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Libertà religiosa, assistenza spirituale
Alimentazione religiosa, simboli, festività, culto nelle comunità separate
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Cos’è l’assistenza spirituale?
Distinzione fra assistenza spirituale e assistenza religiosa L’assistenza religiosa è affidata ai cappellani
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Art. 11 Accordo 1984 1. La Repubblica italiana assicura che l'appartenenza alle forze armate, alla polizia, o ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza negli istituti di prevenzione e pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell'esercizio della libertà religiosa e nell'adempimento delle pratiche di culto dei cattolici.
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2. L'assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell'autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa fra tali autorità.
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Intesa Tavola Valdese (l. 449/1984)
Art. 5 - (Assistenza spirituale ai militari in tempo di pace) I militari, aventi parte nelle chiese rappresentate dalla Tavola valdese, hanno diritto di partecipare, nei giorni e nelle ore fissate, alle attività religiose ed ecclesiastiche evangeliche che si svolgono nelle località dove essi risiedono per ragioni del loro servizio militare.
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Ove nelle predette località non sia in atto alcuna attività di culto evangelico, i ministri iscritti nei ruoli tenuti dalla Tavola valdese e competenti per territorio sono autorizzati a svolgere riunioni di culto, per i militari interessati, nei locali predisposti di intesa con il comando da cui detti militari dipendono.
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In caso di decesso in servizio di militari aventi parte nelle chiese rappresentate dalla Tavola valdese, il comando militare competente adotta le misure per assicurare che il funerale segua secondo la liturgia evangelica. I pastori iscritti nei ruoli tenuti dalla Tavola valdese che prestano servizio militare sono posti in condizione di poter svolgere, unitamente agli obblighi di servizio, anche il loro ministero di assistenza spirituale nei confronti dei militari che lo richiedono
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Gli oneri finanziari per lo svolgimento delle suddette forme di assistenza spirituale sono a carico degli organi ecclesiastici competenti.
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Art. 6 - (Assistenza spirituale negli istituti di cura e di riposo) L’assistenza spirituale dei ricoverati aventi parte nelle chiese rappresentate dalla Tavola valdese o di altri ricoverati che ne facciano richiesta, negli istituti ospedalieri, nelle case di cura o di riposo e nei pensionati, è assicurata tramite ministri iscritti nei ruoli tenuti dalla Tavola valdese.
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L’accesso di tali ministri ai predetti istituti è a tal fine libero e senza limitazioni di orario. Le direzioni di tali istituti sono tenuti a trasmettere ai suddetti ministri di culto le richieste di assistenza spirituale ricevute dai ricoverati. Gli oneri finanziari per lo svolgimento della predetta assistenza spirituale sono a carico degli organi ecclesiastici competenti.
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Art. 7 - (Assistenza spirituale negli ospedali evangelici) Gli ospedali evangelici esistenti in Genova, Napoli, Pomaretto, Torino, Torre Pellice non sono tenuti a disporre il servizio di assistenza religiosa previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128.
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Nel rispetto della libertà di coscienza dei ricoverati e delle loro famiglie, l’assistenza spirituale ai ricoverati di qualsiasi confessione religiosa è assicurata nei detti ospedali, senza limiti di orario, a cura della direzione dell’ospedale, tramite gli organi di ciascuna confessione religiosa e ad esclusivo carico dei medesimi.
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Art. 8 - (Assistenza spirituale negli istituti penitenziari) Negli istituti penitenziari è assicurata l’assistenza spirituale tramite ministri di culto designati dalla Tavola valdese. A tal fine la Tavola valdese notifica all’autorità competente i nominativi dei ministri di culto, iscritti nei ruoli tenuti dalla Tavola valdese e competenti per territorio, responsabili della assistenza spirituale negli istituti penitenziari ricadenti nella circoscrizione delle predette autorità statali competenti.
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Tali ministri responsabili sono compresi tra i soggetti che possono visitare i medesimi istituti senza particolare autorizzazione. L’assistenza spirituale è svolta nei suddetti istituti a richiesta dei detenuti o delle loro famiglie o ad iniziativa dei ministri di culto. Il direttore dell’istituto informa di ogni richiesta proveniente dai detenuti il ministro di culto responsabile, competente per territorio.
