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VIRUS ONCOGENI Le particelle virali o virioni, hanno piccole dimensioni (da 0,02 a 0,4 m) e una semplice organizzazione strutturale. Sono costituiti da.

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1 VIRUS ONCOGENI Le particelle virali o virioni, hanno piccole dimensioni (da 0,02 a 0,4 m) e una semplice organizzazione strutturale. Sono costituiti da piccole particelle formate essenzialmente da solo materiale genetico (RNA o DNA), detto core, avvolto da membrane protettive, quali capside e pericapside di natura lipo e/o glicoproteico, che ha una duplice funzione di proteggere il genoma e mediare la penetrazione nella cellula ospite. La mancanza di ribosomi e di sistemi enzimatici deputati alla produzione di energia (ATP) fa si che il processo di replicazione possa avvenire solo quando il genoma virale, penetrato nella cellula ospite, si spoglia della capsula ed inizia il suo processo replicativo con il contributo della cellula ospite. Nabissi 2017

2 Molti virus hanno invece un secondo rivestimento, proveniente dalla membrana cellulare della cellula ospite e formato da fosfolipidi. Questo secondo rivestimento è chiamato envelope, su cui sono evidenti le molecole necessarie per l’infezione. Nabissi 2017

3 Virus oncogeni Le caratteristiche generali che sono rappresentative della trasformazione virale delle cellule eucariotiche sono: 1) la singola interazione di una particella virale con la cellula suscettibile è sufficiente per indurre la trasformazione 2) La trasformazione induce una modificazione genetica spesso irreversibile nella cellula infettata, in quanto il genoma virale s’integra stabilmente nel DNA cellulare. Per alcune forma virali il DNA virale rimane nella cellula ospite in forma episomiale (DNA non integrato). Nabissi 2017

4 3) La trasformazione comporta l’espressione dei geni virali necessari al mantenimento del DNA virale nella cellula infettata. 4) Le cellule trasformate possono rilasciare il virus, esprimere antigeni virali (nucleari, citoplasmatici o di membrana), acquisire un fenotipo immortalizzato (perdere i meccanismi di controllo della proliferazione e crescere in modo indefinito). Nabissi 2017

5 •Un gene che potenzialmente trasforma le cellule normali in
Cancro indotto da virus a DNA ONCOGENE •Un gene che potenzialmente trasforma le cellule normali in cellule cancerose •Quando l’oncogene è trasmesso da virus ONCOGENE VIRALE v-onc Nabissi 2017

6 I virus oncogeni a DNA appartengono a cinque famiglie:
PAPOVAVIRUS: PA (papilloma), PO (polioma), VA (virus vacuolizzante) ADENOVIRUS: isolati per la prima volta dalle adenoidi HERPESVIRUS: induce delle striscianti progressioni di lesioni erpetiche (herpes dal greco strisciare) POXVIRUS: deriva dalla parola inglese pock (pustola) HEPADNAVIRUS: deriva da HEPA(tic), DNA, virus Nabissi 2017

7 Il comportamento dei virus dipende dalla permissività della cellula ospite, infatti nelle cellule permissive in cui viene permessa la replicazione delle particelle virali, dopo integrazione del genoma virale in quello dell’ospite si ha una infezione di tipo produttivo con effetto citopatico litico e quindi morte della cellula. Di conseguenza non si ha trasformazione cellulare con possibile sviluppo di cellule tumorali. Nabissi 2017

8 Nelle cellule non permissive non si ha produzione delle particelle virali necessarie a completare il ciclo replicativo del virus e quindi i pochi geni virali espressi possono spingere la cellula verso la trasformazione. La trasformazione puo’ contribuire allo sviluppo di tumori in quanto puo’ indurre la modifica di meccanismi cellulari (proliferazione, apoptosi, sopravvivenza, immunosoppressione) grazie all’integrazione di porzioni di DNA virale nel DNA della cellula ospite che avrà introdotto un nuovo gene o alterata l’espressione di geni preesistenti, inoltre la cellula trasformata non rilascia mai il virus infettivo. Nabissi 2017

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10 Nell’ambito del processo di trasformazione numerose proteine virali interagiscono con le proteine cellulari dell’ospite formando dei complessi che modificano i normali processi regolatori cellulari, spesso regolando attivando proto-oncogeni o disattivando le funzioni dei proto-oncosoppressori. Nabissi 2017

