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PubblicatoGiorgina Silvestri Modificato 6 anni fa
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Epatiti Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori: epatite A, epatite B, epatite C, epatite D (Delta), epatite E. In circa il 10-20% dei casi tuttavia l’agente responsabile dell’epatite resta ignoto. ( Di recente sono stati scoperti altri virus epatotropi, quali il virus G ( HGV) e il virus TT (HTT), il cui ruolo come agenti causali di epatite è tuttora in fase di studio. Tutti questi virus infettano elettivamente l’epatocita causando nel fegato alterazioni necrotiche e infiammatorie. Tutti possono causare epatiti acute. Per HBV, HCV & HDV alla fase acuta può seguire una epatite cronica.
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GLI AGENTI DI EPATITE VIRALE
A HAV B HBV C HCV DDELTA E HEV F CLINICA Incubazione gg Inizio Ittero (%) 15-45 Acuto 10% 40-120 Insidioso 15-20% 30-150 Aspecifico 25% 21-909 vario 21-42 ? TRASMISSIONE Oro-fecale Parentale Sessuale Congenita altre Consueta Rara No - Si Secreti vari no Solo se inf. 3 trim. DECORSO Portatore cronico Epatite cronica Mortalità % 0,2% ++++ 1>3% 50% ++ 30% 1-20(grav) VIRUS Picorna Hepadna Flavi viroide Calici ANTIGENI HAV HBs,Hbc,e Env, core, pol HDV HEV
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Si tratta di virus i quali, accanto alla malattia di base, possono a volte causare un quadro di epatite di varia gravità. Questi vengono definiti virus epatitici minori.
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(Hepatitis A virus - HAV)
VIRUS DELL’EPATITE A (Hepatitis A virus - HAV) MORFOLOGIA HAV è un picornavirus, è una particella sferica con simmetria cubica di nm, a RNA lineare a singolo filamento, privo di pericapside. HAV è stabile al trattamento con etere al 20%, con acido (pH=1 per 2 ore), e con calore (60°C per 1 ora); la sua infettività può essere mantenuta per un mese dopo essicazione e conservazione a 25°C e 42% di umidità relativa o ad una temperatura di –20°C per anni. Il virus viene invece distrutto in autoclave (121°C per 20 minuti), dal calore secco (180°c per 1 ora), da radiazioni ultraviolette, dal trattamento con formalina o con cloro. La relativa resistenza del HAV alle procedure di disinfezione enfatizza il bisogno di ulteriori precauzioni nel trattare con pazienti affetti da epatite.
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EPIDEMIOLOGIA HAV è diffuso in tutto il mondo. L’insorgenza di epatite A è comune in famiglie, istituzioni, campi estivi, centri di terapia intensiva, unità di neonatalogia e caserme. Il più comune modo di trasmissione in queste condizioni è quello oro-fecale tramite stretti contatti personali. Improvvise epidemie esplosive di epatite A di solito nascono da contaminazioni( tramite feci) provenienti da una sola fonte (acqua, cibo o latte) Il consumo di ostriche crude o cozze non cotte o provenienti da acque inquinate è risultato essere la causa di un grande numero di epatiti HAV è raramente trasmesso per l’utilizzo di aghi infetti o siringhe non sterili Epatite A associata a trasfusioni è rara, perché la viremia si sviluppa nello stadio prodromico ed è di breve durata, la quantità di virus nel sangue è bassa.