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Gli oneri finanziari per lo svolgimento della suddetta assistenza spirituale sono a carico degli organi ecclesiastici.
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Intesa Avventisti (L. 516/1988)
Art. 6. 1. La Repubblica italiana, preso atto che la Chiesa cristiana avventista è per motivi di fede contraria all'uso delle armi, garantisce che gli avventisti soggetti all'obbligo del servizio militare siano assegnati, su loro richiesta e nel rispetto delle disposizioni sull'obiezione di coscienza, al servizio sostitutivo civile.
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2. In caso di richiamo alle armi, gli avventisti che abbiano prestato servizio militare sono assegnati, su loro richiesta, al servizio sostitutivo civile, al servizio militare non armato o ai servizi sanitari, in relazione alle esigenze di servizio.
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3. I ministri di culto della Chiesa cristiana avventista hanno diritto, su loro richiesta, di essere esonerati dal servizio militare o di essere assegnati al servizio sostitutivo civile. Tale facoltà è riconosciuta ai ministri di culto con cura d'anime anche in caso di mobilitazione generale. In tal caso, i ministri di culto senza cura d'anime sono assegnati al servizio sostitutivo civile o ai servizi sanitari.
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Intesa Unione Buddista (L. 245/2012)
Articolo 4 (Assistenza spirituale) 1. Gli appartenenti agli organismi rappresentati dall'UBI hanno diritto all'assistenza spirituale da parte dei ministri di culto, nonché da parte di assistenti spirituali, anche quando siano militari in servizio, oppure ricoverati in istituti ospedalieri o in case di cura o di riposo. Apposito elenco sarà tenuto dall'UBI e trasmesso alle competenti amministrazioni.
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2. Gli interessati e i loro congiunti dovranno fornire alle competenti amministrazioni le informazioni necessarie per reperire tali ministri di culto e gli assistenti spirituali richiesti. A essi dovrà essere assicurato l'accesso all'istituto ospedaliero, casa di cura o di riposo senza particolari autorizzazioni, affinché possano garantire la richiesta assistenza spirituale.
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3. Gli appartenenti agli organismi rappresentati dall'UBI, se detenuti in istituti penitenziari, hanno diritto all'assistenza spirituale da parte dei ministri di culto buddhista. Ai ministri di culto, di cui l'UBI trasmetterà apposito elenco alle autorità competenti, dovrà essere assicurato senza particolare autorizzazione l'accesso agli istituti penitenziari.
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4. Gli oneri finanziari derivanti dall'attuazione del presente articolo sono posti a carico dell'UBI. 2 5. I militari in servizio appartenenti agli organismi rappresentati dall'UBI potranno ottenere opportuni permessi al fine di partecipare alle attività religiose della comunità appartenente alla propria tradizione e geograficamente più vicina.
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Accordo UCOII – DAP (2015) Protocollo d'intesa per favorire l’accesso di Mediatori culturali e di Ministri di Culto negli istituti penitenziari - 5 novembre 2015
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PREMESSO CHE II Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, attesa la forte presenza di detenuti musulmani, intenderebbe avviare una collaborazione con le comunità islamiche esterne al fine di favorire l’accesso di Mediatori Culturali e Imam. Infatti, secondo quanto rilevato dal Dipartimento, i detenuti provenienti da Paesi tradizionalmente di fede musulmana sono oltre , distribuiti principalmente negli Istituti del Nord.
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Tuttavia, nella quasi totalità degli Istituti di Pena si registrano incontri di preghiera, infatti ben 52 istituti dispongono di un locale adibito a sala preghiera, mentre in 132 il culto è esercitato nelle stanze detentive o in locali occasionali a causa delle carenze strutturali. A fronte di questo dato si è riscontra un’esigua presenza della comunità esterna, atteso che accedono solo 9 soggetti che rivestono la figura di Imam e 14 mediatori culturali.
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OSSERVATO CHE si è rilevato un forte tasso di autolesionismo da parte dei detenuti stranieri in particolare provenienti dall’area del Maghreb, dovuti principalmente ad una mancanza di riferimenti in carcere ed all'esterno;
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CONSIDERATO CHE l’Amministrazione riconosce e tutela la libertà di culto nel rispetto della sicurezza ed evitando strumentalizzazioni, e stante l'interesse dell’U.CO.I.I. di modificare il modo di interpretare la fede in carcere fornendo un valido sostegno religioso e morale ai ristretti provenienti da paesi tradizionalmente di fede islamica attraverso l’acceso negli Istituti di Pena di persone adeguatamente preparate.
