziale
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Poiché come abbiamo visto il lavoro fatto/ricevuto da una forza conservativa su/da di una
particella dipende soltanto dal punto di partenza e da punto di arrivo. E poiché nel caso di forze conservative il lavoro fatto dalla/sulla particella sulla/dalla forza (a scapito o ad arricchimento della sua energia cinetica) può essere interamente restituito o riscambiato, ne consegue che una tale forza può dipendere solo dalla posizione della particella, e non per esempio dal tempo, o dalla velocità della particella. Per esempio se la forza dipendesse dal tempo, adottando fra i due punti A e B un percorso che ci fa impiegare più tempo, il lavoro risulterebbe differente rispetto a quello risultante per un percorso che ci fa impiegare meno tempo. Il che abbiamo visto che non è il caso.
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Consideriamo il caso di un percorso rettilineo di una massa m
Consideriamo il caso di un percorso rettilineo di una massa m. Il lavoro fatto dalla risultante F delle forze applicate alla massa in questione è uguale alla variazione di energia cinetica della massa m L = Fdx = ½ mv2 − ½ mv02 x ∫ x0 In queste condizioni stabiliremo che ogni variazione dell’energia di movimento, l’energia cinetica, lungo il percorso, è associata ad una variazione di segno opposto dell’energia di posizione, l’energia potenziale. Cioè abbiamo sintetizzato questa proprietà delle forze conservative di restituire energia In funzione della posizione associando alla posizione una energia potenziale.
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∫ ∫ ΔK = −ΔU ΔK = F(x)dx x ΔU = − F(x)dx x0 x x0
Rappresentando con U l’energia potenziale, questo enunciato risulta espresso dalla formula ΔK = −ΔU In base al teorema lavoro-energia che abbiamo appena riscritto, la variazione di energia cinetica vale: ΔK = F(x)dx da cui ne segue che: ΔU = − F(x)dx Questa quantità è funzione soltanto della posizione x ∫ x0 x ∫ x0
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In sostanza, abbiamo ricavato la Legge di Conservazione dell’Energia Meccanica
(cinetica + potenziale): E = U + K di cui avevamo intuito fin dalla prima lezione l’esistenza. Energia potenziale U Energia cinetica K Energia Meccanica E
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∫ ∫ I due esempi classici di sistemi conservativi unidimensionali
Due esempi classici di forze conservative sono la forza di gravità e la forza di richiamo di una molla Il caso della forza di gravità Nel caso della forza di gravità, il moto unidimensionale è verticale. Assumendo l’asse positivo delle y diretto verso l’alto, la forza di gravità risulta diretta secondo il verso negativo delle y. Si ha quindi: F = −mg = costante (che rappresenta un caso particolare di una forza dipendente dalla posizione). Per l’energia potenziale potremo scrivere pertanto: U(y) – U(0) = (−mg) dy = mgy ∫ ∫ = Fdy y y Adottando un energia potenziale nulla per y = 0, si ha semplicemente: U (y) = m g y
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Il fatto che l’energia potenziale di una massa m ad una certa altezza dal suolo
cresca con l’altezza è certamente coerente con la nostra esperienza quotidiana: Maggiore è l’altezza h dalla quale lasciamo cadere una massa m, maggiore è la velocità (e quindi l’energia cinetica) con cui arriva al suolo.