11 PAPOVAVIRUS Famiglia di virus di piccole dimensioni con DNA bicatenario racchiuso in un capside privo di envelope, costituita da due generi: i poliomavirus ed i papillomavirus. Il genoma dei poliomavirus è costituito da 7 geni codificanti proteine precoci e tardive, le tardive sono proteine virali strutturali e quindi non vengono mai espressi nelle cellule trasformate. Le proteine precoci (antigene T piccolo, medio e grande),sono necessarie per la replicazione del DNA virale nelle cellule permissive e per la trasformazione. Nelle cellule trasformate l’antigene T medio si associa alla membrana plasmatica ed attiva la protein-chinasi c-src, antigene T piccolo si localizza nel nucleo mentre il T grande è in parte associato alla membrana plasmatica diventando bersaglio dei linfociti T citotossici. Comunque l’infezione da poliomavirus non è attualmente associato a tumori umani, pur essendo presenti in diverse patologie umane regioni geniche del virus. Nabissi 2017

12 regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma
PAPILLOMAVIRUS La particella del Human Papillomavirus (HPV) consiste di un DNA circolare di 8000 bp racchiuso in un capside composto da due molecole (L1 e L2). Il genoma ha la capacità di codificare per queste due proteine e per almeno sei proteine precoci (E1, E2, E4-7) che sono necessarie per la replicazione del DNA virale e per l’assemblamento di nuove particelle virali all’interno della cellula infettata. I due gruppi di geni sono separati da delle regioni regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma contengono cis-elementi necessari per la regolazione genica, la replicazione del genoma e per il suo impacchettamento nelle particella virali Nabissi 2017

13 HPV RESPONSABILE DELLA FORMAZIONE DELLE VERRUCHE
Nabissi 2017

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15 Il ciclo infettivo del HPV inizia quando le particelle infettive raggiungono lo strato basale dell’epitelio, dove esse si legano ed entrano nelle cellule, attraverso piccole lesioni. Il ciclo replicativo all’interno dell’epitelio puo’ essere suddiviso in due parti: il genoma virale viene replicato in circa 100 copie e mantenuto per un periodo di tempo variabile a questo basso numero di copie all’interno delle cellule permissive. Le proteine E1 e E2 sono essenziali per questa replicazione del DNA. Nella seconda fase le cellule basali sono spinte verso il compartimento sub-basale, perdono la loro capacità di dividersi ed iniziano il loro programma di differenziamento. Il HPV replica in questo compartimento e per il suo rilascio nell’ambiente extracellulare approfitta della disintegrazione delle cellule epiteliali che avviene in conseguenza del loro naturale turn-over nello strato superficiale Nabissi 2017

16 Le proteine critiche nel processo di replicazione virale sono le proteine E6 ed E7 che interagiscono con diverse proteine cellulari. Pur essendoci differenze fra le proteine E6/E7 nei sottotipi HPV ad alto e basso rischio, le principali interazioni caratterizzate delle proteine E6/E7 sono con le proteine cellulari p53 ed Rb, le quali sono molecole centrali nel controllo del ciclo cellulare. Il legame di E7 a Rb attiva il fattore trascrizionale E2F il quale attiva la trascrizione di geni coinvolti nella replicazione del DNA. La proteina virale E6 interagisce ed inattiva (portandolo a proteolisi) il fattore trascrizionale p53. Nabissi 2017

17 La conseguenza di questa infezione è la perdita del controllo del ciclo cellulare, della riparazione del DNA ed il rallentamento del processo differenziativo delle cellule epiteliali. L’abilità del HPV di persistere ed indurre progressione verso la malignità puo’ essere spiegata da una particolarità di questo stadio del suo ciclo replicativo. La costante attivazione delle proteine E6/E7 portano ad un incremento dell’instabilità genomica, perdita del controllo del ciclo cellulare ed in ultimo al cancro. Durante la progressione del tumore il genoma virale s’integra spesso nel genoma della cellula ospite con il risultato di una costante espressione delle proteine E6/E7 mediante stabilizzazione del loro trascritto (mRNA), grazie all’influenza sulle modifiche della cromatina o mediante la perdita della regolazione negativa della trascrizione mediata dalla proteina virale E2. Nabissi 2017

