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PubblicatoOscar Hald Modificato 6 anni fa
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IL CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE artt. 33 – 40 D.lgs. 276/2003
VIDEOCONFERENZA IL CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE artt. 33 – 40 D.lgs. 276/2003
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PRIMA PARTE Elementi della fattispecie Inapplicabilità del d.lgs. 368/2001
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Decreto interministeriale 27 marzo 2013
Fonti Artt d.lgs. 276/2003 (disciplina in ultimo modificata dall’art. 1, co. 21 e 22, L. 92 del 28 giugno 2012, e dal D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99) Circolare Min. Lav. 4/2005 Circolare Min. Lav. 18/2012 Circolare Min. Lav. 20/2012 Circolare Min. Lav. 35/2013 Decreto interministeriale 27 marzo 2013 Introdotto con il Decreto Biagi, sostanzialmente abrogato dalla legge 247/2007 (preferenza per gli ordinary workers) e poi ripristinato dalla legge 112/2008, questo tipo di contratto flessibile ha avuto largo seguito, attesa la possibilità per il datore di lavoro di calibrare la prestazione secondo le esigenze aziendali, e anche quella di non chiamare più un lavoratore sgradito senza dover fornire alcuna giustificazione (salvo che il contratto sia stipulato con obbligo di disponibilità).
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Si è però registrato anche un uso fraudolento di tale tipologia contrattuale, spesso utilizzata per mascherare normali rapporti di lavoro subordinati, con pagamento a nero dei periodi di lavoro non ufficializzati. Per tali ragioni la Riforma Fornero è intervenuta a limitare l’uso di tale contratto, restringendo i limiti anagrafici per la stipula “libera” di contratti a chiamata. Anche con l’ultima riforma del 2013 (D.L. 76/2013, conv. in L. 99/2013) si è introdotto un “contingentamento” che limita nel tempo l’utilizzo del contratto a chiamata tra le medesime parti.
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COS’E’ IL CONTRATTO A CHIAMATA
E’ il contratto di lavoro mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di legge. Il lavoro a chiamata è quindi una speciale tipologia di lavoro subordinato (Circ. n. 4 del ) caratterizzata dall'espletamento di attività saltuarie e discontinue. Il Ministero del lavoro (circolare n. 20/2012) ha ribadito come la prestazione possa essere considerata discontinua anche laddove sia resa per periodi di durata significativi. È tuttavia, evidente, continua il Dicastero, che detti periodi, per potersi considerare effettivamente discontinui o intermittenti, dovranno essere intervallati da una o più interruzioni “in modo che non vi sia una esatta coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione”.
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Il contratto a chiamata può essere stipulato a tempo indeterminato o
determinato, con o senza obbligo di disponibilità (il lavoratore rimane libero di rispondere all’eventuale chiamata del datore, senza ricevere alcun indennizzo), sicché si possono avere: c. a tempo indeterminato con obbligo di disponibilità; c. a tempo indeterminato senza obbligo di disponibilità; c. a tempo determinato con obbligo di disponibilità; c. a tempo determinato senza obbligo di disponibilità.
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CONTRATTO A CHIAMATA E D.LGS. 368/2001
In ipotesi di c. intermittente a tempo determinato non opera il D.lgs. 368/2001, come chiarito dalla Circ. 4/2005, la quale ha interpretato il mancato espresso rinvio alla disciplina sul c. termine da parte dell’art. 33 co. 2 del d.lgs. 276/2003 (il quale si limita a disporre che “il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato”) come una dichiarazione tacita di non operatività dello stesso.