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EPATITE A: evoluzione Decorso: asintomatico nel 90% dei casi; andamento clinico benigno nella quasi totalità dei casi sintomatici, con guarigione. Ricorda però che una percentuale < 1% degli individui infetti sviluppa epatite fulminante L’EPATITE A NON CRONICIZZA MAI E NON ESISTE LA CONDIZIONE DI PORTATORE CRONICO DEL VIRUS diagnosi MARKERS SIEROLOGICI HAV-IgM: compaiono durante la fase acuta e scompaiono dopo la guarigione. Sono indice di infezione acuta HAV-IgG: compaiono verso la fine della fase acuta, restano positivi tutta la vita e proteggono da future infezioni. Sono indice di infezione pregressa
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PREVENZIONE E CONTROLLO:
I vaccini di HAV, cosituiti da virus propagato in colture cellulari e inattivato, sono stati sperimentati e utilizzati negli USA fin dal I vaccini sono sicuri, efficaci e ne è raccomandato l’uso al di sopra dei 2 anni La comparsa di epatite in campi e istituzioni è spesso indicazione di povere condizioni sanitarie e poca igiene personale Le misure di controllo sono dirette verso la prevenzione della contaminazione fecale di cibo, acqua o altre fonti. L’igiene di base come il lavarsi le mani, l’utilizzo di piatti monouso e l’utilizzo di Sodio Ipoclorito allo 0.5% come disinfettante, è essenziale per prevenire l’espandersi del virus durante la fase acuta della malattia.
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VIRUS DELL’EPATITE B HBsAg Il virus dell'epatite B, conosciuto già dagli anni '60, è un virus con genoma a DNA e appartenente alla famiglia degli Hepadnavirus E' una particella sferica di 42 nm di diametro (particella di Dane), costituito da: HBV-DNA un pericapside di natura lipoproteica; - un nucleocapside, a simmetria icoseadrica, con DNA circolare parzialmente a doppia elica Nel nucleocapside ( o core) sono identificabili una DNA-polimerasi virus specifica e due diversi antigeni, l'HBcAg e l'HBeAg; mentre del pericapside fa parte l'antigene di superficie HBsAg. HBcAg DNA-polimerasi Oltre alle particelle di Dane, vengono prodotte e rilasciate nel sangue grandi quantità di particelle subvirali incomplete di 20 nm di diametro, prive di acido nucleico e quindi non infettive che presentano forma sferica o filamentosa. Tali particelle, presenti in circolo in quantità assai maggiore rispetto alle particelle virali complete, sono il risultato di un'eccessiva sintesi delle proteine del pericapside e sono costituite esclusivamente da HBsAg. VirusVirioni completi 42 nm (particelle di Dane) Particelle sferiche 20 nm (eccesso di HBsAg) Forme tubulari (eccesso di HBsAg)
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EPIDEMIOLOGIA L'HBV è un virus molto diffuso in tutto il mondo. Il virus deve la sua notevole diffusione anche alla sua particolare resistenza ambientale. La trasmissione del virus può avvenire nei seguenti modi: -mediante scambio di sangue (tossicodipendenti, emotrasfusioni con sangue non controllato, emodializzati, lesioni accidentali con materiali contaminati); -Utilizzo di strumenti chirurgici non ben sterilizzati(dentista, agopuntura, ecc) e di altri strumenti non ben sterilizzati per tatuaggi, piercing, ecc. -Oggetti da toilette taglienti o abrasivi (rasoi, lamette, spazzolini da denti); -per via sessuale: recenti studi epidemiologici hanno evidenziato che circa il 60% delle infezioni da HBV acquisite negli Stati Uniti sono state contratte per via sessuale; -per trasmissione verticale: da madre a figlio durante la gravidanza.
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L‘infezione può quindi evolvere:
EPATITE B: evoluzione L'infezione da HBV decorre solitamente in modo asintomatico, ma nel circa 10% dei casi si può manifestare con una epatite acuta L‘infezione può quindi evolvere: -I)verso la guarigione ( in circa il 90% dei casi), con o senza immunizzazione (cioè con o senza la formazione degli anticorpi protettivi, l'HBsAb), quando il virus viene eliminato dall'organismo, -II)oppure verso la forma cronica (in circa il 10% dei casi nell'adulto sano, [ In una percentuale di circa l’1% si ha una epatite fulminante] ed in una percentuale molto più elevata nel neonato che contrae l'infezione dalla madre), quando il virus permane nell'organismo In questo caso si può avere: la persistenza di una infezione asintomatica (situazione del cosiddetto "portatore sano"); oppure l'evoluzione verso l'epatite cronica.