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19 Gli HPV attualmente caratterizzati sono piu’ di 100, di cui 40 capaci di infettare le mucose del tratto genitale e sono caratterizzati come a basso rischio ed alto rischio in conseguenza della loro prognosi clinica. Quelli a basso rischio sono principalmente associati con le lesioni anogenitali mentre quelli ad alto rischio con i tumori ano genitali. Due dei tipi a basso rischio (HPV-6 e HPV-11) causano la maggior parte delle lesioni ano genitali e dei papillomi respiratori ricorrenti. Le infezioni con HPV ad alto rischio causano virtualmente il 100 % dei tumori alla cervice, 90 % dei tumori all’ano, 50 % di quelli alla vulva, vagina e pene. HPV-16 e HPV-18 od entrambi sono responsabili del 70 % dei tumori della cervice. Nabissi 2017

20 CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali
La progressione dell’infezione da HPV a cancro alla cervice è accompagnata da una sequenza di cambiamenti istologici. La neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) è un’anormalità istologica dell’epitelio squamoso della cervice che è associata con l’infezione da HPV ed è riconosciuta come un potenziale precursore del tumore alla cervice. La CIN è classificata in tre gradi: CIN 1: presenza di una leggera displasia, con presenza di cellule anormali CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali CIN 3: displasia severa con cellule anormali che occupano la maggior parte dell’epitelio della cervice. Nabissi 2017

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22 Nel caso di CIN 2 e 3 la persistenza della displasia è associata con lo sviluppo del cancro, con percentuali rispettivamente del 57 % e 70 %. I due vaccini che sono stati sviluppati prevengono l’infezione primaria da HPV e sono costituiti dalle proteine L1 assemblate fra loro in particelle virali-simili che sono morfologicamente identiche al virione HPV ma non contengono il genoma virale. Cosi’ il vaccino induce una risposta anticorpale virus-neutralizzante. I due vaccini contengono uno particelle virus simile dei ceppi HPV mentre il secondo per HPV Nabissi 2017

23 Patogenesi dell’epatite B.
HBV non è direttamente citotossico per le cellule, infatti molti portatori del virus HBV sono asintomatici o hanno lievi danni epatici per quanto vadano incontro a replicazione intraepatica del virus. Quindi si pensa che la risposta immunitaria dell’ospite sia il principale determinante del danno epatico, infatti pazienti con difetti immunitari che sono infettati da HBV mostrano spesso lievi danni epatici acuti ma alta possibilità di andare incontro a danni cronici. La risposta immunitaria a HBV coinvolge risposta mediata da linfociti T MHC-classe II CD4+ helper e MCH-classe I CD8+ diretti contro diversi epitopi del core ed envelope dell’HBV, mentre nei portatori cronici la risposta linfocitaria è attenuata, con una maggiore presenza di anticorpi anti-HBs Nabissi 2017

24 Questo tipo di risposta suggerisce che la maggior parte del danno epatico sia dovuto piu’ ad una risposta antigene-non specifica infiammatoria secondaria data dal rilascio di prodotti citotossici come TNF, ROS, proteasi e cellule natural killer (NK). Nabissi 2017

25 Carcinoma epatocellulare
Un altro aspetto dell’infezione da HBV è dato da un alto rischio di sviluppare carcinoma epatocellulare nei pazienti infettati cronici, con un incidenza 100 volte superiore a quella dei non-portatori. Terapia Il successo della terapia nei pazienti con infezione da HBV è nella riduzione dei livelli di viremia (livelli di antigene HBe) e delle disfunzioni epatiche (valutabili dai livelli di aminotransferasi). Attualmente comunque la scomparsa completa del virus si ha solo nel 5% dei pazienti, sebbene lo sviluppo di nuovi antivirali potrebbe incrementare questo dato. Nabissi 2017

26 Interferone Per molti la somministrazione d’interferone alfa è stata la terapia principale, con una risposta positive nel 30 % dei casi (perdita di HBeAg), sviluppo di anticorpi anti-HBe e riduzione dei livelli di aminotrasferasi. Tuttavia gli effetti collaterali, dati in parte dalla stimolazione interferone alfa indotta,di antigeni MHC classe I sugli epatociti, con conseguente attività citotossica da parte dei linfociti T o effetti come febbre, mialgia, trombocitemia e depressione hanno reso difficile l’uso di tale trattamento per molti pazienti. Farmaci antivirali Analoghi nucleosidici o nucleotidici (ex. Lamivudine), che bloccano la replicazione virale mediante inibizione dell’attività delle trascrittasi inversa (RT) senza dare hanno effetto immunomodulatore ma la terapia induce resistenza farmacologica, mediata da mutazioni puntiformi nel sito catalitico della RT. Nabissi 2017

