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PubblicatoJoachim Althaus Modificato 6 anni fa
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La Gestione Strategica degli Intermediari Commerciali
Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” La Gestione Strategica degli Intermediari Commerciali IIIc. EGIC – A.A
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La PIANIFICAZIONE STRATEGICA DI MARKETING implica:
L’analisi del mercato in cui si opera; La selezione delle opportunità di mercato; La scelta delle strategie più opportune per raggiungere gli obiettivi prefissati; La messa a punto di un efficace marketing-mix.
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Il processo di marketing
fase analitico-conoscitiva Concorrenza e settore Consumo e domanda Sistema distributivo Analisi quantitativa della domanda Comport. e processi di acq. e consumo Strategie concorrenziali Sviluppo aziendale fase decisionale e operativa Sistema informativo di mktg Decisioni di mktg: segmentaz. della dom. e differenziazione dell’offerta Politica di prodotto Politica di prezzo Politica di comunicaz. Organizz. commerc. canali distributivi Nuove tecnol. e nuovo mktg pubblicità Comunicaz. non pubbl.
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dell’impresa commerciale
Caratteristiche dell’impresa commerciale
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La gestione dell’impresa commerciale
Riguarda il complesso di decisioni e di operazioni dirette al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Si articola in: decisioni strategiche (di lungo termine) decisioni tattiche (politiche di gestione di breve termine: approvvigionamento, marketing, ecc.) decisioni operative (decisioni e azioni di brevissimo termine: operazioni quotidiane)
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Obiettivi generali dell’impresa commerciale
Riduzione dei costi Sviluppo delle vendite
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Costo totale di distribuzione
Il canale di distribuzione deve essere visto come un sistema composto da tanti sottosistemi interdipendenti. Pertanto l’obiettivo del manager del sistema (o canale) è quello di ottimizzare il rendimento complessivo.
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Costo totale di distribuzione
(cont.) Dal punto di vista dei costi, si parte dal presupposto che il sistema venga costruito per minimizzarli, mantenendo inalterate le altre caratteristiche del canale. Il proposito del concetto di costo totale è quello di massimizzare il rendimento di tutto il sistema di distribuzione e far sì che il suo potenziale sia pienamente sfruttato.
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I costi di distribuzione
Costi di trasporto; costi per la gestione dell’ordine; costi delle transazioni non andate a buon fine; costi di gestione delle merci in magazzino, comprendenti: Costi del magazzino; Costo del capitale investito; Tasse; Assicurazioni; Obsolescenza e deterioramento. Costi di confezionamento; costi per la gestione materiale delle merci.
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L’ANALISI DEL COSTO DI DISTRIBUZIONE
A seconda dell’oggetto dell’analisi (specifica attività, oggetto di spesa o segmento di vendita), i costi distributivi possono essere distinti in diretti, indiretti e semidiretti. Specificamente attribuibili all’elemento per cui si conduce l’analisi a) COSTI DIRETTI Non imputabili direttamente all’oggetto dell’analisi b) COSTI INDIRETTI Costi indiretti che sulla base di criteri razionali possono essere attribuiti in modo appropriato all’elemento dell’analisi Avere delle c) COSTI SEMIDIRETTI COSTI DIRETTI TECNICA DEL DIRECT COSTING COSTI DIRETTI + COSTI INDIRETTI + COSTI SEMIDIRETTI = TECNICA DEL FULL COSTING
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La flessibilità del canale
Nella gestione dei canali occorre considerare le possibili fluttuazioni della domanda che possono rendere antieconomiche soluzioni prese in situazione di grande espansione delle vendite. Sono preferibili scelte caratterizzate da costi variabili (quali sono, generalmente, soprattutto i costi diretti).
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Conduzione di un’impresa commerciale Percorsi delle azioni di sviluppo
La conduzione di un’impresa commerciale punta, frequentemente, a un ampliamento del fatturato con un miglioramento dei margini di profitto. Percorsi delle azioni di sviluppo ammodernamento del punto di vendita e miglioramento dell’offerta; razionalizzazione dell’organizzazione anche mediante l’associazionismo; acquisizione di nuovi spazi di vendita e di servizio, di nuovi pV o di imprese operanti nello stesso o in altri settori merceologici.
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Le decisioni strategiche possono essere assunte:
In fase di COSTITUZIONE dell’impresa commerciale, relativamente a: Forma distributiva, localizzazione del punto vendita, assortimenti merceologici, dimensione operativa, strutture organizzative (organico e attrezzature); In fase di FUNZIONAMENTO dell’impresa: - Obiettivi congiunti: sviluppo vendite + riduzione incidenza costi - Obiettivi di espansione aziendale (ammodernamento del punto vendita, delocalizzazione del punto vendita, apertura di un nuovo punto vendita, acquisizioni aziendali, integrazione con l’industria, ecc.) - Obiettivi di gestione competitiva per creare, difendere e ampliare il vant. competitivo (miglioramento del servizio, diversificazione dell’assortimento, riposizionamento di mercato, associazionismo, ecc.)
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Fattori produttivi dell’impresa commerciale
Per rendere disponibile il mix di servizi elementari contenuto nella formula distributiva si devono effettuare processi di “trasformazione” svolti con l’ausilio di due classi di input produttivi raggruppabili, facendo riferimento alle categorie concettuali classiche dell’analisi economica, in due fattori: Fattori di capitale spazio attrezz. e tecnologia mezzi finanziari Fattore lavoro lavoro dipendente lavoro indipendente lavoro imprenditoriale
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Il concetto di strategia può riferirsi a:
Procediamo con approfondimenti delle fasi 3 e 4 della Pianificazione Strategica con riferimento specifico alle imprese commerciali. Il concetto di strategia può riferirsi a: Strategia deliberata o intenzionale per perseguire percorsi di crescita programmati in una visione di lungo termine (grandi imprese). Strategia emergente o occasionale non pianificata ma derivante da “occasioni” di mercato (tipica delle piccole e medie imprese).
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Strategie deliberate ed emergenti
STRATEGIE EMERGENTI Si sviluppano dall'alto verso il basso Si sviluppano dal basso Nascono dalle decisioni manageriali Nascono da processi di apprendimento Sono considerate un prodotto non modificabile Sono considerate un processo in continua evoluzione Sono esplicite e preordinate Sono implicite ed emergono dal confronto tra direttive ex-ante e comportamento ex-post Risentono degli equilibri di potere e delle routine organizzative Rompono equilibri di potere e routine organizzative 16
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Alternative strategiche dell’Impr. Comm.le
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e gestione direzionale
Gestione strategica e gestione direzionale
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Percorsi strategici di crescita delle imprese commerciali
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Strategie di sviluppo dimensionale dell’impresa commerciale
La scelta della strategia di sviluppo dipende da: Fattori interni all’impresa: Obiettivi da raggiungere Caratteristiche aziendali e risorse disponibili Fattori esterni all’impresa: Micro-Ambiente competitivo Macro-Ambiente di riferimento
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Strategie di crescita:
Strategie di crescita: integrazione orizzontale (succursalismo) e associazionismo Sviluppo integrato (succursalismo): società di capitali (ad esempio Gruppo Pam, Coin, ...) cooperativa di consumo (ad esempio, Coop Italia, ...) Sviluppo associato (Grande Distribuzione Associata): Indipendente Gruppi d’acquisto (associazionismo orizzontale - fra dettaglianti - come Conad, Crai, Sisa, Sigma, ...) Unioni volontarie (associazionismo verticale - fra grossisti e dettaglianti - come Vegè, Despar, A&O, Selex, Italmec, Unvo, C3, Gigad, Gea, ...) Franchising distributivo
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Il succursalismo cooperativo (COOP)
Si preferisce individuare un gruppo strategico distinto dalla GD (nella quale potrebbe rientrare COOP Italia) e dalla DO (cui potrebbero appartenere le piccole cooperative locali). Sotto il profilo organizzativo, le COOP si configurano come intermediari commerciali compositi, in genere parzialmente integrati a monte e totalmente integrati a valle, che svolgono parte delle funzioni di ingrosso, oltre a quelle di dettaglio.
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Il succursalismo cooperativo (COOP) (cont.)
L’architettura organizzativa si sviluppa in più stadi: Centrali cooperative nazionali: rappresentano non solo le cooperative di consumo, ma anche quelle di aziende agricole, di aziende di produzione, ecc. Cooperative di secondo grado: associano le cooperative di livello inferiore e sono organi (provinciali e/o regionali) di rappresentanza, assistenza e tutela Cooperative di consumo: rappresentano la base del sistema e gestiscono direttamente i punti di vendita
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Il succursalismo cooperativo (COOP) (cont.)
Dinamica sistemica rafforzamento dell’identità cooperativa e del tema dell’appartenenza accrescimento dell’efficienza e della capacità competitiva sviluppo organizzativo e tecnologico La strategia competitiva è incentrata sui temi dell’innovazione, della tutela degli interessi del consumatore e della soddisfazione delle sue aspettative: qualità, garanzia e sicurezza Le COOP sembrano possedere un modello più bilanciato rispetto alle posizioni di GD e DO
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imprenditoriale Associazionismo
Può manifestarsi sia fra imprese operanti nel medesimo Business (associazionismo orizzontale) sia in stadi distributivi consecutivi (associazionismo verticale). Permette all’imprenditore del commercio tradizionale di rispondere allo sviluppo delle imprese del grande dettaglio. Finalità economiche Ottimizzare la scala delle operazioni di gestione. Sviluppare economie d’interrelazione. Sviluppare nuove aree di affari e di mercato con maggiore efficacia ed efficienza rispetto a iniziative individualistiche. Finalità di immagine Favorire lo sviluppo della cultura di impresa. Dar vita ad attività di natura sociale-filantropica.