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∫ ∫ F = −k x dove k è la costante elastica della molla
Il caso della forza di una molla Consideriamo la forza esercitata da una molla elastica su di una massa m che si muove su di una superficie orizzontale (priva di attrito), e consideriamo il punto x0 = 0 come posizione di equilibrio della molla. La forza F esercitata sulla massa m quando la deformazione è x vale F = −k x dove k è la costante elastica della molla L’energia potenziale è data dalla formula: U(x) − U(0) = (−kx) dx Se scegliamo U(0) = 0 , l’energia potenziale, come pure la forza, è nulla nella posizione di riposo della molla e risulta: U(x) − U(0) = (−kx) dx = ½ kx2 (metodo grafico delle aree) ∫ x ∫ x
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L’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma
Una importante affermazione, che fino adesso non è stata mai contraddetta dai risultati sperimentali è la seguente: L’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma dell’energia cinetica, dell’energia potenziale, dell’energia termica e di altre forme di energia, non cambia
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Alcune considerazioni:
Abbiamo iniziato l’approccio alla conservazione dell’energia parlando della conservazione dell’energia meccanica K+U. Poi abbiamo scoperto che l’energia meccanica si conserva solo nel caso di forze conservative. Per esempio nel caso di forze d’attrito, l’energia meccanica non si conserva ma viene dissipata in energia termica Adesso abbiamo affermato che l’energia totale di un sistema, come risulta dalla somma dell’energia cinetica, dell’energia potenziale, dell’energia termica e di altre forme di energia, non cambia
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Di fatto è l’esperienza che ci conferma la veridicità del teorema.
Sembra quasi che si voglia rincorre assolutamente un teorema (la conservazione dell’energia, appunto) invocando eventuali altre forme di energia, laddove apparentemente l’energia non si sarebbe conservata. Di fatto è l’esperienza che ci conferma la veridicità del teorema.
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Riepilogo II Forze conservative e non conservative
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Abbiamo visto che un corpo dotato di energia cinetica è in grado di effettuare lavoro
(a scapito della sua energia cinetica):
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Le forze per cui si osserva il fenomeno della «restituzione dell’energia cinetica»,
si chiamano forze conservative: lo è la forza esercitata da una molla, come lo è la forza gravitazionale
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In un esperimento di questo tipo, l’energia cinetica viene ceduta e riacquisita periodicamente
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Le forze conservative, come la forza di una molla o come la forza gravitazionale,
sono in grado di restituire ad una massa m la sua energia cinetica. Le forze non conservative come le forze di attrito, o di deformazione non elastica NO!!! Il blocco NON riacquista la sua energia cinetica !!!
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Quindi: se in parallelo ad una forza conservativa (per esempio la forza gravitazionale)
è presente anche una forza non conservativa, per esempio l’attrito dell’aria, non tutta l’energia cinetica della massa m sarà restituita: Se per esempio il pallone nel suo viaggio di andata e ritorno in verticale è soggetto all’attrito dell’aria, il pallone tornerà al punto di partenza con meno energia cinetica di quanto ne possedeva alla partenza.
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Abbiamo anche visto che ciò che risulta rilevante ai fini del computo del lavoro L
effettuato da una forza conservativa F nel muovere una massa da A a B è la sola componente del segmento A-B lungo la direzione della forza F, o le componenti dei segmenti verticali infinitesimi Δh lungo la direzione della forza, la cui sommatoria è sempre: B ∑ Δh = h per il percorso in salita ∑ Δh = −h per il percorso in discesa F = -mg A Cioè il lavoro fatto da una forza conservativa NON dipende dal percorso ma solo dalle posizioni iniziale e finale
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Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il
lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il percorso lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A
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Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il
lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il percorso lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A
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Al contrario, nel caso di forze NON conservative, per esempio le forze d’attrito, il
lavoro fatto dalla forza in questione dipende dal percorso seguito per spostarsi fra il punto iniziale e il punto finale e in generale il percorso lungo un ciclo chiuso NON è nullo. Supponiamo per esempio un corpo che si muove su un tavolo, dotato di attrito, da un punto A ad un punto B seguendo di volta in volta percorsi differenti: B A
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In qualsiasi direzione si stia muovendo ad ogni istante il corpo in questione, la forza di
attrito si oppone sempre al suo moto, quindi effettua sempre un lavoro negativo a scapito dell’energia cinetica del corpo. B A
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E quindi anche lungo un ciclo chiuso, il lavoro NON risulta nullo, ma negativo, con una perdita netta di energia cinetica B A
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Possiamo adottare indifferentemente le due definizioni di forze conservative che
sono una la conseguenza dell’altra. Una forza si dice conservativa se il lavoro da essa eseguito nello spostare un corpo da un punto ad un altro dipende solo dalla posizione dei due punti e non dal percorso seguito. Una forza si dice conservativa se il lavoro da essa eseguito nello spostare un corpo lungo un percorso chiuso risulta nullo.