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DIAGNOSI -1 La diagnosi di infezione da HBV viene posta mediante la ricerca nel sangue del paziente dei marcatori virali, costituiti da antigeni (Ag) e da anticorpi (Ab) mediante dei test di immunochimica: HBsAg: è l'antigene di superficie del virus. La sua presenza indica lo stato di infezione, e tutte le persone che risultano HBsAg positive sono da considerarsi potenzialmente infettanti. HBsAb: è l'anticorpo contro l'antigene di superficie. La sua presenza indica protezione dall'infezione ( immunizzazione) Si riscontra dopo guarigione da una infezione, oppure dopo la vaccinazione. HBcAg: è un antigene della parte centrale del virus (core) ed è l'unico marcatore che non si riscontra mai nel sangue, ma solo nelle cellule del fegato. HBcAb-IgM: questo anticorpo si riscontra solo nelle fasi di attiva replicazione del virus, per cui risulta positivo nelle forme acute e nelle forme croniche riacutizzate. HBcAb-IgG: dopo un contatto con il virus, indipendentemente dall'esito dell'infezione, questo anticorpo rimane positivo per tutta la vita, per cui la sua presenza indica l'avvenuto contatto con il virus. HBeAg: è l'antigene del nucleocapside del virus (core), e la sua presenza indica attiva replicazione virale. Lo si riscontra nella fase iniziale delle epatiti acute e in alcune forme di epatite cronica. HBeAb: è l'anticorpo diretto contro l'HBeAg; la sua presenza non impedisce tuttavia l'evoluzione verso la forma cronica.
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DIAGNOSI -2 HBV-DNA: ricerca il genoma del virus, ed è l'indicatore più sensibile della replicazione virale ( Il test qualitativo rileva o meno la presenza dei virus; Il test quantitativo invece, quantizza la carica virale in UI/mL.) Le tecniche più sensibili sono basate sull’amplificazione genica (PCR) specifica insostituibili nei bassi livelli replicativi Con la PCR è stata dimostrata la persistenza di replicazione virale in soggetti senza segni di infezione attiva La sua presenza indica sempre attività dell'infezione Per definizione il portatore sano sarà sempre HBV-DNA negativo. La quantificazione di HBV DNA è indicata: - in corso di epatite B acuta: - nella valutazione dello stato di infettività: - nel monitoraggio della risposta alla terapia antivirale; - nella valutazione dello stato di portatore asintomatico; - nella riattivazione in pazienti HbsAg positivi e HBV DNA negativi durante o dopo terapia immunosoppressiva (trapianti) o chemioterapia (neoplasie).
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Schema interpretativo dei marcatori di HBV
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PREVENZIONE : PREVENZIONE: Si basa su misure di carattere generale volte a limitare la trasmissione del virus e, principalmente, su misure di immunoprofilassi Profilassi generale: un ruolo molto importante è rivestito dalla educazione sanitaria, rivolta sia ai portatori del virus (consapevolezza delle modalità di trasmissione), sia alle persone che sono a rischio per l'acquisizione dell'infezione, per motivi professionali (operatori sanitari) o per fattori comportamentali (tossicodipendenza, promiscuità sessuale) Notevole importanza assume anche l'adeguato controllo dei donatori di sangue, per la prevenzione della diffusione del virus mediante trasfusioni di sangue Immunoprofilassi attiva:È attualmente disponibile un vaccino contro l'HBV, costituito da particelle di HBsAg preparate artificialmente con la tecnica del DNA ricombinante (ingegneria genetica) in cellule di lievito, la quale consente di ottenere un preparato sicuro, efficace ed a basso costo Dal 1991 la vaccinazione è obbligatoria in Italia per tutti i nuovi nati e per i bambini al 12° anno di età, mentre viene particolarmente consigliata alle persone a rischio, in particolare ai conviventi dei portatori ed agli operatori sanitari L'efficacia viene dimostrata con la presenza di anticorpi protettivi (HBsAb) alla fine del ciclo vaccinale Immunoprofilassi passiva: In caso di esposizione accidentale (es. puntura accidentale con ago contaminato) è possibile somministrare immunoglobuline (IG) umane specifiche contro l'HBV, entro 2-4 ore dall'esposizione. La protezione fornita ha una durata di 2-3 settimane Le IG vengono inoltre somministrate al momento della nascita ai neonati da madri HBsAg positive, per ridurre il rischio di trasmissione dell'infezione. FARMACI disponibili per la terapia anti-HBV nell’epatite cronica: IFN alfa, Lamivudina, Adefovir
