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PubblicatoVictor Coradelli Martinho Modificato 6 anni fa
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Lezioni di Psichiatria Prof. Alessandro Serretti
Facoltà : Medicina e Chirurgia
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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA
Istituto di Psichiatria "P. Ottonello" Prof. Alessandro Serretti Professore Associato in Psichiatria
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Preparazione esame: Lezioni Diapositive e testo nelle diapositive
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La Psichiatria è una branca della medicina che comprende
Disturbi mentali (della sfera emotiva e di quella cognitiva) Disturbi comportamentali Eziologia, presentazione e loro decorso sono influenzati da molteplici cause La loro terapia si avvale di interventi Sociali Psicologici Medici Frequenti sono i fraintendimenti sul ruolo dello psichiatra e falsi “miti” sulla pratica psichiatrica Rivoluzione negli ultimi 20 anni: a) I pazienti Psichiatrici sono di norma curati nei servizi psichiatrici territoriali b) Se ricoverati in strutture di urgenza, i ricoveri devono essere brevi
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PROGRAMMA Cenni di Epidemiologia Psichiatrica
L’assistenza Psichiatrica in Italia, Legislazione psichiatrica Cenni eziopatologici Colloquio con il paziente Esame di Stato Mentale - Psicopatologia Classificazione dei Disturbi Mentali Schizofrenia e Altre Psicosi Depressione e Disturbo Bipolare Ansia e spettro Disturbi d’Ansia Disturbi del Comportamento Alimentare Demenze e Ritardo Mentale Disturbi di Personalità Disturbi da sintomi somatici Abusi e Dipendenze Emergenze in Psichiatria Psicofarmaci e Psicoterapie
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Perché Psichiatria
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Cenni storici Nel corso del tempo e nelle diverse civiltà le spiegazioni, l'atteggiamento ed i trattamenti relativi alla follia hanno subito cambiamenti radicali. Mentre le antiche produzioni letterarie delle civiltà mediorientali ed i testi sacri dell’ebraismo attribuivano all’intervento di forze soprannaturali, divine o demoniache, le malattie psichiatriche come una forma di punizione, il primo a trattare della malattia mentale come malattia medica fu Ippocrate. Ippocrate (460 a.C-377 a.C.) ipotizzò che la condizione di salute o malattia, fisica o mentale, fosse la risultante dell’equilibrio o dello sbilanciamento di quattro umori (teoria umorale): bile nera, bile gialla, sangue e flegma. L'acqua corrisponderebbe alla flegma che ha sede nella testa, la terra corrisponderebbe alla bile nera che ha sede nella milza, il fuoco alla bile gialla (detta anche collera) con sede nel fegato, l'aria al sangue la cui sede è il cuore. Più tardi nelle società romana si riaffermò la connotazione mistica della la follia, da affrontare con trattamenti di tipo religioso da parte di sacerdoti o filosofi. A partire dal Medioevo l'interpretazione predominante delle malattie psichiche fu quella della possessione da parte di spiriti malvagi o del diavolo, come debolezza morale e castigo divino. La “concezione demonologica”, secondo cui appunto le malattie psichiche sono considerate opera del demonio, continuò per tutto il Cinquecento ed il Seicento ed infatti il più importante trattato di psichiatria si può considerare in realtà il Malleus maleficarum, un manuale del 1486, ad uso degli inquisitori, nel quale, descrivendo le varie forme di stregoneria, si illustravano quelle che in realtà erano diverse sindromi psichiatriche che noi oggi classificheremmo come isterie, schizofrenie, nevrosi ossessive, epilessie o altro. Nel corso del Settecento si incominciano a fare osservazioni più razionali sui disturbi psichici, che erano però abitualmente confusi con problemi di ordine pubblico-sociale: i malati di mente erano infatti rinchiusi insieme a piccoli delinquenti, debitori morosi, vagabondi, disoccupati, prostitute, alcolizzati, disadattati vari, che non avessero commesso gravi reati, nei cosiddetti Ospedali Generali (dalla terminologia francese), sorta di “ospizi”. All’interno di questi luoghi i detenuti erano tenuti incatenati, fino a che Philippe Pinel ( ) nel 1793 non liberò i malati di mente dalle catene, promovendo la costituzione di specifici luoghi di cura, i manicomi. Da Pinel in poi incominciò un enorme lavoro di descrizione dei sintomi e dei comportamenti: nel 1793 il medico empolese Vincenzo Chiarugi diede alle stampe il suo trattato “Della pazzia in genere e in specie”, prima opera medico-scientifica sul tema della categorizzazione della follia. Il trattato di Chiarugi segnò la nascita della clinica psichiatrica e restituì al folle lo status di malato piuttosto che di peccatore o delinquente. Con l’istituzione dei manicomi l'elevata concentrazione di pazienti favorì l'osservazione e la classificazione delle malattie da parte degli psichiatri. In tale epoca la storia della psichiatria coincise di fatto con la storia della schizofrenia; Emil Kraepelin ( ) ed Eugen Bleuler ( ) ne furono i principali studiosi. Anche se dal Medioevo, in cui si riteneva che per curare la malattia mentale fosse necessario togliere fantomatiche pietre dalla testa dei pazienti, le conoscenze stavano aumentando gli strumenti terapeutici rimanevano spesso improvvisati: docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica sono solo alcune delle pratiche cui venivano sottoposti i pazienti. La situazione era destinata a migliorare notevolmente nel corso del Novecento, grazie all'introduzione di varie forme di psicoterapia ed alla scoperta degli psicofarmaci. Dall’inizio del secolo gli studi di Freud ( ) e degli psicoanalisti portarono alla identificazione delle nevrosi e ad una descrizione puramente psichica dei meccanismi psicologici delle malattie psichiche. Freud, basandosi sugli studi da lui effettuati insieme a Jean-Martin Charcot e Joseph Breuer e sulle nuove idee riguardanti l'inconscio, elaborò il primo modello completo sulle malattie mentali e un approccio psicoterapeutico per il loro trattamento (psicoanalisi). Il suo rimase il modello predominante utilizzato nella professione medica per il trattamento dei disturbi mentali fino alla metà del XX secolo, quando lo sviluppo della terapia elettroconvulsivante (introdotta negli anni trenta) e delle cure basate sui farmaci riportarono la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico. I primi psicofarmaci sintetizzati fra gli anni quaranta e cinquanta, destinati a cambiare in modo radicale e diffondere le metodologie di cura, conobbero una rapida diffusione e contribuirono all’ipotesi di un’origine biologica e genetica delle malattie. Di pari passo con lo sviluppo della psicofarmacologia i sostanziali progressi nelle scienze del comportamento hanno dato origine a forme di psicoterapia che si sono dimostrate efficaci nel ridurre o eliminare molte condizioni psicopatologiche. In diversi casi le psicoterapie possono essere integrate con trattamenti farmacologici, al fine di massimizzare l'efficacia congiunta dei due approcci per cui è oggi possibile in molti casi arrivare ad una completa remissione o ad un significativo controllo della sintomatologia, migliorando in modo sostanziale la condizione dei pazienti
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Depressione: Adulti: 10% nel corso della vita
Prevalenza Tutti i disturbi mentali: 50% degli adulti soffre di problemi di salute mentale nel corso della vita Depressione: Adulti: 10% nel corso della vita Disturbi d’ansia: 3-6% nel corso della vita (fobie, disturbi ossessivo - compulsivo, e disturbi tipo attacco di panico (prevalenza 1% circa per ciascun disturbo) Suicidio: suicidi riusciti e più di tentati suicidio all’anno; rappresentano il 5% di tutti gli anni di vita persi nelle persone sotto i 75 anni
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Schizofrenia (ed altre psicosi): 1% nel corso della vita
Disturbo affettivo bipolare: 0.5-1% nel corso della vita Disturbi di personalità: 5-10% dei giovani adulti Disturbi legati all’alcool: 4.7% degli adulti presenta dipendenza da alcool Dipendenza da sostanze: 2.2% (stima in difetto) Anoressia nervosa: 1% delle ragazze adolescenti
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Come Psichiatria
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Legislazione psichiatrica in Italia (1)
Legge 36 del 1904 "pericolosi a sé o agli altri" o di "pubblico scandalo“ (1904) Il ricovero psichiatrico è stato regolato in Italia per molti anni da una legge del Tale legislazione, ponendo l’accento su esigenze di pubblica sicurezza e di controllo sociale, prevedeva la custodia e la cura in Ospedale Psichiatrico delle “persone affette da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescano di pubblico scandalo”. La richiesta di internamento poteva essere presentata da parenti, tutori, protutori o da chiunque altro nell’interesse degli infermi e della società. Secondo questa legge il malato psichico veniva ricoverato obbligatoriamente in Ospedale Psichiatrico per periodi spesso prolungati e privato dei diritti civili e politici, mentre ai medici veniva quindi richiesto di esplicare la funzione di custodia oltre a quella di cura. Ciò ha portato all'isolamento della psichiatria dall'assistenza sanitaria in generale: i manicomi erano per lo più costruiti in luoghi appartati e comunque distinti dagli Ospedali Civili, le loro competenze amministrative erano delegate alle Province, le dimissioni dei ricoverati coattivamente erano di competenza dell'autorità giudiziaria. Nel 1968 venne modificata solo in parte questa situazione con l’introduzione della legge sui ricoveri volontari, che consentiva ai pazienti psichiatrici il ricovero in O.P. senza che venissero loro applicate le disposizioni previste dalla legge del 1904. Esigenze di sicurezza > necessità terapeutiche Isolamento della psichiatria dal resto dell’ assistenza sanitaria i manicomi costruiti in luoghi appartati, distinti dagli Ospedali Civili Competenze amministrative delegate alle Province Dimissioni dei ricoverati coattivamente: competenza dell'autorità giudiziaria.
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Legislazione psichiatrica in Italia (2)
“.. alleanza originaria della psichiatria con la giustizia. Lo psichiatra nell’espletamento del suo mandato professionale è contemporaneamente medico e tutore dell’ordine… …ma i due ruoli sono in evidente contraddizione reciproca dato che l’uomo di scienza dovrebbe tendere a salvaguardare l’uomo malato mentre il tutore dell’ordine tende a salvaguardare l’uomo sano”. ( Basaglia, 1971)
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Legislazione psichiatrica in Italia (3)
Legge 180 del 1978 “Accertamenti e Trattamenti Sanitari Volontari e Obbligatori” Legge 833 del 1978 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)” Aspetti principali I trattamenti psichiatrici sono di regola extraospedalieri L’obiettivo è di curare il paziente nel suo ambiente, a livello ambulatoriale, ed evitare che venga stigmatizzato ed espulso Il ricovero ospedaliero ed ancor più il ricovero coatto sono rigidamente regolamentati. La legge di riforma psichiatrica ha chiuso definitivamente tutti gli ospedali psichiatrici Reparti psichiatrici all’interno dell’Ospedale Civile, con un massimo di 15 letti, e con 1 letto/ abitanti circa Nel 1978 lo psichiatra Franco Basaglia portò nel Parlamento italiano una legge che prevedeva la dismissione degli ospedali psichiatrici e la cura dei malati negli ambulatori territoriali. La Legge 180/78, tuttora vigente, prevede il ricovero solo in caso di acuzie (presso gli SPDC, i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), rendendo l'Italia un paese pioniere nel riconoscere i diritti del malato e nel favorire la territorializzazione dei Servizi di cura del disagio psichico (CSM - Centri di Salute Mentale; SERT - Servizi per le Tossicodipendenze; Centri diurni; Residenze Protette o Semiprotette; Consultori). Con la legge 180 vengono stabiliti alcuni importanti principi: - Scompare il concetto di pericolosità e quindi la funzione di custodia per motivi di pubblica sicurezza e viene stabilito che tutti “gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari” (art.1), anche se “possono essere disposti dall’Autorità Sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori”, se in presenza di gravi alterazioni psichiche i trattamenti vengano rifiutati e non esista la possibilità di effettuarli nelle strutture territoriali esistenti. Tali trattamenti devono comunque essere effettuati “nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione”. - vengono aboliti gli Ospedali Psichiatrici e viene trasferito ai presidi territoriali il compito di prevenzione e cura delle malattie mentali e vengono istituiti i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) negli ospedali generali, con un numero di letti non superiore a 15. Le norme stabilite dalla legge 180 vengono inserite ed integrate nella legge 833 del 1978 cin la quale viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale. Tutte le strutture psichiatriche passano per competenza dalle amministrazioni provinciali a quelle regionali, nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, per cui si assiste alla parificazione tra i servizi psichiatrici e gli altri sistemi sanitari.
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Trattamento Sanitario Obbligatorio
Quando: a) il paziente presenta una patologia psichiatrica acuta e grave che necessita di interventi tempestivi b) che però egli rifiuta c) non esiste la possibilità di effettuare gli interventi terapeutici nelle strutture territoriali esistenti Come: Un medico compila la Proposta di TSO ed un secondo medico, dipendente dal SSN, compila la Convalida di TSO La documentazione viene inviata al Sindaco, che la deve autorizzare esplicitamente prima che il TSO possa essere attuato Il Sindaco da notizia dell’avvenuto TSO al Giudice Tutelare, che può intervenire Dove: Il TSO si effettua esclusivamente presso i reparti ospedalieri di psichiatria autorizzati (SPDC) Quanto: Il ricovero coatto è breve (7 giorni) e rinnovabile previa comunicazione al giudice tutelare Trattamento sanitario obbligatorio Ai fini di una corretta applicazione delle procedure appare opportuno richiamare ed analizzare alcuni aspetti delle condizioni nelle quali è possibile effettuare trattamenti sanitari obbligatori in ambito psichiatrico. Secondo il dettato legislativo di cui all'art. 34, dette condizioni si verificano nei casi in cui: a) «...esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici...». La formulazione di detto enunciato affida la valutazione di questa prima condizione - per la natura stessa dei concetti di "alterazione psichica" ed "urgenza“ - esclusivamente alla responsabilità professionale del medico; b) gli interventi terapeutici «...non vengono accettati dall'infermo...». Premesso che bisogna prestare particolare attenzione a non interpretare il conflitto che spesso insorge fra medico e paziente nel corso di un rapporto terapeutico come mancanza di consenso alle cure, che darebbe luogo ad un provvedimento obbligatorio a valenza fortemente punitiva, in presenza di questa seconda condizione il sanitario deve mettere in atto ogni utile tentativo finalizzato a favorire il consenso del paziente. c) «...non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere...». Lo spirito della riforma vede nella natura del TSO in regime ospedaliero una significativa limitazione della libertà personale, tanto che il legislatore ne prevede particolari misure di tutela giurisdizionale. Qualora si renda necessario questo tipo di intervento, si prevede altresì che il «...ricovero deve essere attuato preso gli ospedali generali, in speciali Servizi psichiatrici di diagnosi e cura...». Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) viene disposto dal Sindaco in veste di Autorità Sanitaria locale su proposta motivata di un medico e convalidata da parte di un medico della struttura pubblica. Avvenuto il ricovero il provvedimento del Sindaco deve essere comunicato entro 48 ore al Giudice Tutelare competente che provvede a convalidare o meno il provvedimento. Il TSO dura 7 giorni alla fine dei quali può essere prorogato di altri 7 giorni con le stesse modalità (art.3). Il malato stesso o chiunque altro può far ricorso contro il provvedimento di TSO rivolgendosi al Sindaco o al Tribunale Competente (art.4).
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Accertamento Sanitario Obbligatorio
Quando: fondato sospetto che il paziente presenta una patologia psichiatrica acuta e grave che necessita di interventi tempestivi Come: certificazione medica di proposta contenente le motivazioni che suggeriscono la richiesta di tale provvedimento. La documentazione viene inviata al Sindaco che dispone il provvedimento e dà disposizione ai vigili urbani (ed ev. anche forze dell’ordine) di individuare il paziente e di obbligarlo ad accettare la visita. Dove: Nell'ordinanza del Sindaco deve essere specificato dove si intende effettuare l'ASO (ambulatorio, domicilio del paziente, pronto soccorso di ospedale civile ove sia presente una accettazione psichiatrica o sia comunque attivabile una consulenza psichiatrica). Lo psichiatra del servizio pubblico che effettua la visita di accertamento decide sui provvedimenti da prendere (trattamento domiciliare, ricovero volontario, TSO) Accertamento sanitario obbligatorio L'accertamento sanitario obbligatorio (ASO), istituto di carattere eccezionale, si configura come strumento mirato ad entrare in contatto con una situazione altrimenti inavvicinabile e per la quale, sia pure in via presuntiva, si ha il fondato sospetto della presenza della prima condizione di legge prevista per poter intervenire in forma obbligatoria, vale a dire l'esistenza di gravi alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici. Qualora non sia possibile visitare il paziente ma si sia in possesso di informazioni che facciano supporre la presenza di tali condizioni (ad es. un paziente psicotico acuto che si è chiuso in casa e non fa entrare nessuno o un paziente confuso che si è allontano dal domicilio e che non si riesce a rintracciare), è possibile per il medico fare richiesta di Accertamento Sanitario Obbligatorio. Ai fini della emissione della ordinanza di ASO occorre la sola certificazione medica di proposta contenente le motivazioni che suggeriscono la richiesta di tale provvedimento. Il medico inoltra al sindaco la richiesta di ASO con le generalità del paziente, le motivazioni per l’accertamento, il luogo dove l’accertamento sarà effettuato Nell'ordinanza del Sindaco deve essere specificato dove si intende effettuare l'ASO (ambulatorio, domicilio del paziente, pronto soccorso di ospedale civile ove sia presente una accettazione psichiatrica o sia comunque attivabile una consulenza psichiatrica). L'accertamento sanitario obbligatorio per malattie mentali non può essere effettuato in regime di degenza ospedaliera.
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Stato Regione Azienda USL
Azienda Ospedaliera Azienda USL Altra Azienda USL Ospedale privato Il Distretto deve assicurare: Assistenza primaria e continuità assistenziale, Assistenza specialistica ambulatoriale, Servizi per le tossicodipendenze e patologie da HIV, Attività consultoriali, Servizi socio sanitari rivolti a disabili ed anziani, Assistenza Domiciliare Integrata e vi collocazione nel distretto le articolazioni organizzative dei Dipartimenti di Salute Mentale. Distretto Prevenzione Sociale Presidi Ospedalieri - Dipartimento di cure primarie - Centro Servizi Ambulatoriali - Dipartimento di Salute Mentale etc…
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Dipartimento di Salute Mentale
Hanno in cura il 3% della popolazione generale Il 10% della popolazione generale si rivolge ai DSM nel corso della vita Strutture del DSM 1) Centri di salute Mentale (CSM) 2) Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) 3) Strutture Intermedie non residenziali a. Day Hospital b. Centro Diurno 4) Strutture Intermedie Residenziali a. Centro residenziale terapeutico riabilitativo b. Comunità protetta 5) Servizi di consulenza ospedaliera e per i MMG Strutture del Dipartimento di Salute Mentale: 1) Centro di Salute Mentale (CSM): Presidio territoriale che ha il mandato di prendere in carico il paziente psichiatrico. Tra i suoi compiti vi sono quelli di: Coordinare le attività ambulatoriali psichiatriche e psicoterapeutiche individuali, di gruppo e sulla famiglia Coordinare le attività domiciliari Esaminare la domanda di accoglienza del paziente Svolgere le attività diagnostiche e terapeutiche più adeguate 2) Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC): È collocato all’interno di Aziende Ospedaliere o Presidi Ospedalieri all’interno di Aziende Sanitarie Locali (ASL), o all’interno di Presidi Universitari convenzionati. Vi si realizzano interventi psichiatrici in regime volontario (TSV) oppure obbligatorio (TSO) che necessitano di un ricovero. Numero minimo di posti letto è di 7 (1 posto ogni abitanti). 3) Strutture Intermedie non residenziali a. Day Hospital: Deputato a svolgere attività terapeutiche e riabilitative a breve e lungo termine. Prevede interventi di medicalizzazione, ossia accertamenti diagnostici anche complessi e interventi farmacologici e psicoterapeutici e/o riabilitativi. b. Centro Diurno: Presidio aperto almeno otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana la cui attività viene svolta in regime di semiresidenzialità, in ambiente comunitario, con programmi terapeutico- riabilitativi con lo scopo di recuperare e ampliare le abilità sociali del paziente. Coordinamento con cooperative sociali e organizzazioni di volontariato 4) Strutture Intermedie Residenziali Sono deputate a rispondere a bisogni di media e lunga assistenza per soggetti ammalatisi di recente e interessati da deficit di competenza sociale e di autonomia. Offre varie forme di assistenza in base al livello di protezione e durata della residenzialità. a. Centro Residenziale Terapeutico-Riabilitativo: presidio sanitario su modello comunitario con residenzialità del paziente. b. Comunità protetta: Presidio rivolto a pazienti con deficit gravi delle capacità di autonomia che hanno bisogno di interventi sanitari e riabilitativi in condizioni di residenzialità protetta senza limiti di tempo, che offre diversi gradi di assistenza in base alla compromissione del paziente.
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IL SERVIZIO PSICHIATRICO DI DIAGNOSI E CURA (SPDC)
E’ il reparto ospedaliero di psichiatria: attività di diagnosi e cura dei disturbi psichiatrici Vi vengono attuati trattamenti psichiatrici volontari (TSV) ed obbligatori (TSO) Gestione della fase acuta della patologia psichiatrica Lavora in collaborazione con i Centri di Salute Mentale E’ il reparto ospedaliero di psichiatria, dove si svolge attivita' di competenza specifica sulle diverse forme del disagio psichico e psicologico in tutte le fasi in cui non e' piu' sufficiente un trattamento ambulatoriale o domiciliare. In particolare, le patologie più frequentemente trattate sono i disturbi di tipo psicotico, alcuni disturbi di personalita', i disturbi dell'umore (mania, grave depressione e tentativi di suicidio). Il reparto accoglie i pazienti sia in regime di ricovero volontario che obbligatorio. L'intervento terapeutico muove da una attenta valutazione clinica, psicopatologica, sociale e familiare ed è imperniato sul trattamento psicoterapeutico individuale e su quello farmacologico.
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I CENTRI DI SALUTE MENTALE (CSM)
Attività di accoglienza e analisi della domanda degli utenti e dei loro familiari Presa in carico dei pazienti Definizione dei programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi, in integrazione operativa tra le diverse professionalità nelle diverse situazioni, tramite interventi ambulatoriali e domiciliari Collegamento con i medici di base, con i reparti ospedalieri e con gli altri servizi territoriali; Azioni di filtro sui ricoveri al fine di limitarli ai casi di comprovata necessità Informazione e di assistenza per gli utenti e le loro famiglie
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IL PROBLEMA DELLA CONTENZIONE
Dispositivo che limita in generale le libertà individuali ed in particolare la libertà di movimento del paziente Situazioni di ALTO RISCHIO di azioni ETERO od AUTOLESIVE Attuata solo nel caso le strategie di “descalation” non si rivelino sufficienti La contenzione fisica del paziente si rende necessaria nelle situazioni in cui sia alto il rischio di azioni auto ed etero lesive. L’intervento è disciplinato dagli articoli 33 – 34 – 35 della Legge 23 Dicembre 1978, n. 833.
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IL PROBLEMA DELLA CONTENZIONE
PROCEDURA E’ necessaria la prescrizione del medico Il paziente deve essere controllato ogni 15 minuti dal personale infermieristico e almeno ogni 2 ore da personale medico La decisione del ricorso alla contenzione deve essere rivista qualora non sussista più la condizione che l’ha determinata La decisione di porre un paziente “in contenzione” deve essere riportata sulla documentazione clinica (cartella medica e infermieristica) del paziente: la prescrizione è competenza del medico. In situazioni di emergenza e in assenza del medico l’infermiere può decidere di applicare una contenzione previa comunicazione al medico responsabile o di guardia; questa decisione verrà poi valutata dal medico nel più breve tempo possibile. L’SPDC deve essere dotata di un apposito registro nel quale devono essere i seguenti elementi relativi ad ogni atto di contenzione: - Nome e cognome della persona sottoposta a contenzione, - problema per il quale viene determinata la contenzione, - valutazione medica inclusiva dell’esame delle opzioni tecniche ed organizzative alternative, - ora di inizio, - misure assistenziali richieste, con indicazione dell’operatore incaricato di effettuarle ed orari di effettuazione, - misure mediche adottate per la profilassi delle complicanze, - ora di cessazione della contenzione.
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Le Cause
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Modelli Modello medico Modello psicodinamico (psicoanalitico)
I sintomi derivano da lesioni (talvolta non evidenziabili) Trattamenti biologici per ripristinare lo stato di salute Modello psicodinamico (psicoanalitico) I sintomi rappresentano compromessi di un conflitto intrapsichico Trattamenti psicologici per modificare la struttura psichica Modello sociorelazionale I sintomi sono una risposta logica ad un contesto illogico (famiglia, società) Trattamenti primariamente volti all’ambiente
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Eziopatogenesi dei disturbi mentali (1)
Fattori psicologici Fattori biologici Fattori sociali
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Eziopatogenesi dei disturbi mentali (2)
Alteraz. funzionali SNC Anomalie dei neurotrasmettitori Fattori biologici Fattori genetici Invecchiamento Genere Noxae infettive (precoci) Fattori perinatali Endocrinopatie Periodo post partum Abuso di sostanze Alteraz. strutturali SNC Macroscopiche Microscopiche
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Eziopatogenesi dei disturbi mentali (3)
Fattori psicologici Relazione madre-neonato problematica Ambiente familiare disturbato Esperienze precoci di perdita o di separazione dalle figure genitoriali Abuso fisico/sessuale Eventi di vita Lutto Rottura relazione significativa Pensionamento Malattia, disabilità
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Eziopatogenesi dei disturbi mentali (4)
Classe socio-economica Urbanizzazione Supporto sociale Emigrazione Convinzioni sulla malattia mentale Fattori sociali
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Il Colloquio
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Colloquio con il pz Psichiatrico
Conversazione: ruolo variabile, argomento variabile, scopo variabile Colloquio psichiatrico: ruolo definito, argomento definito, scopo definito Uno dei due soggetti può avere difficoltà a porsi in sintonia con l’altro sia su di un piano relazionale che di contenuto
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Colloquio con il pz Psichiatrico
Ciò determina la necessità da parte dell’interlocutore di porre in atto modalità relazionali e comunicative tali da tentare di stabilire una sintonia in entrambe le aree. Aspetti relazionali: si basano sulle capacità di empatia degli interlocutori Aspetti di contenuto: si basano sull’esame di realtà. Empatia: capacità di comprensione del mondo psichico altrui attraverso una parziale identificazione Esame di realtà: adesione ad una concezione condivisibile di essa
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Esame di realtà (insight)
I soggetti con disturbi psichiatrici possono avere un grado variabile di alterazione dell’esame di realtà, definibile come consapevolezza completa, parziale o incompleta di essere affetti da sintomi di ordine psichico. Quanto più è assente consapevolezza, tanto più è necessario agire sia su un piano empatico che comunicativo
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Esame di realtà (insight)
… ho spesso momenti di ansia … mi hanno detto che potrebbero essere attacchi di panico … … sono la rovina della mia famiglia … a volte ne sono sicuro, a volte no … guadagno troppo poco e mi sento un marito ed un padre fallito … però non è sempre così … … sono costantemente seguito da poliziotti in borghese … sono fuori di casa, per strada, al supermercato … tento di sfuggirli, ma me li ritrovo sempre alle calcagna …mi tengono d’occhio ventiquattro ore su ventiquattro … non ce la faccio più …
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Valutazione psichiatrica
Evitare di farsi condizionare dalla prima impressione Valutare i rischi immediati Acquisire notizie su circostanze personali e familiari che potrebbero aver Modificato i sintomi Influire sulla terapia e la prognosi Fondamentale la tecnica del colloquio! Domande aperte Domande chiuse Tratto da: Teifion Davies, ABC of mental health: Mental health assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
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Quali sono i problemi che l’hanno fatto venire in ospedale?