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Sistemi Verticali di Marketing
Sono organizzazioni reticolari tese al raggiungimento di economie (tecnologiche, manageriali e promozionali) attraverso: l’integrazione, il coordinamento e la sincronizzazione di tutte le azioni, dalla produzione all’utilizzo finale, massimizzando la creazione di valore. aziendali amministrati contrattuali
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I SVM si distinguono in:
SVM aziendali – (impresa rete) Imprese a succursali che possiedono e gestiscono un numero elevato di punti vendita al dettaglio, secondo un modello strutturale di rete centrata proprietaria SVM amministrati – (impresa rete) Sono caratterizzati da un controllo accentrato in un unico soggetto del canale. Il controllo deriva dalla posizione di potere nel canale (e non dalla proprietà) SVM contrattuali – (reti di imprese) Nascono per effetto di strategie associative tra imprese indipendenti, finalizzate al recupero di svantaggi competitivi dovuti alle scarse dimensioni
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I sistemi verticali di marketing.
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Accordi e Alleanze Trattasi di intese, talvolta formalizzate ma anche solo fiduciarie, che regolamentano la vita di un rapporto fra più operatori autonomi sul piano giuridico, patrimoniale e commerciale. Fra le loro forme si ricorda: Unioni Volontarie. Gruppi di acquisto. Affiliazione commerciale. Franchising. Possono evolvere in operazioni di merger and acquisition.
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Le Organizzazioni di Franchising
Per quanto riguarda i “Sistemi di Marketing Contrattuali”, se ne possono distinguere tre tipi fondamentali: Le Unioni Volontarie I Gruppi d’Acquisto Le Organizzazioni di Franchising
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Le UNIONI VOLONTARIE: sono forme di integrazione verticale
Spesso le aziende commerciali sottoscrivono delle forme di integrazione che, pur lasciando loro piena autonomia, le rende non del tutto indipendenti rispetto alle altre, in quanto le imprese che aderiscono a tale integrazione adottano delle scelte comuni. Si parla di forme di integrazione verticale qualora due o più stadi del processo produttivo o distributivo sono posti sotto il controllo di un’unica azienda, anche se i negozi associati non sono di proprietà di un unico soggetto centrale. Tra le forme di integrazione verticale abbiamo le Unioni Volontarie o Catene Volontarie. Esse consistono in accordi tra grossisti e dettaglianti, sorte con lo scopo di competere con le grandi imprese della distribuzione sul piano dei prezzi e dei servizi. Un grossista si associa con una serie di dettaglianti che organizzano in modo comune i loro acquisti, in modo da ridurre i costi e migliorare i servizi offerti ai clienti.
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Le Unioni Volontarie sono pertanto associazioni promosse da grossisti, ai quali si associano più dettaglianti. Mantengono una loro autonomia, ma subiscono comunque l’influsso e le indicazioni dell’organizzazione capofila, che mette a disposizione la propria esperienza ed il proprio nome. Lo scopo è quello di compiere acquisti centralizzati, ottenendo così un potere di negoziazione superiore nei confronti delle imprese fornitrici. Le Unioni Volontarie hanno un volume di affari inferiore ai Gruppi di acquisto. Un esempio di Unioni Volantarie sono l’A&O, la Despar e la VèGè.
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La struttura dell’Unione Volontaria si articola su tre livelli:
CENTRALE Consorzio tra sole imprese grossiste. È l’elemento di avvio del processo (top-down). Funzioni: coordinamento degli acquisti, creazione di marchi comuni, consulenza giuridica e sindacale, rapporti con l’industria UNIONE VOLONTARIA Contratto tra imprese grossiste (CEDI) e dettaglianti. Funzioni tipiche dell’ingrosso e parte di quelle del dettaglio Sono i PdV dei dettaglianti che si sono associati alla UnVo. Beneficiano di una gestione accentrata degli acquisti. Hanno libertà su un assortimento marginale PdV al DETTAGLIO
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Secondo il Ministero delle Attività Produttive
le Unioni volontarie sono forme di integrazione verticale, regolate da uno statuto ed evidenziate da un marchio comune, fra uno o più grossisti e commercianti al dettaglio i quali, pur conservando singolarmente la propria autonomia giuridica e patrimoniale, si accordano dal punto di vista operativo al fine di organizzare in comune gli acquisti ed alcuni servizi per lo sviluppo delle vendite e il miglioramento della produzione delle singole imprese aderenti.
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GRUPPO D’ACQUISTO Insieme di commercianti o consumatori che si consorziano per effettuare gli acquisti dalle aziende produttrici al fine di avere un maggior peso contrattuale teso ad ottenere prezzi più bassi e condizioni più favorevoli.
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Secondo il Ministero delle Attività Produttive:
i Gruppi di Acquisto sono Associazioni fra soli grossisti o fra dettaglianti e /o pubblici esercenti (appartenenti a uno o più settori merceologici determinati), ciascuno dei quali conserva la propria autonomia giuridica e patrimoniale, promossa principalmente al fine di realizzare acquisti e servizi di vendita in comune.
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Un Gruppo d’Acquisto è pertanto costituito da una organizzazione di commercianti, nata per far fronte alla continua e consistente concorrenza della Grande Distribuzione. Tali soggetti fanno tutti capo ad una “centrale” o “supercentrale” di acquisto, la quale realizza, per loro conto, acquisti consistenti per avere un maggiore potere contrattuale nei confronti dei fornitori. Gli associati godono ovviamente di una certa autonomia, attivando anche un centro di magazzinaggio per la distribuzione della merce presso i punti vendita. Un esempio italiano di tale forma di associazionismo è la Conad (Consorzio Nazionale Dettaglianti).
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PDV DETTAGLIO o INGROSSO
La struttura del Gruppo di Acquisto si articola su due livelli: Riguardano: gli acquisti: si costituisce una centrale di acquisto il magazzinaggio: si costituiscono CEDI in comune FUNZIONI ACCENTRATE L’equilibrio tra funzioni accentrate e autonomia degli associati può assumere assetti differenti, con una maggiore connettività e integrazione della rete Sono i PdV associati al GdA. Il processo è bottom-up. Svolgono in autonomia una serie di funzioni decentrate: vendita, promozione, pricing, comunicazione, … PDV DETTAGLIO o INGROSSO
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Trattasi di un Sistema Verticale di Marketing Contrattuale che prevede una forma di collaborazione e cooperazione organizzata lungo il canale distributivo. Tale formula ha avuto uno sviluppo consistente negli ultimi anni. Il Franchising E’ un contratto stipulato tra due soggetti giuridici – affiliante e affiliato - economicamente e giuridicamente indipendenti. Uno dei due concede all’altro la disponibilità di conoscenze, beni immateriali e materiali allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Il franchisee, a sua volta, può beneficiare dell’uso della marca del franchisor, normalmente nota e quindi in grado di attirare clienti nel punto vendita e può inoltre ottenere assistenza di marketing, contabile, ecc.).. Da un punto di vista economico tale contratto prevede il pagamento, da parte dell’affiliato, di un diritto di entrata (entry fee) e di una remunerazione periodica (royalty).
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Nel franchising abbiamo due parti:
Il franchising è una formula di collaborazione tra imprese nella quale un’azienda leader cede il proprio know-how, segni distintivi e prodotti/servizi ad altre aziende che si impegnano ad usarne le insegne e il know-how, a seguirne le strategie e distribuirne i prodotti e i servizi. Nel franchising abbiamo due parti: il Franchisor o anche detto Affiliante e il Franchisee o anche detto Affiliato: Il FRANCHISOR è l'impresa LEADER, il proponente e gestore della catena; il FRANCHISEE è l'impresa che UTILIZZA know-how, insegne, P./S.
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SISTEMA DI FRANCHISING
Sistema di distribuzione contrattuale verticale che fa riferimento ad un sistema completo di distribuzione di beni o servizi. Il franchising è una relazione contrattuale in cui un franchisor provvede una licenza esclusiva a favore di uno o più franchisees a vendere un prodotto o servizio molto conosciuto. Il franchisee accetta di pagare una quota iniziale e/o royalties calcolate sulle vendite e di ricevere assistenza e servizi dal franchisor. Il franchisee acquista il diritto di utilizzare una formula di successo e beneficia del supporto e delle conoscenze del franchisor.