27 Herpes virus 8 Herpes virus umani
Virus a DNA lineare a doppio filamento Possono causare infezioni litiche, persistenti, latenti/ricorrenti, e immortalizzanti (EBV) Alpha-herpesvirus:HSV1, HSV2 Virus della Varicella Zoster (VZV/HHV3) Beta-herpesvirus: Citomegalovirus (CMV/HHV5) Virus erpetici umani 6 e 7 (HHV-6 e 7) Gamma-herpesvirus: Epstein-Barr (EBV/HHV4) Virus erpetico umano 8 (HHV8) Nabissi 2017

28 La caratteristica peculiare di questa famiglia è la possibilità di latentizzare (VIRUS SILENTE, CHE POI PUO’ RIPRENDERE LA FASE INFETTIVA), inseguito all’infezione primaria. A distanza di tempo l’infezione si può riattivare (infezione ricorrente) con patologie che possono essere anche differenti dall’infezione primaria. Le infezioni sono spesso asintomatiche ma possono assumere decorso molto sfavorevole in individui immuno-compromessi Nabissi 2017

29 INFEZIONE LATENTE HERPES VIRUS TIPO 1: dopo infezione primaria si localizza nei gangli del nervo trigemino, persistendo in piu’ copie in forma episomiale e stabilendo una infezione latente per tutta la vita. Stimoli patogeni o “stress” possono riattivare il virus che giunge alle giunzioni neuro-epiteliali e infetta le cellule epiteliali, producendo la lesione erpetica. Nabissi 2017

30 HEPSTEIN BARR VIRUS (HBV)
VIRUS RESPONSABILE DELLA MONONUCLEOSI. SI MOLTIPLICA NELLE CELLULE EPITELIALI NASO-FARINGEE ED INFETTA I LINFOCITI B, IN FORMA LATENTE ED EPISOMIALE. ESPRIME PROTEINE VIRALI (EBNA-1) CHE INDUCE LA DNA POLIMERASI A PRODURRE PIU’ COPIE VIRALI. ALTRE EBNA INDUCONO L’IMMORTALIZZAZIONE DEI LB E PROTEINE DI SUPERFICIE CHE INDUCONO UNA RISPOSTA CELLULO-MEDIATA DEI LINFOCITI T CITOTOSSICI CHE DISTRUGGONO I LB INFETTI. CORRELAZIONE CON IL LINFOMA DI HODGKIN Nabissi 2017

31 NEI LB PUO’INDURRE IMMORTALIZZAZIONE
EBV E’ TIPICO DEI GIOVANI ADULTI MENTRE NELL’INFANZIA E’ SPESSO ASINTOMATICA. LA MALATTIA SI MANIFESTA CON FEBBRE, FARINGITE, INGROSSAMENTO DEI LINFONODI, SPLENOMEGALIA, ALTERAZIONI DELLE FUNZIONI EPATICHE. TRASMESSO ATTRAVERSO SECREZIONI FARINGEE, SPESSO TRAMITE SCAMBIO DI SALIVA. SEDE PRIMARIA LE CELLULE EPITELIALI DELLA FARINGE, POI LINFOCITI B DOVE S’INSTAURA LA LATENZA. NEI LB PUO’INDURRE IMMORTALIZZAZIONE ASSOCIATO ANCHE AL CARCINOMA NASOFARINGEO Nabissi 2017

32 Virus della Varicella Zoster (VZV)
DETERMINA LA VARICELLA, MOLTO CONTAGIOSA E DIFFUSA , TIPICA DELL’INFANZIA SI TRASMETTE CON LE SECREZIONI DELLE VIE RESPIRATORIE O MEDIANTE CONTATTO CON I FLUIDI VESCICOLARI INCUBAZIONE CIRCA 14 GIORNI VZV SI MOLTIPLICA NELLE VIE AEREE SUPERIORI E POI DIFFONDE NEI LINFONODI, POI SEGUE UNA VIA INFETTIVA (FASE VIREMICA) CON INFEZIONE DEL FEGATO, MILZA, RENI, EPIDERMIDE) NELL’EPIDERMIDE PROVOCA LE MACULE, CHE EVOLVONO IN PAPULE, VESCIOLE, PUSTOLE. PUO’ RIMANERE IN UNA FASE DI LATENZA A VITA (NEI GANGLI SENSORI DORSALI). LA RIATTIVAZIONE PROVOCA UN’ERUZIONE VESCICOLARE DOLOROSA (FUOCO DI SANT’ANTONIO), GENERALMENTE NELLA REGIONE TORACICA. Nabissi 2017

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