Esempi di domande Domande aperte Quali sono i problemi che l’hanno fatto venire in ospedale? Potrebbe dirmi qualcosa di più a riguardo? E...? C’è qualcos’altro di cui avrebbe piacere di parlarne (qualcosa che la preoccupa)? Mi parli della sua routine quotidiana (della sua famiglia, della sua storia personale e del contesto familiare nel quale è cresciuto) Ci sono delle domande che vorrebbe pormi? Tratto da: Teifion Davies, ABC of mental health: Mental health assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
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Domande aperte Vantaggi: Svantaggi:
dà al pz la possibilità di scegliere gli argomenti e di esprimersi secondo il proprio punto di vista risposte spontanee, più emotive Svantaggi: risposte lunghe, vaghe, inattendibili, incomplete argomenti selezionati dal pz
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Esempio di un colloquio a domande aperte
" che cosa l'ha condotta qui, signora? " " mi sento sempre stanca." " stanca?" " perché non riesco dormire bene." " che cosa c'è che non va nel suo sonno? " " E’ sempre è leggero, agitato e non riposante.” “Bene, in che senso sonno non riposante? " " io credo... non so... " intende che si rigira nel letto? " " no, non mi sembra... “ " perché non mi descrive il suo sonno, a partire dal momento in cui è andata letto? " " sono andata a letto alle 22.30, poi mi sono alzata poco dopo la mezzanotte "
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Esempio di un colloquio a domande aperte
" poi all'una o all'una e mezza ancora. Ho gironzolato per casa per circa mezz'ora poi mi sono nuovamente alzata alle quattro e non so quando mi sono addormentata. Al mattino è stato molto difficile alzarsi." " per cui sonno agitato per lei significa alzarsi più volte durante la notte." " si, è così." " Ha anche detto che si sente stanca durante la giornata." " esatto " " accade più frequentemente dopo una notte agitata? " " no, non necessariamente. Alcune notti dormo veramente bene e tuttavia mi sento stanca fino alle 11 e mezzo del mattino " " quindi sembra che lei abbia due problemi: alzarsi durante la notte sentirsi stanca nelle ore mattutine."
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Quando sono cominciati questi problemi (pensieri, sentimenti)?
Domande chiuse Quando sono cominciati questi problemi (pensieri, sentimenti)? Che effetto hanno su di lei (la sua vita, la sua famiglia, il suo lavoro)? Ha mai avuto esperienze simili nel passato? Quando dice di sentirsi depresso, che cosa intende esattamente? In momenti come questi ha mai pensato di suicidarsi? Le capita di sentire delle voci (o vedere delle immagini) quando sembra che non ci sia nessuno?
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Domande chiuse Vantaggi: Svantaggi:
focus ristretto, scelto dal medico, precisione risposte veloci, chiare Svantaggi: Guidano il pz (risposte vero-falso), meno autentiche il pz può non riferire cose perché non gli vengono chieste
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Esempio di un colloquio “troppo” chiuso
P: “Si.” P: “47” P: “Che cosa intende?” P:“Si “ P:“Tre “ P:“No.” P:“No” P: “No, mia madre è morta un me..” P: “Non mi pa…” T: “Sono il dr X. Lei ha acconsentito a fare questo colloquio, è esatto? T: “Bene. Quanti anni ha?” T: “Ha dei parenti?” T: “Fratelli e sorelle “ T: “Quanti?” T: “Lei è il più giovane?” T: “Qualcuno di loro si è ammalato di disturbi psichiatrici?” T: “I suoi genitori sono viventi?” T: “Qualcuno di loro soffriva di malattie psichiatriche?
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Esempio di un colloquio a domande chiuse
T: “Oh, mi sembra impossibile, la maggior parte delle malattie psichiatriche sono ereditarie.” T: “Passiamo ai sintomi. Ha mai sofferto di allucinazioni?” T: “Ha mai delirato?” T: “Ha mai immaginato che i suoi vicini ce l’avessero con lei?” T: “Ha mai avuto delle compulsioni?” T: “Ha mai avuto malattie immaginarie? Disturbi somatoformi?” T: “Ha avuto delle amnesie?” P: “No” P: “Complu…No” P: ”Non mi ricordo…”
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Permettere al paziente di narrare la propria storia
COSA FARE Permettere al paziente di narrare la propria storia Prendere il paziente “sul serio” Lasciare tempo alle emozioni del paziente Indagare i pensieri su suicidio, violenza Dare rassicurazione laddove possibile Iniziare una relazione costruttiva e “vera” Ricordare che “ascoltare” è “fare”! Tratto da: Teifion Davies, ABC of mental health: Mental health assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
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COSA NON FARE Non utilizzare domande chiuse troppo presto
Non porre più attenzione al “caso” che al paziente Non essere troppo rigidi o disorganizzati: esercitare un controllo flessibile Non evitare argomenti “delicati” o imbarazzanti Non prendere come “tecnici” i termini medici/psichiatrici che il paziente usa (es. depressione) Tratto da: Teifion Davies, ABC of mental health: Mental health assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
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RICORDARSI DI: Mettere il paziente a proprio agio, è un colloquio, non un interrogatorio! Essere neutrali! Evitare giudizi, pregiudizi, prendere le parti per o contro il paziente Tratto da: Teifion Davies, ABC of mental health: Mental health assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
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SPECIFICARE (“in che senso non riposante?”)
ALTRE TECNICHE UTILI CHIARIFICAZIONE: SPECIFICARE (“in che senso non riposante?”) VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”) DOMANDE GUIDA (“un bel gin tonic in discoteca, due-tre anche più drink per l’aperitivo?) SONDARE: molti pz assegnano un significato particolare alle proprie esperienze; il fine è quello di identificare la logica del pz Perché pensa che l’abbiano portata qui? Perché pensa che accadano queste cose? E’ possibile che le cose vadano diversamente?
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ALTRE TECNICHE UTILI CONDUZIONE CONTINUARE (“mi dica di più”) ENFATIZZARE (“Lei mi ha detto di sentirsi spesso nervosa…) VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”) RIDIREZIONARE: riportare il pz con delicatezza ad un altro argomento TRANSIZIONE: portare gradualmente il pz su argomenti diversi creando connessioni causa-effetto, temporali o sottolineando il cambiamento (“adesso parliamo di…”)
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Valutare i rischi!
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Fattori che richiedono domande inerenti il rischio suicidario
Soprattutto se il paziente è maschio, single, non più giovane, isolato, o con più fattori di rischio contemporaneamente Precedenti idee o comportamenti suicidari Gravi sintomi depressivi Abuso di alcool o sostanze illecite Malattie mentali croniche (inclusa schizofrenia) Malattie fisiche dolorose o disabilitanti Recente ospedalizzazione in Psichiatria Dimissioni volontarie contro parere medico Precedente comportamento impulsivo, incluso il self harm (autolesionismo) Procedimenti legali o criminali in atto (incluso divorzio) Separazioni e allontanamenti familiari, personali, o sociali (es. lutti, separazioni) Tratto da: T K J Craig and A P Boardman. ABC of mental health: Common mental health problems in primary care, BMJ, May 1997; 314: 1609
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight L’esame delle condizioni mentali è la parte della valutazione clinica che descrive l’insieme complessivo delle osservazioni e impressioni relative al paziente psichiatrico durante l’intervista. È importante che anche in assenza dello specialista chi vede per primo la persona in esame sia in grado di fare una prima valutazione della natura e nella gravità dei sintomi psicopatologici, anche per accertare se può rappresentare un pericolo per sé stessa e per gli altri. L’esame dello stato mentale deve comprendere le seguenti categorie di informazioni.
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Aspetto: postura, cura di sé, igiene personale, abbigliamento Comportamento e attività psicomotoria: gestualità, rallentamento psicomotorio, iperattività e irrequietezza, movimenti ripetitivi o bizzarri Atteggiamento nei confronti della situazione e dell’interlocutore: collaborante, amichevole, ostile, sospettoso, seduttivo, etc… DESCRIZIONE GENERALE Aspetto: consiste nella descrizione dell’aspetto e dell’impressione fisica complessiva trasmessa all’interlocutore dal paziente. Tale descrizione comprende la struttura somatica, la postura, la cura di sé, dei capelli e delle unghie, l’igiene personale, l’abbigliamento. Il paziente può risultare di aspetto sano e curato, o trascurato, ammalato, senile o giovanile, etc… Comportamento e attività psicomotoria: descrive gli aspetti sia qualitativi che quantitativi del comportamento motorio del soggetto, in quanto espressione a livello motorio e comportamentale dei vari aspetti della vita psichica - motivazione, impulsi, scopi, istinti, bisogni, desideri, sentimenti, volontà - dell’individuo. Comprende la valutazione della gestualità (tic, manierismi), il rallentamento psicomotorio, l’iperattività e l’irrequietezza, i movimenti ripetitivi o bizzarri. Atteggiamento nei confronti della situazione e dell’interlocutore: nell’interazione durante l’intervista il paziente può risultare collaborante, amichevole, attento, seduttivo, difensivo, perplesso, ostile, distaccato, sospettoso, etc…
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Disturbi del Comportamento Psicomotorio
IMPULSIVITA’ ECCITAMENTO PSICOMOTORIO RALLENTAMENTO PSICOMOTORIO ARRESTO PSICOMOTORIO CATATONIA Impulsività: ridotta capacità di controllo su atti motori e comportamenti espressione del mondo affettivo-pulsionale. Porta ad azioni improvvise, imprevedibili, spesso senza controllo, che posso essere autoaggressive e eteroagressive. Si trova soprattutto in: Schizofrenia, Epilessia e Disturbi del controllo degli Impulsi (Disturbo esplosivo intermittente, cleptomania, piromania, impulso al gioco d’azzardo patologico) Eccitamento Psicomotorio: aumentata attività psicomotoria iperattività inconcludente, legata a tensione, agitazione. Può variare da una lieve irrequietezza a gravi crisi pantoclastiche. L’eccitamento può essere di natura maniacale, catatonica o confusionale. Rallentamento Psicomotorio: riduzione dell’attività motoria e cognitiva con rallentamento dei movimenti, del pensiero, del linguaggio. Si trova in corso di sindromi depressive, schizofrenia e disturbi psicorganici gravi. Arresto psicomotorio (stupor) = assenza di reazione agli stimoli a coscienza integra. Il paziente si presenta muto, immobile senza controllo sfinterico. Si parla di arresto catatonico in corso di schizofrenia e di arresto melanconico se si verifica durante la depressione. Catatonia: si realizza soprattutto in corso di schizofrenia e psicosi organiche. Il paziente è in uno stato di arresto psicomotorio, inconsapevole dell’ambiente circostante, mantiene uno stato di rigidità muscolare che si oppone alla mobilizzazione passiva.
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Umore ed affettività Umore: emozione pervasiva e sostenuta che colora la percezione che il soggetto ha del mondo. eutimico, esaltato, depresso, disforico, labile Affettività: attuale risposta emozionale del paziente. appropriata, inappropriata, appiattita 2. UMORE ED AFFETTIVITA’ Umore: stato emotivo generalizzato e persistente, soggettivamente vissuto, riferito dal soggetto e osservato dagli altri. Tra le più importanti specifiche dell’umore troviamo: eutimico: umore che varia nell’ambito della normalità; esaltato: consiste in un umore più allegro del normale, come dimostrato anche da atteggiamento di fiducia in sé stessi e di piacere; depresso: riduzione patologica del tono dell’umore; disforico: umore alterato in senso depressivo con agitazione e irritabilità. Labile: umore che fluttua e presenta rapide oscillazioni tra l’euforia, la depressione o l’ansia. B. Affettività: E’ l’espressione delle emozioni come viene percepita dall’esaminatore dall’espressione facciale del soggetto. Comprende l’espressione verbale, la mimica, la gestualità, il comportamento motorio e le manifestazioni neurovegetative. Si può presentare: appropriata: condizione in cui vi sono variazioni appropriate dell’espressione facciale, del tono della voce, della gestualità e dei movimenti corporei rispetto all’intero insieme delle emozioni; inappropriata: disarmonia tra il tono emozionale e l’idea, il pensiero e le parole che l’accompagnano; appiattita: assenza o quasi di qualsiasi segno di espressione affettiva La distinzione tra normalità e patologia dipende dalle caratteristiche che rendono l’umore e l’affettività estranei alla comprensione del sentimento comune, ad esempio: Una durata eccessiva L’ indipendenti dagli accadimenti esterni La presenza di “fissità” per impossibilità a modulare lo stato sulla base delle variazioni della realtà La presenza di segni e sintomi vegetativi, somatici, cognitivi
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Linguaggio quantità logorrea, povertà di linguaggio, mutismo velocità Accelerazione qualità balbuzie, farfugliamento 3. LINGUAGGIO Riferendosi in tale sezione alle caratteristiche fisiche, il linguaggio può essere definito in termini di quantità, velocità di produzione, tono di voce e qualità. Logorrea: eloquio abbondante, spesso difficile da interrompere; Povertà di linguaggio: riduzione dell’eloquio, in cui le risposte sono brevi e monosillabiche; Mutismo: Assenza totale di comunicazione verbale Balbuzie: contrazioni spastiche toniche e/o cloniche della muscolatura fono-respiratoria che rendono difficile l’espressione verbale
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Sensopercezione Processo mentale nel quale gli stimoli sensoriali sono portati a livello di coscienza - quantità Iperestesie / ipoestesie - qualità Illusioni, allucinazioni 4. SENSOPERCEZIONE Processo mentale nel quale gli stimoli sensoriali sono portati a livello di coscienza, riconosciuti, confrontati con altri, collocati in parametri temporali e spaziali, e quindi interpretati. I disturbi della sensopercezione possono essere dovuti ad alterazione della quantità (come le iperstesie o le ipoestesie) e più interessanti dal punto di vista psichiatrico sono i disturbi della qualità della senso-percezione. Di particolare interesse in psichiatria sono: Illusioni: percezioni alterate di uno stimolo sensoriale reale, che viene involontariamente trasformato e dà origine ad un percepito differente. Tipica è la possibilità della correzione. Allucinazioni
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ALLUCINAZIONE = falsa percezione sensoriale non associata a stimoli esterni reali.
Uditive Visive Olfattive Gustative Somatiche Le allucinazioni consistono nella falsa percezione sensoriale non associata a stimoli esterni reali: il soggetto vede immagini, sente suoni, avverte odori, sapori e sensazioni tattili che gli altri non percepiscono, in assenza dei corrispondenti stimoli esterni. Si verificano in diverse condizioni: disturbi organici cerebrali, disturbi della coscienza, schizofrenia, disturbi psicotici, disturbi affettivi con sintomi psicotici, disturbi dissociativi con sintomi psicotici, da uso di sostanze. Distinguiamo diverse allucinazioni in base al canale sensoriale. - Uditive: sono le più comuni allucinazioni che si manifestano nei disturbi psichiatrici. Possono essere semplici, ovvero suoni o rumori (più spesso nei disturbi organici) o complesse: voci (spesso nei disturbi psicotici, nella schizofrenia) che possono essere imperative, di commento, colloqui. Le tematiche che esprimono le voci sono diverse a seconda della patologia all’interno cui si manifestano: più spesso sono di minaccia nella schizofrenia, di grandezza durante l’eccitamento maniacale, di colpa in caso di depressione psicotica. - Visive: possono essere costituite da immagini elementari (bagliori, corpi luminosi) o da figure e scene complesse (figure, scene). Più frequentemente si manifestano in corso di disturbi di origine organica. Olfattive e gustative: vengono percepiti odori e sapori, si solito sgradevoli. Spesso nelle crisi epilettiche temporali. Somatiche: Esempi di questo tipo di allucinazione sono la sensazione di bruciore nel cervello o mancanza di organi e deformità.
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Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Pensiero Racchiude le facoltà più superiori e la capacità critica per cui una persona è in grado di: Relazionarsi con la realtà Derivare concetti dal contatto con la realtà Produrre giudizi sulla realtà Forma del pensiero Contenuto del pensiero 5. PENSIERO Il pensiero racchiude le facoltà più superiori e la capacità critica per cui una persona, a partire da un problema o da un compito, è in grado di relazionarsi con la realtà, derivare concetti dal contatto con la realtà e produrre giudizi sulla realtà attraverso un flusso di idee, simboli e associazioni diretto a uno scopo. Nella sua analisi si distingue quella della forma e del contenuto, attualizzati ed espressi in comunicazione.
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Disturbi della forma del pensiero
Accelerazione Fuga delle idee Rallentamento Blocco Tangenzialità Disorganizzazione Neologismi Ecolalia quantità e velocità coerenza dei nessi associativi Accelerazione: Disturbo formale del pensiero nel quale i processi associativi si svolgono con maggiore rapidità e con facilitazione accentuata a scapito dell’efficacia comunicativa: le idee si susseguono con maggior rapidità a scapito dell’efficacia comunicativa. In questo contesto aumenta la produzione, i legami associativi divengono marginali. Si può manifestare in forma lieve in caso di euforia o ansia, mentre in forma grave nella fase maniacale del disturbo bipolare. In casi estremi si manifesta come fuga delle idee, in cui domina la logorrea con un costante passaggio da un’idea a un’altra, mentre le associazioni sono guidate da criteri di somiglianza, assonanza, rima. Rallentamento: Disturbo formale del pensiero in seguito al quale i processi associativi si svolgono con un’accentuata lentezza, bassa produttività e ridotta efficacia comunicativa. In condizione estrema si può arrivare al blocco che consiste nell’arresto brusco e inaspettato dell’eloquio, a cui sottende un probabile arresto del flusso associativo, di solito accompagnato dall’impossibilità di recuperare i pensieri precedenti il blocco. Il rallentamento si può trovare in caso di depressione maggiore, disturbi organici tossici, metabolici, endocrini e nell’ oligofrenia. Tangenzialità:Disturbo formale del pensiero in seguito al quale un soggetto risponde ad una precisa domanda in maniera solo marginalmente collegata al tema. Neologismo: parola nuova prodotta dal paziente, spesso attraverso la combinazione di sillabe di altre parole, che assume significato solo per chi la pronuncia. Ecolalia:Ripetizione di parole o frasi pronunciate da altri, spesso con tono derisorio, ironico o sarcastico. anomalie nel linguaggio 62
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Pensiero Contenuto del pensiero delirio pensiero dominante Fobie Idee suicide e omicide Il contenuto del pensiero si riferisce a ciò che realmente il soggetto sta pensando: idee, opinioni, preoccupazioni, ossessioni.
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Pensiero Contenuto del pensiero delirio pensiero dominante fobie idee suicide ed omicide Il contenuto del pensiero si riferisce a ciò che realmente il soggetto sta pensando: idee, opinioni, preoccupazioni, ossessioni.
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Delirio Idea falsa ed immodificabile caratterizzata da straordinaria convinzione e certezza soggettiva, non soggetta a critica e non derivabile dal contesto culturale di provenienza del soggetto Il Delirio è un’idea falsa e immodificabile basata su erronee deduzioni riguardanti la realtà esterna, fortemente sostenute contrariamente a quanto tutti gli altri credono. Tale errata convinzione, non correggibile mediante il ragionamento non è soggetta a critica e non condivisa da altre persone appartenenti allo stesso gruppo culturale. Il delirio può essere un sintomo di disturbi organici (come demenza ed epilessia temporale), di disturbi deliranti, schizofrenia, sindromi schizoaffettive, disturbi dell’umore (sopratutto sindromi depressive gravi e mania).
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Classificazioni del delirio:
Struttura: elementare o sistematizzato Insorgenza: primario percezione delirante intuizione delirante secondario Umore: congruo o incongruo Il delirio può essere classificato in base a diversi aspetti. In base alla struttura in cui le idee sono organizzate può essere definito elementare, quando gli spunti deliranti sono scarsamente elaborati mentre è sistematizzato quando le idee vengono ben strutturate e articolate in un sistema complesso attorno ad un singolo evento o tema (ad esempio il soggetto è perseguitato dalla CIA, dall’FBI, etc…). Il delirio può essere poi primario nel caso in cui le idee deliranti siano indipendenti da altre esperienze psichiche. Possiamo distinguere in questo contesto le percezioni deliranti, in cui viene attribuito un significato delirante ad una percezione reale corretta; le intuizioni deliranti una comprensione nuova ed immediata che compare nella mente come una illuminazione con totale certezza soggettiva senza rapporto con la realtà percettiva. Si parla invece di deliri secondari quando le idee deliranti sono comprensibili in rapporto ai contenuti esperienziali ed affettivi. In base alla coerenza con l’umore si definisce congruo, ovvero con contenuto appropriato all’umore, o incongruo all’umore, in cui il contenuto del delirio non ha associazione con l’umore oppure è neutrale rispetto ad esso.
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DI PERSECUZIONE Contenuti di pensiero nel delirio: DI INFLUENZAMENTO
DI COLPA, DI INDEGNITA’, DI ROVINA DI GRANDEZZA EROTOMANICO Delirio Di Persecuzione = erronea convinzione di essere oggetto di persecuzioni, inganni, molestie. Il paziente si sente spiato, seguito, controllato e oggetto di complotti, macchinazioni, affermazioni denigratorie e calunnie. Tra I deliri di persecuzione un esempio specifico è il delirio di veneficio, in cui il soggetto crede di essere avvelenato. E’ tipico di schizofrenia e disturbo delirante cronico. Delirio di Influenzamento o di Controllo = convinzione di essere oggetto di azioni esterne che controllano la mente, il corpo e la volontà. Delirio di Colpa, di Indegnità, di Rovina: il paziente si sente responsabile di danni e sciagure, indegno di essere considerato una persona o si accusa di aver condotto la famiglia alla rovina economica. L’entità del vissuto di colpa discordante con i fatti riferiti. Delirio di Grandezza : Il paziente si sente ricco, potente, al disopra di tutti, capace di compiere imprese eccezionali, investito di poteri sovrannaturali, può impersonificare personaggi famosi. Frequente nella mania. Delirio erotomanico: il paziente ritiene di avere attrattive fuori del comune, di essere oggetto di corteggiamenti e proposte a sfondo sessuale, e seconda la quale qualcuno sarebbe profondamente innamorato del paziente. Esempio delirio di persecuzione: Ho provato, dottore, a mettere in dubbio l’idea del complotto contro di me, ma le prove sono sempre più schiaccianti. Al bar, appena uscito di qui, il cassiere mi ha chiamato “dottore” sorridendo. Ed era un modo di prendermi in giro di fronte a tutti sottolineando il fatto che non mi sono laureato. E non mi venga a dire che non mi conosce perché questo è il bar dove va anche lei e, si sa, una parola può scappare, magari senza cattiveria o comunque per tenere gli altri informati. Del resto, il barista stesso nel servirmi il caffè ha segnalato a tutti gli altri che ero proprio io quello che aspettavano dicendo “macchiato o nero?”, con chiaro riferimento al mio passato politico. Ho avvertito il pericolo e sono uscito rapidamente. Delirio iniziale ancora non sistematizzato: Antonio, 25 anni, manovale Descritto come poco socievole e piuttosto chiuso. Il giorno precedente, tornando dal lavoro, venne colto da un senso inspiegabile di paura, come se stesse per accadere qualcosa di molto grave. Aveva paura di essere licenziato. Appariva perplesso, assorto, smarrito. Nel corso della notte si era improvvisamente alzato svegliando tutti quelli che erano in casa: si sentiva minacciato di morte, percepiva l’ambiente cambiato e strano, vedeva i volti dei familiari sinistri e minacciosi. Accompagnato in ospedale, appariva impaurito e confuso, l’eloquio era frammentario. “Che succede? Mi pare tutto un giuoco, un tragico scherzo … Non sono più sicuro di nulla … Questo è un ospedale o in teatro? … E’ come se tutti stessimo recitando”. A tratti appare più calmo ed afferma che tutto è chiaro: “E’ colpa del direttore dei lavori, cerca di eliminarmi”. Poi nuovamente, è confuso: “Non può essere … Io non so nulla … Perché vi scambiate dei segnali? ... Ogni cosa che dite ha un doppio senso … C’è dappertutto un significato nascosto, non so cosa mi vogliate fare … Debbo rendermene conto … C’è qualcosa di più importante di quello che prima credevo di sapere … Mi pare di non capire, come se fosse un’altra lingua, altra gente … Forse sto per capire i misteri più profondi dell’uomo … Aspetto questa rivelazione!”. Delirio di influenzamento: Ho cercato una corazza per mettere un confine e farla finita con questa storia. C’è una forza estranea che mi condiziona e mi fa fare quello che vuole lei, anche se io non lo voglio. La forza sa i miei desideri, conosce i miei pensieri, li amplifica e così li sanno tutti. Ne parla anche la televisione. Se una cosa la penso, subito lo dicono per radio. Altre volte me li portano via i pensieri e resto senza niente o mi infilano dentro i loro, che io non voglio, perché sono estranei e la gente ride quando passo con queste idee non mie nella testa. Se ne accorgono tutti, sono come trasparente. Devo trovare una corazza molto robusta. Delirio di colpa: I miei genitori mi vogliono far curare, ma io non ho nessuna malattia, sono molto cattiva. Li ho traditi e ho sbagliato, ho fatto delle mostruose che non si possono perdonare. Loro sono buoni, perfetti e la mia anima è nera. Ho insozzato l’universo e non c’è più niente da fare. Saremo cacciati dal paese, senza diritti civili e senza avere di che mangiare per colpa mia. Io non li lascerò un istante. Ma questa puzza che emano non si può togliere, è la putrefazione dell’anima e corrode ogni cosa. Delirio di grandezza: Bruno inizia a delirare dopo aver fallito nel tentativo di andare a vivere da solo, essere stato licenziato dal lavoro ed aver trovato la sua ragazza a letto con un altro. “Ho una grande missione. Sono Mosè o forse Dio, no sono Mosè, ma sono in incognito. Nessuno mi crede e troverò molti ostacoli, ma devo lo stesso salvare tutti; allora sarò libero di sposarmi. Non c’è bisogno che lavori, perché la mia ragazza è ricchissima: è una principessa e mi sta aspettando. Anch’io sarò re, ma prima devo fare fino in fondo il mio dovere e salvare l’anima al mondo intero. Anche a chi mi ha fatto del male. Io ho perdonato tutti, sono al di sopra di queste cose.”
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Pensiero Contenuto del pensiero delirio pensiero dominante fobie
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Pensiero Dominante Alcuni contenuti prendono il sopravvento sugli altri occupando la maggior parte della produzione ideativa. IDEA PREVALENTE: contenuto ideativo accompagnato da un partecipazione affettiva intensa ed egosintonica che predomina su altri pensieri. IDEA OSSESSIVA: contenuto ideativo non intenzionale, spesso irrazionale, invasivo e persistente (egodistonico) avvertito come fastidioso cui il soggetto tende a resistere. Pensiero dominante: tipo di pensiero in cui alcuni contenuti prendono il sopravvento sugli altri occupando la maggior parte della produzione ideativa. Idea Prevalente: polarizzazione del contenuto del pensiero su una particolare idea che assume priorità rispetto ad altre. A seconda del grado di persavità le idee prevalenti possono essere normali o patologiche. In disturbi di personalità e depressione. Pensiero ossessivo: persistenza patologica, contro la volontà del soggetto, di idee di vario contenuto, formalmente corrette, avvertite come disturbanti del comportamento. Tra le ossessioni più frequenti vi sono quelle di non poter fare a meno di essere ammalati o contagiati o di poter contagiare le altre persone, l’avere continui dubbi anche sulle cose semplici, avere continuamente paura di poter fare del male ad altre persone, il preococcuparsi continuamente di poter avere impulsi sessuali proibiti o violenti. In risposta alle ossessioni spesso vengono messe in atto delle Compulsioni, ovvero comportamenti ripetitivi eseguiti seguendo certe regole. Se il soggetto tenta di procrastinare l’impulso di eseguire tali azioni viene investito da un’ansia crescente che termina con lo svolgimento della stessa. Le più frquenti compulsioni riguardano il lavarsi o il pulire l’ambiente, il controllo delle porte, serrature, rubinetti, luci, lo scrivere e il riscrivere continuamente, eseguire movimenti con significato scaramantico, il ripetere continuamente frasi o parole, il rimettere a posto continuamente e secondo regole prefissate determinati oggetti. In Disturbo ossessivo-compulsivo.
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Pensiero Contenuto del pensiero delirio pensiero dominante fobia La Fobia è una paura patologica persistente, irrazionale, esagerata e invariabile di alcuni tipi di stimoli e situazioni e comporta un desiderio irresistibile di evitare lo stimolo temuto. Si definisce specifica quella fobia circoscritta a un oggetto o ad una situazione definita.
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight Con questa parte dell’esame delle condizioni mentali si cerca di valutare il livello di coscienza e le capacità cognitive quali l’attenzione, la memoria, l’intelligenza, l’orientamento.