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Virus Delta HDV L’agente infettivo dell’epatite Delta è noto come HDV: viene classificato tra i virus cosiddetti satelliti, o subvirioni, che necessitano della presenza di un altro virus per potersi replicare.Il virus dell’epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’epatite B, quindi l’infezione si manifesta in soggetti colpiti anche da HBV. L’infezione può verificarsi secondo due modalità: 1) infezione simultanea da virus B e D. In questo caso si verifica un epatite clinicamente simile all’epatite B. 2) sovrainfezione di virus D in un portatore cronico di HBV. Si verifica allora una nuova epatite acuta a volte fatale. Studi recenti hanno mostrato che, in Europa e in Usa, il per cento dei casi di epatite fulminante che si pensavano associati al virus dell’epatite B, erano invece causati da HDV. In entrambi i casi l’infezione può diventare cronica e in questo caso ha generalmente un decorso più severo rispetto a quella da virus B. La modalità di trasmissione è la stessa dell’epatite B e il periodo di incubazione va da 2 a 8 settimane. Sono stati identificati 3 genotipi di HDV. Il genotipo I è quello maggiormente diffuso, il genotipo II è stato rilevato in Giappone e a Taiwan, mentre il genotipo III è presente solo in Amazzonia.
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un pericapside (mutuato dal virus helper HBV);
VIRUS DELTA HDV Scoperto nel 1977 a Torino da Rizzetto. Il virione ha una forma sferica con un diametro di circa 36 nm; è costituito da: un pericapside (mutuato dal virus helper HBV); un capside - antigene delta (HDAg) unica proteina codificata da HDV. Il genoma è RNA circolare a singolo filamento. Il virus Delta si moltiplica nel nucleo degli epatociti infettati da HBV. MARKERS SIEROLOGICI HDV-Ab IgM: infezione in atto o recente HDV-IgG: infezione pre-esistente
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VIRUS DELL’EPATITE C ( HCV )
Il virus dell'epatite C, un piccolo virus appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, genere Hepacivirus, è stato identificato nel 1989, ed è stato riconosciuto essere il principale responsabile delle epatiti che venivano precedentemente definite non-A-non-B. L’HCV è costituito da una particella sferica, provvista di un rivestimento esterno di circa 50 nm di diametro Il genoma virale è costituito da una molecola di RNA lineare ad elica singola, con polarità positiva, che è in grado di codificare la sintesi di proteine strutturali (una proteina del nucleocapside e due proteine del rivestimento esterno) e di proteine non-strutturali, importanti per la replicazione virale (includono una proteasi virale, una elicasi e una RNA-polimerasi RNA-dipendente). L’HCV ha scarsa resistenza nell’ambiente esterno
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Grande variabilità della sequenza genomica dell’HCV
Proprio sulla base di questa eterogeneità genetica, gli isolati virali che maggiormente differiscono nella sequenza genomica sono stati suddivisi in "tipi", o genotipi. Secondo la classificazione proposta da Simmonds nel 1993, i diversi isolati di HCV dovrebbero essere compresi in uno dei sei genotipi (indicati con numeri arabi) che sono stati individuati e, all’interno di ciascun genotipo, in uno dei diversi sottotipi (indicati con lettere, minuscole, dell’alfabeto).