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Lavoro ed Energia
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Lavoro fatto da una forza costante
Consideriamo ancora il caso di una forza F = costante, e di un moto rettilineo lungo la direzione di una forza. In questo caso, come sappiamo possiamo ridurre nuovamente lo studio al caso unidimensionale (scalare) (moto lungo l’asse x) . E sappiamo già che la particella di muoverà di moto accelerato con accelerazione costante a = F/m F x Definiamo Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto del modulo della forza F per la distanza percorsa dalla particella L = F d
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Consideriamo adesso il caso in cui la forza (sempre costante) non agisce però lungo
la direzione di moto: F x Fx In questo caso definiremo il Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto della componente Fx della forza lungo la direzione di moto, per la distanza percorsa dalla particella L = Fx d L = F cos (θ) d Se θ = 0, il Lavoro è semplicemente F d, come per il caso precedente , mentre se θ= 90° il lavoro fatto dalla forza F sulla particella è nullo.
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Il Lavoro è una quantità scalare ed altro non è che il prodotto scalare dei vettori F e d
L = F • d
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Unità di misura del Lavoro
L’unità di misura del lavoro è il lavoro fatto dall’unità di forza nel muovere un corpo dell’unità di lunghezza nella direzione della forza. Quindi nel sistema SI l’unità di lavoro è 1 Newton-metro, detto joule. Un’altra unità di misura in uso è il kilogrammetro, definita come 1kgm = 9,8 joule
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Lavoro fatto da una forza variabile
Consideriamo il caso di una forza che varia soltanto in modulo, che agisce lungo la direzione x, e supponiamo di conoscere come varia il modulo F in funzione di x. Ci poniamo il quesito di calcolare il lavoro fatto da questa forza variabile quando il punto materiale si sposta da x1 a x2. Supponiamo per esempio di sapere che la funzione F(x) sia come in figura: F(x) x x1 x2
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ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo
Dividiamo lo spostamento totale x1 x2 in tanti piccoli intervalli consecutivi Δx. Il lavoro fatto falla forza F nello spostare il punto materiale da xi a xi + Δx, assumendo che la forza sia costante nell’intervallo in questione , sarà dato da ΔL = F(xi) Δx F(x) ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo x Δx x1 x2
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Il lavoro totale falla forza F nello spostare il punto materiale da x1 a x2,
sarà dato approssimativamente dalla somma di un numero di termini come di seguito: L12 ≈ ∑ F(xi) Δx F(x) x Δx x1 x2
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Per migliorare la nostra approssimazione, possiamo suddividere in intervalli Δx
sempre più piccoli. L12 ≈ ∑ F(xi)Δx F(x) x Δx x1 x2
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∫ L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx 0 x2 x1 F(x) x x1 x2
Otterremo un risultato esatto per il lavoro fatto dalla forza F(x) nello spostare il punto da x1 a x2, attraverso un processo al limite: L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx 0 x2 ∫ x1 Questa relazione definisce l’integrale di F rispetto a x da x1 a x2 e numericamente è esattamente uguale all’area indicata in figura F(x) x x1 x2
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k= costante elastica della molla
Supponiamo di avere una molla attaccata ad una parete, e supponiamo che nel suo stato di equilibrio l’estremità della molla sia posizionata alla coordinata x0 x0 x La forza esercitata dalla molla quando è stata allungata fino ad un certo valore x dalla sua posizione di equilibrio x0, è data dalla cosiddetta Legge di Hooke: F = − k (x−x0) e il suo verso è sempre opposto allo spostamento da x0 F x0 x k= costante elastica della molla