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Coscienza Quanto viene effettivamente vissuto in un determinato momento Si esprime nello stato di veglia e comporta l’integrità della vigilanza La coscienza è lo stato di consapevolezza di se stessi, del proprio mondo interno, del proprio corpo e dell’ambiente esterno. Presuppone vigilanza, attenzione, memoria ed è influenzata dall’affettività e dall’orientamento del pensiero.
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Attenzione Forme cliniche di deficit dell’attenzione
Processo cognitivo che permette di selezionare stimoli ambientali, ignorandone altri. Forme cliniche di deficit dell’attenzione primario secondario Deficit dell’Attenzione Primario: Disturbo da Deficit dell’Attenzione dell’Infanzia (ADHD) si manifesta con distraibilità, impulsività, iperattività. Deficit di Attenzione Secondario: in Disturbo d’ansia, Disturbo dell’umore, Schizofrenia.
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Memoria Memoria a Breve Termine Memoria a Lungo Termine
Funzione della psiche che permette di fissare ed immagazzinare i dati con la facoltà di poterli riportare alla coscienza localizzandoli spazio-temporalmente Memoria a Breve Termine Memoria a Lungo Termine La memoria è quella funzione della psiche che permette di fissare ed immagazzinare i dati con la facoltà di poterli riportare alla coscienza localizzandoli spazio-temporalmente. La memoria è articolata in diverse componenti, tra le quali ricordiamo: Memoria a Breve Termine – MBT: sistema che consente di conservare una quantità limitata di nuove informazioni per un tempo molto breve dell’ordine di secondi. Span = numero massimo di informazioni che può essere trattenuto per un breve periodo di tempo. Memoria a Lungo Termine – MLT: Sistema che consente di conservare un numero illimitato di informazioni per tempi lunghi teoricamente per tutta la vita. La traccia mnesica è una rielaborazione dell’originale, frutto della integrazione con le conoscenze possedute.
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Disturbi della memoria
Alterazioni quantitative Ipomnesia Amnesia Alterazioni qualitative Paramnesie Le alterazioni della memoria posso riguardare la quantità dei ricordi o la qualità degli stessi. Il termine ipomnesia indica l’indebolimento delle capacità mnesiche. Con il termine amnesia si intende un disturbo della memoria caratterizzata da incapacità parziale o totale nella fissazione o nella rievocazione dei ricordi. In base all’inizio del disturbo l’amnesia può essere anterograda, retrograda o retro-anterograda. L’amnesia anterograda consiste in una perdita di memoria riguardante gli eventi che si verificano dopo che si è manifestato l’agente o la condizione eziologica, con incapacità di acquisire e registrare nuove informazioni (“amnesia di fissazione”). Nell’amnesia retrograda la perdita di memoria riguarda gli avvenimenti accaduti prima dell’evento patogeno, con incapacità di rievocare engrammi che già facevano parte del patrimonio mensico (“amnesia di rievocazione”). Qualora questi due disturbi siano associati, allora si parla di amnesia retro-anterograda. Le paramnesie sono disturbi qualitativi della memoria in cui i ricordi subiscono una deformazione del loro contenuto, del loro significato e della loro collocazione spazio temporale.
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Orientamento Disturbi dell’orientamento nel tempo nello spazio persona
I disturbi dell’orientamento sono tradizionalmente divisi secondo tempo, spazio e persona. I disturbi si manifestano in quest’ordine (cioè il senso del tempo è compromesso prima di quello dello spazio); analogamente con il miglioramento del paziente il disturbo regredisce nel senso inverso. Disorientamento nel tempo: chiedere giorno della settimana e data (giorno, mese ed anno) Disorientamento nello spazio: ogni persona dovrebbe essere in grado di riconoscere il luogo in cui si trova e comportarsi di conseguenza. Disorientamento verso le persone: chiedere alla persona se conosce i nomi e il ruolo di persone presenti (ad esempio un familiare o un amico, un medico o un infermiere). 76
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Intelligenza Disturbi dell’intelligenza
Insieme delle capacità operative che consentono di capire, ricordare, utilizzare ed integrare costruttivamente le conoscenze precedenti e gli elementi del pensiero attuale al fine di affrontare e risolvere situazioni nuove Disturbi dell’intelligenza Ritardo mentale Demenza Intelligenza e disturbi psichiatrici L’intelligenza è l’insieme delle capacità operative che consentono di capire, ricordare, utilizzare ed integrare costruttivamente le conoscenze precedenti e gli elementi del pensiero attuale al fine di affrontare e risolvere situazioni nuove. Oltre a una prima valutazione durante il colloquio psichiatrico può essere eseguita una Valutazione Psicometrica, ovvero lo studio statistico delle differenze individuali nell’eseguire una serie di compiti per i quali si ritiene necessaria una attività intellettiva attraverso delle scale. Tra queste ricordiamo la scala d’Intelligenza per Adulti - WAIS-R (Wechsler 1981) che esprime il livello di intelligenza in punti QI = rapporto tra età mentale ed età cronologica ( range di normalità). In psichiatria si considerano psicopatologici i quadri di diminuzione quantitativa dell’intelligenza, che si estrinsecano nelle forme di ritardo mentale e la demenza. Il difetto intellettivo permanente è di solito causato da un disturbo organico; tuttavia, disturbi delle prestazioni intellettive di tipo transitorio possono essere causati da altri processi come un alterato contatto con la realtà (psicosi) e un disturbo dell’umore (specialmente la malattia depressiva).
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Esame delle condizioni mentali Psicopatologia
Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight
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Insight Livello di consapevolezza rispetto al disturbo e alla situazione. Riconoscere l’aspetto patologico del proprio funzionamento mentale. L’insight è il grado di consapevolezza e di comprensione che il soggetto ha di essere ammalato. Riassumendo i principali livelli di insight sono i seguenti: 1. Completa negazione della malattia. 2. Scarsa consapevolezza di essere ammalati e di aver bisogno di aiuto, ma nello stesso tempo negazione. 3. Consapevolezza di essere ammalato ma colpevolizzazione degli altri, di fattori esterni o di fattori organici 4. Consapevolezza che la malattia è dovuta a qualcosa di sconosciuto nel paziente. 5. Insight intellettivo: il soggetto ammette di essere ammalato e che i sintomi e o insuccessi nell’adattamento sociale sono dovuti ai propri sentimenti irrazionali o ai propri disturbi, ma non è in grado di applicare questa consapevolezza alle esperienze future. 6. Insight emozionale vero: consapevolezza emozionale dei motivi e dei sentimenti nel paziente e nelle persone importanti della sua vita, che può condurre a modificazioni di base del comportamento.
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Classificazione K. Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo
“...nulla esiste di assolutamente definitivo, anche se gli ordinamenti sistematici sono indispensabili alla precisione dei concetti.” K. Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo
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Classificazione dei disturbi mentali
Classificazione categoriale Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder (APA) International Classification of Disease (OMS) Aspetti di base Utilità e limitazioni Classificazione categoriale La necessità di una classificazione dei disturbi mentali si è resa evidente in tutta la storia della medicina. Le numerose classificazioni che sono state approntate negli ultimi due millenni si sono differenziate per l’enfasi relativa data alla fenomenologia, all’eziologia e al decorso come caratteristiche determinanti e a seconda che l’obiettivo principale della loro utilizzazione fosse clinico, di ricerca o statistico. Negli Stati Uniti la prima classificazione venne introdotta nel 1869 alla riunione annuale dell’American Medico-Psychological Association, nome con cui era nota allora l’ American Psychiatric Association (APA). Nel 1952 l’APA pubblicò la prima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM-I), a cui seguirono 5 edizioni successive fino alla V del 2013, attualmente in uso. La classificazione ICD (dall‘inglese International Classification of Diseases) è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-WHO). L'ICD è uno standard di classificazione per gli studi statistici ed epidemiologici, nonché valido strumento di gestione di salute ed igiene pubblica. È oggi alla decima edizione (ICD-10, 1992), modificata nel 2010 in ICD-10 CM (clinical-modification), ultima di una serie di tentativi di classificazione ragionata, iniziata circa nel Per quanto riguarda i disturbi mentali, tutte le categorie del ICD-10 CM hanno una corrispondenza nel DSM V, mentre non tutte le categorie del DSM V hanno una corrispondenza nell’ICD-10-CM; in ogni caso le discrepanze tra le due classificazioni sono state ridotte, in quanto tali manuali sono stati sviluppati con un interscambio reciproco al fine di superare le differenze presenti nei manuali precedenti. Aspetti di base del DSM V Il DSM è una classificazione categorica che suddivide i disturbi mentali in tipi basati su una serie di criteri con caratteri clinici definiti. Approccio descrittivo: vengono descritte le manifestazioni dei disturbi mentali mentre non vengono fornite né le teorie eziopatogenetiche né i principi di trattamento. Le definizioni dei disturbi sono di solito costituite dalla descrizione delle loro caratteristiche cliniche. Criteri diagnostici: Per ciascun disturbo vengono forniti specifici criteri diagnostici, costituiti da un elenco di caratteristiche cliniche che devono essere presenti per poter porre una determinata diagnosi. Utilità e limitazioni Un approccio categorico alla classificazione dà migliori risultati quando tutti i disturbi appartenenti a una classe diagnostica sono omogenei, quando i confini tra le classi sono chiari e quando le diverse classi si escludono a vicenda. Occorre tuttavia riconoscere i limiti di tale approccio. Innanzitutto nel DSM non si presuppone che ciascuna categoria di disturbi mentali sia un’entità del tutto distinta dagli altri disturbi e non si presuppone che tutti i soggetti che hanno lo stesso disturbo mentale siano simili per tutti gli aspetti importanti. Pertanto è da tenere in conto il fatto che i soggetti, pur avendo la stessa diagnosi, possono essere eterogenei per quanto riguarda i criteri che definiscono la diagnosi e che i casi limite saranno difficili da diagnosticare. Pertanto anche altre informazioni cliniche che non si limitino ai meri criteri diagnostici devono essere raccolte, allo scopo di usare tale strumento con flessibilità.
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DSM V Con il DSM V si è superata la precedente suddivisione in “Assi” delle diagnosi psichiatriche. I Clinici debbono continuare a segnalare nella diagnosi fattori psicosociali e contestuali ritenuti rilevanti nel determinare lo stato funzionale del soggetto. La valutazione del funzionamento globale del soggetto è stata eliminata in quanto riconosciuta non chiara e non affidabile. E’ stata proposta l’introduzione della scala sviluppata dall’OMS per la misura globale della disabilità (WHODAS) Il DSM è una classificazione categoriale che suddivide i disturbi mentali sulla base di una serie di criteri comprendenti specifiche caratteristiche cliniche. Il DSM presenta un approccio descrittivo: vengono descritte cioè le manifestazioni dei disturbi mentali ma non vengono fornite né le teorie eziopatogenetiche né i principi di trattamento. Le definizioni dei disturbi corrispondono alla descrizione delle loro caratteristiche cliniche. Per ciascun disturbo vengono forniti specifici criteri diagnostici, costituiti da un elenco di caratteristiche cliniche che devono essere presenti per poter porre una determinata diagnosi. Un approccio categorico alla classificazione dà buoni risultati quando tutti i disturbi appartenenti a una classe diagnostica sono omogenei, quando i confini tra le classi sono chiari e quando le diverse classi si escludono a vicenda. Occorre riconoscere i limiti di tale approccio. Innanzitutto nel DSM non si presuppone che ciascuna categoria di disturbi mentali sia un’entità del tutto distinta dagli altri disturbi e non si presuppone che tutti i soggetti che hanno lo stesso disturbo mentale siano simili per tutti gli aspetti importanti. Due soggetti potranno infatti presentare caratteristiche cliniche molto differenti pur soddisfacendo i criteri diagnostici utili per una stessa determinata diagnosi. Pertanto è fondamentale raccogliere anche altre informazioni cliniche che non si limitino ai meri criteri diagnostici, così da conferire flessibilità allo strumento DSM.
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Disturbi presenti nel DSM V
Disturbi del Neurosviluppo Spettro schizofrenico e altri disturbi psicotici Disturbi Bipolari e disturbi correlati Disturbi Depressivi Disturbi d’ansia Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati Disturbi correlati a trauma e stressors Disturbi dissociativi Sintomi somatici e disturbi correlati Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione Disturbi dell’eliminazione Disturbi del ritmo sonno-veglia Disfunzioni sessuali Disforia di genere Disturbi distruttivi, del controllo degli impulsi e della condotta Disturbi correlati alle sostanze e alle dipendenze Disturbi neurocognitivi Disturbi di personalità Parafilie Altri disturbi mentali Disturbi del movimento indotti da farmaci e altri effetti avversi ai farmaci Altre condizioni che possono meritare attenzione clinica
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Schizofrenia EPIDEMIOLOGIA EZIOLOGIA CLINICA TRATTAMENTO
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Prevalenza life-time 1%, Incidenza annua 0.2 per 1000
EPIDEMIOLOGIA Prevalenza life-time 1%, Incidenza annua 0.2 per 1000 M:F = 1:1 (ma esordio più precoce in ♂) Esordio prima dei 30 anni La Schizofrenia è una forma di disturbo psicotico con una prevalenza life-time circa del 1% e un’incidenza annua che si attesta tra lo 0.2 e lo 0.4 per 1000. Ha uguale prevalenza negli uomini e nelle donne, tuttavia nel sesso maschile esordisce più precocemente rispetto a quello femminile. Infatti mentre solitamente l’esordio si verifica prima dei 30 anni l’età media di esordio è più bassa di 4 anni anni negli uomini. In genere la prognosi è globalmente migliore nelle donne. Ricerche da parte del WHO hanno indicato che la clinica della sindrome schizofrenica è simile in un vasto numero di paesi e culture, sia tra i paesi industrializzati che in via di sviluppo. Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
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FATTORI GENETICI RISCHI AMBIENTALI EZIOLOGIA
60-84% gemelli mono-zigoti condivide la diagnosi in confronto a 15% dei di-zigoti 50% rischio nel figlio se entrambi i genitori sono schizofrenici Multipli geni di suscettibilità RISCHI AMBIENTALI Fattori biologici: eventi prenatali e perinatali Fattori psicosocali: povertà e bassa classe sociale I tassi di schizofrenia sono più alti tra i parenti di soggetti affetti piuttosto che nella popolazione generale. Studi su bambini adottati e su gemelli hanno dimostrato che l’aumento del rischio è su base genetica, con il rischio di sviluppare la malattia che aumenta di 10 volte se è presente un parente di primo grado affetto. Se entrambi i genitori sono affetti il rischio di sviluppare la malattia per il figlio è del 50%, mentre il 60-84% dei gemelli monozigoti condivide la diagnosi, rispetto al 15% dei gemelli dizigoti. Implicati nella trasmissione genetica sono probabilmente multipli geni di suscettibilità, ciascuno con un piccolo effetto e agendo in concerto con fattori epigenetici e ambientali. Almeno sette geni sono stati dimostrati essere associati con la schizofrenia. Rischi ambientali per la schizofrenia includono fattori biologici e psicosociali. Il rischio di sviluppo di schizofrenia è aumentato da eventi prenatali e perinatali—incluso l’influenza materna, rosolia, malnutrizione, diabete mellito, e fumo durante la gravidanza — e complicazioni ostetriche, soprattutto quelle associate ad ipossia. Poiché nella maggior parte dei casi di complicazioni ostetriche non portano in realtà a schizofrenia, probabilmente tali complicazioni interagiscono con la vulnerabilità genetica nell’aumentare il rischio di malattia. Diversi fattori socio-demografici sono associati con un aumento del rischio di schizofrenia tra cui povertà e bassa classe sociale. Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72 87
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DSM V criteri diagnostici per la schizofrenia
CLINICA DSM V criteri diagnostici per la schizofrenia Due o più sintomi caratteristici positivi e negativi disabilità sociale/occupazionale durata > 6 mesi non attribuibile a dist. umore non attribuibile ad abuso di sostanze o condizione internistica Se presente disturbo del neurosviluppo, devono esserci sintomi positivi rilevanti
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Psicopatologia Sintomi POSITIVI Descrizione generale Sensopercezione
CLINICA Psicopatologia Sintomi POSITIVI Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Capacità di giudizio e insight COMPORTAMENTO BIZZARRO ALLUCINAZIONI Per quanto riguarda i sintomi POSITIVI , essi comprendono alterazioni del comportamento, della senso-percezione e del pensiero (sia della forma che del contenuto). Descrizione generale L’aspetto generale di uno schizofrenico può variare molto da paziente a paziente. Da una parte si può presentare un comportamento agitato o violento in cui la persona si presenta urlante, apparentemente senza essere provocato; spesso questo si verifica in risposta ad allucinazioni. Si può anche presentare uno stupor catatonico, durante il quale il soggetto si presenta immobile, mutacico e può manifestare negativismo, obbedienza automatica, rigidità cerea. I pazienti catatonici possono rimanere seduti immobili e silenziosi, rispondere alle domande solo con brevi risposte e muoversi solo su precisa indicazione. Senso-percezione Nei pazienti schizofrenici ciascuno dei 5 sensi può essere colpito da esperienze allucinatorie, tuttavia le più comuni sono quelle uditive. Le voci udite sono spesso minacciose, oscene, accusatorie o insultanti. Due o più voci possono dialogare tra di loro, oppure una voce può commentare la vita o il comportamento del paziente. Possono presentarsi anche allucinazioni visive, mentre più rare sono quelle tattili, olfattive e gustative. Pensiero I disturbi della forma del pensiero sono osservabili nel linguaggio scritto e parlato del paziente. Essi sono molto variabili, ma possono comprendere perdita dei nessi associativi, incoerenza, neologismi, ecolalia, eccessiva produzione verbale, insalata di parole e mutismo. Per quanto riguarda i disturbi del contenuto del pensiero, nella schizofrenia si possono manifestare diversi tipi di delirio: di persecuzione, di grandezza, mistici, di gelosia, di riferimento, di influenzamento e somatici. DISTURBI FORMA PENSIERO DELIRI
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Psicopatologia Sintomi NEGATIVI Umore ed affettività Linguaggio
CLINICA Psicopatologia Sintomi NEGATIVI Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Capacità di giudizio e insight APPIATTIMENTO AFFETTIVITA’, ANEDONIA, APATIA ALOGIA I sintomi negativi riguardano per lo più l’affettività, che si presenta appiattita con fissità dell’espressione facciale, riduzione dei movimenti spontanei, povertà delle gestualità espressive, scarso contatto con gli occhi, assenza di corresponsione affettiva e mancanza di espressività della voce. La riduzione della risposta emozionale, con disinteresse nelle attività ricreative e nei rapporti e nelle relazioni interpersonali viene definita anedonia. Si presentano inoltre apatici, insensibili di fronte ai sentimenti e alla vita. L’alogia si manifesta con povertà di linguaggio, blocco e aumentata latenza nella risposte.
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Psicopatologia Sintomi psicotici/positivi
CLINICA Psicopatologia Sintomi psicotici/positivi Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Capacità di giudizio e insight La compromissione cognitiva che si manifesta nella schizofrenia comprende problemi nell’attenzione e concentrazione, nella velocità psicomotoria, nell’apprendimento e memoria e nelle funzioni esecutive (pensiero astratto, risoluzione di problemi). COMPROMISSIONE COGNITIVA
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La schizofrenia è una sindrome con due componenti
CLINICA La schizofrenia è una sindrome con due componenti sintomi psicotici acuti deficit cognitivi e funzionali stabili Sintomi positivi Sintomi positivi Sintomi positivi Sintomi negativi I sintomi psicotici tendono a essere episodici nel tempo, con il loro esordio o peggioramento associato ad un potenziale rischio per se stesso e per gli altri, spesso richiedendo una temporanea ospedalizzazione I sintomi negativi ed i problemi cognitivi hanno la tendenza a restare più stabili nel tempo, e contribuiscono significantemente alla compromissione funzionale
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Disabilità sociale/occupazionale
CLINICA Disabilità sociale/occupazionale Lavoro Scuola Ruolo genitoriale self-care Indipendenza di vita Relazioni interpersonali Tempo libero La disabilità sociale e occupazionale è inclusa nei criteri diagnostici di schizofrenia. I problemi riguardano una o più aree principali di funzionamento come ad esempio il lavoro, la scuola, le relazioni e la cura di sé. In tali aree il livello di funzionamento arretra notevolmente rispetto a quello raggiunto prima della malattia o, se l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta un’incapacità a raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibile. Tale compromissione funzionale comporta spesso la necessità di attribuire lo stato di invalidità e assicurare al paziente l’assistenza per i bisogni più elementari nell’abitazione, l’assistenza medica, il cibo e i vestiti. Migliorare la funzionalità rimane tra i più importanti obiettivi nella gestione della schizofrenia. Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
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Un caso di schizofrenia lieve
CLINICA Un caso di schizofrenia lieve Alessandra è una ragazza carina, timida e un po’ remissiva che oggi ha 30 anni. E’ molto legata alla giovane madre, ma non vuole che questa la ‘invada’. Ha poche amiche. Ha un ragazzo fin da quando aveva 16 anni, ma con lui ‘non si diverte.’ Nel ’97 si diploma logopedista ed inizia delle sostituzioni. Viaggiare e cambiare ambienti la stanca molto, ma è determinata a progredire nel lavoro. A Natale ‘98 va a Parigi con il ragazzo ‘per capire se lo amava’ ma dopo pochi giorni la riportano a casa delirante, allucinata, confusa e terrorizzata. Non sa spiegare cosa sia accaduto. Sottoposta ad un programma intenso di cure ambulatoriali guarisce presto dai sintomi psicotici. Non ha ‘soft signs’. Rimane una difficoltà nei rapporti sociali ancora maggiori che in passato. E’ spaventata dagli ambienti che non conosce ed ha difficoltà ad inserirsi nei gruppi. Ha ripreso il lavoro adattandosi ad una mansione poco gratificante ma poco faticosa, è rimasta con il suo ragazzo ma vive ancora dalla madre. Periodicamente momenti di crisi in cui si sente perseguitata e in difficoltà nelle relazioni interpersonali, in parte critica verso queste fasi
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Un caso di schizofrenia grave
CLINICA Un caso di schizofrenia grave Marco studia ingegneria. Si è trasferito da sud in una grande città del nord. E’ un ragazzo che non ha mai avuto problemi, di buon carattere. E’ figlio unico ed ha buoni rapporti con i genitori. Nel corso degli studi inizia a ridurre la frequenza alle lezioni e i rapporti con gli amici. Inizia anche ad avere difficoltà a concentrarsi. Passa la maggior parte del suo tempo in camera, trascorre sveglio la maggior parte della notte e dorme durante il giorno. Dopo qualche mese ha la sensazione che gli insegnanti ed i compagni ‘ce l’hanno con lui’, litiga spesso e finisce per avere comportamenti inadeguati. Compare un franco delirio di persecuzione: prima è convinto che la mafia lo tenga sotto controllo e voglia ucciderlo, poi il delirio muta ed è la polizia a sorvegliarlo in quanto pensano abbia rapporti con la mafia. Con il trattamento le idee deliranti migliorano ma senza scomparire del tutto. Inizia ad avere strane idee sulla anatomia umana e sulla propria malattia. Trascorre molto tempo chiuso nella sua stanza ed ha pochissimi rapporti con gli altri (nel frattempo si è trasferito a Bologna e vive con la sorella).
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Un caso di schizofrenia molto grave
CLINICA Un caso di schizofrenia molto grave Matteo viene segnalato ai Servizi di salute mentale all’età di 17 anni da parte dei servizi sociali. A scuola presenta infatti comportamenti anomali e preoccupanti, fa molte assenze, ride senza motivo, non studia ed è evidentemente disturbato. La madre è una giovane donna recentemente immigrata dal meridione, separata dal padre di Matteo già da molti anni. Svolge lavori umili, è sostenuta dai servizi sociali ed appare fortemente provata. Matteo ha avuto difficoltà di adattamento alla scuola fin dalle medie, è buono, ma chiuso e strano ed ha serie difficoltà a concentrarsi e studiare. Inizia ad avere strane idee sulla telepatia ed a pensare che i vicini di casa leggano il suo pensiero; angosciato, assediato, si chiude in bagno con la radio ad alto volume. Anche la radio e la televisione però parlano di lui. Al culmine della psicosi scrive biglietti di autodenigrazione ed autoaccusa, per togliere ai suoi persecutori la soddisfazione di svergognarlo. Le terapia sono poco efficaci e non riescono a ridurre in maniera significativa i sintomi. E’ necessario pensare ad un inserimento in comunità.
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Esordio della schizofrenia
CLINICA Esordio della schizofrenia Condizioni di normalità nell’infanzia Prodromi durante la adolescenza Episodio psicotico acuto (20 – 30 anni) Decorso variabile
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Esordio della schizofrenia
CLINICA Esordio della schizofrenia Personalità premorbosa. 50%: non si riscontrano tratti di personalità, carattere o comportamento patologici. 25%: tratti generici ed aspecifici, come "eccessiva sensibilità emotiva", "instabilità", "difficoltà a stare con gli altri." 25%: personalità schizoide o schizotipica.
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Esordio della schizofrenia
CLINICA Esordio della schizofrenia Prodromi Ritiro e isolamento sociale. Riduzione della capacità di comportamento finalizzato. Modificazioni del pensiero. Comportamento con impulsività, stranezza e bizzarria, Ansia, perplessità, preoccupazioni somatiche, depersonalizzazione.
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Psicosi acuta e schizofrenia
CLINICA Psicosi acuta e schizofrenia L’episodio psicotico acuto può essere il quadro d’esordio della schizofrenia o comparire tardivamente e subdolamente dopo una lunga fase di disadattamento L’episodio psicotico acuto si osserva in numerose altre patologie psichiatriche: Disturbi bipolari Bouffeés deliranti Uso di sostanze Delirium
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Decorso della schizofrenia
CLINICA Decorso della schizofrenia 1/3 circa dei pazienti sono asintomatici dopo uno o alcuni episodi Evoluzione del quadro clinico dalla sintomatologia positiva a quella negativa Buon adattamento sociale in metà dei casi Vazquez-Barquero et al, Br J Psychiatry, 1999
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Consapevolezza di malattia
CLINICA Spesso vi è scarsa consapevolezza di malattia Evidente e grossolana nelle fasi deliranti Subdola nelle fasi di compenso e riconducibile ai deficit cognitivi perduranti Vari livelli di inconsapevolezza, dal rifiuto ostile alla disattenzione verso le cure Effetto demoralizzante e stigmatizzante della diagnosi di schizofrenia Interventi: psicoterapia, psicoeducazione, alleanza terapeutica, lotta allo stigma
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Fattori protettivi CLINICA Trattamento e riabilitazione
Studio internazionale OMS sui determinanti dell’esito La schizofrenia ha decorso migliore nei paesi invia di sviluppo Ruoli sociali prestabiliti, minore competitività per il lavoro e minori aspettative di performance cognitive e sociali Trattamento e riabilitazione Capacità della famiglia di risolvere i problemi Aiuto da parte dei Servizi ad affrontare crisi e conflitti Ambiente sociale tollerante
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Mortalità e schizofrenia
CLINICA Mortalità e schizofrenia Elevato rischio di suicidio Mortalità per malattie fisiche Scarsa possibilità di accedere alle cure ! Abitudini di vita poco sane (fumo, alcol, sostanze) Scarsa compliance alle terapie
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Famiglia e schizofrenia
CLINICA Famiglia e schizofrenia La schizofrenia interrompe il processo di crescita ed autonomizzazione dell’individuo, che regredisce a livelli di funzionamento precedenti Il paziente schizofrenico ha difficoltà di vita autonoma e di solito vive in famiglia Il clima e le relazioni familiari sono un fattore chiave per il decorso della schizofrenia.