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SECONDA PARTE (SEGUE) Inoperatività del d.lgs. 368/2001 Obbligo di disponibilità Divieti Condizioni per la stipula del contratto intermittente (prima parte)
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Il Ministero ha confermato l’inapplicabilità del d. lgs
Il Ministero ha confermato l’inapplicabilità del d.lgs. 368/2001 anche con la risposta all’interpello n. 72 del , chiarendo che: a) Nella stipulazione di un c. intermittente a t. det. non è necessario riferirsi alle cause giustificatrici imposte dal D.Lgs. 368/2001 (v. anche Circ. Min. Lav. 4/2005); b) nel caso di successivi contratti di lavoro intermittente a termine non si applicano le limitazioni temporali imposte dall’art. 5, co. 3 D.lgs. 368/2001; c) non si applica, altresì, nessuna limitazione temporale in caso di successione di un contratto intermittente a t. det. e un normale contratto a tempo det.; d) il contratto a chiamata a tempo determinato non viene computato del termine massimo dei 36 mesi per i contratti a termine della medesima mansione.
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OBBLIGO DI DISPONIBILITA’ art. 36 comma 3, d.lgs. 276/2003
Il contratto a chiamata può essere stipulato con o senza obbligo di disponibilità, a seconda che – negli intervalli di inoperosità – il lavoratore resti o meno a disposizione per rispondere alla chiamata del datore di lavoro. C. Intermittente con obbligo di disponibilità. E’ una soluzione poco appetibile per le aziende perché più onerosa: il lavoratore non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati né matura alcun trattamento economico e normativo, ma ha diritto all'indennità di disponibilità (art. 36), nella misura stabilita dai contratti collettivi (ad es. il CCNL Piccola Industria Alimentare prevede un’indennità di misura pari al 25% della retribuzione). In mancanza di contrattazione collettiva, l’indennità è attualmente stabilita dal d.m. 10 marzo 2004 in misura minimale pari al 20% della retribuzione (la retribuzione da prendere a riferimento è data da minimo tabellare, contingenza, E.D.R. e ratei di mensilità aggiuntive, v. art. 2, co. 1, D.M. 10 marzo 2004).
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Art. 36 co. 2: Sulla indennità di disponibilità di cui al comma 1 i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo. Art. 36 co. 3: L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo. Art. 36, co. 4: In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Nel periodo di temporanea indisponibilità non matura il diritto alla indennità di disponibilità. Art. 36, co. 5: Ove il lavoratore non provveda all'adempimento di cui al comma che precede, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
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Art. 36 co. 6: Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare: a) la risoluzione del contratto; b) la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto; c) nonché un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro. Divieti di stipula di contratto a chiamata: art. 34 del D.lgs. n. 276/2003 E’ vietato stipulare contratti di lavoro intermittente: • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; • per la sostituzione di lavoratori posti in mobilità, cassa integrazione o destinatari di una riduzione “solidaristica”dell’orario di lavoro; • da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
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E’ ammesso il ricorso al lavoro intermittente da parte di tutti i datori di lavoro, che abbiano effettuato la valutazione dei rischi, per lo svolgimento di prestazioni: A) Di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale (art. 34, co. 1, d.lgs. 276/2003). In assenza di regolamentazione collettiva, il D.M. 23 ottobre 2004 ha sancito che resta ferma la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente per i lavori definiti discontinui dalla normativa sull'orario di lavoro di cui al R.D. 2657/23 (quali, ad esempio, custodi, guardiani, camerieri, addetti al governo dei cavalli, receptionist di albergo, addetti alle pompe di carburante, ecc.).
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PARTE TERZA (SEGUE) Condizioni per la stipula del contratto di lavoro intermittente Contenuti e forma del contratto
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B) (Novella della Riforma Fornero: v. art. 1, comma 21, lett. c), L
B) (Novella della Riforma Fornero: v. art. 1, comma 21, lett. c), L. 28 giugno 2012, n. 92) E’ possibile inoltre stipulare contratti di lavoro a chiamata per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Prima della Riforma del 2012 i periodi predeterminati della settimana del mese o dell’anno erano specificati dall’art. 37, a cui rinviava espressamente l’art. 34. In particolare, l’art. 37 individuava tali periodi: nei fine settimana, nelle ferie estive o nelle vacanze natalizie e pasquali (v. Circ. Min. Lav. 4/2005 che indicava, nello specifico, i periodi in questione). Attualmente, attesa l’abrogazione dell’art. 37, e il richiamo espresso al medesimo comma da parte dell’art. 34, l’individuazione dei periodi predeterminati della settimana del mese o dell’anno si ritiene implicitamente demandata alla contrattazione collettiva (in tal senso, Circ. Min. lav. 20/2012).