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Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x
Quando la molla è allungata x > x0; quando la molla è compressa x < x0 La forza F è sempre diretta verso x0, e quindi cambia segno quando il suo estremo passa per la posizione di riposo x0 x0 x x0 x Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x
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∫ L12 = F’(x)dx = kxdx = ½ kx2 ? x F’(x) F’(x) = kx kx x
Per deformare la molla senza che si generino accelerazioni, è sufficiente applicare alla molla una forza F’ esattamente eguale e contraria alla forza F esercitata dalla molla su di noi. La forza che applicheremo sarà quindi: F’ = kx. Il lavoro fatto da questa forza F’ per allungare la molla da 0 a x è: L12 = F’(x)dx = kxdx = ½ kx2 ? x ∫ Come calcolare un integrale così semplice, in modo grafico: (l’integrale è l’area….) F’(x) F’(x) = kx kx Area = ½ kx2 x
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Energia cinetica a = F / m m di una quantità x. F a x d=x x
Supponiamo il caso in cui la risultante F delle forze applicate ad una massa m sia costante (in termini vettoriali cioè sia in modulo che in direzione e verso). Come sappiamo, una forze costante costante imprime alla massa in questione una accelerazione costante a, data dalla II Legge di Newton: a = F / m Scegliamo come sistema di riferimento l’asse delle x coincidente con la direzione comune della forza F e dell’accelerazione a, e calcoliamo il lavoro fatto dalla forza F nello sposare la massa m di una quantità x. F a x d=x x
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variazione di Energia Cinetica
Il lavoro L = F x applicando la II Legge di Newton risulta essere: = ½ mv2 − ½ mv02 Abbiamo definito questa quantità l’Energia Cinetica (energia di movimento) della massa m e la indichiamo col simbolo K K= ½ mv2 In base a questa formulazione quindi: Il lavoro fatto da una forza su una particella è uguale alla sua variazione di Energia Cinetica
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Per quanto abbiamo ricavato questa formulazione nel semplice caso di una forza costante, si dimostra che la formulazione è del tutto generale e vale anche nel caso di una forza variabile. Nella slide successiva, affronteremo per esempio il caso di una forza F che varia in modulo, in funzione della posizione, ma non in direzione.
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(Teorema Lavoro-Energia)
x ∫ L = F(x) dx = ½ mv2 − ½ mv02 x0 Si dimostra che anche nel caso in cui la forza non solo varia in modulo, ma varia anche in direzione, in ogni caso risulta sempre che il lavoro fatto dalla risultante delle forze su una particella è eguale alla sua variazione di energia cinetica : L (lavoro della forza risultante) = K –K0 = ΔK (Teorema Lavoro-Energia)
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Sul significato di lavoro negativo
Supponiamo che l’energia cinetica K di una particella diminuisca. Allora il lavoro L fatto su di essa dalla risultante F delle forze applicate risulta negativo L = K − K0 < 0 se K < K0 Questa equazione può essere interpretata affermando che l’energia cinetica di una particella diminuisce di una quantità eguale al lavoro da essa prodotto per contrastare Una forza (così come aumenta di una quantità uguale al lavoro ricevuto da una forza) In sostanza: una particella in moto possiede una certa quantità di energia, sotto forma di energia cinetica (energia di movimento). Non appena produce lavoro, perde energia cinetica (cioè velocità). Quindi: l’energia cinetica di un corpo in movimento è pari è eguale al lavoro che produce nel fermarsi.