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Trattamento farmacologico Trattamento psicosociale
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
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Antipsicotici TRATTAMENTO
chiamati anche neurolettici o tranquillanti maggiori, sono usati per il trattamento della schizofrenia, delle fasi maniacali del disturbo bipolare, e di quei disturbi in cui sono presenti sintomi psicotici. Gli antipsicotici sono: capaci di migliorare sensibilmente la sintomatologia (allucinazioni e deliri), ma provocano anche effetti collaterali di regola reversibili, eccezione: discinesia tardiva non creano dipendenza. L’uso di alcuni antipsicotici comporta controlli periodici. Aloperidolo, Clorpromazina, Risperidone, Olanzapina… Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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TRATTAMENTO Efficaci nel ridurre la sintomatologia, aiutano la riabilitazione, non sono terapie definitive! effetti collaterali, sintomi neurologici (es., rigidità muscolare, agitazione, tremori, movimenti involontari nelle estremità come delle ditta delle mani e dei piedi o della regione ora-facciale) Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
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Principali effetti collaterali neurologici degli antipsicotici
Effetto collaterale Fattori di rischio Periodo di maggiore rischio dall’inizio della terapia Prevalenza approssimativa Distonia acuta Spasmo dei muscoli della lingua, volto, collo, tronco. Giovane età, sesso maschile 1-5 giorni 10-15 Acatisia Irrequietezza motoria associata a tensione emotiva 50-60 giorni 5-10 Parkinsonismo Bradicinesia, rigidità, tremore Tarda età, sesso femminile 5-30 giorni 10-30
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Effetti collaterali AP I generazione
TRATTAMENTO Effetti collaterali AP I generazione EPS (Sintomi extrapiramidali, Distonie acute, Acatisia, Discinesie tardive) Iperprolattinemia, Galattorrea , Amenorrea Ipotensione Aritmie cardiache, alterazioni cardiache (QTc) Sedazione Aumento ponderale Fotosensibilità, Orticaria Retinite pigmentosa Glossite
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Effetti collaterali AP nuova generazione
TRATTAMENTO Effetti collaterali AP nuova generazione Incremento di peso Diabete Dislipidemie Iperprolattinemia EPS e Discinesia tardiva Disturbi anticolinergici, adrenolitici, antistaminici Alterazioni cardiache (QTc) Alterazioni ematologiche Rischio di convulsioni
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Effetti collaterali gravi
TRATTAMENTO Effetti collaterali gravi Sindrome maligna da neurolettici Crisi epilettiche Ittero Agranulocitosi, leucopenia
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Sindrome Maligna da Neurolettici
TRATTAMENTO Sindrome Maligna da Neurolettici Ipertermia Pronunciati effetti extrapiramidali: rigidità muscolare a tubo di piombo, segno della ruota dentata, scialorrea, crisi oculogire, opistotono, trisma, disfagia, movimenti coreiformi, festinazione. Disfunzione neurovegetativa: ipertensione arteriosa (aumento di almeno 20 mm/hg della pressione diastolica), tachicardia (aumento di almeno 30 battiti/minuto), sudorazione profusa, incontinenza. Coscienza offuscata: delirium, stupore, mutismo. Test di laboratorio abnormi: leucocitosi (> 15000/mm3), livelli di CPK serica superiori a 1000 IU/ml.
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Risposta alla terapia antipsicotica
TRATTAMENTO Risposta alla terapia antipsicotica primi giorni: effetto calmante e sono utili nel ridurre l’eccitabilità inizio di risposta terapeutica: di solito dopo una settimana piena risposta terapeutica: durante le prime 6 settimane Gli antipsicotici hanno generalmente un effetto calmante e sono utili nel ridurre l’eccitabilità nei primi giorni di trattamento. La risposta dell’antipsicotico è più variabile benché, come regola generale, sia frequente vedere un inizio di risposta terapeutica dopo una settimana di terapia ed una piena risposta terapeutica durante le prime 6 settimane Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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Durata del trattamento farmacologico
primo episodio di schizofrenia: da uno a due anni dopo la completa remissione dei sintomi episodi ripetuti di psicosi: proseguire il trattamento per almeno 5 anni ed in alcuni casi per tutta la vita La durata convenzionale di un trattamento per un primo episodio di schizofrenia è da uno a due anni dopo la completa remissione dei sintomi Per episodi ripetuti di psicosi, è raccomandato proseguire il trattamento per almeno 5 anni ed in alcuni casi per tutta la vita Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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Intervento psicosociale
TRATTAMENTO Intervento psicosociale cerca di migliorare il management della schizofrenia (es., gestire i sintomi, prevenire le ricadute) incrementare e rafforzare il funzionamento (es. vivere in modo indipendente, le relazioni e il lavoro) trattamento assertivo nella comunità psico-educazione familiare, supporto nella ricerca di una occupazione, training delle abilità sociali, delle abilità di insegnamento di gestione della malattia, terapia cognitivo-comportamentale per le psicosi trattamento integrato per l’abuso di sostanze quale comorbidità L’intervento psicosociale cerca di migliorare il management della schizofrenia (es., gestire i sintomi, prevenire le ricadute) ed incrementare e rafforzare il funzionamento in aree come il vivere in modo indipendente, le relazioni e il lavoro Interventi specifici che hanno dimostrato di migliorare l’outcome della schizofrenia includono trattamento assertivo nella comunità, psico-educazione familiare, sopporto nella ricerca di una occupazione, training delle abilità sociali, delle abilità di insegnamento di gestione della malattia, terapia cognitivo-comportamentale per le psicosi, e trattamento integrato per l’abuso di sostanze quale comorbidità Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111; E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
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DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA) Poco comune, più frequente in soggetti giovani, di bassa estrazione socio-culturale e con preesistenti disturbi della personalità. A. Possono presentarsi (necessario per la diagnosi uno 1-3): 1. Deliri 2. Allucinazioni 3. Eloquio disorganizzato (deragliamenti, incoerenza) 4. Comportamento disorganizzato o catatonico B. Durata di almeno 1 giorno ma inferiore a 1 mese, con successivo ritorno al livello di funzionamento premorboso C. Non dovuto ad altre condizioni psichiche o mediche, ne all’utilizzo di sostanze
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DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA) Più comunemente: Reazioni paranoidi acute Volubilità emozionale Stranezze nel comportamento e nell’abbigliamento
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DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA) Spesso vi è una fase depressiva post-psicotica Sia durante la fase psicotica che quella depressiva il rischio di suicidio è alto Il manifestarsi di tale disturbo può indicare una vulnerabilità psichica del soggetto: Nel 20-50% dei casi si manifesta successivamente una sindrome psichiatrica cronica (disturbo psicotico o dell’umore)
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DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA) TRATTAMENTO Ricovero ospedaliero Farmacoterapia: antipsicotici e benzodiazepine Psicoterapia: mirata all’integrazione dell’esperienza psicotica (e del trauma scatenante) nella vita del pz e della sua famiglia)
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DISTURBO DELIRANTE Idee deliranti presenti per almeno 1 mese
Di persecuzione, di gelosia Non raggiunto il criterio A per la schizofrenia Funzionamento integro, salvo le aree coinvolte nel delirio Se presenti episodi depressivi o maniacali, essi debbono essere relativamente brevi rispetto alla durata del delirio Il disturbo non è attrubuibile a effetti di sostanze, condizioni mediche e non è meglio spiegato da altri disturbi mentali (es. dismorfismo corporeo) Deliri non bizzarri (cioè, concernenti situazioni che ricorrono nella vita reale, come essere inseguito, avvelenato, infettato, amato a distanza, tradito dal coniuge o dall’amante, o di avere una malattia) che durano almeno un mese. Il funzionamento, a parte per quanto consegue al (ai) delirio (i), non risulta compromesso in modo rilevante, e il comportamento non è eccessivamente stravagante o bizzarro. Il tipo di disturbo delirante viene distinto in base al tema delirante prevalente. Più comunemente si tratta di deliri di Tipo Erotomanico, di Grandezza, di Gelosia, di Persecuzione.
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DISTURBI DELL’UMORE
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Depressione E. Munch, “Malinconia” (1892)
Sebbene il termine depressione sia largamente utilizzato a livello colloquiale per descrivere quegli stati emozionali caratterizzati da tristezza, abbattimento e pessimismo, questi non qualificano necessariamente una persona come avente una malattia o un disturbo psichiatrico. La depressione è infatti caratterizzata dall'associazione di un tono dell'umore abnormemente basso in modo duraturo e di sintomi che causino interferenza significativa sulla capacità funzionale dell'individuo. E. Munch, “Malinconia” (1892)
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Depressione e mania mania umore normale depressione
Umore elevato, euforico Loquacità, aumento della attività Eccessivo coinvolgimento mania umore normale L’umore è un’emozione pervasiva e duratura che colora la percezione che il soggetto ha del mondo. I disturbi dell’umore sono suddivisi, nel DSM-IV, in due categorie principali: il Disturbo Unipolare (UP), in cui i pazienti sperimentano soltanto il polo depressivo, e il Disturbo Bipolare (BP) in cui i pazienti sperimentano in diversi momenti sia il polo depressivo sia il polo maniacale. Umore basso, triste Astenia, disinteresse Coercizione di attività e contatti depressione
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CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI DELL’UMORE
Disturbi Depressivi: . Disturbo Depressivo Maggiore . Disturbo Depressivo Persistente (Distimia) . Disturbo da disregolazione distruttiva dell’umore . Disturbo premestruale disforico Disturbi Bipolari: . Disturbo Bipolare I . Disturbo Bipolare II . Disturbo Ciclotimico
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Disturbi dell’umore Riassunto
Depressione unipolare Comune: 10% popolazione F:M=2:1 Solo episodi depressivi Prognosi buona, specie forme non cronicizzate Trattamento con farmaci antidepressivi Disturbi bipolari Raro: 1% pop generale F:M=1 Alternanza di fasi maniacali e depressive Prognosi non eccellente Trattamento con farmaci stabilizzatori dell’umore I disturbi dell’umore rappresentano oggi uno dei più importanti problemi di salute pubblica. Stime recenti affermano tuttavia che meno di un terzo delle persone che soffrono di disturbi dell’umore giunge all’osservazione del medico sebbene queste condizioni, anche nelle forme più lievi, possano determinare alti livelli di sofferenza soggettiva, compromissione del ruolo sociale e familiare, graduale deterioramento della qualità di vita e condurre a gravi complicanze, come l’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, fino nei casi più seri al suicidio. L'attuale nosografia identifica due forme principali di disturbo dell’umore, il Disturbo Bipolare (BPD) e il Disturbo Depressivo Maggiore (MDD). La malattia unipolare nella popolazione generale si assesta tra la popolazione generale circa al 10%, con un rapporto maschi:femmine di 1:2. E’ altresì vero che quella di disturbo depressivo unipolare è la meno stabile tra le diagnosi appartenenti allo spettro dei disturbi dell'umore. Gran parte dei disturbi bipolari infatti esordiscono con un episodio depressivo e solo successivamente manifestano la polarità maniacale. La prevalenza nella popolazione generale del disturbo bipolare è stimata attorno all’ 1% ed il rapporto tra maschi e femmine è di 1:1.
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Paesi più industrializzati
EPIDEMIOLOGIA A livello mondiale: 121 milioni di persone Prevalenza 2004: WHO - The global burden of disease: 2004 update Entro il 2030: a livello mondiale 2^ solo ad HIV Mathers CD, Loncar D (2006) Mondo Paesi più industrializzati 1) Infezioni basse vie respiratorie 1) Depressione maggiore 2) Infezioni GI (diarrea) 2) Cardiopatia ischemica 3) Depressione maggiore 3) Patologie cerebrovascolari 4) Cardiopatia ischemica 4) Alzheimer e altre demenze Per quanto riguarda i numeri della depressione, si tratta di è una delle maggiori cause di malattia in tutto il mondo, colpendo in tutto il mondo 121 milioni di persone. Nella più recente indagine dell’OMS si assestava al 3°posto come causa di malattia a livello mondiale e prima nei paesi più industrializzati, ed è destinata a diventare 2^ solo all’HIV entro il Tutto questo si riflette in elevati costi, oltre che umani anche economici.
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EPIDEMIOLOGIA - Prevalenza: 10% - Distribuzione per Sesso: F:M=2:1
- Età di esordio: Massimo rischio tra i 25 e i 40 anni. - Genetica: Il risultato di studi sulla componente genetica indica che il rischio ad ammalare è 3-4 volte aumentato nei nuclei familiari in cui sono presenti soggetti con disturbi dell’umore rispetto al rischio presente nella popolazione generale.
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Depressione Confini fra normalità e patologia
CLINICA Depressione Confini fra normalità e patologia Disagio esistenziale comune Depressione “normale”, esempi: malattia, lutto Carattere eccessivo, invalidante Lunga durata Fissità dell’umore Reazione sproporzionata rispetto ad avvenimenti o mancanza di associazione con eventi di vita Aspetti qualitativi: sentimento di vuoto, perdita dell’autostima, senso di colpa e/o di vergogna immotivato o esagerato Copresenza di disturbi vegetativi e somatici gravi
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DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE
DISTURBI DEPRESSIVI CLINICA DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE Presenza di almeno cinque dei seguenti sintomi per un periodo di due settimane, di cui almeno uno deve essere 1) o 2): 1) umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno 2) marcata diminuzione di interesse o piacere 3) significativa perdita di peso o aumento di peso oppure diminuzione o aumento dell’appetito 4) insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno 5) agitazione o rallentamento psicomotorio 6) faticabiltà o mancanza di energia 7) sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati 8) ridotta capacità di pensare o di concentrarsi 9) pensieri ricorrenti di morte. Dal punto di vista clinico per parlare di depressione maggiore deve manifestarsi almeno uno tra umore depresso e perdita di piacere e interesse per tutte, o quasi, le attività. Durante questo disturbo si modificano in maniera consistente il pensiero e il comportamento dell’individuo, così come anche funzioni vegetative di base. Si determina pertanto un disagio e una compromissione significativa del soggetto, per la durata di un singolo episodio o di più episodi ricorrenti, intervallati da periodi di benessere.
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“Core” sintomatologico (sintomi fondamentali) Psicopatologia
CLINICA “Core” sintomatologico (sintomi fondamentali) Psicopatologia Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight RALLENTAMENTO o AGITAZIONE PERVASIVO ↓ TONO UMORE ANEDONIA DISTURBI FORMA PENSIERO IDEE DI COLPA E DI MORTE Per parlare di depressione maggiore deve manifestarsi almeno uno tra umore depresso e perdita di piacere e interesse per tutte, o quasi, le attività. Una riduzione della stima di sé e della fiducia in sé stesso e una visione del futuro triste e pessimistica accompagnano la flessione del tono dell’umore. Dal punto di vista psicomotorio si può trovare rallentamento e mancanza di energia o viceversa agitazione, in genere accompagnata da ansietà e irritabilità. Si possono presentare inoltre una riduzione della concentrazione e della memoria, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, che spesso conducono a idee di morte più o meno strutturate. Possono essere coinvolti anche la sfera dell’appetito, che può aumentare o diminuire, e il ritmo sonno-veglia con insonnia o ipersonnia. ↓ CONCENTRAZIONE ↓ ATTENZIONE ↓↑ SONNO ↓↑APPETITO
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Indicatori di alto rischio suicidario
Suicidio Indicatori di alto rischio suicidario Uomini Età >40 anni Storia familiare di suicidio Disoccupazione Isolamento sociale Note/ideazioni suicidali Desiderio continuato di morire Mancanza di speranza, Incapacità di vedere il futuro Abuso di sostanze o di alcool La depressione è uno dei più importanti fattori di rischio per il suicidio Tratto da: Anthony S Hale. ABC of mental health: Depression. BMJ, Jul 1997; 315:
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Determinare il Livello di Rischio
SAD PERSONS SCALE (Quick and Easy Assessment) Sex 1 if patient is male, 0 if female Age 1 if patient is (25-34; 35-44; 65+) Depression 1 if present Previous attempt 1 if present Ethanol abuse 1 if present Rational thinking loss 1 if patient is psychotic for any reason (schizophrenia, affective illness, organic brain syndrome) Social support lacking 1 If these are lacking, especially with recent loss of a significant other Organized Plan 1 if plan made and method lethal No spouse 1 if divorced, widowed, separated, or single (for males) Sickness 1 especially if chronic, debilitating, severe (e.g.; non-localized cancer, epilepsy, MS, gastrointestinal disorders) Patterson WM, Dohn HH, et al: Evaluation of suicidal patients, THE SAD PERSONS Scale, Psychosomatics, 1983 One method to gather this information that has been useful for healthcare providers is the SAD PERSONS scale. “S” stands for sex. Again, we know that males are likely to end life by suicide 2 xs that of females and females attempt 2x more than males. “A” stands for age. Remember the ages that have the highest suicide rates. “D” stands for depression. Does the patient have symptomatology or diagnosis of depression? Remember, depression is the mental illness with the closest link to suicide. “P”, previous attempt. Has the person attempted before and if so, what means did they use and what factors where involved, how did they survive the attempt? “E” stands for ethanol abuse. “R” stands for rational thinking. Is the patient thinking rationally? “S” stands for social support deficit. Does the patient have a support system? “O” is for organized plan. Does the patient have a thought out plan for taking the steps to act on the thoughts? “N” is for no spouse. Is the patient without a spouse? “S” is for sickness. Does the person have a medical or physical illness? These letters represent 10 areas of assessment. The scoring for this is a follows- 0-2 equals little risk, 3-4 equals following patient closely, 5-6 equals strongly considering hospitalization, and 7-10 equals a very high risk, hospitalize or commit.
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Caso clinico G.M. è una casalinga di 43 anni, coniugata e madre di due figli; è giunta alla nostra osservazione inviata dal medico curante. La paziente viene descritta dai familiari come una donna attiva nello svolgere le proprie mansioni, tranquilla e piuttosto remissiva nei confronti del marito. Negli ultimi mesi ha mostrato crescenti difficoltà nello svolgere le normali attività di casalinga, turbata dalla sensazione di non saper più prendere alcuna decisione: “... non riesco più a decidere cosa comprare, mi sembra di sbagliare, anzi penso di aver sempre sbagliato, ...quello che prima facevo senza alcun problema ora mi preoccupa”. Riferisce di sentirsi molto triste e completamente senza speranza, soprattutto la mattina, mentre, con il trascorrere delle ore, nota un leggero miglioramento. Nelle prime ore della sera avverte il desiderio di coricarsi, “un’altra giornata è terminata”, riuscendo tuttavia a dormire solo per poche ore. Spesso nella notte si sveglia e non riesce a riprendere sonno; la mattina è costretta ad alzarsi molto presto. Nelle ultime settimane G.M. ha espresso in alcune occasioni il desiderio di morire “per porre fine alle sofferenze”. Riferisce di sentirsi in colpa per “qualcosa di molto grave che è successo alcuni anni fa”, se ne vergogna e teme che, raccontando questo episodio, possano determinarsi delle nuove conseguenze. Infine G.M. racconta di aver causato con la propria condotta il licenziamento del marito, evento peraltro accaduto anni prima senza particolari conseguenze sull’economia familiare. Ritiene che “sicuramente” i colleghi del marito erano venuti a conoscenza del fatto che “più volte si era lamentata perché l’attività lavorativa che il coniuge svolgeva in quel periodo lo costringeva a lunghi periodi di lontananza da casa e quindi lo avevano riferito al datore di lavoro il quale aveva preso i suoi provvedimenti”. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Episodio depressivo: decorso
CLINICA Episodio depressivo: decorso Esordio: Brusco Graduale Fase di stato: Durata variabile,in rapporto anche all’intervento terapeutico (media 4-6 mesi); è possibile la cronicizzazione Risoluzione Brusca Graduale Esiti: possibilità di risoluzione incompleta con il persistere di “sintomi residui” L’esordio dell’episodio può essere improvviso oppure graduale. In quest’ultimo caso compaiono sintomi prodromici quali labilità emotiva, astenia, insonnia, cefalea, ridotto interesse sessuale, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, diminuzione di interesse nelle normali attività. Anche la risoluzione può essere brusca e graduale. E’ brusca soprattutto nei disturbi bipolari. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Relazione fra depressione e malattia fisica
Aumento citochine proinfiammatorie Aumento aggregazione piastrinica Stile di vita poco sano, uso di alcol Scarsa compliance alle terapie, no controlli M. neurologiche (stroke, demenza, Parkinson) M. endocrine, farmaci Sindromi dolorose Disabilità funzionale
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Gestione del paziente depresso (1)
TRATTAMENTO Gestione del paziente depresso (1) Validare la sofferenza del paziente La depressione non è segno di debolezza, di scarsa volontà, di pazzia Incoraggiare il paziente dando una ragionevole speranza Le cure per la depressione sono efficaci, la situazione migliorerà con il tempo Evitare di dire al paziente che deve farsi forza e superare la situazione (colpevolizzazione)
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Gestione del paziente depresso (2)
TRATTAMENTO Gestione del paziente depresso (2) Valutare la situazione familiare del paziente I parenti si rendono conto del problema del paziente Lo incoraggiano a curarsi o remano contro? Ci sono situazioni familiari e non che mantengono lo stato di stress del paziente Ascoltare il paziente, trasmettendogli interesse e comprensione, anche rimanendo in silenzio
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Gestione del paziente depresso (3)
TRATTAMENTO Gestione del paziente depresso (3) Il paziente depresso spesso è “difficile”, non mostra apprezzamento per i trattamenti, si lamenta in continuazione, dice che non c’è nulla da fare e che tutto è inutile Sostegno sull’importanza delle cure Confronto con i colleghi e con lo staff
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Ruolo dell’esercizio fisico
TRATTAMENTO Ruolo dell’esercizio fisico British Journal of Psychiatry 2002 Mather AS et al. Effect of exercise on depressive symptoms in older adults with poorly responsive depressive disorder Conclusioni: gli anziani depressi che rispondono scarsamente alle terapie dovrebbero essere incoraggiati a fare attività fisica
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Depressioni lievi/moderate
TRATTAMENTO Depressioni lievi/moderate Terapia cognitivo-comportamentale (psicoterapia “breve” focalizzata, 6-20 incontri) Antidepressivi Depressioni gravi Tratto da: Anthony S Hale. ABC of mental health: Depression. BMJ, Jul 1997; 315: 141
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TRATTAMENTO Antidepressivi Farmaci efficaci nel migliorare l’umore negativo e gli altri sintomi tipici della depressione 3 sottogruppi maggiori: triciclici inibitori selettivi del recupero della serotonina (SSRI). inibitori delle mono-amminossidasi (IMAO) Generalmente efficaci, ma possono indurre effetti collaterali. Non danno dipendenza a differenza delle benzodiazepine. Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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Dosaggio Orale (mg/die)
TRATTAMENTO Nome Commerciale* Dosaggio Orale (mg/die) Nome generico TRICICLICI Amitriptilina Laroxyl Imipramina Tofranil Desipramina Nortimil Nortriptilina Noritren Trimipramina Surmontil Clomipramine Anafranil TETRACICLICI Maprotilina Ludiomil Mirtazapina Remeron 15-45 INIBITORI REUPTAKE 5-HT Fluoxetina Prozac 5-60 Sertralina Zoloft Paroxetina Seroxat 10-50 Fluvoxamina Maveral Citalopram Elopram 20-40 Escitalopram Entact 10-20 INIBITORI REUPTAKE NA Reboxetina Edronax 2-8 TRIAZOLOPIRIDINE Trazodone Trittico Nefazodone Reseril AMINOCHETONI Bupropione Zyban FEILETILAMINE Venlafaxina Efexor IMAO Phenelzina Nardil 15-90 Tranylcypromina Parnate 30-60 *Esistono vari nomi commerciali per il medesimo principio attivo
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Gli antidepressivi devono essere assunti con regolarità
TRATTAMENTO Gli antidepressivi devono essere assunti con regolarità Dall’inizio del trattamento alla comparsa dei benefici passano alcune settimane Se vengono prescritte dosi di antidepressivi troppo basse e per periodi troppo brevi la risposta può mancare o essere ridotta e seguita da frequenti ricadute e aumento della morbidità Circa il 70% dei pazienti traggono beneficio dall’antidepressivo se dato a dosi terapeutiche per un periodo adeguato (6-8 settimane). Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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Svantaggi delle diverse classi di antidepressivi
TRATTAMENTO Svantaggi delle diverse classi di antidepressivi Antidepressivi Triciclici Prominenti effetti anticolinergici quali secchezza delle fauci, visione offuscata, costipazione, ipotensione posturale, ritenzione urinaria Necessità di iniziare con una piccola dose e aumentarla gradualmente Aumento di peso Effetti collaterali gravi: Aritmie cardiache Convulsioni Depressione del sitema nervoso centrale (potenziato dall’alcool) Tossici in overdose Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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Selective serotonin reuptake inhibitors (SSRI)
TRATTAMENTO Selective serotonin reuptake inhibitors (SSRI) Costo elevato Sviluppo della sindrome serotonergica, caratterizzata da emicrania, dolori gastrointestinali, nausea e ansia Interazioni potenziali con altri farmaci (warfarin, phenytoin, etc) Alcuni effetti collaterali distressing (disfunzioni sessuali) Inibitori monoamino ossidasi (IMAO) Interazione pericolosa con cibi ricchi di tiramina e farmaci simpaticomimetici, che possono condurre a crisi ipertensive effetti collaterali anticolinergici ed epatotossici Necessità di un periodo di washout Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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ECT TRATTAMENTO In caso di depressione resistente
Da effettuarsi in ambiente specialistico Notevole efficacia Scarsi effetti collaterali Problemi di accettazione Convulsioni generate dal passaggio di corrente elettrica (circa 100 volts) nel cervello Sotto anestesia (barbiturico, miorilassante) 2-3 volte la settimana per max 12 volte Massimo effetto antidepressivo Effetti collaterali legati all’anestesia e transitoria amnesia anterograda
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Disturbo bipolare - Mania
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EPIDEMIOLOGIA - Prevalenza: attorno all 1%
Distribuzione per sesso: F:M=1:1 Età di esordio: intorno ai 30 anni. - Genetica: il rischio di malattia per disturbo dell'umore nei parenti di I e II grado è intorno al 20%, in particolare la presenza di uno o entrambi i genitori affetti sembra giocare un ruolo nell'anticipare l'età di esordio ed è associata ad un fenotipo clinico più grave
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DISTURBI BIPOLARI DISTURBO BIPOLARE I CLINICA
Presenza di uno o più Episodi Maniacali. Criteri per l’Episodio Maniacale: A) umore anormalmente e persistentemente elevato, espansivo o irritabile della durata di almeno una settimana (o meno se ospedalizzazione necessaria) B) durante il periodo di alterazione dell’umore, almeno tre dei seguenti sintomi sono stati persistenti e presenti a un livello significativo: 1) autostima ipertrofica o grandiosità 2) diminuito bisogno di sonno 3) maggiore loquacità del solito oppure spinta a continuare a parlare 4) fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano rapidamente 5) distraibilità, riportata o osservata 6) aumento dell’attività finalistica o agitazione psicomotoria 7) eccessivo coinvolgimento nelle attività con alto potenziale di conseguenze dolorose
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Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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DISTURBO BIPOLARE II CLINICA
A) Presenza (anche in anamnesi) di uno o più Episodi Depressivi Maggiori. B) Presenza (anche in anamnesi) di almeno un Episodio Ipomaniacale. C) Non vi è mai stato un Episodio Maniacale o un Episodio Misto. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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DISTURBO CICLOTIMICO CLINICA
A) Presenza per almeno due anni di numerosi periodi con sintomi ipomaniacali che non raggiungono i criteri per episodi ipomaniacali e di numerosi periodi con sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per un Episodio Depressivo Maggiore. B) Durante questo periodo di due anni la persona non è mai stata senza i sintomi del criterio A per più di due mesi alla volta. C) I criteri per episodi depressivi, maniacali ed ipomaniacali non sono mai sati raggiunti . D) I sintomi del criterio A non sono meglio spiegabili da altri disturbi psichiatrici, dall’utilizzo di sostanze, o da condizioni mediche. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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GLI STATI MISTI CLINICA
Si intendono quadri clinici caratterizzati dalla coesistenza di sintomi di polarità opposte, maniacale e depressiva. Criterio per l’episodio misto: A) devono risultare soddisfatti i criteri sia per l’Episodio Maniacale che per l’Episodio Depressivo Maggiore, e almeno tre dei seguenti sintomi devono essere presenti per la maggior parte dei giorni durante l’episodio: Preminente disforia o umore depresso, soggettivamente riportata od osservata Diminuito interesse o piacere in tutte, o quasi tutte, le attività Psicomotricità rallentata quasi tutti i giorni, obiettivabile Fatica o perdita di energie Sentimenti di inutilità o eccessiva o inappropriata colpa Ricorrenti pensieri di morte, ricorrente ideazione suicidaria, o tentativi/pianificazione di suicidio
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GLI STATI MISTI CLINICA
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Episodio Maniacale Psicopatologia
CLINICA Episodio Maniacale Psicopatologia Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight AGITAZIONE, AFFACCENDAMENTO ASPETTO VISTOSO E DISORDINATO, ABBIGLIAMENTO VIVACE, TRUCCO PESANTE ELEVAZIONE UMORE ESALTAZIONE, ECCITAMENTO Quadro clinico speculare a quello della depressione. Descrizione generale: Aspetto brillante, abbigliamento vivace, trucco pesante, tutto vistoso e disordinato, impressione di ringiovanimento, aumentata energia, iperattività motoria, disinibizione, affaccendamento, agitazione marcata, comportamenti aggressivi se contrastati, comportamenti a rischio, abuso di sostanze. Ridotto bisogno di di sonno e di cibo. Umore: Umore elevato, stato di esaltazione e di eccitamento, Senso di pienezza e di sintonia con il mondo circostante Linguaggio: Logorrea Senso-percezione e contenuto del pensiero: Allucinazioni e idee deliranti con tematiche megalomaniche (se forma psicotica) Forma del pensiero: accelerazione, fuga delle idee, deragliamento, tangenzialità, distraibilità, illogicità (casi più gravi) DISTURBI FORMA PENSIERO ↓ CONCENTRAZIONE ↓ ATTENZIONE ↓ SONNO ↓APPETITO
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Mania Esordio: Brusco Graduale
CLINICA Esordio: Brusco Graduale Complicanze: abuso di alcolici, benzodiazepine, stimolanti. Complicanze di natura medica (disidratazione, squilibri idroelettrolitici, malattie fisiche intercorrenti). Conseguenze legali Durata: Variabile da alcuni giorni a 3-4 mesi nelle forme non trattate L’esordio brusco è più frequente quando l’episodio è precipitato da eventi stressanti o uso di sostanze stimolanti (amfetamine, cocaina). Nel caso di esordio graduale si hanno sintomi prodromici quali lieve iperattività, ridotto bisogno di sonno, sensazione di energia e benessere, loquacità, coinvolgimento in vari interessi. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Gestione del paziente maniacale
TRATTAMENTO Gestione del paziente maniacale Evitare contraddizioni dirette Distrazione Aiutare la consapevolezza di malattia Evitare divisioni con lo staff nel piano terapeutico Rimandare
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Stabilizzanti TRATTAMENTO
Appartengono a questo gruppo i farmaci efficaci nel trattamento del disturbo bipolare. Uno dei farmaci più potenti, appartenente a questa categoria, è il litio. Pur essendo un farmaco efficace, il litio presenta un inconveniente non trascurabile: può essere tossico se raggiunge determinati livelli nell’organismo. Per questo motivo è necessario tenere sotto controllo periodicamente (di solito ogni 3-6 mesi) la sua concentrazione nel sangue. Altri stabilizzatori sono: Valproato, Carbamazepina, Lamotrigina Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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PSICOTRAUMATOLOGIA
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COS’E’ UN TRAUMA Esperienza di particolare gravità che compromette il senso di stabilità e continuità fisica o psichica di una persona
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LA RISPOSTA AL TRAUMA ogni persona reagisce in modo differente
la risposta individuale dipende da: tipo di evento stressante caratteristiche di personalità della vittima modalità individuali di reagire allo stress supporto e risorse sociali
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DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
La risposta al trauma comporta sintomi e emozionali e comportamentali: che comportano un grave disagio, superiore a quanto atteso e/o una significativa alterazione del funzionamento sociale, lavorativo o scolastico
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DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
possono manifestarsi (30-35%): Disturbo dell’Adattamento Disturbo psicotico breve Disturbo post-traumatico da Stress Possono insorgere altri disturbi: ansia, umore, sessualità, disinibizione comportamentale, alimentazione, somatoformi, uso di sostanze
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DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
Disturbo dell’Adattamento Disturbo psicotico breve Disturbo post-traumatico da Stress
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
I fattori stressanti possono indurre il disturbo in funzione di: Gravità Quantità Durata Reversibilità Contesto personale (personalità, supporto…) (Es.: è diverso perdere un genitore a 10 e a 40 anni)
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
con UMORE DEPRESSO con ANSIA con ANSIA E UMORE DEPRESSO misti con ALTERAZIONE DELLA CONDOTTA con ALTERAZIONE dell’EMOTIVITA’ e della CONDOTTA misti
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
con UMORE DEPRESSO Umore depresso Tristezza Disperazione
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
con ANSIA Palpitazioni Tremori Agitazione
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
con ALTERAZIONI DELLA CONDOTTA Violazione dei diritti altrui e delle norme Assenze da scuola Vandalismo Guida pericolosa Rissosità
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
E’ più comune negli adolescenti ma si manifesta a tutte le età Il rapporto femmine a maschi è 2:1 Fattori precipitanti più frequenti: Adolescenti: problemi scolastici, rifiuto da parte dei genitori, divorzio dei genitori Adulti: problemi coniugali, divorzio, trasferimento in un nuovo ambiente, problemi finanziari
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
TRATTAMENTO Talvolta regressione spontanea quando il fattore stressante è reversibile e limitato nel tempo Psicoterapia: di gruppo, individuale, famigliare Farmacoterapia: antidepressivi, ansiolitici (solo per brevi periodi e in combinazione con psicoterapia)
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DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
PROGNOSI In genere remissione veloce con un buon trattamento. Negli adolescenti, un disturbo dell’adattamento può precedere lo sviluppo di disturbi dell’umore o disturbi correlati all’uso di sostanze
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DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
Esposizione ad un evento traumatico L’evento viene rivissuto in modo persistente Evitamento di stimoli che possano ricordare l’evento e attenuazione della reattività generale Aumentata reattività (arousal) Il DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress) si verifica in seguito all’esposizione ad un evento traumatico di grande portata che implica morte o minaccia di morte o gravi lesioni o minaccia all’integrità fisica propria o altrui, come esperienze di combattimento, catastrofi naturali, aggressioni, stupri, gravi incidenti cui l’individuo risponde con paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore. L’evento viene rivissuto in modo persistente attraverso ricordi spiacevoli e intrusivi (ad esempio nei bambini attraverso giochi ripetitivi sul tema), sogni spiacevoli, sensazione di rivivere l’evento attraverso illusioni, allucinazioni, flashback dissociativi, disagio intenso di fronte a fattori che simbolizzano o assomigliano all’evento, reattività fisiologica di fronte a fattori che simbolizzano o assomigliano all’evento. Ne consegue l’evitamento di stimoli come pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi e persone che possano ricordare l’evento e un’attenuazione della reattività generale con riduzione dell’interesse e della partecipazione, sentimenti di distacco ed estraneità, riduzione dell’affettività, diminuzione delle aspettative future. D’altra parte si assiste a un aumento della reattività (arousal) che si manifesta con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità e scoppi di collera, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme.