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C) (Novella Riforma Fornero: art. 1, c. 21, lett. a, n
C) (Novella Riforma Fornero: art. 1, c. 21, lett. a, n. 2) In ogni caso, e quindi indipendentemente dai requisiti che precedono, è possibile stipulare un contratto a chiamata con soggetti di età superiore a 55 anni (quindi con almeno 55 anni compiuti, anche pensionati) e con soggetti con meno di 24 anni (quindi al massimo 23 anni e 364 giorni) (prima della riforma la soglia era 25 anni). La prestazione di lavoro può essere resa entro i 25 anni (quindi 24 anni e 364 giorni, Min. Lav. Circ. 20/2012), pena la trasformazione in un normale contratto a tempo indeterminato.
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CONTENUTI E FORMA DEL CONTRATTO
Forma scritta ad probationem Requisiti di forma (art. 35 co. 1): Il contratto di lavoro intermittente deve contenere i seguenti elementi: a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto; b) luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
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Comunicazioni alle OO.SS.
il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista; indicazione delle forme e modalità della chiamata nonché le modalità di rilevazione della prestazione; i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste. Comunicazioni alle OO.SS. Il datore di lavoro è tenuto ad informare annualmente le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, in merito al ricorso al lavoro a chiamata I Contratti Collettivi possono prevedere diverse modalità e destinatari della comunicazione Conseguenze della mancata comunicazione sono il rischio di citazione per comportamento antisindacale e l’inadempimento contrattuale
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Chiarimenti ministeriali
Modalità della chiamata: in caso di lavoro intermittente con obbligo di disponibilità, nel contratto deve essere esplicitato se la chiamata avverrà in forma scritta (via fax, mail, telegramma, raccomandata) ovvero orale (Circ. Min. Lav. 4/2005). Orario di lavoro: l’art. 35 non pone alcun vincolo all’organizzazione dei tempi del lavoro intermittente, sicché le parti sono libere di determinare la collocazione temporale della prestazione lavorativa senza alcuna specifica regola di alternanza di periodi di lavoro con quelli di disponibilità (Circ. Min. Lav. 4/2005). Pluralità di rapporti: Il lavoratore intermittente può stipulare contemporaneamente una pluralità di contratti di lavoro a chiamata, o altre differenti tipologie contrattuali a patto che siano tra loro compatibili e che non risultino di ostacolo con i vari impegni negoziali assunti dalle parti (Circ. Min. Lav. 4/2005).
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PARTE QUARTA Comunicazione preventiva Sanzioni Regime transitorio
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COMUNICAZIONE PREVENTIVA art. 35 co. 3 bis, d. lgs
COMUNICAZIONE PREVENTIVA art. 35 co. 3 bis, d.lgs. 276/2003, introdotto dall’art. 1, co. 21, lett. b, legge 92/2012 Aumentano gli adempimenti amministrativi: introdotta la comunicazione preventiva alla DTL Prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms (339/ ), posta elettronica, o modulo on line ( (il sistema di comunicazione via fax è stato eliminato dall’art. 34, co. 54, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con modificazioni con L. 17 dicembre 2012, n. 221). Modalità di comunicazione: v. Note nn /2012, 12728/2012, 16639/2012, nonché il Decreto Interministeriale 27 marzo L’obbligo informativo scatta anche per i contratti stipulati prima del 18 luglio 2012 (Circ. Min. Lav. 18 e 20/2012) La comunicazione preventiva può essere eseguita anche il giorno della chiamata, purché sia antecedente all’effettivo impiego del lavoratore. Nella comunicazione bisogna indicare il nome e cognome del lavoratore e il codice fiscale, nonché i giorni di lavoro; non è necessario indicare l’orario. E’ possibile anche una comunicazione cumulativa (Min. Lav. 20/2012).