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Il Franchising nasce negli Stati Uniti già all'inizio del ventesimo secolo. Le prime aziende a sperimentarlo furono grandi compagnie come la General Motors e la Singer. Successivamente si sviluppò in tanti altri settori, dalla commercializzazione di beni (elettrodomestici, prodotti per la casa, abbigliamento) all'offerta di servizi (alberghi, lavaggio automatico, noleggio, consulenze). Esempi molto noti di marchi americani sviluppatisi in tutto il mondo con la formula del franchising si riscontrano nel settore della ristorazione: tra questi McDonald's, Pizza Hut e altri. SBARCATO IN EUROPA SOPRATTUTTO GRAZIE ALL’INDUSTRIA DELL’ABBIGLIAMENTO, OGGI IL FRANCHISING HA ORMAI INVASO TUTTO IL PIANETA DEL COMMERCIO E DEI SERVIZI. INFATTI, IL VESTITO CHE INDOSSIAMO, L’AUTO CHE GUIDIAMO, LA CASA IN CUI VIVIAMO, I MOBILE CHE ARREDANO IL NOSTRO UFFICIO, ECC. SONO SPESSO ACQUISTATI IN AZIENDE COMMERCIALI CHE OPERANO IN FRANCHISING.
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Il franchising Reti d’imprese
“in cui a un elemento centrale (franchisor) corrispondono elementi satellite (franchisee), legati da rapporti economico-contrattuali definiti all’interno di un pacchetto globale (franchising package deal), e dotati di autonomia gestionale all’interno di un unico progetto imprenditoriale di gruppo”. È un accordo contrattuale con cui si concede, dietro corresponsione di un compenso fisso (fee d’ingresso) e/o variabile (royalties), il diritto di utilizzare: una determinata formula distributiva; il relativo know-how di gestione; il patrimonio di relazioni con l’industria; la notorietà dell’insegna diverso da caso a caso. I costi del franchising rispettare regole di comportamento non sempre tollerabili da imprenditori indipendenti; effettuare investimenti strutturali (localizzazione e immagine del punto di vendita, scaffalature, attrezzature informatiche ecc.) rispondenti agli standard “imposti” dal franchisor; sostenere uno standard di gestione corrente (affitto, personale, royalties, scorte ecc.) remunerabile soltanto in presenza di volumi di affari particolarmente elevati.
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Definizione di ASSOFRANCHISING / AIF
Il franchising è una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un imprenditore e uno o più imprenditori, giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall’altro, che stipulano un contratto attraverso il quale: l’affiliante concede all’affiliato l’utilizzo della propria attività con la medesima immagine dell’impr. affiliante, l’affiliato si impegna a far propria la politica commerciale e l’immagine dell’affiliante nell’interesse reciproco delle parti medesime e del consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni liberamente pattuite.
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CARATTERISTICHE DI UN FRANCHISING EFFICACE
Si commercializza un prodotto o servizio di alta qualità. La domanda del prodotto o servizio è universale. È assicurato il trasferimento immediato e completo del know-how. Viene offerto servizio ed assistenza iniziale e continuativa. Stabilisce un regolare reporting e sistema informativo. Vengono specificati il canone iniziale e le royalties. Coinvolge il franchisee nella gestione e sviluppo del sistema. Specifica procedure di rinnovo, annullamento e proroga del contratto.
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VANTAGGI PER IL FRANCHISOR VANTAGGI DEL FRANCHISEE
Accedere a capitali senza perdere il controllo sul sistema di marketing. Evitare i costi fissi di un sistema di distribuzione diretto. Collaborare con distributori indipendenti e fortemente motivati. Collaborare con imprenditori locali. Sviluppare nuove fonti di reddito basate sul know-how esistente. Realizzare un rapido aumento delle vendite. Beneficiare di economie di scala. VANTAGGI DEL FRANCHISEE Reputazione di qualità e immagine dell’affiliante. Possibilità di avviare un’impresa altrimenti proibitiva da un punto di vista economico. Riduzione consistente dei rischi d’impresa. Maggiore competitività nel mercato.
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I DIVERSI TIPI DI FRANCHISING
Franchising di produzione: L’affiliante è un produttore. Franchising industriale: In questo sistema i partner Affiliante e Affiliato sono due imprese industriali. Il primo concede all'altro la licenza dei brevetti di fabbricazione ed i marchi, gli trasmette la sua tecnologia, gli assicura un'assistenza tecnica costante. Il secondo, l'Affiliato, fabbrica e commercializza le merci prodotte dal proprio stabilimento applicando il know-how e le tecniche di vendita dell'Affiliante. Franchising di servizi : E' un sistema nel quale l'Affiliato non vende alcun prodotto, ma offre la prestazione di servizi inventati, messi a punto e sperimentati dall'Affiliante. Il campo di attività di questo sistema è molto vario, andando dalla ristorazione (ristoranti, pizzerie, rosticcerie, gelaterie, bar, ecc.) alle attività turistiche e del tempo libero (alberghi, villaggi di vacanze, agenzie di viaggi, campeggi, centri sportivi, ecc.) dalla stampa e riproduzione rapida agli istituti di bellezza e ai parrucchieri, dai servizi di consulenza professionale agli istituti di istruzione e formazione, dalla intermediazione immobiliare all'autonoleggio, ecc. Franchising di distribuzione: L’affiliante è una realtà distributiva. Il franchising presuppone che l'Affiliante abbia messo a punto e sperimentato delle tecniche e dei metodi commerciali costituenti il know-how che egli trasferirà al suo Affiliato. A fronte dell'uso dei marchi, dei servizi resi e dei beni forniti l'Affiliante chiede all'Affiliato un corrispettivo sotto forma di diritto di entrata e/o di canoni periodici (royalties).
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Franchising di servizi:
Trattasi di quell'accordo che si instaura fra il produttore di un servizio e dei dettaglianti. Il Franchisor, in questo caso, vende un pacchetto di tecniche e conoscenze per la prestazione di servizi, oltre a prodotti collegati, nei settori più diversi, dalla ristorazione all'attività alberghiera (Franchising di tipo alberghiero), dalla attività immobiliare alla locazione di veicoli (Franchising del tipo terziario puro).
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Franchising di distribuzione:
Si suddivide in quattro sotto-tipologie, relative a quattro diversi rapporti intercorrenti tra imprenditori che si trovano a stadi diversi nel canale: Produttore – Dettagliante; Grossista – Dettagliante; Grande Distribuzione – Dettagliante; Grande Distribuzione – Grossista. Il franchisor può essere quindi sia un P. che un D., il quale seleziona i prodotti, si approvvigiona o li fa produrre per proprio conto da terzi e li distribuisce, in tutto o in parte, attraverso la sua catena di Franchisee.
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TIPI DI SISTEMI DI FRANCHISING DISTRIBUTIVO
FRANCHISING PRODUTTORE-DETTAGLIANTE concessionari d’auto, stazioni di servizio, Pingouin e Yves Rocher in Francia, Singer negli USA. FRANCHISING PRODUTTORE-GROSSISTA Coca-Cola, Seven-Up,… FRANCHISING GROSSISTA-DETTAGLIANTE Rexall, Christianssens, Unic, Disco, …. FRANCHISING SOCIETA’ DI SERVIZIO-DETTAGLIANTE Avis, Hertz, McDonald, Midas, Holiday Inn, ….
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Nella formula del franchising al Dettaglio promosso dal Produttore troviamo esempi famosi di strutture come la Benetton e Stefanel, le quali operano con il sistema “franchising”. Si tratta di dettaglianti, denominati “franchiser” (affilianti), i quali accettano di vendere esclusivamente i prodotti dell’azienda produttrice, che fornisce il marchio aziendale, il know how e le procedure da adottare nelle vendite, aspetti ai quali il franchiser si deve strettamente attenere. Tale franchiser avrà, ovviamente, l’esclusiva della zona. La formula del franchising all’Ingrosso promosso dal Produttore si riscontra maggiormente nelle industrie delle bevande, come ad esempio la Coca Cola, la quale concede ad un imbottigliatore la possibilità di acquistare lo sciroppo dall’azienda e di produrre la bevanda con il marchio Coca Cola, vendendo poi il prodotto finito ai dettaglianti nella zona geografica assegnata. La formula del franchising al Dettaglio promosso dall’Impresa di Servizi è spesso adottata nel settore della ristorazione ed in quella dell’autonoleggio. Un esempio sono strutture come la Mc Donald e la Hertz. In questo caso l’organizzazione è realizzata da una struttura di servizi, alla quale l’affiliato deve attenersi, secondo le procedure e le regole da esso adottate. La struttura organizzativa si deve occupare di trasmettere tutte le competenze a disposizione, e promuovere il marchio nel territorio in cui è presente.
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ULTERIORE CLASSIFICAZIONE DEI DIVERSI TIPI DI FRANCHISING
Un'ulteriore classificazione dei vari sistemi di Franchising esistenti può essere fatta sulla base del contenuto degli accordi che regolano la proprietà degli investimenti fissi, e dei patti circa la ripartizione degli utili: § Sistema della costituzione: il Franchisee acquista da terzi il punto vendita con mezzi finanziari propri, e in seguito provvede direttamente all'avviamento e alla gestione dell'attività. In tale tipologia di accordi il livello delle royalties è solitamente modesto; § Sistema dell'istituzione: è il Franchisor stesso che si assume l'onere dell'investimento iniziale, mentre il Franchisee riveste il ruolo di semplice gestore dell'attività, verso il pagamento di adeguate royalties; § Sistema della comproprietà: l'investimento iniziale viene effettuato in modo congiunto dal Franchisor e dal Franchisee, ovvero il Franchisee acquista una partecipazione della società costituita ad hoc dal Franchisor per la creazione del punto vendita. In base ai contributi in termini di capitale e di lavoro da parte del Franchisee vengono concesse diverse ipotesi di partecipazione agli utili dell'attività; § L'absentee ownership plan o formula della proprietà dell'assente: un Franchisee investitore, che non compare mai di fronte ai terzi, assume l'incarico del finanziamento del punto vendita e del pagamento dei diritti di franchigia, ricevendo come controprestazione una frazione degli utili di esercizio, mentre il Franchisor si occupa direttamente o indirettamente della conduzione; § Sistema della locazione: il Franchisee prende in affitto dal Franchisor la gestione di un particolare esercizio, ma contribuisce in maniera limitata o nulla all'acquisto delle attrezzature. Le entrate del Franchisor, in questa fattispecie, derivano soprattutto dall'affitto e dalla fornitura dei beni.