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DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
Fattori di vulnerabilità: Trauma infantile Inadeguato sistema di supporto Vulnerabilità genetica a malattie psichiatriche
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IN SINTESI… REAZIONI PATOLOGICHE AGLI STRESS:
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO Con UMORE DEPRESSO Con ANSIA Con ALTERAZIONI DELLA CONDOTTA FORME MISTE DISTURBO PSICOTICO BREVE Un qualche sintomo psicotico (spesso paranoia) Confusione mentale e disturbi della memoria Instabilità dell’umore e stranezze comportamentali
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IN SINTESI… REAZIONI PATOLOGICHE AGLI STRESS:
DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS EVENTO TRAUMATICO DI GRANDE PORTATA L’EVENTO VIENE RIPETUTAMENTE RIVISSUTO EVITAMENTO E DIMINUITO COINVOLGIMENTO AUMENTO DELL’AROUSAL
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Disturbi d’ansia
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DISTURBI D’ANSIA 1) DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE
2) MUTISMO SELETTIVO FOBIA SPECIFICA FOBIA SOCIALE DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO AGORAFOBIA DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO DISTURBO D’ANSIA DOVUTO A CONDIZIONE MEDICA GENERALE DISTURBO D’ANSIA INDOTTO DA SOSTANZE DISTURBO D’ANSIA Non Altrimenti Specificato (NAS)
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Ansia Stato emotivo a contenuto spiacevole associato a condizione di allarme e di paura, che insorge in assenza di un pericolo reale oppure è sproporzionata di fronte allo stimolo scatenante Reazione emotiva ubiquitaria comune a tutti (ansia fisiologica) Ansia patologica: ansia generalizzata, attacco di panico, fobie, ossessioni e compulsioni L’Ansia è uno stato emotivo spiacevole caratterizzato da sensazione di paura e pericolo imminente che non si sa però definire e che non esiste nella realtà, e nei cui confronti si ha un atteggiamento di attesa. Mentre l’ansia è pertanto la sensazione di paura legata non proporzionata ad un pericolo reale la paura invece si riferisce ad un pericolo reale. L’ansia si presenta a volte come sensazione psichica, cioè come sentimento; altre volte invece come disturbo fisico. In tale forma può colpire numerosissimi organi o apparati. Così ci possono essere disturbi cardio-vascolari (senso di costrizione o di peso alla ragione cardiaca chiamato anche angoscia o angor, tachicardia, svenimenti); respiratori (difficoltà respiratorie, respiro accelerato, tosse); digestivi (spasmi, nodo alla gola o allo stomaco, singhiozzi, coliche addominali) genito-urinari (dolori, bisogno impellente di urinare); neurologici (cefalea, vertigini, dolori variamente localizzati).
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– “Ieri ho vietato a mio figlio di andare a giocare a pallone
– “Ieri ho vietato a mio figlio di andare a giocare a pallone. Non avrei resistito sapendolo fuori casa; già mi immaginavo una disgrazia”. –“Quando sono interrogato a scuola non riesco mai ad essere lucido come quando faccio un compito scritto. Avverto un’emozione interiore che talvolta mi confonde” – “Deve farmi sapere se mi assumerà. Non resisto nell’attesa e non vedo l’ora di poter iniziare quell’attività” Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Malattie fisiche che possono simulare l’ansia
Eccessivo uso di caffeina Tireotossicosi, malattia delle paratiroidi Ipoglicemia Astinenza da alcool o droghe Feocromocitoma, sindrome carcinoide Aritmie cardiache, malattia della valvola mitrale Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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EPIDEMIOLOGIA Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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Attacco di panico CLINICA Crisi di ansia acute caratterizzate da:
Sintomi psicologici Sintomi somatici Aspetti comportamentali Condotte di evitamento Spesso associati ad agorafobia Ansia anticipatoria Un attacco di panico è un periodo di paura o disagio intensi, tipicamente con un inizio improvviso e solitamente della durata tra i 2 e gli 8 minuti. La manifestazione è significativamente diversa da quanto avviene negli altri tipi di disturbi di ansia, in quanto gli attacchi sono improvvisi, non sembrano provocati da alcunché e spesso sono debilitanti. La maggior parte delle persone che ha un attacco, poi ne ha altri in seguito. Se una persona ha attacchi ripetuti, oppure sente una forte ansia riguardo la possibilità di avere un altro attacco, allora si dice che ha un "disturbo da attacchi di panico" o DAP. I sintomi di un attacco di panico appaiono improvvisamente, senza alcuna causa apparente e includono sintomi psicologici come intensa paura di perdere il controllo o di stare impazzendo, di stare per morire, paura e sensazione di svenire, sensazione di morte imminente. Dal punto di vista fisico i sintomi e segno comprendono tachicardia, palpitazioni, senso di fiato corto, dolore toracico, sudorazione, vertigini, nausea, dolori al petto, rossore al viso e al petto, brividi, tremori fini o a scatti, sensazione di lingua e bocca asciutta. Infine l’ansia condiziona anche delle risposte comportamentali come quelle di arresto, fuga, evitamento. Il disturbo di panico può continuare per mesi o anni, a seconda di come e quando si cerca la cura. Se viene lasciato non curato può peggiorare fino al punto in cui la vita della persona è influenzata gravemente dagli attacchi di panico e dai tentavi di evitarli o di nasconderli. Di fatto, molte persone hanno avuto problemi con gli amici e la famiglia o con la perdita del lavoro mentre si affannavano a lottare con il disturbo di panico. Di solito non passa a meno che la persona riceva cure progettate specificatamente per aiutare persone con il disturbo di panico. Esempio: Dopo i primi palleggi di riscaldamento, ho cominciato a sentire una fitta dolorosa che saliva dal torace e si muoveva lentamente verso la spalla fino ad irradiarsi al braccio. Ho subito pensato a quanto era capitato a mio padre, colpito da infarto acuto del miocardio durante il lavoro. Mi sentivo svenire, avevo la sensazione che il battere del cuore procedesse come un martello pneumatico, che il respiro andasse per conto suo. Mi sono come paralizzato, impossibilitato a chiamare il mio amico. Sudavo copiosamente. Tutto mi girava intorno, o forse ero io a girare intorno alle cose, mi sembrava realmente di impazzire. Fermo con la racchetta in mano, inebetito al centro del campo, valutavo il tempo che mancava al definitivo collasso, alla morte. Ma era come se vivisezionassi tutto ciò; e l'angoscia terribile che mi pervadeva era l'impossibilità di controllare tutto ciò, di poter minimamente intervenire
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CLINICA DAP Diagnosi Ricorrenti inaspettati attacchi di panico (cioè, senza specifici stimoli) Preoccupazione riguardante altri attacchi Preoccupazioni riguardanti le conseguenze possibili degli attacchi (perdita del controllo, “impazzire”) Cambiamenti nel comportamento in relazione agli attacchi Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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Agorafobia CLINICA Diagnosi
Ansia in situazioni dove la fuga è difficile o dove è impossibile trovare aiuto Paura di situazioni specifiche, quali Trovarsi soli in casa Trovarsi nella folla Trovarsi sui trasporti pubblici Trovarsi su ponti, ascensori Evitamento attivo delle situazioni temute, o, laddove esposti, si prova una grave ansia Limitazione del funzionamento (come fare spese, lavoro, vita sociale) Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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Fobie Specifiche (isolate)
CLINICA Fobie Specifiche (isolate) Ansia marcata, irragionevole ed inspiegabile legata ad uno stimolo specifico Animali (es: ragni) Procedure mediche (es: iniezioni, dentista) Eventi atmosferici (temporali) Luoghi (es: altezze, posti da cui è difficile fuggire) Situazioni sociali (sproporzione, no abitudine) Condotte di evitamento
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Fobia Sociale Diagnosi
CLINICA Fobia Sociale Diagnosi Estrema, persistente paura delle situazioni sociali L’esposizione provoca estrema ansia La paura è riconosciuta come eccessiva e irragionevole Evitamento delle situazioni Ansia anticipatoria Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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Ansia generalizzata CLINICA
Ansia generalizzata: stato d’ansia persistente che si caratterizza per un’attesa apprensiva, eccessiva ed irrealistica con marcate preoccupazioni per svariate circostanze esistenziali ed anticipazione pessimistica di eventi negativi Esempio: Da qualche settimana, Anna lamentava di sentirsi tesa, irritabile ed apprensiva. Si svegliava ogni mattina con la sensazione che stesse per accadere qualcosa di terribile. Questo timore si protraeva per tutta la mattina, accompagnato da sensazioni corporee come tremori, nausea, palpitazioni e dispnea. Si sforzava di capire la fonte della sua preoccupazione, senza trovarla. Ciò le determinava ulteriore disagio. Distingueva chiaramente quest’ansia quotidiana dalla paura che aveva provato in altre occasioni, come quando si era imbattuta in un serpente in campagna. La reazione era stata improvvisa, intensa e focalizzata, ma era diminuita rapidamente quando il serpente era scomparso. Aveva avuto sensazioni corporee, una rapida accelerazione del battito cardiaco, tremore e sudorazione. Ma aveva riconosciuto la fonte della minaccia e il disagio era passato in breve tempo.
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Tensione muscolare, tremori, impossibilità di rimanere “fermi”
CLINICA Sonno disturbato (insonnia precoce e centrale, che non concede il riposo) Tensione muscolare, tremori, impossibilità di rimanere “fermi” Iperattività autonomica (sudorazione, tachicardia, dolore epigastrico) Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314: 1886
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Gestione del paziente ansioso
TRATTAMENTO Gestione del paziente ansioso Rassicurazione, ma contenitiva, senza assecondare molteplici richieste da parte del paziente Farmaci: antidepressivi, sedativi Psicoterapia Fino a tempi recenti la risposta terapeutica ai disturbi d’ansia era la prescrizione di benzodiazepine. In alternativa a questi farmaci, che danno tolleranza e dipendenza, come alternativa sono consigliati gli antidepressivi e i trattamenti psicoterapeutici, sopratutto la terapia cognitivo-comportamentale.
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Benzodiazepine Appartengono a questo gruppo i farmaci (tranquillanti ed ipnotici) efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia. Questi farmaci, di solito, hanno effetto nel breve termine ma assai meno nel lungo termine; talvolta, come conseguenza del loro uso si può avere un peggioramento della sintomatologia (il cosiddetto effetto rebound) e lo svilupparsi di una certa dipendenza. Anche in considerazione di questi effetti, gli ansiolitici dovrebbero essere prescritti soltanto nei casi di ansia o insonnia grave e comunque per periodi brevi. Lorazepam, Lormetazepam, Diazepam… Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:
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DISTURBI DELLO SPETTRO OSSESSIVO-COMPULSIVO
DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (OCD) DISTURBO DA DISMORFISMO CORPOREO DISTURBO DA ACCUMULO TRICOTILLOMANIA (Tirarsi i capelli) DISTURBO DA ESCORIAZIONE (sulla pelle) OCD indotto da sostanze o farmaci OCD indotto da patologie mediche Altri o non specificati OCD
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Ossessioni e compulsioni
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Ossessioni Compulsioni
CLINICA Ossessioni Compulsioni Pensieri, impulsi o immagini ricorrenti, persistenti e intrusivi, che causano ansia o disagio marcati Il contenuto di queste idee è spesso spiacevole, terrificante La persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni La persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente (e non imposti dall’esterno come nell’inserzione del pensiero) Comportamenti ripetitivi (per es., lavarsi le mani, riordinare, controllare), o azioni mentali (per es., pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione, o secondo regole che devono essere applicate rigidamente I comportamenti o le azioni mentali compulsivi non sono collegati in modo realistico con il loro scopo esplicito, oppure sono chiaramente eccessivi Esempio: Anna, coniugata, anni 35 “Ogni giorno quando mio marito rientra dal lavoro, lo costringo a svestirsi completamente nell’ingresso per paura che i suoi vestiti possano essere contaminati. Nonostante questo, il pensiero dei germi continua a tormentarmi e sono costretta a lavare e rilavare qualsiasi cosa mio marito abbia toccato”.
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Disturbo da Dismorfismo Corporeo
CLINICA Disturbo da Dismorfismo Corporeo Diagnosi Intensa preoccupazione per un supposto difetto nell’aspetto fisico della persona Tale preoccupazione causa disagio clinicamente significativo Frequentemente il difetto è localizzato al volto Il paziente attribuisce a questo presunto difetto la causa di ogni insuccesso (ricorre frequentemente alla chirurgia estetica)
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Disturbo da Accumulo Patologico
CLINICA Disturbo da Accumulo Patologico Diagnosi Disturbo caratterizzato dal bisogno ossessivo di accumulare una notevole quantità di oggetti o animali Spesso sono oggetti non utili o non utilizzabili Il paziente è incapace di disfarsene A seconda dell’entità, l’accumulo compulsivo provoca una limitazione più o meno grave dello svolgimento delle attività quotidiane
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Disturbo da Accumulo Patologico
CLINICA Disturbo da Accumulo Patologico
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Disturbi del comportamento alimentare
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Nella cultura occidentale le prime descrizioni cliniche di anomalie dell’alimentazione risalgono a più di 2000 anni fa. Alcune sante cristiane avevano un comportamento simile alle anoressiche. Anche gli attacchi di fame e di voracità insaziabile sono presenti nella letteratura greca ed ebraica
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“De l’anorexie hysterique” (Archieves generales de Medicine, 1873)
Tra le prime descrizioni scientifiche che ci sono giunte su questo disturbo, c'è quella del Dr.Ernst Charles Lasegue “De l’anorexie hysterique” (Archieves generales de Medicine, 1873) “Ella prova innanzitutto un disturbo dopo avere mangiato…..né lei né chi assiste vi attribuisce alcun disagio duraturo………l’indomani la stessa sensazione si ripete ….e la malata si convince che il miglior rimedio a questo disturbo indefinito consiste nel diminuire l’alimentazione……. l’isterica riduce gradatamente il cibo talvolta con il pretesto del mal di testa talvolta con il timore che si presentino le impressioni dolorose che seguono dopo il pasto …….dopo qualche settimana non si tratta più di ripugnanze da ritenersi passeggere: è un rifiuto dell’alimentazione che si prolungherà indefinitamente……..la malattia è conclamata e seguirà il suo decorso così fatalmente…...”
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Definizione di un eating disorder
Marcata distorsione delle abitudini alimentari del soggetto o di un comportamento anomalo finalizzato al controllo del peso Presenza di atteggiamenti di accompagnamento ai disturbi della condotta alimentare come ad esempio sovra-stima della propria immagine corporea e del proprio peso corporeo Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
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GLOSSARIO ABBUFFATA: mangiare in un definito periodo di tempo (es. 2 ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone nelle stesse condizioni mangerebbe in quello stesso tempo Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si mangia CONDOTTE DI ELIMINAZIONE Uso inappropriato di lassativi, diuretici, enteroclismi o vomito autoindotto
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Classificazione degli eating disorders
Anoressia nervosa Bulimia nervosa Binge Eating Disorder Disturbi alimentari NAS
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EPIDEMIOLOGIA Anoressia nervosa Bulimia Nervosa
Distribuzione nel mondo > nelle società occidentali > nelle società occidentali Sesso Per lo più donne Per lo più donne Età Adolescenti Giovani adulti (alcuni casi in giovani adulti) (in alcuni casi adolescenti) Classe sociale Prev. in classi sociali più alte Nessuna predilezione di classe I DCA sono aumentati negli ultimi 20 anni nelle donne tra i 15 e i 25 anni. Sono prevalenti nei paesi sviluppati e industrializzati, mentre sono poco comuni al di fuori del mondo occidentale e nelle regioni meno ricche Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
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RISCHI AMBIENTALI EZIOLOGIA
Nella cultura occidentale il problema del peso corporeo ha ricevuto un attenzione progressivamente crescente : - standard culturali di magrezza = successo, competenza, autocontrollo e attrazione sessuale Lo stare a dieta è uno dei fattori precipitanti dei DCA: sia AN che BN sono preceduti da un tentativo apparentemente normale di perdere peso
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Anoressia nervosa CLINICA
DSM V Restrizione dell’intake calorico in relazione alle richieste specifiche del soggetto, che determina una diminuzione significativa del peso corporeo (cioè inferiore al peso minimo previsto per età e altezza) Intensa PAURA di acquistare peso o di diventare grassi, o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche quando si è sottopeso ALTERAZIONE del modo in cui il soggetto VIVE IL PESO o la FORMA CORPOREA, ed eccessiva influenza sui livelli di autostima, rifiuto di ammettere la gravità della condizione di sottopeso La restrizione alimentare riguarda prevalentemente i cibi ricchi di lipidi e i carboidrati, che vengono eliminati progressivamente dalla dieta e sostituiti con frutta e verdura o fibre e integratori vitaminici nella convinzione di voler dimagrire mantenendosi in buone condizioni di salute Spesso le pazienti iniziano a controllare e a sovraintendere chi cucina per la paura che ci siano eccessivi condimenti o che non vengano rispettate le quantità prescritte e rapidamente arrivano a rifiutare qualsiasi cosa che non sia preparata da loro stesse. Il pasto comincia a diventare motivo di ansia e iniziano a procrastinare il momento di sedersi a tavola fino a sovvertire completamente l’orario dei pasti Se costretta a mangiare riduce il cibo in elementi piccolissimi e li sparpaglia nel piatto, giocherellandoci anche per ore Alla restrizione alimentare le pazienti associano attività fisica aerobica di cu iniziano ad incrementare frequenza e durata, assumendo caratteristiche compulsive e iniziano a ragionare per: crediti = ad una determinata attività fisica corrisponde la possibilità di concedersi del cibo debiti = ad un intemperanza alimentare deve corrispondere una determinata quantità di esercizio L’esercizio fisico è motivato a volte più che dal desiderio di dimagrire, dalla sensazione di essere flaccide e di dover rassodare i muscoli - sottotipo restrittivo (la perdita di peso è ottenuta soprattutto con dieta, digiuno o attività fisica eccessiva) - sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione: in cui sono attuate abbuffate
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Anoressia nervosa CLINICA
Decorso: variabile. Talvolta si auto-limita, in altri casi i disturbi diventano persistenti,altre volte i disturbi appaiono intrattabili e senza remittenza Frequente sviluppo di binge eating Esordio: di solito tra i 15 e i 19 anni, dopo una dieta ipocalorica di cui si perde il controllo L’esordio dell’episodio può essere improvviso oppure graduale. In quest’ultimo caso compaiono sintomi prodromici quali labilità emotiva, astenia, insonnia, cefalea, ridotto interesse sessuale, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, diminuzione di interesse nelle normali attività. Anche la risoluzione può essere brusca e graduale. E’ brusca soprattutto nei disturbi bipolari. Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Bulimia Nervosa CLINICA Ricorrenti episodi di ABBUFFATE
DSM V Ricorrenti episodi di ABBUFFATE Ricorrenti e inappropriate CONDOTTE COMPENSATORIE per prevenire l’aumento di peso Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno 1 volta a settimana per 3 mesi I livelli di AUTOSTIMA sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei La caratteristica principale che distingue la bulimia nervosa dall’anoressia nervosa è costituita dal fatto che i tentativi di restrizione calorica sono costellati da episodi ripetuti di abbuffate, in cui la quantità di cibo consumata varia ma tipicamente si aggira sulle kcal. Il più delle volte l’abbuffata è seguito condotte compensatorie, costituite da episodi di vomito auto-indotto o da abuso di lassativi. La combinazione di sotto-alimentazione e binge eating si traduce in peso corporeo generalmente non eccessivamente basso né alto, determinando l’ ovvia differenza rispetto l’anoressia nervosa. In tale quadro è presente una sovrastima di forma e peso corporeo, in cui il proprio valore è giudicato largamente, o addirittura esclusivamente in termini di forma e peso corporeo Sottotipi: - con Condotte di eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici enteroclismi - senza Condotte di eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha presentato altri comportamenti compensatori inappropriati, come DIGIUNO, esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente a vomito autoindotto etc
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Bulimia nervosa CLINICA
Decorso: la durata media del disturbo alimentare all’esordio della bulimia è circa 5 aa Esordio: solitamente comincia allo stesso modo dell’ anoressia. In circa il 25% dei casi, i criteri diagnostici per l’ anoressia sono soddisfatti per il primo periodo di tempo Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Il management consiste di quattro aspetti
TRATTAMENTO Il management consiste di quattro aspetti Aiutare i pazienti a vedere che hanno bisogno di aiuto e mantenere nel tempo la loro motivazione a guarire. Questo obiettivo è primario data la loro riluttanza al trattamento. Ripristino del peso corporeo. Questo obiettivo si pone dalla necessità di contrastare lo stato di malnutrizione e porta solitamente ad un sostanziale miglioramento dello stato generale del paziente Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
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TRATTAMENTO Il terzo aspetto del management consiste nel trattare la cattiva valutazione che il paziente ha della propria forma e peso corporeo, gestire le abitudini alimentari e il loro funzionamento psico-sociale Non c’è un solo modo di raggiungere questo obiettivo (antidepressivi, antipsicotici, psicoterapie). Una terapia familiare sembra essere la più utile per i pazienti più giovani ed è pertanto principalmente utilizzata con gli adolescenti Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
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PSICOGERIATRIA E PSICHIATRIA GERIATRICA
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Fase del ciclo di vita che ha inizio a partire dai 65 anni
ETA’ GERIATRICA Fase del ciclo di vita che ha inizio a partire dai 65 anni Anziano giovane: anni Grande anziano: >75 anni Anziano sano, non soffre di malattie Anziano malato, richiede cure mediche e/o psichiatriche
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SENESCENZA (processo di invecchiamento) Graduale declino delle funzioni di tutti gli apparati dell’organismo (cardiovascolare, respiratorio, genitourinario, endocrino, immune) Tuttavia, l’opinione secondo cui l’età avanzata è invariabilmente associata a profonda infermità intellettuale e fisica è un mito. Buona parte delle persone anziane conserva a un livello considerevole le proprie capacità cognitive e le funzioni fisiche
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COMPITI DI SVILUPPO Integrità personale Mantenimento della stima di sé
Soddisfazione v.s. disperazione nei riguardi della vita vissuta Mantenimento della stima di sé Lotta contro il danno narcisistico causato dalle perdite biologiche, psicologiche e sociali Abbandono delle posizioni di autorità conciliazione con coloro che ora la rivestono Accettazione della morte altrui e dell’approssimarsi della propria
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PROBLEMI EMOZIONALI dell’ANZIANO
TEMA PREDOMINATE: PERDITA (persone care, prestigio e condizione lavorativa, salute, capacità fisiche e mentali) L’energia impiegata nel rattristarsi, superare il dolore e adattarsi ai cambiamenti è notevole. DEPRESSIONE con disturbi mnestici, di concentrazione, capacità di giudizio, irritabilità (diagnosi differenziale con la demenza senile)
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La RELAZIONE con l’ANZIANO
“AGEISM”: connotazione negativa della vecchiaia difesa dal sentirsi continuamente attraversati da sentimenti legati a “malattia”, “perdita di senso nella vita”, “morte”
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La RELAZIONE con l’ANZIANO
negligenza dei propri sentimenti e dei bisogni psicologici dell’anziano modello biologico burn-out
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(non solo “TRATTAMENTO”)
Offrire AIUTO (non solo “TRATTAMENTO”) RICONOSCERE I PROPRI SENTIMENTI-PRECONCETTI VERSO LA VECCHIAIA RICONOSCERE I SENTIMENTI E I BISOGNI DELL’UTENTE ANZIANO
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(non solo “TRATTAMENTO”)
Offrire AIUTO (non solo “TRATTAMENTO”) ridefinire l’idea della vecchiaia: FASE DELLA VITA C'È ANCORA SPAZIO E TEMPO PER CAMBIARE RICERCARE IL SENSO DEL PROPRIO ESISTERE E DEL PROPRIO AGIRE
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L’ASSISTENZA AL PAZIENTE TERMINALE
La capacità di assistere con efficacia e compassione i malati terminali dipende dalla consapevolezza dei propri atteggiamenti verso la morte e l’agonia Se ci si concentra sul controllo e sull’eradicazione della malattia, morte e pz terminale diventano il nemico. equivalgono a un proprio fallimento evitamento, irritazione, paura
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L’ASSISTENZA AL PAZIENTE TERMINALE
Fornire in interesse compassionevole e un aiuto continuativo: visite regolari, sguardo diretto, tocco appropriato Disponibilità ad ascoltare e a fornire informazioni Onestà e discrezione (rispettare ciò che i pz vogliono sapere) Incoraggiare, laddove possibile, una consapevolezza condivisa di diagnosi, terapia e prognosi
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PSICHIATRIA GERIATRICA
DISTURBI MENTALI DELL’ANZIANO DISTURBI NEUROCOGNITIVI (demenze) DISTURBI DEPRESSIVI DISTURBO BIPOLARE SCHIZOFRENIA DISTURBO DELIRANTE DISTURBI D’ANSIA DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI DISTURBI DA USO DI ALCOOL DISTURBI DEL SONNO
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PSICHIATRIA GERIATRICA
DISTURBI MENTALI DELL’ANZIANO DISTURBI NEUROCOGNITIVI DISTURBI DEPRESSIVI DISTURBO BIPOLARE SCHIZOFRENIA DISTURBO DELIRANTE DISTURBI D’ANSIA DISTURBI SOMATOFORMI DISTURBI DA USO DI ALCOOL DISTURBI DEL SONNO
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DISTURBI NEUROCOGNITIVI
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L’invecchiamento della popolazione: una sfida per la salute pubblica
EPIDEMIOLOGIA L’invecchiamento della popolazione: una sfida per la salute pubblica Ad oggi, in Italia e Grecia 23% di anziani. 2020: i paesi “più vecchi” saranno Giappone (31%), Italia e Grecia e Svizzera (28%) e la pecentuale di "oldest old" (80 anni e più) sarà il 22% in Italia e in Grecia
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Attualmente 1 persona su 5 ha più di 65 anni
EPIDEMIOLOGIA Attualmente 1 persona su 5 ha più di 65 anni Nel 2030 gli anziani saranno il 30% della popolazione italiana All’aumento dell’attesa di vita (76,2 anni ♂ e 82,2 anni♀) corrisponde, tuttavia, un aumento della disabilità gli ultimi 7 anni per gli uomini e 9,2 per le donne sono anni di vita non attiva
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EPIDEMIOLOGIA Indice vecchiaia=rapporto fra la popolazione residente con età maggiore o uguale a 65 e quelle con età inferiore ai 14 anni
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I deficit cognitivi dell’anziano
Cervello senile Reversibile Mild Cognitive Impairment Stabile Demenze La Demenza deve essere distinta dal normale declino delle funzioni cognitive che si verifica con l’invecchiamento (come nel Declino Cognitivo Correlato all’Età). La diagnosi di demenza è giustificata solo se vi sono segni dimostrabili di un deficit cognitivo e di memoria maggiore di quello che sarebbe prevedibile in conseguenza dei normali processi di invecchiamento e se i sintomi causano una menomazione del funzionamento sociale o lavorativo. Vascolare Altre Mista Malattia di Alzheimer Mista
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La prevalenza aumenta con l’età
EPIDEMIOLOGIA La prevalenza aumenta con l’età 2-3% nei soggetti di anni oltre il 20% dopo gli 90 anni. Italia: anziani affetti da demenza, costo sociale è dell’ordine di circa settemila miliardi all’anno. La prevalenza della demenza è particolarmente elevata nell’anziano, passando da 2-3% nei soggetti di anni ad oltre il 20% dopo gli 90 anni. Il rilievo di un progressivo invecchiamento della popolazione dei paesi industrializzati fa prevedere un significativo aumento dei soggetti affetti da demenza nei prossimi anni (tanto da far coniare il termine di “epidemia silenti degli anni futuri”): infatti l’età avanzata rappresenta il principale fattore di rischio per la maggioranza delle malattie dementigene. Questo fenomeno appare di particolare rilevanza sotto il profilo socio-sanitario, in ragione dell’enorme impatto assistenziale e del conseguente onere economico legato a questa patologia. A tal proposito, si stima che vi siano in Italia anziani affetti da demenza, il cui costo sociale è dell’ordine di circa settemila miliardi all’anno.