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CONVENGONO QUANTO SEGUE
Articolo 1 L'Amministrazione fornirà la lista degli istituti penitenziari maggiormente interessati dalla presenza di detenuti di fede musulmana, predisposta dall’Ufficio per l'Attività Ispettiva e del Controllo nell’ambito dell'annuale monitoraggio sulle moschee negli Istituti di Pena.
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Articolo 2 L’U.CO.I.I. fornirà una lista di persone che sarebbero interessate a prestare la propria opera di volontario nelle carceri, in qualità di Ministri di culto (Imam) e Mediatori Interculturali, ai sensi degli articoli 17 O.P. e 35 R.E. e su cui l’Amministrazione Penitenziaria effettuerà i dovuti controlli per le necessarie autorizzazioni all'ingresso. .
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Articolo 3 In una prima fase, che durerà sei mesi, sarà avviata una sperimentazione in otto Istituti di Pena, individuati in separati accordi, in base alla forte presenza dei detenuti in argomento e dei locali adibiti a moschee e dove i volontari potranno fare accesso.
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Articolo 4 In questo periodo gli Istituti riceveranno disposizioni dall’Amministrazione centrale per avviare una stretta collaborazione con tali figure, al fine di fornire una formazione pratica, relazionando periodicamente sull’andamento del progetto.
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Articolo 5 Al termine della sperimentazione, le parti, sulla base delle osservazioni e dell’esito positivo del progetto, valuteranno l'estensione graduale a tutti gli Istituti di Pena interessati dalla presenza di tali detenuti. Inoltre, l'Amministrazione penitenziaria, si impegnerà alla stipula di convenzioni con Università o Enti di Formazione per la formazione di quei volontari che avranno assicurato una presenza continuativa e capacità, sentito anche il parere dell’U.CO.II.
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Articolo 6 Le parti si impegnano a far si che il presente atto costituisca l’avvio di una collaborazione tra gli Enti firmatari e che possa accrescersi con ulteriori accordi bilaterali collegati al protocollo
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Perché assistenza spirituale?
Art. 15 legge penitenziaria (n.354/1975) individua la religione come un elemento che può contribuire al trattamento dei detenuti
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Quali i problemi nelle carceri di oggi?
Caso Jakobski c. Polonia (2006) Caso Vartic c. Romania (2013) Caso Holt v. Hobbs (2015)
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Corte di Cassazione. Sez. I Penale, sentenza 7 ottobre 2013, n. 41474
Ritenuto in fatto 1. R.C. , detenuto presso la casa circondariale di Novara, sottoposto al regime detentivo di cui all'art. 41 bis Ord. Pen., proponeva, il (omissis) ed il (omissis) , due reclami al Magistrato di sorveglianza di Novara, con i quali denunciava dei comportamenti della direzione di quella casa circondariale nella quale era ristretto, ritenuti lesivi di suoi diritti, e segnatamente: il mancato ingresso di un maestro buddista zen e la mancata somministrazione di vitto vegetariano. 2. L'adito Magistrato di sorveglianza, acquisite informazioni dalla direzione del carcere valutate come esaustive, senza procedere con le garanzie e con le forme di cui all'art. 14 ter Ord. Pen. sul presupposto che il reclamo proposto dal R. "non attingesse diritti costituzionalmente garantiti sul difetto di tutela", in esito al reclamo:
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- con riferimento al mancato accesso del maestro buddista Zen, comunicava al detenuto il contenuto dell'informativa della direzione, secondo cui la questione andava "affrontata con modalità tecniche" che non dipendevano dal Magistrato di sorveglianza e neppure, "semplicemente", dalla Direzione dell'Istituto; - con riferimento alla mancata somministrazione di vitto vegetariano, disponeva che venisse data comunicazione al detenuto di una propria precedente ordinanza in data 15 novembre 2012, deliberata su reclamo di altro detenuto in tema di somministrazione del vitto in istituto, nella quale, tra l'altro, si consigliava la direzione ad adottare tutte le misure possibili affinché venisse sempre garantita la somministrazione del vitto in termini adeguati, sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo, valutando, se del caso, anche l'opportunità di un cambiamento dell'impresa fornitrice del servizio.