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della non soddisfacente efficacia della terapia con interferone
GENOTIPI (1-6) Differiscono per il 30% delle sequenze nucleotidiche SOTTOTIPI (a, b, c… )Differiscono per il 15-20% delle sequenze nucleotidiche nell’ambito dello stesso genotipo VARIANTI (QUASISPECIE) Differiscono per meno del 3% delle sequenze nucleotidiche nell’ambito dello stesso genotipo e dello stesso sottotipo La conseguenza dell’eterogeneità genica dell’HCV e della sua capacità di mutazione genetica e quindi fenotipica sono probabilmente alla base: dell’elevata frequenza di cronicizzazione dell’infezione (il virus sfugge al sistema immunitario dell’ospite), della possibile reinfezione anche con ceppi virali di genotipo diverso, della non soddisfacente efficacia della terapia con interferone della difficoltà di allestire vaccini
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L'infezione acuta da HCV è solitamente asintomatica o paucisintomatica L’elevata tendenza ad evolvere verso la cronicità è probabilmente dovuto alla variabilità genetica del virus che gli permette di sfuggire al controllo del sistema immunitario, il quale non è quindi in grado di eliminarlo. La malattia epatica resta asintomatica per molto tempo (in alcuni casi anche per sempre), ma se sono presenti dei sintomi questi sono generalmente rappresentati da stanchezza, dolori addominali, calo dell'appetito e a volte prurito. La maggior parte dei soggetti con l'infezione scopre casualmente il proprio stato, solitamente in seguito ad indagini ematochimiche effettuate per altre ragioni, che mettono in evidenza un aumento (spesso modesto) degli indicatori di citolisi epatica, cioè le transaminasi. In generale, i soggetti con epatite cronica hanno livelli di transaminasi persistentemente, ma anche saltuariamente, elevati; è stata tuttavia dimostrata la presenza di un quadro di epatite cronica istologicamente documentata anche in pazienti con transaminasi normali per periodi prolungati. L’evoluzione a lungo termine dell’infezione è molto variabile. Complessivamente, il 10-20% dei soggetti con epatite cronica da HCV potrà sviluppare, in un periodo di anni, la cirrosi epatica .Una volta che la cirrosi si è manifestata, il rischio di sviluppare un epatocarcinoma (tumore maligno primitivo del fegato) è di 1-4% all'anno. La stessa cirrosi, quando sia di grado severo, ha una mortalità di circa il 50% in 5 anni.
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EPATITE C: evoluzione hepatocellular carcinoma (HCC)
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DIAGNOSI - I Il test attualmente utilizzato per lo screening utilizza una metodica immunoenzimatica (test EIA o ELISA, Enzyme Linked ImmunoSorbent Assay), in grado di identificare anticorpi diretti contro antigeni strutturali e non strutturali del virus; indica un avvenuto contatto con il virus ma non discrimina tra infezione pregressa o in atto. HCV RNA qualitativo, determina la presenza del genoma virale e conferma la presenza di un'infezione attiva in soggetti anti-HCV positivi.Viene anche utilizzato per stabilire la possibile eradicazione del virus al termine di un trattamento anti-virale. HCV RNA quantitativo, misura la concentrazione in UI/ml del genoma virale e permette di seguire l'andamento dell'infezione, di determinare la probabilità di progressione della stessa e la probabilità di risposta del paziente con epatite cronica C alla terapia antivirale in vari momenti del percorso clinico. HCV RNA genotipo, identifica il genotipo del virus. Da eseguire prima di iniziare la terapia Identifica il genotipo del virus I genotipi 1 e 4 si associano ad una più bassa percentuale di risposta alla terapia.
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DIAGNOSI - II La biopsia epatica è poi di fondamentale importanza nel definire il danno istologico, stabilendo il grado (livello di infiammazione) e lo stadio (livello di fibrosi) del danno epatico In soggetti con infezione cronica da HCV la biopsia epatica trova indicazione dopo un periodo di osservazione di almeno 6-8 mesi, in presenza di un persistente, oppure intermittente o anche solo episodico, aumento delle transaminasi Meno chiaro è il ruolo della biopsia in soggetti con transaminasi persistentemente normali. Infatti, benché gran parte di questi soggetti abbiano una evidenza istopatologica di epatite cronica, il danno epatico è spesso modesto ed ancora incerto è l’atteggiamento terapeutico in questi casi.