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Disturbi Neurocognitivi
Criteri DSM V Evidenza di declino cognitivo significativo in uno o più domini cognitivi, rispetto a livello di performance precedente Il deficit cognitivo interferisce con l’indipendenza del soggetto nelle attività quotidiane In base alla severità dei deficit riscontrata ai test neurocognitivi e all’impatto sul funzionamento del paziente si determina la severità del disturbo (lieve, moderato, severo) La demenza, secondo i criteri proposti dall’American Psychiatric Association (APA) nel DMS IV, è condizione caratterizzata da una compromissione preminente e precoce della memoria e da alterazioni di almeno una delle altre funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia, incapacità di astrazione e programmazione), di entità tale da compromettere le usuali attività lavorative e sociali del paziente. Tali sintomi cognitivi determinano una menomazione del funzionamento e un deterioramento rispetto ad un precedente livello di funzionamento A tali sintomi, che costituiscono gli elementi diagnostici essenziali, possono associarsi altri disturbi cognitivi (deficit dell’orientamento visuo-spaziale, difficoltà nella lettura o nella scrittura, ridotta capacità di giudizio), del comportamento (disinibizione, aggressività, apatia, ecc.), alterazioni del tono dell’umore (ansia, depressione) e del sonno.
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EZIOLOGIA Demenze primarie (degenerative) Demenze secondarie
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLE PRINCIPALI FORME DI DEMENZA Demenze primarie (degenerative) Senza segni motori prevalenti Demenza di Alzheimer forme presenili (prima dei 65 anni) forme senili (dopo i 65 anni) Demenza fronto-temporale Con segni motori prevalenti Demenza a corpi di Lewy Parkinson-demenza Paralisi sopranucleare progressiva* Degenerazione cortico-basale* Corea di Huntington* * più rare nell’anziano Demenze secondarie Demenza vascolare multi infartuale (grandi infarti corticali) sottocorticali (infarti lacunari, leucoaraiosi) Idrocefalo normoteso Disturbi endocrino-metabolici (soprattutto ipo ed ipertirodismo) Malattie infettive ed infiammatorie del SNC Sostanze tossiche (alcool, metalli pesanti) Stati carenziali (Vitamina B12, folati, tiamina, malnutrizione) Processi espansivi endocranici (neoplasie, ematomi, ascessi) Varie (trauma cranico, insufficienza cardiaca e respiratoria) Sulla base delle attuali conoscenze, si possono distinguere due gruppi principali: le demenze primarie (o primitivamente degenerative) e le demenze secondarie (a fattori etiopatogenetici noti).
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Mini-Mental State VIGILE SONNOLENTO STUPOROSO COMATOSO PUNTI PUNTI
Memoria di fissazione 5- chiedere il nome dei 3 oggetti nominati in precedenza. 1 punto per ogni risposta corretta (punt max =3) Linguaggio (punt max =9) 6a Dire il nome della penna e dell’orologio (punt max =2); 6b Ripetere la frase seguente “NON SE, E O MA” (punt max =1); 6c Eseguire l’ordine in 3 tempi: “PRENDI UN FOGLIO CON LA MANO DESTRA, PIEGALO A META’ E BUTTALO IN TERRA” (punt max =3); 6d Leggere ed eseguire l’ordine: “CHIUDI GLI OCCHI” (punt max =1); 6e Scrivere una frase (punt max =1); 6f Copiare un disegno (punt max = 1) Punteggio totale ……………………………….. PUNTI Orientamento 1- In quale (anno) (stagione) (giorno del mese) (giorno) siamo? (punt max =5) 2- Dove siamo? (stato) (regione) (città) (ospedale) (piano) (punt max =5 ) Memoria a breve termine 3- Dire il nome di 3 oggetti: un secondo per ciascuno. Chiedere quindi al paziente di ripeterli tutti e 3 subito dopo che gli sono stati detti. 1 punto per ciascuna risposta corretta (punt. Max =3) Ripeterli tutti e 3 finchè non li ha appresi. Indicare il numero delle ripetizioni necessarie Attenzione e calcolo 4- Contare all’indietro per 7. 1 punto per ciascuna risposta corretta. Cessare dopo cinque risposte (punt max = 5) In alternativa fate dire “VERBO” al contrario Valutare il livello di coscienza lungo il continuum: valutare VIGILE SONNOLENTO STUPOROSO COMATOSO
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Demenze Il quadro anatomo-patologico della malattia di Alzheimer è caratterizzato dalle seguenti alterazioni: Perdita di neuroni, che inizia in corrispondenza della regione dell’ippocampo, per estendersi successivamente alle regioni parieto-temporali, frontali e quindi a tutte le strutture encefaliche. Tale perdita di neuroni si evidenzia, all’esame macroscopico dell’encefalo, sottoforma di atrofia cerebrale, con appiattimento delle circonvoluzioni e perdita di profondità delle scissure. Atrofia dei neuroni residui, con fenomeni degenerativi a carico del corpo cellulare, sfoltimento delle ramificazioni e delle spine dendritiche e conseguente decremento del numero delle sinapsi. Aumento della componente gliale. Presenza di placche senili, formazioni caratterizzate da un nucleo centrale di sostanza beta-amiloide con all’esterno neuroni degenerati e mantello di cellule gliali reattive Presenza di gomitoli neurofibrillari: formazioni intracellulari, costituite da filamenti di neurotubulina avvolti a spirale che alterano la morfologia cellulare determinando alla fine la morte delle cellule.
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Tratto da: Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Caso clinico n. 2 Un nostro paziente, quando lo abbiamo visto nelle fasi iniziali dell’AD, parlando del suo lavoro, voleva dirci quanto fosse bravo come dattilografo e si esprimeva così: «Non per vantarmi, ma io, quando cosavo con la... con la... cosa, la...[fa il gesto di scrivere a macchina], sì, insomma... ero molto veloce e cosavo senza guardare [fa il gesto di battere sulla tastiera guardando da un’altra parte] e non facevo errori!» Alla domanda «Dove lavorava?» rispondeva «Io lavoravo al coso..., ero impiegato al coso... al... sì, dove c’è il sindaco... Al comune, ecco!... lavoravo in comune!». Tratto da: Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
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Tratto da: Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
239
Impatto della demenza a livello individuale
Durata della vita aumenta 2-3 volte il rischio di morte demenza sottostimata come causa di morte Sopravvivenza dopo 5 anni: deceduti il 70% dei dementi ed il 35% dei non-dementi Qualità di vita deterioramento progressivo necessità di controllo e aiuto
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Depressione nella demenza
La depressione può insorgere in qualunque fase della demenza Valutare i fattori di rischio per patologia depressiva: storia personale o familiare positiva per depressione, eventi avversi recenti (lutti, pensionamenti, cambi abitazione)
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CARATTERISTICHE DISTINTIVE TRA DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
insorgenza insidiosa progressione lenta paziente non consapevole il paziente sminuisce la disabilità peggioramenti notturni umore incongruo scarsi sintomi vegetativi precedenti psichiatrici non frequenti rischio di suicidio basso Pseudodemenza depressiva insorgenza improvvisa progressione rapida paziente consapevole enfasi della disabilità non variazioni notturne umore depresso frequenti sintomi vegetativi precedenti psichiatrici rischio di suicidio elevato In particolare nelle persone anziane è spesso difficile determinare se i sintomi cognitivi sono meglio giustificati da una demenza o da un Episodio Depressivo Maggiore che può essere associato a sintomi di deficit della memoria, a difficoltà di pensiero e di concentrazione, e a una complessiva riduzione delle facoltà intellettive, quindi con sintomi sovrapponibili a quelli della demenza. La diagnosi differenziale può essere particolarmente ardua. I soggetti a volte dimostrano bassi livelli di prestazione ai tests neuropsicologici e agli esami dello stato mentale. Essa si basa su un’accurata anamnesi (precedenti episodi depressivi, lutti recenti) ed un attento rilievo di eventuali segni indicativi di uno stato depressivo (sentimenti di tristezza e di inadeguatezza, disturbi del sonno, diminuzione dell’appetito, perdita di interessi, agitazione, apatia, irritabilità).
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Trattamento Decorso inesorabilmente infausto in 5-10 anni
Inibitori delle colinesterasi (rallentano il decorso per alcuni mesi) Riabilitazione psico-funzionale Accudimento
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Reality Orientation Therapy (R.O.T.)
TRATTAMENTO Reality Orientation Therapy (R.O.T.) Consiste in esercizi di stimolazione cognitiva e psico-sensoriale ed in tecniche di memorizzazione e di apprendimento. La ROT può essere effettuata in modo informale od in modo formale. La Reality Orientation Theraphy (R.O.T.) si basa fondamentalmente sull’assunto che le funzioni neuropsicologiche nel demente non siano totalmente compromesse e che, quindi, esista la possibilità di stabilire un contatto per riattivare le capacità residue, ricostruendo un rapporto più coerente con la realtà quotidiana. Questa terapia agirebbe in primo luogo sul piano neuropsicologico, attivando funzioni scarsamente utilizzate, allo scopo di compensare parzialmente quelle compromesse, e fornirebbe inoltre un supporto psicologico, che si crea grazie alle interazioni positive che il modello di socializzazione creato induce. Consiste in esercizi di stimolazione cognitiva e psico-sensoriale ed in tecniche di memorizzazione e di apprendimento. La realizzazione di questo tipo di terapia è molto semplice, non comporta costi o problemi particolari e può quindi essere proposta in strutture chiuse od aperte che ospitino anziani dementi o confusi.
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Impatto del caring sui caregivers
TRATTAMENTO Impatto del caring sui caregivers Gli uomini –più che le donne- che offrono assistenza tendono a nascondere la propria sofferenza L’impatto assistenziale non dipende dalla gravità della demenza, ma dai suoi sintomi, quali comportamento e affettività Sulla famiglia ricade infatti l’80% dell’onere assistenziale. La letteratura in campo gerontologico ha già da tempo focalizzato l’attenzione su questa problematica, rilevando quali sono i motivi più frequentemente causa di stress in chi assiste un paziente demente: la fatica fisica (per l’impegno di cura e di attenzione da prestare costantemente e senza pause nell’arco della giornata); l’isolamento sociale (per mancanza di tempo, energie, interesse alle relazioni sociali); i problemi finanziari e legali; le modificazioni nell’ambito relazionale della famiglia. Questo insieme di fattori, unito alla consapevolezza dell’inutilità dei propri sforzi per l’andamento progressivo ed ineluttabile della malattia, comporta nei familiari conseguenze di ordine clinico, con sintomi di depressione, aumento del consumo di psicofarmaci, incremento dell’incidenza delle patologie psichiatriche e di patologie somatiche. E’ opportuno sottolineare che queste conseguenze colpiscono principalmente il “caregiver” primario, cioè la persona a cui spetta la maggior parte dell’onere assistenziale; tale persona, nella maggioranza dei casi, è una donna, per lo più anziana (coniuge o figlia). Si viene pertanto a delineare una vera e propria “patologia della famiglia” che sperimenta nel tempo varie fasi di adattamento, che vanno dalla negazione, al coinvolgimento eccessivo, alla collera, alla colpa, all’accettazione.
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Occuparsi dei carers dei pazienti con demenza
TRATTAMENTO Occuparsi dei carers dei pazienti con demenza È utile ai carers rivolgersi ad organizzazioni “supportive”, ma è difficile ridurre la sofferenza inviare i pazienti con demenza per brevi-medi periodi in strutture di day hospital/degenza fornisce sollievo ai carers, ma non sembra influire sul loro “wellbeing” Questa scelta rimanda l’istituzionalizzazione dei pazienti con demenza Sintomi depressivi sono comuni nei carers Fattori di rischio: sintomi comportamentali, necessità di molta assistenza Fattori protettivi: I medici di base dovrebbero riconoscere e gestire lo stress, informando sulla malattia, esiti e terapie E’ pertanto necessario fornire ai congiunti del paziente consigli e chiarimenti sulla malattia e sulle procedure da adottare. Tra questi: la malattia di Alzheimer dà diritto ad una pensione di invalidità civile al 100% ed all’assegno di accompagnamento; il paziente non è pericoloso eccetto che per dimenticanze (fughe di gas, medicine, disorientamento, ecc.); esistono sistemi di protezione e semplici accorgimenti per ovviare ai problemi di più frequente evenienza (manopole di sicurezza per le cucine a gas, chiusure di difficile uso per porte e finestre se il paziente tende al vagabondaggio, medagliette di identificazione con indirizzo e numero di telefono se è disorientato nello spazio, abitudine a lasciare la luce accesa nel bagno se la notte non è in grado di ritrovarlo, ecc.); il paziente non è rieducabile: è inutile rimproverarlo se sbaglia, perché in ogni caso non riuscirà a memorizzare il rimprovero; è utile parlare al paziente sempre chiaramente e semplicemente, utilizzando anche gesti per favorire la comunicazione, senza perdere la pazienza se esso ripete in continuazione le stesse cose; adottare un atteggiamento disteso, frenando l’impetuosità, che favorisce l’agitazione, ed anzi incoraggiando, sorridendo, facendo si che il linguaggio del corpo rifletta la sincerità dall’approccio; prevenire i bisogni, evitare esplicite affermazioni di rifiuto, non mettere il demente a rischio di insuccesso, evitare di comunicare le cattive notizie; poiché spesso, a fronte di una chiara incapacità a memorizzare gli eventi recenti, permane un certo ricordo degli eventi passati, può essere utile occupare il paziente in attività che utilizzino le capacità mnesiche residue (guardare album di vecchie fotografie, ascoltare canzoni legate a ricordi antichi, ecc.); evitare che i congiunti tendano a segregare il paziente in casa, vergognandosi della sua malattia; di fronte a tale atteggiamento andrà ribadita la necessità di farlo uscire regolarmente, ovviamente non da solo (ciò preserverà in qualche modo l’orientamento nelle stagioni e renderà più difficile l’istituirsi delle alterazioni del ritmo sonno/veglia). In alcuni casi potrà essere utile contattare i vicini, ai quali andrà spiegato che la malattia non è contagiosa, né il malato pericoloso; è necessario ricordare al paziente che deve assolvere alla propria cura personale quotidiana: lavarsi (per ragioni di sicurezza è meglio sorvegliarlo quando si fa la barba o il bagno), cambiarsi gli abiti e vestirsi (per ovviare ai frequenti disturbi prassici può essere utile semplificare al massimo l’abbigliamento: scarpe senza lacci, sostituzione di bottoni e chiusura lampo con strisce di velcro, ecc.). è utile consiglirare ai carers di rivolgersi ad organizzazioni “supportive”, ed inviare i pazienti con demenza per brevi-medi periodi in strutture di day hospital/degenza in modo da fornire sollievo ai carers, anche se questo non sembra influire sul loro “wellbeing” Subentra tuttavia, ad un certo punto, quasi immancabilmente se la malattia si protrae molto a lungo, la crisi del caregiver. Essa non appare tanto legata alle espressioni cliniche dalla malattia (gravità delle condizioni cognitive, disturbi comportamentali, atteggiamenti aggressivi, incontinenza urinaria, perdita completa della autosufficienza, ecc.) quanto alla incapacità, avvertita da parte del caregiver, di continuare la sua funzione. Egli si sente sopraffatto dalla situazione, che sembra sfuggirgli di mano; ha l’impressione di perdere il controllo sul comportamento del paziente e, soprattutto, sulle sue stesse reazioni emotive, arrivando in questo modo ad un punto di rottura. La “tenuta” del caregiver d’altra parte varia da soggetto a soggetto e dipende da numerosi fattori;: dalla età, dalle condizioni di salute e di resistenza fisica, dalle motivazioni psicologiche e dalle relazioni interpersonali preesistenti alla malattia, dalle convinzioni morali e religiose, dalle abitudini di vita, dalle condizioni economiche, dalle aspettative individuali, ecc. ecc..
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Disabilità intellettuale (Ritardo Mentale)
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Criteri DSM V Deficit in funzioni intellettuali, confermato sia dalla valutazione clinica sia attraverso test di inteligenza standardizzati ed individualizzati Limitazioni significative nel funzionamento adattivo Capacità del soggetto di adeguarsi agli standard di autonomia propri della sua età, del suo retroterra culturale e del suo contesto ambientale e più in generale capacità di far fronte alle esigenze comuni della vita: Comunicazione Cura della propria persona Vita in famiglia Capacità sociali/interpersonali Uso delle risorse della comunità Autodeterminazione Capacità di funzionamento scolastico Lavoro Tempo libero Salute e sicurezza L’esordio del deficit si attesta durante il neurosviluppo (<18 anni) : Con il DSM l’espressione Ritardo Mentale ha sostituito tutta la terminologia precedente con cui ci si riferisse a un difetto dell’intelligenza dipendente da un insufficiente sviluppo o da un rallentamento delle capacità intellettive per cause prenatali, perinatali o postnatali. Si fa diagnosi di ritardo mentale qualora un soggetto presenti un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media con concomitanti deficit del comportamento adattivo attuale in importanti aree della vita personale e di relazione, tra cui comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute, e sicurezza insorto prima dei 18 anni di età. Nella classificazione attuale del DSM-IV il Ritardo Mentale è classificato nell’ambito dei Disturbi Solitamente Diagnosticati per la Prima Volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza o nell’Adolescenza DSM-IV e viene inserito tra i disturbi dell’Asse II, con una connotazione quindi più generale di disturbo cognitivo del soggetto piuttosto che di precisa sindrome e permettendo una co-diagnosi con i disturbi dell’Asse I. Il DSM-IV affianca, a questi requisiti, la possibilità di rilevare “manifestazioni e disturbi associati” che comprendono quei disturbi internistici e neurologici che la malattia responsabile del ritardo mentale eventualmente comporta e una serie di sintomi comportamentali.
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CLINICA Definizioni Età mentale: viene identificata da prove che ad una determinata età il 50% dei bambini affronta con successo Quoziente intellettivo (Q.I): rapporto fra età mentale ed età cronologica (x 100) Es. Un bambino di 10 anni che manifesta le stesse abilità di un bambino di 12 anni ha: Età mentale: 12 anni Q.I.: cioè (12 / 10) x 100 Il funzionamento intellettivo generale è definito dal quoziente di intelligenza (QI o equivalenti del QI) ottenuto tramite la valutazione con uno o più test di intelligenza standardizzati somministrati individualmente (per es., la Scala di Intelligenza Wechsler per i Bambini). I soggetti con Ritardo Mentale giungono all’osservazione più per le compromissioni del funzionamento adattivo che per il QI basso. Il funzionamento adattivo fa riferimento all’efficacia con cui i soggetti fanno fronte alle esigenze comuni della vita e al grado di adeguamento agli standard di autonomia personale previsti per la loro particolare fascia di età, retroterra socioculturale e contesto ambientale. Il funzionamento adattivo può essere influenzato da vari fattori, che includono l’istruzione, la motivazione, le caratteristiche di personalità, le prospettive sociali e professionali, e i disturbi mentali e le condizioni mediche generali che possono coesistere col Ritardo Mentale. I problemi di adattamento sono più suscettibili di miglioramento con tentativi di riabilitazione di quanto non sia il QI cognitivo, che tende a rimanere un attributo più stabile. È utile evidenziare i deficit del funzionamento adattivo da una o più fonti indipendenti affidabili (per es. valutazione da parte degli insegnanti e storia scolastica, dello sviluppo e medica). Sono state predisposte anche diverse scale per misurare il funzionamento o il comportamento adattivo.
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Q.I. verbale + Q.I. non verbale = Q.I. totale
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EZIOLOGIA ereditarietà: disturbi mentali:
Ritardo mentale: risultato finale comune di vari processi patologici che alterano il funzionamento del SNC 40%: no eziologia identificabile EZIOLOGIA ereditarietà: disordini metabolici (es. Malattia di Tay-Sachs) anomalie di un singolo gene (es. Sclerosi tuberosa) aberrazioni cromosomiche (es. Sd. X fragile) alterazioni precoci dello sviluppo embrionale: mutazioni cromosomiche (trisomia 21) sostanze tossiche (alcool, infezioni) influenze ambientali: mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali e di altre stimolazioni disturbi mentali: Disturbo Autistico e altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo problemi prenatali e perinatali malnutrizione del feto prematurità ipossia infezioni traumi condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza avvelenamenti (es. da piombo) Il ritardo mentale presenta molte etiologie tra loro diverse e può essere visto come il risultato finale comune di vari processi patologici che alterano il funzionamento del sistema nervoso centrale. I fattori etiologici possono essere primariamente biologici o primariamente psicosociali, o una combinazione di entrambi. In circa il 30-40% dei soggetti giunti all’osservazione clinica, non può essere determinata un’etiologia chiara per il Ritardo Mentale nonostante gli intensi sforzi diagnostici. Più probabilmente, vanno identificate delle eziologie specifiche per individui con Grave o Gravissimo Ritardo Mentale. I principali fattori predisponenti includono: •ereditarietà: questi fattori includono errori congeniti del metabolismo trasmessi soprattutto per via autosomica recessiva (per es., malattia di Tay-Sachs), altre anomalie di un singolo gene a trasmissione mendeliana e ad espressività variabile (per es. sclerosi tuberosa), e aberrazioni cromosomiche (sindrome di Down dovuta a traslocazione, sindrome dell’X fragile); •alterazioni precoci dello sviluppo embrionale: questi fattori includono mutazioni cromosomiche (per es., sindrome di Down dovuta a trisomia 21) o danni prenatali dovuti a sostanze tossiche (per es., uso di alcool da parte della madre, infezioni); •influenze ambientali: tra cui mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali e di altre stimolazioni; •disturbi mentali: tra cu il Disturbo Autistico e altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo; •problemi durante la gravidanza e nel periodo perinatale: questi fattori includono la malnutrizione del feto, la prematurità, l’ipossia, infezioni virali o altre infezioni e traumi; •condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza: questi fattori includono infezioni, traumi e avvelenamenti (per es., da piombo).