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Chiarimenti: Attualmente è possibile eseguire un unico adempimento per più prestazioni: “ciclo intergrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni”. Problema interpretativo: inizialmente (Circ. Min. Lav. 18/2012) si riteneva che i 30 gg fossero l’arco temporale massimo all’interno del quale individuare i periodi di attività (quindi il 1° gennaio si comunica che, entro il 31 gennaio, il lavoratore eseguirà un tot di prestazioni). Diversamente, la Circ. Min. Lav. 20/2012 ha interpretato i 30 gg come di effettiva chiamata del lavoratore, anche all’interno di un periodo molto più ampio (e quindi il 1° gennaio si comunica che il lavoratore eseguirà 30 prestazioni entro il 30 aprile). Se i lavoratori sono chiamati a svolgere più di 30 prestazioni, occorrerà ripetere la comunicazione. Modifica o annullamento della comunicazione: è possibile attraverso l’invio di una nuova comunicazione da effettuarsi a) prima dell’inizio della prestazione di lavoro; b) entro 48 ore dalla mancata presentazione del lavoratore. In mancanza di rettifica o dell’annullamento, la prestazione di lavoro si considera come effettuata, con tutte le conseguenze retributive e contributive.
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Sanzioni per omessa comunicazione preventiva
In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. La sanzione amministrativa si applica anche alla chiamata del lavoratore in giorni diversi da quelli inizialmente comunicati. N.B. Il co. 2 dell’art. 7, D.L. 76/2013, prevedeva l’inapplicabilità della sanzione da 400 a euro per la mancata comunicazione in caso di adempimenti contributivi assolti. Tale emendamento al testo originario di legge non è stato convertito dalla L. 99/2013.
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CONTINGENTAMENTO Art. 34 co. 2 bis introdotto con l’art. 7, comma 3, D
CONTINGENTAMENTO Art. 34 co. 2 bis introdotto con l’art. 7, comma 3, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 Ciascun lavoratore può lavorare con il medesimo datore di lavoro per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Esclusioni: settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Il conteggio delle prestazioni dovrà essere effettuato, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione, a ritroso di tre anni. Il conteggio dovrà tenere conto solo delle giornate effettivamente lavorate. Il conteggio parte dal 28 giugno 2013 (“data di entrata in vigore della norma”)
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Regime transitorio Regime transitorio
I contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data del , non compatibili con le riforme, cessano di produrre effetti a far data dal 1° gennaio 2014 (la L. 92/2012 aveva previsto fino al 18 luglio 2013, data posticipata dalla L. 99/2013). L’eventuale incompatibilità dei “vecchi” contratti va verificata in relazione alle causali oggettive o soggettive che consentono l’instaurazione del rapporto, come riformulate dalla L. n. 92/2012. In caso di esito negativo di tale verifica e quindi di cessazione ex lege del rapporto, i datori di lavoro saranno comunque tenuti ad effettuare la consueta comunicazione al Centro per l’impiego ai sensi dell’art. 21 della L. n. 264/1949. In quest’ultimo caso, non è dovuto il contributo di cui all’art. 2, comma 31, della L. n. 92/2012 (una somma pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni) in quanto trattasi di “interruzioni” del rapporto di lavoro determinate da una disposizione di carattere eccezionale e che, prescindendo dalla volontà del datore di lavoro, si configurano come un vero e proprio obbligo di legge. Una diversa interpretazione, infatti, non sarebbe in linea con la ratio sottesa all’introduzione del contributo, che vuol costituire anche un disincentivo per i datori di lavoro che intendono recedere da un rapporto di lavoro (Circ. 35/2013).
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