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Riepilogo III
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Le forze d’attrito
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F = F1 a = 0 F = F2 a = 0 F = F3 a = 0 F = F4 a ≠ 0
Supponiamo di applicare una forza F1 ad un corpo posizionato su di una superficie non perfettamente liscia: F = F1 a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F2 > F1 F = F2 a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F3 > F2 F = F3 a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F4 > F3 F = F4 a ≠ 0
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Chiameremo questa forza fs (Forza di attrito Statico)
In base alle Leggi di Newton possiamo affermare che esiste una forza eguale a –F1 applicata al corpo cosicché essendo la risultante delle forze F1 – F1 = 0, risulta a = 0. F = F1 a = 0 F = F2 a = 0 F = F3 a = 0 Chiameremo questa forza fs (Forza di attrito Statico)
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Chiameremo questa forza fk (Forza di attrito Dinamico)
Se osserviamo in dettaglio il moto nel caso F4 scopriamo che se manteniamo applicata la forza, il corpo si muove di moto accelerato F = F4 a ≠ 0 Tuttavia, se facciamo delle misure scopriamo che a < F4 / m Evidentemente, esiste una forza contraria tale che la risultante Fr obbedisce alla relazione F r = m a Fr = F4 – fk = m a Chiameremo questa forza fk (Forza di attrito Dinamico)
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Va da sé che una volta «sbloccato» il corpo dalla posizione di quiete, se vogliamo
semplicemente che mantenga uno stato di moto uniforme (a = 0), dobbiamo smorzare la forza F4 fino a eguagliare in modulo fk F4 = - fk fk
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Quindi, in sostanza, se misuriamo in funzione del tempo la forza F necessaria per
sbloccare il corpo dalla sua posizione di quiete e poi mantenerlo in uno stato di moto uniforme (a = 0), otteniamo un grafico di questo tipo: F > fs Forza F applicata fk Tempo (s)
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Si osserva che la forza di attrito f è proporzionale alla forza normale N che mantiene a
contatto la massa in questione con la superficie su cui si trova. Di norma l’attrito è quantificato attraverso l’introduzione del cosiddetto coefficiente d’attrito μ Definiremo pertanto il coefficiente d’attrito statico in base alla formula: fs = μs N E definiremo il coefficiente d’attrito dinamico (o cinetico) in base alla formula fc = μc N
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Per pervenire alla formulazioni delle nostre Leggi e per sviluppare un approccio
metodologico che ci consenta di prevedere l’esito degli esperimenti, vi ricordo che eravamo partiti dallo studio di: Cinematica e Dinamica che ci hanno anche indirizzato verso applicazioni del calcolo differenziale (derivate e integrali) e ci siamo dovuti anche impratichire con altri strumenti di lavoro: Algebra vettoriale
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Per pervenire in modo formalmente corretto alle nostre formulazioni:
ci siamo dotati di adeguati strumenti di lavoro Abbiamo definito le grandezze fisiche fondamentali Abbiamo enunciato le leggi fondamentali della dinamica
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GRANDEZZE SCALARI E GRANDEZZE VETTORIALI
Ripensando agli esperimenti che abbiamo immaginato a proposito della quantità di moto, ci rendiamo conto che in Fisica esistono sia: grandezze scalari o più semplicemente uno scalare che grandezze vettoriali o più semplicemente un vettore Per grandezza scalare intendiamo una grandezza fisica identificata semplicemente da un valore numerico: per esempio fra quelle che abbiamo già trattato nei nostri esperimenti, la massa. Diremo quindi la massa è uno scalare. Per grandezza vettoriale intendiamo invece una grandezza fisica che oltre ad un valore numerico, necessita anche della individuazione di una direzione e un verso, per esempio fra quelle che abbiamo già trattato nei nostri esperimenti, la velocità. Diremo quindi che la velocità è un vettore
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Proprietà dei vettori Le proprietà dei vettori possono essere facilmente descritte ricorrendo alla loro rappresentazione grafica. Prendiamo in considerazione il vettore «spostamento» Supponiamo di muoverci verso Est per 3km a partire da una posizione iniziale «0». Possiamo indicare questo spostamento nel grafico di seguito come segue: N O W E 1 km S