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Sd. di down – Trisomia 21 Anencefalia Ittero neonatale o nucleare
o kernicterus Anencefalia
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TRATTAMENTO TRATTAMENTO NEUROMOTORIO TERAPIA PSICOMOTORIA LOGOPEDIA
Prime fasi di sviluppo Educazione senso-percettivo-motorio: stimolazioni sensoriali associate ad esperienze di di manipolazione e movimento Facilitazione di competenze motorie TERAPIA PSICOMOTORIA 2 / 5 anni Il gioco stimola il bambino all’azione e all’interazione, per facilitargli la conoscenza del corpo nello spazioetto di tempo e durata Sviluppo di competenze adattative, sociali, comunicativo-linguistiche LOGOPEDIA stimolo ad ogni forma di comunicazione (gestuale, mimica, verbale) acquizione di competenze fono-articolatorie e semantiche avviamento alla scrittura e alla lettura ABILITAZIONE COGNITIVA apprendimenti scolastici con l’ausilio di strumenti audio-visivi, argomenti concreti Roberto Militerni “Manuale di Neuropsichiatria Infantile” Idelsson-Gnocchi, Napoli
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TERAPIE FARMACOLOGICHE
TRATTAMENTO TERAPIE FARMACOLOGICHE Sintomatiche torpore: piracetam, fosforo, ac.glutammico, L-glutamina disturbi comportamentali: tioridazina, clotiapina, piriciaziona Eziologiche ipotiroidismo: terapia sostitutiva con tiroxina INTERVENTI PSICOTERAPEUTICI di sostegno al bambino e alla famiglia Roberto Militerni “Manuale di Neuropsichiatria Infantile” Idelsson-Gnocchi, Napoli
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Gestione dei problemi comportamentali
TRATTAMENTO Gestione dei problemi comportamentali trattare l’eventuale disturbo psichiatrico ridurre gli stress ambientali applicare modificazione dei comportamenti in collaborazione con esperti di tecniche comportamentali e di ritardo mentale. Si può procedere in tre modi, spesso tra loro complementari: - trattare l’eventuale disturbo psichiatrico - ridurre gli stress ambientali - applicare modificazione dei comportamenti in collaborazione con esperti di tecniche comportamentali e di ritardo mentale. Intervento sugli antecedenti del comportamento problematico: focalizzati sulla la modificazione delle condizioni che favoriscono il manifestarsi del comportamento problematico. Intervento sulle conseguenze del comportamento problematico: è preferibile agire individuando premi graditi dalla persona da dare dopo i comportamenti desiderabili piuttosto che punizioni da far seguire ai comportamenti indesiderabili. Per quanto riguarda gli psciofarmaci una prescrizione appropriata deve fondarsi su: valutazione attenta dei fattori che contribuiscono al verificarsi o all’aggravarsi dei problemi comportamentali; cautela, data la maggiore frequenza di risposte idiosincrasiche e il rischio più elevato di effetti collaterali; associazione con altre forme di intervento, come quelle di tipo comportamentale e di modificazione ambientale. In particolare la cautela nell’utilizzo di psicofarmaci, e soprattutto di antipsicotici, è giustificata dalla maggiore facilità con cui le persone affette da ritardo mentale sviluppano effetti collaterali e quindi hanno un rischio più elevato di discinesia tardiva, di acatisia e di distonie acute.
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Disturbi di Personalità
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Disturbi di personalità Definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “pattern di comportamento profondamente radicati e durevoli, che si manifestano come risposte inflessibili ad una larga gamma di situazioni sociali e personali." pattern: i pazienti tendono ad esibire un limitato repertorio di risposte stereotipate in diversi contesti sociali e personali, e i modi di pensare, percepire e di rispondere emotivamente differiscono sostanzialmente da quelli generalmente accettate radicati e durevoli: i pattern solitamente sono evidenti durante la tarda infanzia o l’adolescenza ma la necessità di verificarne la loro permanenza nel tempo, limita l’uso del termine “disturbo” ai soli adulti Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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Prerequisiti per la diagnosi del disturbo di personalità
il paziente presenta un pattern di... comportamento risposta emotiva percezione di se, degli altri e del mondo che è ... evidente in presto nella vita persiste nell’età adulta pervasivo inflessibile una deviazione rispetto la normale cultura del paziente Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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Distress a se stesso, agli altri o alla società
e porta a ... Distress a se stesso, agli altri o alla società Disfunzionamento nelle relazioni interpersonali, sociali o lavorative ma non è attribuibile a… altri disturbi psichiatrici (schizofrenia, depressione, uso sbagliato dei farmaci) altri disturbi fisici (intossicazione acuta, malattie organiche del cervello) Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
259
EPIDEMIOLOGIA Prevalenza nella popolazione generale varia dal 2% al 13%, più alta negli istituti (ospedali, case di cura, e prigioni) Alcune diagnosi sono più frequenti nei maschi (come il Disturbo Dissociativo di Personalità), altre più frequenti nelle donne (come il Disturbo Istrionico e quello Borderline della Personalità)
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CLINICA Per scopi pratici, questi disturbi sono spesso raggruppati in tre cluster che condividono delle caratteristiche cliniche: Cluster A — i pazienti spesso sembrano bizzarri o eccentrici paranoide schizoide schizotipico Cluster B — i pazienti possono sembrare drammatici, emotivi, o erratici istrionico narcisistico borderline antisociale Cluster C — i pazienti si presentano come ansiosi o impauriti evitante dipendente ossessivo compulsivo
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La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V
CLINICA La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V Cluster A Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro: PARANOIDE: quadro caratterizzato da sfiducia e sospettosità, chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso. SCHIZOIDE: quadro caratterizzato da distacco dalle relazioni sociali e da una gamma ristretta di espressività emotiva, chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri. SCHIZOTIPICO: quadro caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni strette, distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità nel comportamento, chi ne soffre ha scarso contatto con la realtà e tende a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.
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La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V
CLINICA La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V Cluster B Disturbi caratterizzati da un'alta emotività: ISTRIONICO: è un quadro caratterizzato da emotività eccessiva e da ricerca dell’attenzione, chi ne soffre tende a ricercare l'attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni. NARCISISTICO: sentimento di grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia caratterizzano questo disturbo di personalità. Chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l'ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l'importanza che si attribuisce. BORDERLINE: vi è instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, e da marcata impulsività. Solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell'idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita. ANTISOCIALE: è un quadro caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli altri. Chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa per i crimini commessi.
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La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V
CLINICA La classificazione dei Disturbi di Personalità DSM V Cluster C Disturbi caratterizzati da una forte ansietà: EVITANTE: quadro di personalità in cui dominano inibizione, sentimenti di inadeguatezza, e ipersensibilità ai giudizi negativi. Chi ne soffre tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza. DIPENDENTE: quadro caratterizzato da comportamento sottomesso e adesivo legato ad eccessivo bisogno di essere accuditi. Chi ne soffre presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi tutte le proprie decisioni. OSSESSIVO-COMPULSIVO: quadro caratterizzato preoccupazione per l’ordine. Chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade.
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Presentazioni comuni del disturbo di personalità
CLINICA Presentazioni comuni del disturbo di personalità Aggressione Abuso di alcool e sostanze Ansia e depressione Considerevole autolesionismo Abbuffate, vomito, purging, ed altri disturbi dell’alimentazione Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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È importante differenziare...
CLINICA È importante differenziare... I disturbi di personalità del cluster A dalle malattie psichiatriche psicotiche Ed i disturbi di personalità del cluster C dall’ansia e la depressione Comunque, il disturbo di personalità coesiste frequentemente con un disturbo mentale ed il paziente può presentare sintomi di ambedue Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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CLINICA Le persone che soffrono di disturbi di personalità del cluster B si presentano frequentemente un comportamento aggressivo Ogni storia di abuso o di disturbi del comportamento nell’infanzia dovrebbe essere indagata, inclusi i dettagli di episodi di violenza in pubblico o a casa, comportamento offensivo o criminale ed ogni storia di carcerazione Idee di minaccia e di nuocere a se stesso o agli altri dovrebbero essere discusse apertamente e registrate con molta attenzione Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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Principi generali d’intervento
TRATTAMENTO Principi generali d’intervento Evitare divisioni nell’equipe terapeutica Comunicare apertamente col paziente e gli altri professionisti coinvolti Mirare ad una relazione terapeutica stabile sul lungo termine: questo può richiedere di mettersi in ‘sintonia’ con il paziente Mirare al miglioramento del paziente Tratto da: M Marlowe and P Sugarman. ABC of mental health: Disorders of personality. BMJ, Jul 1997; 315:
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Disturbi da Sintomi Somatici
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Processo diagnostico I problemi nascono quando il medico non riesce a trovare riscontri oggettivi ai sintomi del paziente Il paziente chiede aiuto per sintomi (soggettivi) Il medico cerca segni (oggettivi) di malattia Formulazione della diagnosi Piano di trattamento In questi casi si parla di sintomi medici inspiegabili o più comunemente di sintomi funzionali
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Classificazione sintomi medici inspiegabili
Disturbi da sintomi somatici Sindromi somatiche funzionali Componente somatica dei disturbi psichiatrici
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Sindromi somatiche funzionali nelle diverse specialistiche
Cefalea tensionale Dolore toracico atipico Dispepsia Sindrome dell’intestino irritabile Dolore cronico pelvico Fibromialgia Sindromi sistemiche: fatica cronica, sensibilità chimica multipla
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Disturbi somatoformi (classificazione DSM-IV)
EPIDEMIOLOGIA Disturbi somatoformi (classificazione DSM-IV) Disturbo Prev POP Prev MG F/M Stima MG Algico (sindromi dolorose) 0.5-3% 20% 2 300 Somatoforme indifferenziato 14% ? 210 Ipocondriaco 1-5% 1.5 45 Di somatizzazione 1% 1-2% 23 Da dismorfismo corporeo <1% 15 Di conversione
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Eziopatogenesi – Modello BioPsicoSociale
EZIOLOGIA Eziopatogenesi – Modello BioPsicoSociale Fattori psicologici Fattori biologici Fattori sociali
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Disturbi da sintomi somatici Fattori sociali
EZIOLOGIA Disturbi da sintomi somatici Fattori sociali Basso livello sociale Sintomi psicologici inaccettabili (segno di debolezza o di pazzia) Somatic ticket (Goldberg): privilegio dei sintomi fisici su quelli psicologici da parte del MMG Eccessiva medicalizzazione della società: maggiori informazioni sulle malattie, procedure mediche ansiogene (screening)
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Disturbi da sintomi somatici: Isteria
Andre Brouillet, A clinical lesson at La Salpetriere (given by Charcot), 1887
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L’Isteria oggi Isteria
Disturbi da sintomi somatici (dist. da sint. somatici, dist. di conversione) Disturbi di personalità (tipo istrionico) Isteria Disturbi dissociativi
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Disturbi da sintomi somatici
malattie fisiche per le quali però non sono dimostrabili reperti organici o meccanismi fisiopatogenetici conosciuti i sintomi sono causa di una significativa compromissione del livello di adattamento sociale, lavorativo e familiare. Disturbo da sintomi somatici Disturbo da Ansia per Malattie Disturbo di conversione Alla base dell’origine di questo pattern di disturbi psichici risiedono tre ordini di fattori: biologici, psicologici e socio-culturali. Esistono senza dubbio delle componenti genetiche che determinano una più bassa soglia di attivazione per stimoli sensoriali, ovvero che rendono, in altre parole, più sensibile la persona agli stimoli dolorosi. I pazienti che soffrono di disturbi somatoformi sono inoltre accomunati da un particolare stile comunicativo definito “alessitimico” composto dal greco [a]=negazione + [legein]=dire + [tymos]=emozione: “non dire le emozioni”. Questo termine è stato coniato dallo psicanalista Peter Sifneos nel 1973 e si riferisce ad un’incapacità nel tradurre le proprie emozioni in parole. Frequenti possono essere esperienze traumatiche precoci, come abusi o stili educativi disfunzionali, che alterano l’esperienza che il soggetto fa di se stesso e del proprio corpo. A livello socio-culturale più colpite sono le classi sociali medio-basse che più difficilmente riconoscono una pari dignità fra sintomo psicologico e sintomo somatico. L’alta prevalenza dei sintomi somatici inspiegabili in generale e dei disturbi somatoformi in particolare può essere rintracciata, almeno in parte, nel sostanziale privilegio del sintomo somatico (considerato più dignitoso ed accettabile) rispetto al sintomo psicologico (portatore di una maggiore ammissione di vulnerabilità). Goldberg parlava di “somatic ticket” riferendosi appunto al privilegio che tutti noi operatori sanitari attribuiamo al sintomo somatico.
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1. Disturbo da sintomi somatici
CLINICA 1. Disturbo da sintomi somatici Uno o più sintomi somatici che causano sofferenza o che compromettono la vita quotidiana del paziente. Eccessivi pensieri, emozioni, o comportamenti secondari ai sintomi somatici o associati a preoccupazioni riguardo la propria salute, come manifestato da almeno uno dei seguenti: Inappropriati e persistenti pensieri riguardo la gravità dei sintomi somatici Persistente ansia significativa riguardo la salute o i sintomi Eccessivo tempo e energie spese per questi sintomi o per le preoccupazioni riguardo la propria salute Forma multisintomatica cronica Sintomi soggettivi non verificabili (parestesia) oppure aspecifici e dallo scarso valore diagnostico (vertigini, nausea, stanchezza, dolore, palpitazioni) Sintomi verificabili ma esagerati e vissuti in modo patologico (ematuria) Descrizione dei sintomi vaga, imprecisa, disorganizzata, disordine cronologico, ricca di dettagli insignificanti, spesso non riescono a rispondere a inchiesta medica Cartella clinica infinita, conservata con cura e presentata con orgoglio Negazione del disagio psicologico ma spesso sono presenti sintomi depressivi o d’ansia Sebbene i vari sintomi somatici possano non essere continui, il paziente lamenta continuamente dei sintomi fisici (almeno per 6 mesi)
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CLINICA DECORSO La maggioranza dei pazienti ha una malattia cronica che lo accompagnerà per tutta la vita Alcuni casi migliorano ed hanno fasi di benessere Altri rimangono cronicamente molto disabili Fra coloro che presentano solo alcuni sintomi, molti migliorano dopo pochi giorni o settimane
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Caso clinico Nadia, 40 anni, originaria dell’Europa dell’Est, sposata con un figlio, ha lavorato in un negozio di arredamenti ma da qualche anno ha smesso, inviata dal medico curante Anamnesi medica: linfoma trattata con successo, cistite da raggi Anamnesi psichiatrica negativa Ormai da alcuni anni, in seguito alle cure per il tumore, ha sviluppato una importante sintomatologia algica in sede addominale e lombare Appare polarizzata sul dolore che descrive in maniera indefinita (sede, qualità), quando sta male (praticamente 1 giorno su 2) non riesce ad alzarsi dal letto, sintomi ansiosi (ansia anticipatoria), recentemente è stata al mare con un amica ed è stata meglio Ha effettuato numerose visite presso specialisti urologi, neurologi, ortopedici, fisiatri con conseguenti esami non dirimenti e farmacoterapie inefficaci E’ presente abuso di analgesici (FANS, tramadolo) e di benzodiazepine, ha utilizzato in maniera discontinua praticamente tutti gli antidepressivi e qualche stabilizzatore Racconta angosciata del periodo successivo alla radioterapia (comparsa del dolore, incontinenza) e dei numerosi specialisti cui ha ricorso Conflitti con il marito ?
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2. Disturbo da Ansia per Malattie
CLINICA 2. Disturbo da Ansia per Malattie Preoccupazione di avere o di stare acquisendo una malattia grave. I sintomi somatici non sono presenti o sono lievi. Se una condizione medica è presente o vi è un alto rischio di sviluppare una malattia medica (es. forte famigliarità), la preoccupazione è chiaramente eccessiva o sproporzionata. E’ presente un alto livello di ansia riguardo la propria salute e il soggetto è facilmente allarmato da variazioni del proprio benessere psicofisico. Il soggetto esegue eccessivi comportamenti atti a controllare la propria salute (es. ripetuto controllo del proprio corpo) o mostra evitamento maladattativo (es. evita controlli medici e/o esami) La preoccupazione riguardo la malattia è presente da almeno 6 mesi, ma la specifica malattia può cambiare in tale lasso temporale. La preoccupazione non è meglio spiegabile da un altro disturbo psichiatrico (es. disturbo dismorfofobico) Improvvisa e temporanea perdita di funzioni senso-motorie, irrispettosa della distribuzione anatomica delle vie nervose Disestesia, anestesia, analgesia Paralisi, atonia, disfagia, afonia Diplopia, cecità, sordità Vertigini, disturbi dell’equilibrioCrisi epilettiche, perdite di coscienza Esclusione di cause organiche Presenza di conflitto psicologico, situazione emotiva stressante Stile teatrale, drammatico, seduttivo, molto suggestionabile Attenzioni, manipolazione dell’ambiente Discrepanza fra sintomi e comportamento (“belle indifferance”) Decorso imprevedibile
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CLINICA Caso clinico Lorenzo, 31 anni, impiegato in banca, fidanzato, numerose amicizie, sportivo (canoa), inviato dal medico curante in quanto molto preoccupato per l’insorgenza di fascicolazioni (insorte circa 1 anno prima) Anamnesi medica: HBV positivo Anamnesi psichiatrica negativa Teme di avere una grave malattia neurologica allo stadio iniziale, il curante ed alcuni neurologi che ha consultato non sono riusciti a rassicurarlo; ammette di aver passato un periodo stressante e che nelle ultime settimane, in una situazione più tranquilla, le fascicolazioni sono quasi scomparse E’ presente una moderata sintomatologia ansiosa, emergono altri problemi fisici: cefalea, affaticabilità, sostiene una riduzione dell’efficienza e delle sue prestazioni sportive, lamenta dolore alla base del pene (consulta urologi, andrologi, effettua esami ecografici, RM rachide lombare) Nei successivi incontri manifesta preoccupazioni circa l’epatite, è convinto che presto svilupperà un tumore, che gli sia precluso il formarsi una famiglia, vuole smettere di fare attività sportiva in quanto teme di contagiare altri, ecc.
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3. Disturbo di conversione
CLINICA 3. Disturbo di conversione Uno o più sintomi di funzione motoria volontaria o sensitiva alterata Esiti di indagini cliniche che evidenziano l’incompatibilità tra i sintomi riscontrati e riconosciute condizioni mediche o neurologiche I sintomi o i deficit riferiti non sono meglio spiegati da altri disturbi medici o mentali I sintomi o i deficit riferiti causano significativa sofferenza o disfunzioni sociali, occupazionali o in altre importanti aree del funzionamento o arrivano all’attenzione clinica.
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Caso clinico CLINICA Una casalinga di 46 anni, in buona salute fisica, fu inviata dallo psichiatra del marito per un consulto. Discutendo di alcuni conflitti coniugali, il marito aveva descritto “attacchi” di capogiro che sua moglie gli riferiva e che la lasciavano piuttosto inabile. Al consulto, la moglie descrisse di essere sopraffatta da sensazioni di estremo capogiro, accompagnate da leggera nausea, per 4 o 5 notti alla settimana. Durante questi attacchi, la stanza intorno a lei sembrava “scintillante”, ed aveva la sensazione di stare “galleggiando” e di essere incapace di mantenere l’equilibrio. Inspiegabilmente, gli attacchi quasi sempre si manifestavano verso le 4 del pomeriggio. Di solito doveva sdraiarsi su un divano e spesso non si sentiva meglio fino alle 7 o alle 8 della sera. La paziente descrisse suo marito come un tiranno, esigente e verbalmente aggressivo nei confronti suoi e dei loro quattro bambini. Ammise di avere terrore del suo arrivo a casa dal lavoro ogni giorno, sapendo che avrebbe commentato che la casa era in disordine e che la cena, se preparata, non era di suo gusto. Recentemente, dall’esordio dei suoi attacchi, quando era incapace di preparare la cena, lui e i quattro bambini andavano da McDonald o in pizzeria. Dopo di che, egli si distendeva a letto a guardare una partita alla televisione, e la loro conversazione era minima. Nonostante i loro guai, la paziente affermava di amare e di aver moltissimo bisogno di suo marito.
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Disturbi da sintomi somatici Problematiche
Malessere del paziente Cronicizzazione Disabilità elevata Abuso di farmaci Esami diagnostici inutili Interventi chirurgici inutili Elevato uso di risorse sanitarie Burn out degli operatori medici
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Disturbi da sintomi somatici
TRATTAMENTO Disturbi da sintomi somatici Cercare di stabilire una buona alleanza terapeutica Porsi obiettivi realistici: aiutare il paziente a convivere con i sintomi, non aspettarsi rapidi cambiamenti Informare i familiari più prossimi del piano di trattamento Se necessario: motivare il paziente a vedere uno psichiatra per una valutazione oppure discutere il caso con uno psichiatra
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Psicoterapia e altri interventi
TRATTAMENTO Psicoterapia e altri interventi Psicoterapia dinamica Ad orientamento supportivo Psicoterapia cognitivo- comportamentale Explanatory Therapy per l’ipocondria (esami fisici ripetuti, tecniche di rassicurazione, psicoeducazione) Tecniche di rilassamento, bio- feed-back
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Terapia farmacologica
TRATTAMENTO Terapia farmacologica Utilizzare come prima scelta farmaci con elevata tollerabilità (SSRI, antidepressivi atipici) Spiegare chiaramente gli e.c. che potrebbero verificarsi e le procedure di sicurezza In caso di e.c. indagare la effettiva relazione con il farmaco, se possibile attendere prima di modificare la terapia Evitare, per quanto possibile, farmaci che possano indurre abuso (benzodiazepine, analgesici) In caso di utilizzo, programmare brevi cicli (max 4-6 settimane) a dosi basse e monitorare attentamente
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Disturbi fittizi Disturbo fittizio Finzione di malattia (simulazione)
Il soggetto è consapevole di aver messo in atto una simulazione ma non dei vantaggi ottenibili (attenzione) Sindrome di Munchausen, Sd di M. indotta Finzione di malattia (simulazione) Il soggetto è consapevole di aver messo in atto una simulazione e dei vantaggi ottenibili (sussidio)
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Messaggi chiave Elevata prevalenza di sintomi medici inspiegabili e di disturbi da sintomi somatici in medicina generale e specialistica Quadri clinici spesso sovrapponibili Si tratta di disturbi cronici ed estremamente disabilitanti Individuare un medico di riferimento Gli antidepressivi possono essere utili (specie se presente dolore) L’uso di benzodiazepine e gli analgesici dovrebbe essere valutato attentamente e limitato al minimo necessario I pazienti con disturbi da sintomi somatici possono ammalarsi di malattie fisiche
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I Disturbi da Sostanze e le nuove dipendenze
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“ SI DEFINISCE DROGA OGNI SOSTANZA , NATURALE O ARTIFICIALE , CHE MODIFICA LA PSICOLOGIA O L’ATTIVITA’ MENTALE DEGLI ESSERI UMANI ” OMS 1967 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE DROGHE GIURIDICI (Legali ed Illegali Art.14 del DPR 309/90) DI PERICOLOSITA’ (Leggere e Pesanti) DI PREPARAZIONE (Naturali, Semisintetiche e Sintetiche) FARMACOLOGICI (In base a struttura chimica e caratt. farmacodinamiche)
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Disturbi da uso di sostanze
Si parla di disturbo da uso di sostanza quando sono presenti alterazioni comportamentali, psicologiche e cognitive correlate all’assunzione più o meno continuata di una sostanza. Il soggetto continua ad assumere tale sostanza nonostante ricorrenti o persistenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza. Possono instaurarsi fenomeni di: Tolleranza 1. bisogno di incrementare le dosi della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato; 2. effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa sostanza Astinenza 1. caratteristica sindrome di astinenza della sostanza specifica; 2. la stessa sostanza è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza
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Disturbi da uso di sostanze
Dipendenza fisica: sviluppo di tolleranza (tendenza all’aumento delle dosi) e di sd da astinenza. Sindrome da astinenza: segni e sintomi che insorgono dopo la brusca sospensione dell’uso della sostanza. I sintomi tendono ad essere opposti rispetto a quelli che sono prodotti dalla esposizione acuta alla sostanza causa di ricaduta a breve termine e di comportamenti compulsivi alla ricerca della sostanza Craving (dipendenza psicologica): intenso desiderio di riesperire gli effetti di una sostanza psicoattiva. Si definisce craving il desiderio irresistibile, intrusivo di assumere una sostanza, che comporta la perdita di controllo e la messa in atto di una serie di azioni tese alla sua soddisfazione causa di ricaduta dopo lungo periodo di astinenza
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Doppia diagnosi Tipo I: Disturbo psichiatrico à Abuso di sostanze
Autoterapia ? Tipo II: Abuso di sostanze à Disturbo psichiatrico Danno sul SNC (acuto, cronico) Tipo III: Copresenza dei due aspetti che hanno un’eziologia indipendente
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Classificazione Psicostimolanti Allucinogeni Deprimenti Ecstasy
Cocaina Amfetamine Allucinogeni LSD Mescalina Ecstasy Cannabinoidi Deprimenti Oppiacei Benzodiazepine Etanolo
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Epidemiologia e prevenzione dell’alcolismo
Nel nostro paese il consumo di alcool inizia generalmente attorno ai 15 anni e successivamente diventa regolare attorno ai 18 anni. Per quanto riguarda la Dipendenza alcolica la percentuale di popolazione affetta da questo disturbo si aggira attorno al 10-15%.
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Uso di alcool Individuo Ambiente - cultura - religione - informazione - legislazione - economia - genetica - personalità - famiglia - lavoro - abitudini Abuso di alcool Dipendenza alcolica
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Alcolismo DISTURBI DA USO DI ALCOOL DISTURBI INDOTTI DALL’ALCOOL
Acuti: Intossicazione Delirium tremens Cronici: Demenza persistente Disturbo amnestico persistente Disturbo psicotico indotto Disfunzione sessuale indotta Disturbo del sonno indotto
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PIU’ FREQUENTI DISTURBI SOMATICI
DA ABUSO DI ALCOOL Disturbi neurologici Disturbi dell’apparato gastrointestinale Disturbi epatici Disturbi pancreatici Tremori fini, > evidenti alle estremità degli arti Dolorabilità alla compressione dei tronchi nervosi Polinevrite alcolica Esofagite da reflusso Gastrite acuta emorragica cronica Duodenite Steatosi Epatite alcolica acuta subacuta Cirrosi epatica Pancreatite acuta cronica
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Alcolismo Intossicazione alcolica Disinibizione comportamentale
(= aggressività, sessualità) Labilità emotiva Scarsa critica Sintomi fisici variabili I primi sintomi di intossicazione acuta da etanolo nell'uomo sono un eloquio indistinto, incoordinazione muscolare motoria, aumentata fiducia in se stessi ed euforia. La maggior parte dei soggetti sono rumorosi ed estroversi, mentre altri diventano più chiusi e solitari: comunque l'umore rimane labile, con atteggiamenti alternati di aggressività, sottomissione, euforia, malinconia. La dose tossica di etanolo dipende da individuo a individuo, per età, sesso, popolazione, alimentazione, malattie, assuefazione. - Incoordinazione motoria - disartria - nistagno
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Delirium tremens Disturbi psichici Disturbi somatici
Il delirium è una sindrome mentale organica caratterizzata da disturbi globali della sfera cognitiva (attenzione, pensiero, memoria, orientamento, percezione) e con alterato stato di coscienza, agitazione o ritardo psicomotorio. Disturbi psichici disturbo di coscienza disorientamento rispetto all’ambiente microzoopsie delirio professionale Disturbi somatici tremore a scosse ampie sudorazione profusa ipertermia Il Delirium Tremens inizia con segni premonitori quali insonnia, sogni terrificanti, malumori immotivati, irrequietezza psicomotoria. Il quadro clinico conclamato generalmente esplode di notte in modo acuto. La sintomatologia è dominata da un disturbo di coscienza e da disorientamento rispetto all’ambiente. Tipiche sono le microzoopsie, in cui compaiono allucinazioni di animali di piccole dimensioni che il paziente vede sulla superficie corporea. Il delirio professionale si caratterizza per gesti e comportamenti che rieccheggiano quelli consueti della vita quotidiana e del lavoro. Dal punto di vista somatico oltre al tremore a scosse ampie si rilevano sudorazione profusa ed ipertermia.