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In Italia, il franchising è regolamentato, in particolare, dalla Legge 6 maggio 2004, n. 129.
L’Art. 1 della Legge n. 129/2004 contiene le definizioni degli elementi essenziali del contratto di franchising. Ovvero: il know-how come patrimonio segreto, sostanziale ed individuato di conoscenze pratiche non brevettate dell'affiliante; il diritto d'ingresso (entrance fee) quale cifra fissa che l'affiliato versa al momento della stipula del contratto di franchising; le royalties come una percentuale commisurata al giro d'affari o in quota fissa, periodicamente dovuta all'affiliante; beni dell'affiliante: i beni prodotti dall'affiliante o secondo le sue istruzioni e contrassegnati dal nome dell'affiliante.
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L'art. 3 della legge n. 129/2004 prevede che il contratto di franchising debba essere stipulato per iscritto sotto pena di nullità. Il contratto di franchising, ai sensi del richiamato art. 3 deve espressamente indicare: l'ammontare degli investimenti iniziali e delle eventuali spese di ingresso; le modalità di calcolo e di pagamento delle royalties e l'eventuale indicazione di un incasso minimo da realizzare da parte dell'affiliato; l'ambito dell'eventuale esclusiva territoriale; la specifica descrizione del know-how; l'indicazione dei servizi d'assistenza tecnica e commerciale, di progettazione e allestimento e formazione offerti dall'affiliante; le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto; la durata che, qualora sia convenuta a tempo determinato, non dovrà essere inferiore a tre anni.
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Obblighi d'informazione a carico dell'affiliante
Il legislatore ha anche posto, a carico dell'affiliante, specifici obblighi informativi precontrattuali, imponendogli di fornire al potenziale affiliato, almeno trenta giorni prima della stipula, una copia del contratto corredata da una serie di documenti: i principali dati relativi all'affiliante e, previa richiesta, copia dei suoi bilanci degli ultimi tre anni; l'indicazione dei marchi utilizzati con il relativo titolo giustificativo (registrazione, deposito, licenza concessa da terzi o documenti comprovanti il concreto utilizzo); una sintetica descrizione degli elementi caratterizzanti l'attività oggetto del contratto di franchising; la lista degli affiliati attuali e della variazione degli stessi negli ultimi tre anni; la descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari a carico dell'affiliante. Gli artt. 5 e 6 della legge n. 129/2004 inoltre. pongono a carico sia di affiliante e che dell’affiliato ulteriori obblighi che possono ritenersi espressione del generale principio di rispetto della correttezza e della buona fede nell'ambito delle trattative e nello svolgimento del rapporto. Ovvero: è previsto un obbligo di riservatezza a carico dell'affiliato e un obbligo di informazione a carico dell'affiliante; l'affiliato non può trasferire la sede, se essa risulta dal contratto, senza il preventivo consenso dell'affiliante, salvo cause di forza maggiore.
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Il franchising chiavi in mano: rischio minimo + piccolo investimento = grandi risultati
Sono stati avviati oltre 400 negozi in 17 anni e scegliere Bottega Verde può essere la scelta giusta anche per le straordinarie condizioni che, tra i primi casi di franchising in Italia, offre ai propri affiliati. Una su tutte? La merce è in conto vendita, ovvero i prodotti dovranno essere pagati solo dopo essere stati venduti . Bottega Verde ha inoltre eliminato i vincoli più onerosi per l’affiliato, grazie alla sua formula di affiliazione che prevede condizioni particolarmente vantaggiose per ridurre l’investimento iniziale al minimo possibile. I 4 NO di Bottega Verde a un investimento oneroso: NO all’minimo d’acquisto NO alla fideiussione bancaria NO al diritto d’ingresso NO alle royalties
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Strutture operative proprie: 8 Strutture operative affiliate: 250
Localizzazione: Vetrina su strada Mq minimi per vendita: mq. Totale investimento: A partire da Fatturato annuo a regime (stima): Durata contratto: 7 Diritto d'ingresso: Incluso nell’investimento Royalties: si Zona in esclusiva: si Facilitazioni di pagamento: si Pubblicità a livello locale: si Assistenza in loco in fase di apertura: si Assistenza per la durata del contratto: si Fornitura attrezzatura / arredamento: si Personale necessario per punto vendita: 1-3 Esperienza affiliato: nessuna
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Il franchising nell’intermediazione immobiliare
Il franchising nell’intermediazione immobiliare Nel 1986 viene adottata la formula di franchising per le 60 agenzie di intermediazione immobiliare esistenti. La scelta del franchising puro, e cioè la rinuncia alla gestione diretta delle agenzie, genera un clima di grande chiarezza e trasparenza nel rapporto tra il franchisor Tecnocasa e i franchisees e crea le condizioni ottimali per impostare sinergie ed economie di scala vantaggiose sia per gli operatori, sia per i clienti che desiderano vendere, affittare o comprare casa. Fondato alla fine degli anni Settanta dal Presidente Dott. Oreste Pasquali, il gruppo Tecnocasa ha adottato in Italia la formula del franchising nel campo immobiliare già dall'ottobre del 1986 e, a seguito della costante crescita degli anni Novanta, decise di creare anche un affidabile partner creditizio; nacque così la costola della mediazione creditizia del gruppo Tecnocasa, allora chiamato Pegaso Fin. Oggi Pegaso Fin non esiste più in quanto a seguito della crescita anche internazionale venne deciso di modificare il nome del partner finanziario in Kiron insieme con Tecnorete. Tutte le agenzie in franchising Tecnocasa Group condividono gli stessi segni distintivi: dal progetto dell'ufficio alla modulistica, dall'insegna esterna ai cartelli che pubblicizzano le offerte. Utilizzano inoltre lo stesso metodo e gli stessi esclusivi strumenti di lavoro. Il gruppo Tecnocasa è presente in tutta Italia con 2101 agenzie e con aziende sparse in tutto il mondo: 302 in Spagna, 24 in Messico, 19 in Polonia, 17 in Ungheria, 2 in Francia, 1 a San Marino, 1 in Romania, 4 nella Repubblica Ceca, 16 in Tunisia, 1 in Marocco, 2 in Thailandia, e 1 in Florida. Si tratta del primo franchising di mediazione immobiliare in Italia ed in Europa per numero di agenzie.
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L’80% della catena si basa sul franchising.
QUAL È L’INVESTIMENTO NECESSARIO TOTALE PER IL FRANCHISING MCDONALD’S? Il costo massimo di un ristorante McDonald’s è di circa € (IVA incl.) più la fee di ingresso di € (IVA incl.): il candidato dovrà dimostrare di possedere almeno il 40% ( €,) di questa cifra; la parte rimanente potrà essere finanziata attraverso gli istit. di credito. A questo costo va aggiunto un deposito cauzionale di €, che verrà restituito alla fine del contratto di franchising. Solitamente il contratto di franchising ha una durata di 20 anni. Il costo sopra riportato corrisponde all’acquisto, direttamente dai fornitori autorizzati da McDonald’s, di attrezzature da cucina, arredi per la sala interna ed esterna, decori e insegne. A ristorante aperto, l’affiliato corrisponderà a McDonald’s delle percentuali sul fatturato del ristorante, al netto di IVA: › affitto mensile (Rent), variabile dal 14% al 20% delle vendite nette, in funzione del fatturato e della redditività, (vedi di seguito); › royalties: 5% delle vendite nette; › pubblicità nazionale: 4% delle vendite nette, da versare al Consorzio costituito da tutti i franchisee di McDonald’s.