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PREVENZIONE Un vaccino efficace nei confronti dell’infezione da HCV non è disponibile. I problemi relativi alla sua messa a punto sono molti: la grande variabilità genomica e la natura quasispecie dell’HCV, la difficoltà di individuare se esiste, e quale eventualmente sia, la risposta anticorpale protettiva e, più in generale, le scarse conoscenze sulla patogenesi dell’epatite C, nonché la limitatezza del modello sperimentale. Pertanto, le uniche forme di prevenzione possibile sono quelle di tipo comportamentale e di igiene sanitaria, quali: - evitare l'uso in comune di strumenti taglienti o abrasivi (aghi, siringhe, rasoi, spazzolini, forbicine, ecc.); - evitare pratiche quali tatuaggi i body piercing se effettuate da personale non preparato; - sterilizzare adeguatamente i presidi medico-chirurgici; - effettuare un adeguato controllo dei donatori di sangue. Proprio quest'ultimo aspetto ha consentito di ridurre drasticamente il numero delle epatiti post-trasfusionali. Profilassi post-esposizione: I dati attualmente disponibili indicano che non sono disponibili rimedi efficaci in caso di esposizione accidentale al virus. Tuttavia è importante che una persona esposta al rischio di contagio venga adeguatamente controllata nel tempo, in modo da avere la possibilità di effettuare una diagnosi precoce in caso di avvenuto contagio.
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TERAPIA Negli ultimi 3 anni si è assistito a un radicale cambiamento delle prospettive terapeutiche per i malati di epatite C. Fino a pochi anni fa lo standard di cura era costituito dalla associazione di interferone peghilato e ribavirina, che, pur consentendo la guarigione in una discreta percentuale di casi, provocava effetti collaterali in una quota non trascurabile di pazienti, di grado tale da comportare la sospensione prematura del trattamento nel 10-20% dei soggetti trattati. Nel 2011 sono sta commercializzati gli inibitori delle proteasi Boceprevir e Telaprevir (inibitori di prima generazione) da utilizzare in associazione con interferone e ribavirina nei pazienti con epatite C di genotipo 1 (con l’esclusione dei pazienti con cirrosi scompensata), la cui efficacia si associava però ad effetti collaterali importanti che si aggiungevano a quelli dell’interferone e della ribavirina. Dal gennaio 2014 è in commercio in Europa il primo di una serie di antivirali ad azione diretta (farmaci di seconda generazione), il Sofosbuvir, che in base ai risulta degli studi clinici attualmente disponibili sembra consentire la guarigione (definita come risposta virale sostenuta, o SVR) in un’alta percentuale di casi (dal 70% ad oltre il 90%), variabile a seconda del genotipo e della condizione clinica, e sembra essere al tempo stesso più tollerabile e sicuro di tutte le altre terapie utilizzate finora grazie alla minore frequenza di eventi avversi, a una minore durata del trattamento ( settimane) e alla possibilità in alcune situazioni di essere utilizzato nell’ambito di regimi terapeutici senza interferone. Altro recente farmaco di seconda generazione è il Simeprevir
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Epatite E L’agente infettivo dell’epatite E, il virus HEV è stato provvisoriamente classificato nella famiglia dei Caliciviridae. L’epatite E è una malattia acuta assai spesso itterica ed autolimitante, molto simile all’epatite A. Caratteristica principale di questa infezione è l’alta frequenza di forme cliniche fulminanti (1-12% ) ed una particolare severità del decorso nelle donne gravide, specialmente nel terzo trimestre di gravidanza, con mortalità che arriva fino al 40%. La malattia non cronicizza mai. Come per l’epatite A, la trasmissione avviene per via oro-fecale, e l’acqua contaminata da feci è il veicolo principale dell’infezione. Il periodo di incubazione va da 15 a 64 giorni. E’ presente in tutto il mondo: epidemie e casi sporadici sono stati registrati principalmente in aree geografiche con livelli di igiene e sanità inadeguati. Così si sono state identificate epidemie in India, Birmania, Iran, Bangladesh, Etiopia, Nepal, Algeri, Libia, Somalia, Indonesia Messico, Cina, Pakistan, nelle repubbliche dell’Asia Centrale e dell’ex- URSS. Nei paesi industrializzati invece, la maggior parte dei casi riguardano persone di ritorno da viaggi in paesi a rischio. Diagnosi tramite ricerca delle IgM sieriche Per quanto riguarda la prevenzione, è stata proposta la somministrazione di gammaglobuline, soprattutto nelle donne gravide, ma la loro efficacia deve essere dimostrata. Sono in corso studi per l’allestimento di un vaccino.
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