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Immaginiamo quindi di svoltare di 30 gradi a sinistra e di spostarci lungo questa nuova direzione di altri 5 km. Siamo in contatto radio coi nostri corrispondenti fermi al punto «0». Per farci raggiungere dobbiamo necessariamente descrivere il percorso che abbiamo fatto, o possiamo piuttosto indicare un percorso diretto ? N 30° O W E 1 km 70 S
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Immaginiamo quindi di svoltare di 30 gradi a sinistra e di spostarci lungo questa nuova direzione di altri 5 km. Siamo in contatto radio coi nostri corrispondenti fermi al punto «0». Per farci raggiungere dobbiamo necessariamente descrivere il percorso che abbiamo fatto, o possiamo piuttosto indicare un percorso diretto ? Ok, graficamente è semplice ma come ricavare la lunghezza (modulo) e l’angolo del vettore risultante ? (che sono poi le grandezze da comunicare ai nostri corrispondenti!) N 30° O W E 1 km 71 S
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Componenti dei vettori
Possiamo individuare un vettore indicandone il modulo (la lunghezza), la direzione e il verso: y a φ x O
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y a ay φ x ax ax = a cos ( ) ay = a sin ( ) φ φ
Possiamo individuare un vettore indicandone il modulo (la lunghezza), la direzione e il verso: y a ay φ x ax O Le componenti lungo l’asse x e l’asse y saranno rispettivamente: ax = a cos ( ) ay = a sin ( ) φ φ
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φ ax = a cos ( ) ay = a sin ( ) φ φ a = ax 2 + ay2 tan = ay / ax
Quindi, conoscendo a e possiamo determinare ax e ay ax = a cos ( ) ay = a sin ( ) Viceversa, conoscendo ax e ay possiamo determinare a e φ φ φ 74 a = ax ay2 tan = ay / ax
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Vogliamo definire il vettore s = a + b
E torniamo adesso al quesito da cui eravamo partiti: la somma vettoriale Vogliamo definire il vettore s = a + b E’ intuitivo rendersi conto che, posto s = sx i s y j Risulta: sx = ax bx sy = ay by N 30° O W E 1 km 75 75 S
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Ecco i dati da comunicare ai nostri corrispondenti fermi al punto «0»
s = sx sy2 tan = sy / sx
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Vettori unitari (versori)
I versori sono vettori unitari (modulo = 1 ) che hanno direzione e verso di ciascuno degli assi cartesiani e vengono indicati con i simboli i e j rispettivamente: y j x i O Adottando questo formalismo, possiamo scrive il vettore a come: a = ax i ay j
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Moltiplicazione di un vettore per uno scalare
y y a a φ φ x x O O Moltiplicare un vettore per uno scalare, significa semplicemente variarne il modulo
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Prodotto scalare di due vettori
Dati due vettori A e B: A θ B Definito θ l’angolo fra i due vettori, di definisce prodotto scalare di A e B A • B = A x B cos (θ) Cioè il prodotto del modulo di A per la proiezione di A su B
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Prodotto vettoriale di due vettori
Lo vedremo più avanti quando ne troveremo un’applicazione in Fisica
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Riepilogo IV
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Cinematica e dinamica
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Avevamo iniziato il corso definendo le grandezze fisiche fondamentali per trattare il moto
Posizione Spostamento: cambiamento di posizione Velocità: rapidità con cui cambia la posizione Accelerazione: rapidità con cui cambia la velocità
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Abbiamo visto che si tratta di grandezze vettoriali, anche se nel caso di moto in
una dimensione possiamo trattare il problema adottando il formalismo scalare. Abbiamo preso dimestichezza con il problema della risoluzione temporale di un dato fenomeno fisico: Per esempio: poiché lo spostamento è definito some la variazione di posizione in un dato intervallo di tempo, la variazione di posizione durante l’intervallo Δt di un punto materiale che si muove di un moto «bizzarro» può non essere esaustiva. Δr x O Δt Tempo t