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I supermercati Carrefour Market e quelli di prossimità ad insegna Carrefour Express, in franchising, rappresentano un’importante realtà: oltre 900 punti di vendita appartenenti a circa 800 imprenditori che hanno scelto le insegne Carrefour Italia come partner del loro business. La crescita della rete di vendita in affiliazione è continua: circa 400 unità negli ultimi 5 anni. La partnership coniuga i valori delle insegne del Gruppo con il profondo radicamento al territorio e la forte conoscenza del contesto locale che gli imprenditori vantano. I partners sanno di poter contare su un'organizzazione in grado di dare risposte rapide e precise e, nel contempo, possono avvantaggiarsi del know-how e delle condizioni di acquisto di un’azienda distributiva leader a livello europeo. Tutto ciò mantenendo la propria indipendenza. Che cosa viene offerto agli imprenditori? La possibilità di scegliere tra diversi format ciascuno con un marketing mix studiato ad hoc Ottime condizioni economiche Un marchio nazionale di elevata notorietà Una Direzione Marketing che programma assortimenti, lay-out, strategie di comunicazione pubblicitaria e promozionale di comprovato successo Assortimenti ampi e profondi che comprendono oltre prodotti a marchio Carrefour Prezzi di vendita competitivi Logistica efficiente che copre, con Ce.Di strutturati tutti i reparti merceologici Progettazione di punti vendita nuovi o in ristrutturazione Programmi di formazione manageriale, di mestiere e merchandising. Per i partner, infatti è stato creata un’Insegna, un Centro di Formazione dedicato esclusivamente al mondo franchising Un programma di feldeltà unico e comune alla rete di vendita diretta, legato all'utilizzo della carta SpesAmica
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Insegna/ Marchio : BUFFETTI
Ragione sociale del franchisor: Gruppo Buffetti S.p.A. con unico azionista Canone periodico Fisso (Euro): SI Contributi pubblicità nazionale (%): NO Fatturato medio annuo (Euro): Durata iniziale del contratto (anni): 3 Esperienza nel settore: NO Formazione iniziale (giorni): 12 Attività: Prodotti e soluzioni per l’ufficio Anno di lancio del franchising: 1952 P.V. diretti in Italia: 1 P.V. in franchising in Italia: 704 P.V. in franchising all'estero: 0 Numero addetti occupati nel P.V.: 2/3 Superficie media P.V. (MQ): 120 La distribuzione dei prodotti viene effettuata attraverso una rete in franchising di oltre 700 Punti Vendita, capillarmente distribuiti su tutto il territorio nazionale. Inoltre Buffetti distribuisce una più ristretta gamma di prodotti per ufficio ad oltre 1300 cartolerie indipendenti con il marchio Prodotti Flex e a oltre 600 cartolerie indipendenti con il marchio Data Ufficio. Ubicazione ottimale P.V.: Centri direzionali, Vie commerciali Bacino d'utenza (minimo abitanti): Investimento iniziale (Euro): Diritto di entrata (Euro): 6.000/12.000 Canone periodico (%): NO
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Benefit offerti da Mondadori Franchising:
Mondadori Franchising nasce nel 1998 con l’obiettivo di consolidare la presenza del Gruppo Mondadori nell’ambito della distribuzione e della commercializzazione libraria. Oggi, con una rete di circa 525 punti vendita su tutto il territorio nazionale (317 fra Librerie Mondadori e Gulliver e 208 Edicolè), è leader nel campo del franchising librario. Benefit offerti da Mondadori Franchising: merce in conto deposito, campagne sconto, aggiornamento per gli affiliati, software gestionale, due magazine realizzati in esclusiva per la catena.
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Mondadori Franchising Spa
Settore di attività: Commercio Insegne: Libreria Mondadori, Gulliver Librerie, Edicolè Anno di fondazione: Libreria Mondadori e Gulliver Librerie; Edicolè Il franchising - Libreria Mondadori e Gulliver Librerie Anno di partenza del franchising: 1998 Punti vendita in franchising in Italia: 317 Punti vendita in franchising all'estero: 0 Personale medio per punto vendita: 2-3 Facilitazioni di pagamento: Agevolazioni per finanziare il 75% dell'investimento Fornitura di arredamento e attrezzatura: * Arredamento: Mondadori franchising (realizzato da aziende specializzate), * Attrezzature: a cura dell'affiliato, fornitura prodotti in conto deposito (l'affiliato paga solo il venduto) Diritto di entrata: euro Canoni periodici: NO Zona di esclusiva: SI, in base al numero degli abitanti Contributi pubblicità NO Stima fatturato: euro Esperienza: non necessaria Formazione: SI Assistenza in loco in fase di apertura: SI Assistenza per la durata del contratto: SI Durata del contratto (anni): 6 con rinnovo ogni 3 Superficie media punto vendita: 150 mq Ubicazione ottimale: Centro storico, Centro commerciale Bacino di utenza: min Investimento iniziale: euro (escluse opere murarie e fee d'ingresso)
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Il franchising - Edicolè
Anno di partenza del franchising: 2004 Punti vendita in franchising in Italia: 208 Punti vendita in franchising all'estero: 0 Personale medio per punto vendita: 1-2 Facilitazioni di pagamento: Agevolazioni per finanziare il 75% dell'investimento Fornitura di arredamento e attrezzatura: * Arredamento: Mondadori franchising (realizzato da aziende specializzate), * Attrezzature: a cura dell'affiliato, fornitura prodotti in conto deposito (l'affiliato paga solo il venduto) Diritto di entrata: NO Canoni periodici: NO Zona di esclusiva: SI, in base al numero degli abitanti Contributi pubblicità NO Stima fatturato: euro (più fatturato prodotti edicola) Esperienza: non necessaria Formazione: SI Assistenza in loco in fase di apertura: SI Assistenza per la durata del contratto: SI Durata del contratto (anni): 6 con rinnovo ogni 3 Superficie media punto vendita: 50 mq Ubicazione ottimale: Zone di forte transito pedonale o automobilistico o nei centri commerciali Bacino di utenza: min Investimento iniziale: euro (escluse opere murarie)
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Lo sviluppo internazionale nelle imprese commerciali
La premessa logica ai processi di internazionalizzazione è costituita dall’esistenza di vantaggi competitivi di differenziazione o di costo. Tali vantaggi possono inoltre essere analizzati come: vantaggi proprietari (derivanti da risorse specifiche di cui l’impresa è in possesso); vantaggi di internalizzazione (che spingono all’investimento diretto); vantaggi di localizzazione (portano a definire priorità nel processo di internazionalizzazione)
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Motivazioni dell’internazionalizzazione della distribuzione
Vincoli alla crescita sul mercato domestico saturazione del mercato domestico vincoli normativi all’apertura di nuovi punti vendita Vantaggi di innovazione innovazione assoluta: nuove formule distributive (es. Carrefour - ipermercato) innovazione relativa: formule distributive non ancora consolidate sul mercato target (es.iper e gss sui mercati asiatici) assortimenti esclusivi: unicità dell’offerta basata su marche commerciali (es. Ikea, Body Shop, Benetton, …ma sono situazioni diverse!) Considerazioni strategiche vantaggi di prima mossa: occupazione dei prime site economie di scala non raggiungibili sul mercato domestico grado di concentrazione dei fornitori e potere contrattuale
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Le strategie competitive dell’impresa commerciale
Esse devono partire dalla segmentazione della domanda, ovvero dall’analisi delle abitudini d’acquisto e delle motivazioni d’acquisto, per poter orientare la scelta di posizionamento, che si caratterizza per: merceologie e livello di specializzazione (assortimento); funzionalità e livello di allestimento del punto vendita; servizi complementari. Nel caso dei piccoli imprenditori, la mancanza di risorse finanziarie le riduce essenzialmente nella scelta del settore di attività e del mercato spaziale in cui operare.
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Leadership di costo Differenziazione
Le principali strategie competitive attuabili nel comparto della distribuzione commerciale sono: Leadership di costo Differenziazione
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Gestione delle attività generatrici di valore
Le principali aree in cui gli intermediari possono ricercare delle economie di costo e/o nelle quali possono maggiormente differenziarsi rispetto ai propri concorrenti sono le principali attività generatrici di valore.
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Ulteriori decisioni strategiche fondamentali
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Punto vendita di nuova costituzione Punto vendita esistente
Decisioni relative ai punti vendita Punto vendita di nuova costituzione Punto vendita esistente 71
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al punto vendita di nuova costituzione Decisioni relative
Relativamente alla forma distributiva data: a) Localizzazione b) Dimensionamento della capacità produttiva c) Assortimento / approvvigionamento Referenze Fornitori d) Know-how strutturale del punto vendita tecnologico (NTIC) architettonico (atmosfera del punto vendita) Quale valore per il cliente?
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Per i nuovi punti vendita, i fattori e le decisioni strategiche fondamentali sono:
a. Localizzazione Determinazione dell’ubicazione delle strutture operative basata su un’analisi di mercato finalizzata a individuare le aree che presentano concrete opportunità di sviluppo per un’impresa commerciale riesaminate alla luce di: alternative offerte dal mercato immobiliare; eventuali restrizioni previste dalla legislazione urbanistica, commerciale e sanitaria. b. Dimensionamento Stimare nel modo più accurato possibile i volumi di attività necessari per minimizzare i costi unitari medi di produzione, procedendo distintamente alla determinazione sia della potenzialità di lavoro massima dello spazio e delle attrezzature sia del grado di sfruttamento “ottimale” degli impianti rispetto al punto di pareggio.
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a. Localizzazione del punto vendita
Ai fini di una corretta localizzazione, è necessario ponderare i seguenti elementi: I confini dell’area di attrazione: formula distributiva, assortimento, efficacia politiche promozionali, intensità della concorrenza, grado di accessibilità della localizzazione, tempi di spostamento, … Quantificazione del mercato potenziale: numerosità popolazione area considerata, potere di acquisto potenziale pro-capite o per nucleo familiare, punti di forza e di debolezza dei principali concorrenti Scelta del sito: regolamentazione urbanistica, caratteristiche dei locali disponibili, …
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del processo di localizzazione
Fattori alla base del processo di localizzazione 75
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b. Dimensionamento del punto vendita
Nelle scelte di dimensionamento del punto vendita è necessario tenere conto del fatto che: La domanda di servizio commerciale è caratterizzata da oscillazioni, con picchi minimi e massimi, nelle diverse ore della giornata, nei diversi giorni della settimana, nei diversi mesi dell’anno … Il dimensionamento ad un livello intermedio comporta problemi di sotto / sovra dimensionamento del punto vendita
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I presupposti per adottare una corretta scelta di dimensionamento sono => stima dei volumi di attività necessari per minimizzare i costi unitari medi di produzione con determinazione di: potenzialità di lavoro massima dello spazio e delle attrezzature; grado di sfruttamento ottimale degli impianti rispetto al b.e.p.. Gli strumenti impiegabili a tal fine sono => analisi finalizzate ad individuare le prospettive evolutive dell’impresa e il volume di affari complessivo corrispondente al b.e.p., con verifica del margine di sicurezza.