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1.2 Orbene, anche in base alle considerazioni sin qui esposte, risulta agevole rilevare come, per la definizione del presente giudizio, occorre stabilire, in primo luogo, se i comportamenti dell'Amministrazione penitenziaria oggetto del reclamo del ricorrente (mancato ingresso di un maestro buddista Zen; somministrazione di cibi vegetariani) la cui materiale adozione non forma oggetto di contestazione nel presente giudizio, si configurino come dei comportamenti effettivamente lesivi di una posizione giuridica del detenuto "tutelabile". Premesso che da parte del ricorrente era stato dedotto, in sede di reclamo, che i summenzionati comportamenti integravano una violazione del proprio diritto alla libertà del culto religioso, va osservato come l'adito magistrato di sorveglianza, già nel momento in cui ha ritenuto di non attivare la procedura indicata nell'art. 14-ter della legge 26 luglio 1975 n. 354 ha chiaramente ritenuto di escludere, sia pure implicitamente, che i comportamenti denunciati si configurassero come una lesione di diritti costituzionalmente garantiti del detenuto, convincimento per altro espressamente esplicitato nella successiva nota in data 30 gennaio 2013 diretta a questa Corte, successiva alla proposizione del ricorso per cassazione.
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1.3 Ciò posto, ritiene il Collegio, conformemente a quanto efficacemente sostenuto dal Procuratore generale nella sua articolata requisitoria in atti, che a fronte di un reclamo del detenuto, che in “riferimento al trattamento penitenziario individuale” individuava determinati comportamenti dell'Amministrazione penitenziaria come una “violazione al proprio diritto di libertà di culto religioso, rispetto al quale la dieta vegetariana deve ritenersi un corollario di pratica rituale”, l'essersi il magistrato di sorveglianza limitato a comunicare al ricorrente, all'esito di procedura informale, una relazione dell'amministrazione penitenziaria in merito alla non inclusione di maestri buddisti Zen nel novero dei ministri di culto abilitati all'ingresso nelle strutture penitenziarie ed un provvedimento in materia di vitto, assunto su reclamo di altro detenuto, si configuri effettivamente come “un mancato rispondere con motivazione specifica” al reclamo del detenuto, nel senso che “la comunicazione in questione” non può costituire, in effetti, “valida risposta sia sul piano procedimentale sia sul piano del contenuto”. La Cassazione annulla i provvedimenti e rinvia al magistrato di sorveglianza
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Corte di Cassazione, Sez. I Sentenza 25 maggio 2011, n. 20979
Studio dei testi biblici da parte del detenuto, sottoposto al regime speciale previsto dall'art. 41 bis o.p., in presenza di un ministro del proprio culto.
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Importanza alimentazione religiosa
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Islam: certificazione HALAL
Sono cibi vietati (Haram): Carne di maiale e derivati Alcool e sostanze inebrianti Carni non macellate secondo le regole della Sharia Alimenti dannosi per la salute Attenzione anche ai cosmetici
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Ebraismo – cibi KOSHER Non sono kosher: Maiale e coniglio
Aquila e civetta Pesce gatto e storione Insetti Crostacei Rettili
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Modalità di cottura La carne non deve essere cucinata con il latte
Anche pentole e stoviglie devono essere separate
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Macellazione secondo regole religiose
Macellazione halal e kosher: gli animali non possono essere storditi prima dell’abbattimento
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Decr. Min. 11/6/1980 “autorizzazione alla macellazione secondo i riti ebraico e islamico”
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L. 14/10/1985 n. 623 “Ratifica ed esecuzione delle convenzioni sulla protezione degli animali negli allevamenti Art. 12: gli animali devono essere immobilizzati e storditi prima della macellazione Art. 17: deroga all’obbligo di stordimento in caso di “abbattimento secondo riti religiosi
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D. Lgsl. 1/9/1998, n.33 Attuazione direttiva CE relativa alla protezione degli animali durante l’abbattimento Art. 5. 2) fa salva la macellazione religiosa
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Certificazioni La conformità alle regole religiose dei cibi è certificata da enti (halal o kosher)
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