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v = Δr / Δt v = Δr / Δt = 0 x Δr = 0 Δt
Ci siamo resi conto che «campionando» il nostro fenomeno fisico (in questo caso il moto rettilineo di un punto materiale) con un intervallo di tempo relativamente lungo, perdiamo dettagli che potrebbero essere importanti. E infatti, applicando a questo caso la definizione di velocità, abbiamo stabilito che la formula: deve essere intesa come velocità media, grandezza fisica a volte utile, ma a volte meno utile. Per esempio nel caso seguente: v = Δr / Δt Δr = 0 x O Risulterebbe: v = Δr / Δt = 0 Δt Tempo t
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Ci siamo quindi resi conto della opportunità di campionare il fenomeno con una maggiore risoluzione temporale, cioè con intervallo di tempo Δt sempre più piccoli, fino a pervenire a una rappresentazione grafica «continua» della posizione x(t) in funzione del tempo: x x Δt→0 Tempo t Tempo t
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v = lim ( Δr/Δt ) m / s x = v t x x
Per ogni istante t abbiamo definito la velocità istantanea v(t) come il valor limite a cui tende il rapporto Δr / Δt quando Δt tende a zero: v = lim ( Δr/Δt ) m / s Δt→0 x = v t x x Δt→0 In ogni punto, la velocità istantanea v(t) è il coefficiente angolare della retta tangente la curva x(t) Tempo t Tempo t
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Essendo in grado di ricavare una serie «fitta» di punti per la velocità istantanea v(t), siamo stati in grado di farne una interpolazione grafica, e ci siamo resi conto che a questo punto eravamo in grado di applicare le stesso processo a limite (Δt 0) per ricavare l’accelerazione istantanea, che in ogni punto è il coefficiente angolare della retta tangente alla funzione velocità v(t) così come la velocità istantanea era il coefficiente angolare della retta tangente alla funzione spostamento x(t). A questo proposito abbiamo visto un esempio abbastanza semplice: una particella che parte da un punto P localizzato a 1m dall’origine e si sposta verso il punto Q localizzato a 5 m dall’origine e quindi torna indietro al punto R a 2 m dall’origine. P R Q x
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x Q R P t Abbiamo definito un sistema di assi cartesiani per x e t.
Lo spostamento in questo sistema di assi sarà descritto da una curva così. x Q m R P t sec
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Abbiamo calcolato la velocità istantanea vi (ti) in numero di punti sufficientemente elevato di punti x Q R P t sec
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A questo punto abbiamo definito un sistema di assi cartesiani per vx e t, e abbiamo
Riportato i valori delle velocità istantanee calcolate nei vari punti e abbiamo operato una interpolazione grafica vx P S Q W m/s R t sec
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La linea curva che abbiamo individuato nel piano (vx , t) altro non è che la rappresentazione
grafica della velocita del punto materiale in funzione del tempo vx (t). vx m/s t sec
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Di questa funzione vx(t) potremo calcolare l’accelerazione istantanea punto per punto
ricordando che a = dv /dt è la pendenza della retta tangente in ogni punto vx m/s t sec
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Abbiamo anche visto che nel caso unidimensionale, l’equazione del moto di un punto
materiale che si muove a partire da un punto inziale x0, con una velocità iniziale pari a v0 e con una accelerazione a costante è la seguente: x(t) = x0 + v0 t + ½ at2 E abbiamo visto alcuni esempi in cui a = g = −9,8 m/s2
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x-y è ovviamente sempre un moto unidimensionale.
Poi siamo passati dal caso unidimensionale al caso bidimensionale (moto in un piano) e ci siamo resi conto che in questo caso l’uso del formalismo vettoriale non è opzionale ma risulta obbligatorio. Questo in quanto non esiste una direzione unica, e la direzione del moto va quindi definita dalle stesse grandezze in gioco. Infatti, in un piano x-y , un punto materiale può manifestare il suo moto in una qualunque direzione. In particolare, un punto che si muova lungo una linea curva, cambia continuamente direzione. Tuttavia, ci siamo resi conto che il moto delle proiezioni del punto lungo le componenti x-y è ovviamente sempre un moto unidimensionale.