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c. Le scelte di assortimento
Soprattutto per i punti Vendita di piccola o piccolissima dimensione è necessario ottimizzare l’assortimento dal punto di vista di: a. ampiezza (ventaglio di opportunità di acquisto proposto); b. profondità (marche e referenze); c. consistenza. L’assortimento si valuta sotto i seguenti aspetti: 1. completezza del paniere richiesto dal mercato (evitando sovrapposizioni e cannibalismo); 2. idoneità qualitativa in base alle linee di prezzo accettate dalla clientela; 3. visibilità dell’offerta (tecniche e metodi espositivi).
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Percorsi di sviluppo del punto di vendita
Esempi di strumenti gestionali per lo sviluppo del volume delle vendite, ovvero del volume di attività Dilataziane dell’area d’attrazione Estensione parcheggio Estensione orario Ampliamento clientela Consegna a domicilio Sviluppo volume vendite ... Ampliamento assortimento Aumento vendita/ scontrino media/o Miglioramento tecniche di offerta Credito al consumo ...
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Il volume di attività del punto vendita
L’attività del punto vendita è valutabile relativamente a diversi elementi: Fatturato punto vendita, Numero consumatori, Numero scontrini, Valore scontrini Fatturato / Numero scontrini = scontrino medio* Volume di attività = num. scontrini medi = Fatturato / scontrino medio * calcolabile a diversi livelli: mercato, forma distributiva, impresa, pV
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Esso non necessariamente coincide con il prezzo del prodotto!
numero medio Scontrino medio = battuta media x di battute per scontrino Vendite = Vendite x Numero battute Scontrini Numero battute Scontrini La battuta media è il valore medio delle “linee” presenti negli scontrini, cioè l’importo che mediamente un cliente spende ogni volta che fa una scelta di acquisto vendite / n. battute effettuate Esso non necessariamente coincide con il prezzo del prodotto! Ad esempio, alcuni negozi vendono i propri prodotti, oltre che singolarmente, in confezioni multiple, oppure accorpate (dove prodotti diversi ma complementari vengono proposti assieme), o ancora a peso. In tali casi il prezzo medio del prodotto non coincide con la battuta media. Inoltre è importante non confondere la battuta media con il prezzo medio dei prodotti in assortimento!
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Il numero medio di battute per scontrino
Esso evidenzia il numero di prodotti o confezioni che mediamente i clienti portano alla cassa. Esso misura la capacità del p.v. di soddisfare un’ampia gamma di bisogni del cliente (quindi l’ampiezza dell’acquisto). Un cliente compra più cose all’interno dello stesso negozio se trova nello stesso una risposta convincente a un maggior numero di esigenze!!! Numero medio di battute = Numero battute Numero scontrini
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Strumenti, tecniche e modalità con cui può essere svolto il controllo direzionale nelle imprese commerciali Le misure di efficienza: margine lordo, margine operativo, il cash-flow (FCFO e FCFE), i ratios di bilancio (ROE, ROS, ROI, GMROI) Il business plan Il budget La customer satisfaction Analisi della liquidità (indice di liquidità, acid test, indice di liquidità immediata) Modelli tradizionali di analisi dell’economicità Gestione e controllo delle scorte
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Indici di redditività La redditività si calcola rapportando valori espressivi del reddito aziendale a misure del capitale impiegato. ROI (return on investment) = Reddito operativo / cap. investito ROE (return on equity) = Reddito netto / capitale netto ROS (return on sales) = Reddito operativo / ricavi di vendita
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Il ROI (return on investment)
Il ROI, che misura la redditività del capitale investito, può essere scomposto nel prodotto del ROS, che misura la redditività del venduto, per il Turnover, che misura il tasso di rigiro del capitale.
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Il ROI (return on investment)
È possibile ricostruire l’albero del ROI, che evidenzia le radici della redditività del capitale investito in azienda.
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Il ROE (return on equity)
Il ROE misura la redditività del capitale azionario. Consente di misurare l’effetto leva finanziaria ed è scomponibile come segue:
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della leva finanziaria I
Il funzionamento della leva finanziaria I Si definisce effetto leva finanziaria quell’aumento della redditività del capitale di rischio che si manifesta in seguito ad un aumento del grado di indebitamento quando la redditività degli investimenti è superiore al costo delle fonti di finanziamento utilizzate. L’effetto si misura sulla redditività del capitale di rischio! La leva finanziaria in simboli La leva finanziaria
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Il funzionamento della leva finanziaria II
Il ROE aumenta al crescere del debito, solo se la differenza tra ROI e “i” risulta positiva; in questo caso, la gestione riesce a generare una redditività operativa considerevolmente superiore al costo del debito. Laddove risulti ROI inferiore ad “i”, la redditività dell’impresa non consente neanche la copertura del costo del debito; in questo caso al crescere dell’indebitamento si assiste al calo del ROE, fino a giungere a risultati finanche negativi.
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Alcune considerazioni finali
Anche se la leva finanziaria può avere degli effetti positivi sulla redditività del capitale proprio, la scelta del livello di indebitamento deve tener conto anche di altri fattori: al crescere dell’indebitamento vi è una compressione dell’utile netto; bisogna valutare gli effetti sul rischio finanziario dell’impresa, sia come rischio di insolvenza che come rischio di illiquidità; il vantaggio fiscale legato alla deducibilità degli interessi passivi dal reddito imponibile può essere annullato, o rimandato nel tempo, da una eventuale chiusura in perdita dell’esercizio.
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Osservazioni su alcuni strumenti gestionali
I margini, il turnover ed il servizio al cliente sono strumenti fondamentali di gestione dell’impresa commerciale. Il margine operativo deriva dall’efficienza nelle aree operative: 1. di marketing e vendita (assortimento, merchandising, promozione, prezzi, ecc.); 2. di logistica e approvvigionamento (acquisti, costi di magazzino, trasporti); 3. finanziarie (impieghi finanziari, gestione della liquidità, fonti di copertura).
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I MARGINI DI DISTRIBUZIONE
Il margine di distribuzione è la differenza tra il prezzo pagato dal cons. finale e il costo unitario (o prezzo) pagato al prod. dal primo acquirente. Il margine di distribuzione misura il valore aggiunto del canale distributivo. Il margine di un particolare distributore è uguale alla differenza tra il prezzo a cui vende ed il prezzo a cui acquista. In un sistema di distribuzione indiretto, il margine di distribuzione è uguale alla somma dei margini dei distributori.
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Gestione e controllo delle giacenze
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Come viene definita la shelf life di un prodotto?
Con tale termine ci si riferisce, letteralmente, alla “vita del prodotto sullo scaffale” e trattasi di quel periodo di tempo durante il quale il prodotto mantiene le sue caratteristiche qualitative nelle normali condizioni di conservazione e utilizzo. La shelf-life è strettamente correlata alla durabilità di un alimento che può essere espressa come “da consumarsi entro” oppure “da consumarsi preferibilmente entro” secondo le indicazioni degli articoli 9 e 10 del D.Leg.vo 181/2003. Queste due diciture, che sembrano simili, hanno in realtà significati molto differenti. Infatti quando la shelf-life è preceduta dalla prima frase si tratta per legge di una scadenza tassativa oltre la quale il prodotto non è più sicuro e non mantiene più le sue proprietà distintive. Nel secondo caso, invece, si ha una scadenza meno restrittiva, ovvero un’indicazione di massima sul termine minimo di conservazione del prodotto. 95
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Il lead time è un parametro che caratterizza una rete logistica a diversi livelli. Esso è chiamato anche «tempo di attraversamento» (es. di un ordine) o "tempo di risposta". Spesso con lead time si intende l'intervallo di tempo necessario ad un'azienda per soddisfare una richiesta del cliente (o customer lead time). Quanto più questo tempo è basso, tanto più l‘organizzazione è veloce e flessibile nell'accontentare il cliente. Lead time 96
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Gli indicatori di prestazione di un negozio
I principali e più utilizzati indicatori di prestazione di un punto vendita che possono essere oggetto di monitoraggio da parte delle imprese commerciali sono: il traffico, il numero di scontrini e il tasso di conversione, i risultati di vendita, lo scontrino medio, la battuta media e il numero medio di battute per scontrino, le vendite per categoria, il numero di categorie per scontrino e la penetrazione, i margini, la pressione promozionale e le svalorizzazioni, la fedeltà, la soddisfazione del cliente e cliente misterioso, la rotazione e copertura dello stock, le avarie e rotture, differenze inventariali e resi, i costi e produttività del personale, i costi diretti di struttura.