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Terapia farmacologica
Monitoraggio Regolare registrazione dei parametri vitali Controllo ematologico periodico RX torace (frequente complicanza del delirium sono i focolai broncopneumonici e le polmoniti ab ingestis) Strategie di gestione Posizionare il paziente in ambiente tranquillo, ben arieggiato e poco luminoso Fornire al paziente punti di riferimento costanti Terapia farmacologica Benzodiazepine EV Antipirettici centrali Abbondante idratazione parenterale Correzione degli eventuali squilibri elettrolitici o glicemici Ipotensivi se necessari Antibiotici di copertura Complessi vitaminici (tiamina) L’intervento terapeutico si basa su interventi di tipo farmacologico
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Benzodiazepine Gruppo più ampio di sostanze di cui si fa un cattivo utilizzo In particolare lorazepam e diazepam, solitamente a partire da legali prescrizioni del medico o da furti nelle farmacie Possono essere assunte singolarmente come sostanza di scelta oppure per potenziare l’effetto degli Oppioidi. Fenomeni di tolleranza alle benzodiazepine si possono verificare con dosaggi giornalieri crescenti di mg di diazepam Deprimenti Oppiacei Benzodiazepine Etanolo
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Benzodiazepine Sindrome da astinenza
dopo appena tre settimane di uso continuativo Clinica: ↑ ansia ipersensibilità alla luce ed ai rumori allucinazioni confusione mentale Una (Withdrawal syndrome) può verificarsi dopo appena tre settimane di uso continuativo Tale manifestazione colpisce circa un terzo di coloro che ne fanno un utilizzo abituale La sindrome da astinenza si caratterizza per: aumentata ansia, ipersensibilità alla luce ed ai rumori, occasionali convulsioni, allucinazioni e confusione mentale. A seconda dell’emivita del farmaco i sintomi iniziano da 1 a 5 giorni dopo l’ ultima dose assunta, hanno un culmine dopo 10 giorni e scompaiono dopo una sei settimane.
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Oppiacei Producono un sentimento di piacere intenso ma fugace. I sintomi legati all’astinenza da Oppioidi cominciano poche ore dopo l’ultima dose, raggiungono il culmine dopo due o tre giorni e scompaiono nell’arco di una settimana.
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Oppiacei VIE DI ASSUNZIONE DELL’EROINA Sniffare eroina INIETTATA
INALATA Sniffare eroina (figura riprodotta con il permesso del soggetto rappresentato) L'eroina inoltre viene talvolta fumata o sniffata. Il cocktail di eroina e cocaina viene comunemente chiamata "speedball". FUMATA "Chasing the dragon“ fumo di eroina (foto riprodotta con il permesso del soggetto)
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Intossicazione da oppiacei
Iniziale euforia seguita da apatia Rallentamento psicomotorio Sonnolenza Difficoltà a parlare, parola abburattata Miosi pupillare Vomito e stipsi
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Oppiacei Astinenza da oppiacei
« Avevo un freddo bestiale. Stavo guardando una scatola. Improvvisamente mi ballò sotto gli occhi la scritta della scatola. Erano i colori che brillavano di un forte pazzesco e mi facevano male agli occhi. Era soprattutto un rosso che mi faceva paura…Adesso c'era di nuovo questo rosso aggressivo su questa dannata scatola. La mia bocca era piena di saliva. La ingoiavo ma mi tornava subito. Era come se ritornasse su. Poi la saliva scomparve e mi venne una bocca secca e appiccicosa. Tentai di bere qualcosa. Ma non funzionò. Tremavo dal freddo finché a un certo punto mi venne un gran caldo tanto che mi colava il sudore. Svegliai Detlef e gli dissi: "Mi sta succedendo qualcosa". Detlef mi guardò in faccia e disse: "Hai le pupille grosse quanto due piattini". Stette a lungo in silenzio e poi disse piano: "E così, ragazza mia, anche tu sei arrivata". Descrizione della prima crisi d'astinenza di Christiane F. in “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”
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Oppiacei Astinenza da oppiacei
Sindrome intensa e di lunga durata (6-12 h dopo ultima dose, picco dopo 2-3 giorni, risoluzione in 7-10 giorni) Nausea / Vomito Midriasi Sudorazione Diarrea Febbre Insonnia Terapia dell’astinenza: Farmaco d’elezione: metadone
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Oppiacei Il rischio maggiore dell’ uso e.v. è
l’ OVERDOSE che può essere accidentale o deliberata La morte per overdose può essere rapida Un’ overdose dovrebbe essere sospettata in ogni paziente con “pinpoint pupils” (pupille miotiche, a capocchia di spillo!) e depressione respiratoria L’iniezione immediata di un antagonista degli oppioidi (Naloxone, Narcan ®) può salvare la vita!
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Oppiacei
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Allucinogeni Definite anche psichedeliche o psicomimetiche
Classificazione Naturali: Psilocibina (funghi) Mescalina (cactus) Manifestazioni: perdita di contatto con la realtà, allucinazioni Dipendenza ed abuso: rari Di sintesi: Dietilamide dell’acido lisergico (LSD) Ketamina Allucinogeni LSD Mescalina
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Attivazione del SNV: tachicardia, midriasi, sudorazione, tremore
Allucinogeni Intossicazione Attivazione del SNV: tachicardia, midriasi, sudorazione, tremore Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight Intensificazione soggettiva delle percezioni (colori più vivaci, profumi intensi) Illusioni o allucinazioni prevalentemente visive Alterazione della percezione spazio e tempo ansia, depressione idee di riferimento o franca ideazione paranoide recupero di esperienze passate: nascita
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Psicostimolanti Classificazione
Naturali: cocaina Di sintesi: amfetamine Manifestazioni: sostanze euforizzanti, energizzanti e socializzanti Via di somministrazione: usualmente le amfetamine vengono assunte in cpr mentre la cocaina viene inalata (anche e.v. o fumo) Rischi per la salute: eventi cardiaci e cerebrovascolari (vasocostrizione ?), aritmie, miocardiopatia da uso protratto, crisi comiziali, perforazione del setto nasale
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Psicostimolanti Cocaina
La cocaina fumata produce dipendenza fisica con “craving”: lo stato di astinenza si caratterizza per depressione e letargia seguite da “craving” crescente, che può durare fino a tre mesi L’overdose può provocare morte per infarto miocardico, ipertermia o aritmie ventricolari
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Psicostimolanti Amfetamine
Le anfetamine causano uno stato di iperattività, tachicardia, midriasi, e fini tremori Alte dosi ed utilizzo cronico possono produrre psicosi con idee paranoidi, allucinazioni ed iperattività. Può verificarsi inoltre Dipendenza fisica ed al termine di un utilizzo prolungato si possono avere profonda depressione e passività
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Il fenomeno delle droghe sintetiche (designer drugs)
Psicostimolanti Il fenomeno delle droghe sintetiche (designer drugs) Sono legate al mondo del divertimento Vengono assunte allo scopo di intensificare le sensazioni individuali, favorire le relazioni e superare le inibizioni Uso occasionale (fine settimana)
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Psicostimolanti ECSTASY (MDMA) EFFETTI PSICOLOGICI
Eccitamento / effetti psichedelici Euforia, fiducia, spensieratezza Affabilità, felicità Apertura mentale, loquacità Aumento del sentimento di intimità con gli altri
320
Psicostimolanti ECSTASY (MDMA) Depressione
DISTURBI PSICHIATRICI Depressione Irritabilità, comportamenti impulsivi Disturbi psicotici Attacchi di Panico
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Psicostimolanti Intossicazione Descrizione generale
Iperattività, agitazione, disorganizzazione, insonnia Segni e sintomi da attivazione del SNV: ipertensione, tachicardia, midriasi, sudorazione Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight esaltazione, euforia ansia, depressione Miglioramento delle capacità mentali e fisiche, no fatica
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Astinenza da psicostimolanti
Depressione Apatia, stanchezza Ipersonnia Aumento dell’appetito E’ particolarmente forte nei soggetti che assumono cocaina (inizio rapido, picco dopo 2-3 giorni, poi 1 settimana)
323
Sostanze volatili Colle (le più comuni) gas carburanti
agenti per la pulizia Principale modalità: attività di gruppo giovanili; coloro che ne abusano da soli hanno disturbi psichiatrici più severi e maggiore bisogno d’aiuto Manifestazioni: assimilabili a quelli dell’alcool. Rischi: soffocamento circa 300 giovani muoiono ogni anno per l’ uso di sostanze volatili
324
Cannabinoidi MARIJUANA (Infiorescenze, foglie seccate)
HASHISH ( Resina di cannabis e fiori pressati) OLIO DI HASHISH
325
Cannabinoidi Il cannabinoide che è stato identificato come responsabile primario degli effetti psicoattivi della cannabis è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) Inducono rilassatezza, piacevole senso di euforia, lieve compromissione cognitiva No marcata dipendenza fisica e sindrome da sospensione
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Cannabinoidi Intossicazione Descrizione generale Umore ed affettività
Iperemia congiuntivale, secchezza delle fauci, tachicardia Descrizione generale Umore ed affettività Linguaggio Sensopercezione Pensiero Coscienza e capacità cognitive Insight Senso di rilassamento, euforia Bad trip: ansia, reazione paranoide transitoria ansia, depressione Colori più brillanti, intensificazione degli stimoli
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Effetti negativi a lungo termine
Cannabinoidi Effetti negativi a lungo termine In circa un terzo dei soggetti che fanno uso regolare di cannabis si osservano lievi forme di depressione, ansia o irritabilità Mentre all’inizio la cannabis può avere un effetto antiansia o anti-ira (rischio di automedicazione) con l’uso cronico vi è un aumento della aggressività Sindrome amotivazionale: passività, diminuzione degli impulsi e delle attività mirate ad uno scopo, facile affaticabilità ed apatia
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Uso di cannabinoidi e schizofrenia
L’uso di cannabis in persone con preesistenti disturbi psichiatrici può essere molto pericoloso In pazienti schizofrenici compensati l’uso di cannabis favorisce la ricomparsa di sintomi psicotici acuti La cannabis può indurre / slatentizzare la schizofrenia ?
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Terapia in urgenza (intossicazione)
P.S. à SPDC Antipsicotici Benzodiazepine
330
Terapia della dipendenza
Terapia farmacologiche specifiche: Craving da cocaina: carbamazepina Dipendenza da oppiacei: metadone (20-80 mg/die) Terapia dei disturbi psichiatrici presenti (depressione) Psicoterapia Comunità terapeutiche
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Emergenze
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Epidemiologia 10% dei pazienti ricoverati manifesta comportamenti aggressivi Maggiore incidenza nei soggetti giovani di sesso maschile con diagnosi di schizofrenia, alcolismo, disturbi mentali organici, ritardo mentale, epilessia, disturbi di personalità, bipolari in fase maniacale, disturbo borderline di personalità Praticamente tutte…
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Situazioni Associate alla Violenza
Assenza di vie di fuga Staff non preparato Presenza di oggetti contundenti Carenza di osservazione Carenza di personale
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Fattori scatenanti episodi di violenza
Ansia Rifiuto di una richiesta di ricovero da parte del pz Mancanza di rispetto (reale o immaginaria) Paura Ospedalizzazione coatta Rabbia Perdita del lavoro Lunga attesa Rumore Dolore Deprivazione di sonno
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VALUTAZIONE N.B. Nella situazione di emergenza non è facile valutare le potenzialità aggressive di un paziente e calcolare le probabilità di un comportamento violento. Spesso tale valutazione si fonda su impressioni aspecifiche o su un giudizio clinico intuitivo
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FATTORI PREDITTIVI di violenza
1. Idee di violenza 2. Comportamento durante il colloquio: crescendo progressivo dell’attività psicomotoria durante il colloquio da aggressività verbale a turpiloquio ad atteggiamenti comportamentali, fino all’atto di violenza 3. Storia recente di violenza La maggior parte delle persone non si comporta in modo aggressivo senza farlo capire. Se si è in grado di riconoscere in tempo i segnali di atto aggressivo imminente si può aiutare la persona a calmarsi e ad affrontare il problema. Per giudicare la probabilità di un atto aggressivo occorre avere presenti i fattori di rischio ed avere presente se la persona in questione: - è ubriaca o sotto l’effetto di droghe eccitanti (cocaina, ecstasy); - porta un bastone o un’arma; - continua a passeggiare su e giù, batte i piedi, si alza; - sembra tesa e rancorosa; - parla a voce alta, minaccia, insulta, fa commenti sarcastici, impreca; - stringe i pugni; - guarda fisso; si rifiuta di parlare
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FATTORI PREDITTIVI 2 4 Storia remota di violenza
5. Sistemi di supporto. (famiglia, amici, gruppo religioso) 6. Compliance. (atteggiamento non cooperativo, una storia passata di TSO) 7. Storia di abuso di sostanze. (stati di intossicazione in atto o in condizioni di astinenza)
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Approccio al pz agitato
Dove incontrare il paziente Ambiente adeguato: evitare spazi ristretti, corridoi frequentati da altri pz Avere SEMPRE una via di fuga: posizionarsi tra il paziente e la via d’uscita Porta aperta o colleghi che osservano la scena Evitare la presenza a portata di mano di armi potenziali (biro, siringhe, forbici, vetreria, oggetti contundenti, ombrelli, sedie leggere) Evitare di avere addosso oggetti “da vittima”, utilizzabili come appigli o armi (lunghi portachiavi, ciondoli, forbici, cravatte) - non fare aspettare troppo una persona potenzialmente violenta; se si prevede un ritardo informarla, scusarsi e offrire qualcosa; - tenersi a buona distanza dalla persona - cercare di sembrare calmi e amichevoli - adottare una posizione del corpo passiva, non minacciosa (mani ai lati del corpo, non guardarlo fisso negli occhi), non stare in piedi se la persona è seduta, perchè si potrebbe apparire minacciosi - non sfidare o minacciare la persona - non girare le spalle alla persona - se la persona è armata non cercare di disarmarla ma allontanarsi, chiamare subito la polizia, allontanarsi anche quando si sospetta che la persona abbia un’arma anche se non è visibile e informare subito i colleghi - se sembra che la persona si sia calamata un po’ si può chiedere di mettere giù l’arma; se la depone non cercare di afferrarla - ribadire il proprio ruolo e dichiarare con convinzione di essere disposti a fare tutto il possibile per essere d’aiuto - qualche volta una persona è spaventata perchè si trova in un ambiente sconsciuto e la paura può portare alla violenza: spiegare con pazienza dove si trova, lo scopo del centro di salute mentale, dell’ambulatorio o del reparto, il nome e il ruolo dei clinici presenti, portare sempre un cartellino di identificazione ben leggibile - lasciare parlare la persona e chiederle di parlare di cosa prova e dei motivi per cui lo prova. Dire ad esempio: “Mi sembra molto nervoso (o arrabbiato). Se mi dice perchè si sente così forse potrò esserle d’aiuto” o anche “Mi sembra che lei stia molto male per qualcosa. Mi può dire di cosa si tratta?”. Dichiarare che il suo atteggiamento è comprensibile alla luce delle sue esperienze. - chiedere di essere messo in condizioni di essere d’aiuto. Ad esempio dire “Vorrei aiutarla ma non posso farlo se lei continua a gridare. Cerchi di parlare con calma”.
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Approccio al pz agitato
Come avvicinarsi al paziente Non ci si deve inoltre avvicinare al paziente con modalità rapide e decise in senso frontale, poiché può essere percepito come un atteggiamento di confronto, di sfida Evitare il contatto diretto e prolungato nello sguardo degli occhi del paziente Sorridere o ridere può essere interpretato da parte dal paziente in senso aggressivo e dispregiativo
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Approccio al pz agitato
Atteggiamento Inutile far attendere un pz in ‘escalation’ di aggressività Mai voltare le spalle ad un pz potenzialmente violento, MAI PERDERE IL CONTROLLO VISIVO Consentire uno spazio fisico maggiore del normale (distanza consigliata circa 1,5 mt-fino a 4) DIMOSTRARE SICUREZZA
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Approccio al pz agitato
Colloquio Restare calmi, con atteggiamento tranquillo e accogliente Parlare lentamente, a basso volume, con frasi corte, concetti semplici e concreti Avvertire che la violenza non sarà tollerata e che sarà considerato responsabile delle azioni commesse, offrendo aiuto (es sedativi) nel caso in cui non sia in grado di controllarsi
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Approccio al pz agitato
Colloquio: cosa non fare MAI interrompere il pz in modo autoritario e minaccioso utilizzando la mano, il dito puntato, alzando il volume della voce, avvicinandosi sino a sfiorarlo fisicamente MAI esprimersi in modo provocatorio, emettere giudizi MAI formulare promesse che poi non possono essere mantenute (evitare il ricovero, non somministrargli farmaci o di rimandarlo a casa nell’immediatezza)
343
Approccio al pz agitato
Pz minaccioso: qualche suggerimento Deviare l’aggressività da una persona ad un problema più generale (“Non credo che lei voglia aggredire un infermiere, ho avuto l’impressione che il problema di cui parlava fosse più importante”). Può essere tranquillizzato da una persona (il garante) di cui ha fiducia e la cui presenza serve a diluire la montata di ansia e di aggressività (familiari, medico) Familiarizzare col paziente (offrire una sigaretta, prepararsi un caffè, dividere e consumare del cibo, trovare interessi che uniscono, comunanze di gusti, aver vissuto uguali esperienze) Essere individualizzati può permettere al paziente di provare quell’empatia che può essere un freno inibitorio Che cosa fare fare in caso di pericolo di atto aggressivo: - una delle strategie raccomandate è quella del time-out, che consiste nel convincere la persona ad andare per 5-10 muniti in un posto tranquillo o fare una passeggiata per calmarsi. Il time out-si propone 2 obiettivi: prevenire o interrompere quanto prima il comportamento violento e aiutare la persona a raggiungere una certa capacità di auto-disciplina. Se il time-out non funziona bisogna fare tutto il possibile per proteggere sè stessi, i colleghi e gli altri pazienti e in ultimo le proprietà.
344
Come i pazienti vedono l’intervento farmacologico..
Si rilassi! sono solo 20mg Come i pazienti vedono l’intervento farmacologico..
345
Psicofarmaci
346
Riassumendo… Indicazioni terapeutiche Antipsicotici Antidepressivi
Ansiolitici Stabilizzanti Indicazioni terapeutiche in psichiatria Antipsicotici schizofrenia (fasi acute e prevenzione delle recidive) e altri disturbi psicotici; disturbi schizoaffettivi mania depressione maggiore con manifestazioni psicotiche; sindromi organiche cerebrali con manifestazioni psicotiche; Antidepressivi Depressione Area ansioso-depressiva: disturbo da attacchi di panico, disturbo da ansia generalizzata, disturbo ossessivo compulsivo Ansiolitici controllo acuto dell’ansia (ma l’azione ansiolitica si attenua con l’uso continuativo) controllo dei sintomi di astinenza da alcol stato psicotico acuto (come trattamento complementare agli antipsicotici) Stabilizzanti episodio maniacale e prevenzione recidive
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Adesione al trattamento
Come favorire una migliore adesione : accertare quello che il pz sa e correggere opinioni sbagliate indagare le sue opinioni sul trattamento e rassicurarlo verificare se ha capito le informazioni sul disturbo e sul trattamento incoraggiare il pz a fare domande ripetere con chiarezza le informazioni
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PSICOTERAPIE COSA E’ LA PSICOTERAPIA?
= un genere di INTERVENTO TERAPEUTICO su base PSICOLOGICA e RELAZIONALE il cui obiettivo consiste nell’ attenuare o eliminare: - una SINDROME CLINICA di tipo PSICOPATOLOGICO - un DISTURBO dello SVILUPPO - un DISTURBO di PERSONALITA’ che sono causa di DISAGIO e SOFFERENZA e che difficilmente possono MODIFICARSI AUTONOMAMENTE Il fine ultimo è il MIGLIORARE le CONDIZIONI di VITA del PAZIENTE in modo che possa condurre un ESISTENZA SODDISFACENTE nel contesto ambientale in cui vive. COME FUNZIONA LA PSICOTERAPIA? Attraverso la COMUNICAZIONE, per lo più di tipo verbale (ma non solo), la quale comunicazione viene affidata ad esperti formati attraverso specifici training
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PSICOTERAPIE Etimologicamente «cura dell'anima»
Realizzata con strumenti psicologici quali il colloquio, l'analisi interiore, il confronto, la relazione ecc. Finalità: cambiamento dei processi psicologici dai quali dipende il malessere o lo stile di vita inadeguato, e che può manifestarsi con sintomi quali ansia, depressione
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PSICOTERAPIE Presupposto: teoria del funzionamento psichico
Strumenti: comunicazione, relazione, scambio, confronto, rielaborazione Finalità: agire sui fattori cognitivi, percettivi, emotivi, relazionali, comportamentali che -innescano un disagio -lo mantengono -predispongono alle ricadute
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PSICOTERAPIE Quando si usa:
quando i fattori psicologici esercitano un ruolo importante nella genesi, nel mantenimento e nel rischio di ricadute in diversi disturbi per cui i farmaci non sono efficaci o sufficienti (es. disturbi di personalità, disturbi dell’alimentazione) quando il disturbo non è così grave da richiedere l’uso di farmaci o i farmaci sono sconsigliati/non efficaci in situazioni non necessariamente patologiche ma che causano un disagio significativo al soggetto
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PSICOTERAPIE Quando si usa: IN GENERALE OGNI QUALVOTA SIA POSSIBILE*
é dimostrato che gli esiti del trattamento sono migliori se vi è una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia *tenendo anche conto delle esigenze e delle caratteristiche del paziente, adattando il tipo di psicoterapia in modo oppurtuno
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PSICOTERAPIE Chi è lo psicoterapeuta:
PSICOLOGO MEDICO Laurea quinquennale in Psicologia Iscrizione all’albo (Psicologo) Scuola quadriennale in Psicoterapia Iscrizione all’albo (Psicoterapeuta) Laurea in Medicina e Chirurgia Iscrizione all’albo (Medico) Scuola quadriennale in Psichiatria o Psicoterapia Iscrizione all’albo (Psichiatra e Psicoterapeuta)
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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PSICOANALISI Sigmund Freud (1856-1939)
Le prime formulazioni sistematiche di tale forma di terapia risalgono alla fine del 1900 Presupposto: i sintomi originano da pulsioni o conflitti inconsci Scopo: graduale integrazione del materiale incoscio nella struttura globale della personalità
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PSICOANALISI Il pz è sdraiato su un lettino o
divano, l’analista siede dietro di lui fuori dal suo campo visivo. Al pz viene chiesto di dire tutto ciò che gli viene in mente senza alcun tipo di censura. L’analista interpreta le associazioni del pz
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PSICOANALISI Le sedute durano tipicamente minuti, con una frequenza di 3-5 sedute alla settimana Il trattamento è lungo, varia dai 3-6 anni ma può durare anche oltre (anche 10 anni)
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PSICOANALISI Giovane età (dopo i anni scarse possibiltà di modifiche importanti delle personalità) Intelligenza, capacità di introspezione e relazionali Disturbi d’ansia, fobie, disturbo ossessivo-compulsivo, Depressione lieve, Alcuni disturbi di personalità, di controllo degli impulsi e sessuali
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TERAPIE PSICODINAMICHE
Rappresentano una evoluzione della Psicoanalisi classica freudiana incontri meno frequenti una durata considerevolmente ridotta setting in parte differente tecnica più eclettica.
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TERAPIE PSICODINAMICHE
focus sugli affetti e sull'espressione delle emozioni esplorazione dei tentativi di gestione dei pensieri e delle emozioni disturbanti (difese) identificazione di temi ricorrenti e pattern discussione dell'esperienza passata relazioni interpersonali esplorazione delle fantasie e della vita immaginativa
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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PSICOTERAPIA BREVE Terapia di breve durata basata su concetti psicoanalitici Durata variabile, da 5 a un massimo di 40 settimane
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INTERVENTO SULLA CRISI
Terapia limitata alla crisi legata al manifestarsi dei sintomi Presupposto: eventi avversi determinano una risposta dolorosa (crisi), alterando l’equilibrio psichico dell’individuo Scopo: recuperare uno stato mentale equilibrato
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INTERVENTO SULLA CRISI
Durata variabile da poche sedute a diversi incontri nel corso di uno-due mesi
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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Psicot. COMPORTAMENTALE
Nasce intorno agli anni ’50 dal contributo di diversi studiosi Presupposto: comportamenti e ansie disadattivi sono stati “appresi” nel corso dello sviluppo Scopo: estinguere gli atteggiamenti disadattivi e sostituirli con nuovi modelli di comportamento
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Psicot. COMPORTAMENTALE
sintomi comportamentali circoscritti (fobie, disturbi alimentari, sessuali) disturbi psicofisiologici (dolore, ipertensione, asma) apprendimento di comportamenti desiderabili e capacità sociali (schizofrenia)
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Psicot. COMPORTAMENTALE
Il trattamento è breve, in genere il termine è prestabilito
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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Psicot. COGNITIVA Aaron T. Beck (1921)
- Presupposto: il comportamento dell’individuo è determinato dalle sue modalità di pensiero (schemi cognitivi) - Scopo: correggere le distorsioni cognitive che determinano o contribuiscono significativamente ad un disturbo
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Psicot. COGNITIVA Scoprire i pensieri automatici che conducono a sintomi depressivi o ansiosi Confrontare tali pensieri con la realtà
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Psicot. COGNITIVA Indicata soprattutto nei disturbi depressivi medio-lievi, ma anche in alcuni disturbi d’ansia e di personalità Le sedute hanno frequenza settimanale Il trattamento è limitato nel tempo (15-25 settimane)
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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Psicot. DI GRUPPO Diverse persone con problematiche simili o diverse si riuniscono in un gruppo guidato da un terapeuta Punti di forza del gruppo: Permette ai pz un feedback immediato da parte dei pari Permette sia al pz che al terapeuta di osservare le risposte del pz a una serie di persone diverse
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Psicot. DI GRUPPO Vi sono numerose forme diverse di terapie di gruppo che utilizzano tecniche differenti Criteri di inclusione dei pz: Capacità di seguire i compiti del gruppo Aree problematiche compatibili con gli scopi del gruppo Criteri di Esclusione dei pz: Incapacità ad assumere comportamenti accettabili di gruppo (antisociali, maniacali, deliranti, scarso controllo dell’impulsività) Incapacità a sostenere l’ambientazione di gruppo
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GRUPPI DI AUTO-AIUTO Formati da persone che hanno bisogno di affrontare un specifico problema o crisi I membri condividono le esperienze, si confrontano, si educano e aiutano l’un l’altro e alleviano il senso di alienazione Alcolisti Anonimi (AA) Giocatori Anonimi (AG, anonymous gamblers) Bulimici Anonimi (AO, anonymous overeaters)
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Psicot. di GRUPPO Psicoanalisi Terapia Comportamentale
Terapia Cognitiva Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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Psicot. FAMIGLIARE Utilizzata per svariati casi
elevata conflittualità famigliare il disturbo di un individuo impatta sull’equilibrio famigliare il disturbo dell’individuo è causato o aggravato da dinamiche famigliari per aiutare i famigliari a fornire un sostegno efficace all’individuo in difficoltà
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Psicot. FAMIGLIARE Sono numerose le tecniche sviluppate, con riferimento a diversi approcci psicoterapeutici Le sedute sono solitamente di durata maggiore (2 ore) La durata del trattamento varia a seconda della natura del problema e dal modello di terapia
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Psicot. DI COPPIA Forma di terapia ideata per modificare psicologicamente l’interazione di due persone in conflitto tra loro su un parametro (emozionale, sessuale, sociale, economico) o su un insieme di questi Scopi: alleviare lo stress, cambiare modalità di interazione disadattive, favorire lo sviluppo della personalità
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PSICOTERAPIE Psicoanalisi Psicoterapia breve – Intervento sulla crisi
Terapia Comportamentale Terapia Cognitiva Terapia di gruppo Terapia famigliare e di coppia Ipnosi, biofeedback …….
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IPNOSI Viene utilizzata per indurre uno stato alterato di coscienza (trance) in cui il pz sia maggiormente ricettivo rispetto alle proprie esperienze interne Viene utilizzata per favorire l’accesso alla coscienza di pensieri inconsci
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(es.: dare un cattivo sapore alle sigarette o al cibo)
IPNOSI Il pz è anche maggiormente suggestionabile; tale tecnica viene perciò usata per modificare talune percezioni dell’individuo (es.: dare un cattivo sapore alle sigarette o al cibo) Può essere utile per indurre stati di rilassamento Si è rivelata utile: Obesità e disturbi correlati all’uso di sostanze Disturbi da dolore cronico e psicosomatici Fobie
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BIOFEEDBACK Metodo che permette al pz di ottenere un controllo volontario su alcune funzioni fisiologiche manifestazioni fisiologiche di tensione (cefalea, tachicardia, dolori) Mediante strumentazioni apposite il pz monitora alcune reazioni biologiche involontarie (tono muscolare, pressione arteriosa, battito cardiaco) Il pz impara a regolare tali funzioni osservando le modificazioni spontanee a seconda dei suoi stati di rilassamento-attivazione
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