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y x y vx vy ax ay yQ yP xP xQ x
Mentre il punto materiale si muove lungo la traiettoria curva, le sue proiezioni sugli assi x e y si muovono di moto rettilineo (ma non necessariamente uniforme). y Quindi: tutto ciò che abbiamo imparato sulle equazioni del moto in una dimensione può essere tranquillamente applicato alle componenti lungo gli assi x e y delle varie grandezze fisiche: x y vx vy ax ay yQ Q yP P xP xQ x
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Dinamica: Abbiamo introdotto la dinamica dicendo che in sostanza, il problema della dinamica di un corpo (per semplicità un punto materiale) è determinare come si muove la particella, note le cause che agiscono su di essa. Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale lungo l’asse x, determinare la funzione x(t) in funzione delle cause che agiscono sulla particella. Adesso abbiamo definito queste cause: le forze che agiscono sulla particella, o più in generale la risultante F delle forze Fi che agiscono sulla particella. E abbiamo definito tre importanti Leggi: le Leggi di Newton
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F = m a La I Legge di Newton:
Ogni corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché forze esterne ad esso non lo costringano a mutare questo stato. La II Legge di Newton: L'accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale e nella stessa direzione della forza agente su di esso, ed è inversamente proporzionale alla sua massa: F = m a La III Legge di Newton: Se un corpo A esercita una forza su un corpo B, il corpo B esercita su A una forza uguale e contraria.
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Abbiamo visto che una interessante formulazione della II Legge è la seguente:
a = F/m E’ interessante in questa forma in quanto ci permette di ricavare informazioni sul moto di un corpo una volta note le forze che agiscono su di esso. Rivediamo quali sono le implicazioni pratiche di questa Legge, nella risoluzione del problema della determinazione di x(t) in funzione di F
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a = F/m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at x(t) = v0t + ½ (F/m)t2
Le implicazioni sono molto interessanti: e si perché già in cinematica abbiamo imparato a determinare x(t) in funzione dell’accelerazione a e quindi se possiamo scrivere a = F/m siamo immediatamente in grado di determinare x(t) in funzione di F Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale, dalle equazioni della cinematica che già conosciamo: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Ponendo: a = F/m Scriveremo: x(t) = v0t + ½ (F/m)t2 v(t) = v0 + (F/m)t
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Ovviamente, non dimentichiamo che le equazioni che abbiamo appena scritto erano state derivate per il caso a = costante, e quindi valgono solo nel caso F = costante.
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Quindi per esempio, nel caso di a = costante, si osserva in funzione del tempo
una cosa del genere: a(t) t v(t) t
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v = a t (+ ovviamente un termine iniziale v0)
Quindi: la formula che abbiamo scritto in per il caso semplice a = costante, è soltanto il caso particolare di una relazione più generale in cui la velocità è (istante per Istante) l’area (l’integrale) definita dalla curva nel piano a(t)-t. Nel caso particolare di un moto uniformemente accelerato, cioè a = costante, la velocità cresce linearmente, ma è sempre data (istante per istante) dall’area in questione che nel caso specifico è l’area del seguente rettangolo: v = a t (+ ovviamente un termine iniziale v0) a Area = a x t t
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∫ a(t) = dv(t) / dt v(t) = a(t) dt
Quindi velocità istantanea e accelerazione istantanea, cioè le funzioni v(t) e a(t) sono connesse dalle relazioni inverse: a(t) = dv(t) / dt v(t) = a(t) dt ∫ Questo ci dice che quando avremo a che fare con forze variabili (e di conseguenza accelerazioni variabili) dovremo inevitabilmente ricorrere a derivate e integrali, anche se in molti casi vedremo che le soluzioni sono semplici e spesso posso essere ricavate in base a dei grafici.
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La «ricetta» per risolvere un problema generico (l’esito di un esperimento):
Ci sono corpi in moto ? In caso affermativo, i dati del problema sono sufficienti a calcolarne l’energia cinetica e la quantità di moto ? In caso affermativo, calcoliamo queste grandezze! Poi vedremo bene cosa farne! Ci sono urti ? In caso affermativo sono elastici ?anelastici? o completamente anelastici ? Siamo quindi in condizione di prevedere l’esito di questi urti ? Se si, passiamo ai numeri! Ci sono fasi dell’esperimento in cui un dato corpo perde la sua energia cinetica in modo conservativo ? per esempio risalendo una rampa senza attrito o comprimendo una molla ? In caso affermativo, passiamo ai numeri, ci sarà utile! Ci sono invece fenomeni in cui l’energia cinetica viene persa attraverso l’intervento di forze non conservative ? In questo caso, il problema ci fornisce sufficienti informazioni per calcolarla ?
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