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Ubicazione del negozio Concorrenza presente sulla piazza
TRAFFICO DI UN PUNTO VENDITA: numero di persone che entrano, per qualsiasi motivo, in quel p.v. in un determinato periodo (ora, giorno, settimana, mese, anno); esso misura l’attrattività di un p.v. Esso è influenzato da: Ubicazione del negozio Concorrenza presente sulla piazza Notorietà dell’insegna Notorietà del negozio Primo impatto dall’esterno Qualità complessiva dell’esperienza d’acquisto Politiche di fidelizzazione I comportamenti gestionali con cui è possibile influenzare il traffico sono: Curare l’ingresso Curare tutte le fasi del processo di vendita Aumentare la notorietà del negozio, attraverso: * pubblicità locale * accordi con altri operatori locali coerenti * organizzazione in proprio di eventi in negozio d. Sviluppare relazioni continuative con i clienti
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IL CLIENTE CHE ... COMPRA: trattasi del numero di persone che dopo essere entrate nel negozio, “si trasformano” in clienti e comprano generando uno scontrino. Questa decisione del cliente viene misurata in due modi: ..... attraverso il numero degli scontrini ..... e attraverso il tasso di conversione (se calcolabile) Il numero degli scontrini è il numero totale delle transazioni effettuate da un negozio in un determinato periodo (ora, giorno, settimana, mese, anno), indipendentemente dal loro valore o dal fatto che lo stesso cliente potrebbe aver generato più di uno scontrino. Esso misura la capacità di un negozio di produrre atti di acquisto, potremmo dire la sua EFFICACIA. Un cliente compra quando: trova un prodotto di cui apprezza la qualità; si orienta facilmente; trova esattamente il prodotto che cerca; trova un prezzo corrispondente alle sue aspettative; riceve il servizio di cui ha bisogno; il negozio fa orari comodi; non è disturbato dagli altri clienti. Leve dello store manager per aumentare il n. degli scontrini: comprare le cose giuste, nella quantità giusta e al momento giusto; presidiare l’immagine del negozio; limitare le rotture di stock; allineare i prezzi alle aspettative dei clienti e ai prezzi applicati dalla concorrenza; presidiare con attenzione i momenti di punta; sviluppare nei venditori la conoscenza del prodotto; sviluppare nei venditori la capacità di accogliere e salutare il cliente, individuare il momento in cui esso ha bisogno di aiuto e approcciarlo, gestire più clienti in contemporanea durante i momenti di punta.
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2. ..... Il tasso di conversione
2. Il tasso di conversione è la % delle persone entrate che si trasforma in clienti, producendo uno scontrino. Esso è dato dal rapporto tra il numero di persone entrate (traffico) e il numero degli scontrini emessi. Esso misura in maniera puntuale l’EFFICACIA di un negozio, cioè il successo della sua offerta commerciale: confrontando il numero di persone entrate con il numero di persone che hanno comprato, hai la misura della capacità del negozio di convincere i clienti. Leve su cui può agire lo store manager per modificare il tasso di conversione: VALGONO LE COSE DETTE PER IL NUMERO DEGLI SCONTRINI, OVVERO PER MIGLIORARE IL TASSO DI CONVERSIONE BISOGNA AUMENTARE IL NUMERO DEGLI SCONTRINI. Quando è buono il tasso di conversione? per i negozi con elevato contenuto moda esso è fisiologicamente molto basso (non superiore al 20%) per i negozi di beni durevoli e/o con elevato livello di servizio e/o che vendono prodotti di lusso si avvicina al 50% nei negozi alimentari è tendenzialmente ancora più alto
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Vendite / mq di superficie di vendita
I RISULTATI DI VENDITA: le vendite rappresentano l’insieme dei soldi sborsati dai clienti, con qualsiasi modalità di pagamento, per comprare i prodotti o i servizi offerti dal negozio. Il dato può essere lordo, cioè comprensivo di Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), o netto. è dato dalla somma degli importi degli scontrini emessi in un determinato periodo; Rappresentano la principale misura delle dimensioni del business. Essi sono influenzati da: Tutto quello che fa o non fa lo store manager e da tutto quello che fanno o non fanno le persone che ricoprono un ruolo operativo nel negozio. In una catena, le vendite sono influenzate anche dalle decisioni di chi lavora in sede. Inoltre, esse sono significativamente influenzate dalle politiche commerciali dei produttori, dalla congiuntura macroeconomica e dalla moda. Pur essendo un indicatore sommario, esprime abbastanza bene l’EFFICIENZA commerciale. Un indice molto utile per confrontare negozi simili ma non identici sono le: Vendite per metro quadrato Esse rappresentano la cifra d’affari che viene mediamente prodotta da in singolo mq di negozio. Questo indicatore fornisce un parametro di efficacia del negozio depurato dal fattore superficie (non esistono quasi mai due negozi perfettamente identici!) Si calcola come rapporto tra le vendite e il numero di mq dedicati al cliente (esclusi quindi i magazzini ed eventuali uffici interni). Vendite / mq di superficie di vendita Le vendite per mq misurano la capacità della risorsa spazio di generare fatturato, e di conseguenza margine!
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Vendite per categoria I risultati di vendita totali (cifra d’affari, n. di battute e/o numero di pezzi venduti, battuta media, prezzo medio) possono essere scomposti per categorie. In questo modo, si ha una rappresentazione più dettagliata di ciò che il negozio effettivamente vende. PER OGNI CATEGORIA VIENE ESPRESSO: Le vendite per categoria misurano il contributo relativo (o incidenza) che le diverse categorie danno al p.v., sia come fatturato (vendite generate), sia come volumi (numero di pezzi trattati e di battute di cassa generate). * IL FATTURATO GENERATO (valore assoluto e % sul totale delle vendite) * IL VOLUME GENERATO (valore assoluto e % sul totale dei pezzi venduti) Tale parametro è influenzato: dalla qualità dei prodotti (coerente con aspettative della clientela) dall’esposizione della merce (in ordine, con pulizia soddisfacente e con informazioni di supporto) dalla presenza dei prodotti sugli scaffali dalla convenienza dei prezzi dall’assenza di concorrenti forti in prossimità del p.v. dalla conoscenza della categoria da parte dei venditori dagli spazi dedicati alla categoria dalla proposta nelle vetrine e/o nelle aree di esposizione interne della categoria dalla sua presenza nelle offerte promozionali del negozio Leve su cui può agire lo store manager per migliorare il risultato di una categoria: provvedere affinchè i prodotti siano sempre presenti in vendita migliorare la presentazione dei prodotti sviluppare nei venditori la conoscenza del prodotto e la capacità di informare il cliente evidenziare i prodotti e curare le informazioni scritte mettere alcune delle merci della categoria in posizioni strategiche (in vetrina, all’ingresso, nelle aree promozionali interne, vicino alle casse) sviluppare nei venditori la capacità di fare proposte complementari e aggiuntive fare promozioni su prodotti di quella categoria
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Un’attività molto importante da monitorare nel p. v
Un’attività molto importante da monitorare nel p.v. è il cross-selling, ovvero la vendita incrociata; questa si verifica quando un negozio vende allo stesso cliente prodotti appartenenti a diverse categorie. Il principali indicatore di valutazione di tale attività è il numero di categorie per scontrino. IL NUMERO DI CATEGORIE PER SCONTRINO Consiste nel numero di categorie che mediamente i clienti acquistano nel corso di una singola visita al p.v. Esso misura l’ampiezza dell’acquisto del cliente, ovvero quante diverse esigenze dello stesso il negozio ha saputo soddisfare in una singola visita. Le principali variabili che influenzano questo dato sono: le scelte di assortimento del p.v. le scelte promozionali del negozio un’esposizione della merce che renda facile trovare i prodotti e che favorisca l’acquisto d’impulso la capacità dei venditori di suggerire abbinamenti Com’è possibile modificare il numero di categorie per scontrino? a. allargando l’assortimento b. ideando promozioni che incentivino l’acquisto di più categorie contemporaneamente, oppure offrendo “pacchetti” di prodotti collegati ad un prezzo conveniente c. agendo sull’esposizione della merce, puntando su: abbinamenti espositivi (nelle vetrine, negli spazi espositivi interni, sugli scaffali) l’acquisto d’impulso (offrendo prodotti inattesi o non ricercati) d. tramite il personale di vendita che: + deve conoscere il prodotto + deve sapere fare domande al cliente per comprendere i bisogni + deve saper presentare il prodotto in maniera personalizzata + deve saper far proposte complementari o aggiuntive
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Il margine è la differenza tra i ricavi di un’attività e l’insieme dei costi sostenuti per realizzarla. Il margine vendite (o “primo margine”) è la differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto. Per comodità, spesso lo si calcola al netto dell’IVA. Il margine può essere applicato al dato di vendita complessivo, alle diverse categorie o sottocategorie, ai singoli prodotti, ai singoli fornitori. Esso misura la redditività media delle vendite in un determinato periodo. A valore = totale Vendite – Costo del venduto % = (totaleVendite – Costo del venduto) / totale Vendite x 100 Variabili che influenzano il primo margine: prezzo d’acquisto prezzo di vendita sconti praticati dal negozio Principali leve d’azione: sul versante del prezzo d’acquisto, la negoziazione con il fornitore sul versante delle vendite: + la migliore definizione possibile del prezzo di vendita (né troppo alto, né troppo basso!) + la gestione al meglio degli ordini + l’utilizzo di sconti in maniera mirata + il miglioramento del “mix di vendita” (composizione acquisti fatti mediamente)
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Vendite – Costo del venduto = Primo margine
2. Il margine commerciale deriva dall’attività di acquisto e dalla relazione con il fornitore ed è quindi connesso al prodotto. Questo secondo margine tiene conto dei cosiddetti “contributi dei fornitori”, che sono importi che quest’ultimo riconosce al distributore a fronte di determinate prestazioni (ad esempio la quantità dei prodotti acquistati o il fatto di mettere in promozione alcuni suoi prodotti). Tali importi vanno sommati al valore delle vendite. Vendite – Costo del venduto = Primo margine Primo marg. + Contr. del Fornitore = Margine commerciale (o Secondo marg.) 3. Il mix di margine non è la media dei margini commerciali! Esso è il risultato dell’effetto combinato di più fattori: la marginalità dei singoli prodotti venduti il prezzo di vendita cui ogni prodotto viene venduto il numero di pezzi che vengono venduti per ogni prodotto Comprendere come si muova il margine all’aumentare o al diminuire di ognuno dei 3 fattori non è semplice e una decisione può talvolta anche produrre effetti opposti a quelli attesi. Per questo, prima di prendere una decisione, è preferibile procedere con una simulazione degli effetti potenziali.
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UN PUNTO DI VENDITA PUÒ OFFRIRE SCONTI IN DIVERSI MODI:
La leva promozionale consente di incrementare il numero di scontrini e lo scontrino medio a scapito del prezzo medio dei prodotti venduti; lo strumento principale utilizzato a tal fine è lo SCONTO, ovvero la RIDUZIONE TEMPORANEA DEL PREZZO DI VENDITA. UN PUNTO DI VENDITA PUÒ OFFRIRE SCONTI IN DIVERSI MODI: in maniera incondizionata su alcuni prodotti (come nel caso dei saldi o dei tagli prezzo); a fronte di un aumento del n. di prodotti identici acquistati dal cliente (ad esempio 3x2) oppure dell’acquisto di una maggiore quantità di prodotto (ad es. confezioni più grandi); su alcune combinazioni di prodotti predefinite (ad esempio, vendite abbinate televisore + lettore dvd); a fronte del volume complessivo della spesa effettuata, indipendentemente dal tipo di prodotti acquistati (ad esempio, sconto in valore al superamento di determinati importi); in maniera differita (ad esempio, con un acquisto minimo ti viene regalato un buono sconto da utilizzare per acquisti successivi).
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Obiettivi delle Promozioni
aumento del traffico, che misura la capacità di attrazione che la promozione ha avuto sui clienti che altrimenti non avrebbero visitato il p.v.; aumento del numero di pezzi venduti nei prodotti o nelle categorie promozionate; diminuzione del margine in % e il suo aumento (o almeno il suo mantenimento) in valore assoluto, sempre per i prodotti e le categorie promozionate; aumento delle vendite nei prodotti e nelle categorie non promozionate, come conseguenza della capacità di attrazione della promozione, misurato come aumento delle vendite complessive e del margine in valore assoluto totale. Per valutare il successo della promozione, occorre misurare tutti i 4 indicatori succitati, confrontando i risultati del periodo precedente o di un analogo periodo in cui non erano in corso attività promozionali con quelli del periodo oggetto di monitoraggio. Questa attività di valutazione dell’EFFICACIA di una promozione viene spesso chiamata DEBRIEF.
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La pressione promozionale
La pressione promozionale è la percentuale di fatturato realizzata ricorrendo a una qualsiasi forma di sconto diretto o differito. Può essere calcolata sull’intera cifra d’affari, oppure declinata sulle vendite delle diverse categorie. Essa misura i risultati dello sforzo effettuato da un p.v. per attrarre clienti o per aumentare la loro propensione a comprare presso di esso. Misura altresì la funzione commerciale delle categorie gestite da un negozio: categorie ad elevata pressione promozionale hanno lo scopo di attrarre i clienti, generando traffico e aumentando il numero di battute per scontrino, mentre categorie a più bassa pressione hanno la funzione di generare margine e fidelizzare il cliente. Un’elevata pressione abbatte il margine, a meno che i fornitori non contribuiscano alla promozione con sconti extra, contributi in denaro o merce omaggio, in compensazione. UNA PRESSIONE PROMOZIONALE ALTA IMPLICA CHE LE COSE VANNO BENE O VICEVERSA? NON VI SONO RISPOSTE CERTE, MA UNA REGOLA DOVREBBE ESSERE RISPETTATA: PRESSIONE PROMOZIONALE E VENDITE DEVONO ESSERE DIRETTAMENTE PROPORZIONALI ALTRIMENTI C’È SICURAMENTE UN PROBLEMA!
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Vendite a prezzo scontato / vendite totali x 100
La pressione promozionale si calcola come: Vendite a prezzo scontato / vendite totali x 100 Le principali variabili che la influenzano sono: le scelte promozionali effettuate dal p.v. (quali prodotti, con quale sconto, quando); la capacità del p.v. di comunicare al cliente la promozione sia fuori dal negozio (con volantini, pubblicità, ecc.), sia all’ interno, attraverso il merchandising. In termini di gestione della pressione promozionale, si possono verificare le seguenti situazioni: Se lo store manager è responsabile dell’impostazione della promozione, egli determinerà le principali scelte promozionali, ovvero: quali prodotti offrire a quale prezzo per quanto tempo presentandoli come Se lo store manager non definisce la promozione, egli potrà: ordinare i prodotti nella corretta quantità esporli in maniera efficace far sì che il personale di vendita dia il corretto supporto alla promozione monitorare i risultati nel corso della promozione, in maniera da intervenire tempestivamente se le vendite non dovessero decollare (o fossero più copiose del previsto!)
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Fedeltà = Frequenza x Acquisto medio
La fedeltà I clienti fedeli sono i più profittevoli! perché: Fedeltà = Frequenza x Acquisto medio Ovvero, in un dato periodo: L’importo complessivo speso da un cliente presso un p.v. è = al numero di visite effettuate da quel cliente moltiplicato x lo scontrino medio di quel cliente
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Come si può migliorare la fedeltà?
La prima risposta è semplice: BISOGNA CONOSCERLI IN MANIERA DA POTERLI “RICONOSCERE” quando entrano, ... Ovvero bisogna sapere come si chiamano, conoscere le loro preferenze d’acquisto, sapere che lavoro fanno, come è composta la famiglia, ... Quanto sono disposti a spendere, ... Se gradiscono consigli, .... I PROGRAMMI FEDELTÀ, consentendomi di tracciare gli acquisti dei clienti, mi consentono di identificare le loro preferenze e le abitudini di spesa!!!! … potrò far loro trovare i prodotti preferiti, offrire sconti sulle merci predilette, ecc. In linea di principio, per aumentare la fedeltà di un cliente devo essere più efficace dei miei concorrenti nel soddisfare le sue esigenze e nell’offrirgli vangaggi “cumulativi”, ovvero vantaggi che aumentano con l’aumentare dell’importo che quel cliente spende presso il p.v.
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I negozi che trattano beni durevoli possono sviluppare la fedeltà principalmente in 4 modi:
favoriscono il ritorno del cliente, coinvolgendolo in eventi non direttamente o esclusivamente commerciali) sviluppano servizi accessori, che mantengono il contatto con il cliente tra un acquisto e l’altro (ad esempio, concessionarie che offrono il servizio di manutenzione attraverso officine collegate, boutique o negozi di scarpe che forniscono servizi di riparazione, che vende prodotti in garanzia che fornisce anche l’assistenza tecnica, ecc.) inseriscono in assortimento prodotti a più frequente consumo (ad esempio, chi vende prodotti hardware che vende anche software o altri accessori, chi vende elettrodomestici che propone anche ricambi e prodotti di consumo, ecc.) cercano di inflenzare il comportamento di acquisto del cliente in maniera che acquisti più spesso (ad esempio, per aumentare la frequenza di acquisto delle automobili viene offerto il contratto di leasing, ecc.)
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La Soddisfazione del Cliente
La soddisfazione del cliente è un indicatore di prestazione molto importante in quanto conoscere il pensiero della clientela consente di apportare miglioramenti sugli aspetti ritenuti da questa più rilevanti. L’obiettivo è aumentare le probabilità che i clienti tornino e vi sia altresì un passaparola positivo. Trattasi purtroppo, di un parametro piuttosto complesso e costoso da produrre e per questo spesso le imprese non lo elaborano. Di fatto, per conoscere la soddisfazione del cliente bisogna ascoltarlo, chiedergli la sua opinione! I principali metodi impiegabili a tal fine, esposti in ordine crescente di complessità organizzativa e di livello di “intrusione” nella vita privata del cliente, sono: ascoltarlo quando, presso il p.v., esprime spontaneamente un parere o dà un suggerimento; raccogliere i suggerimenti tramite una “cassetta delle lettere” in negozio, del tipo “Aiutaci a servirti meglio!” chiedergli di compilare un breve questionario (sempre in negozio e preferibilmente all’uscita) chiedergli un’opinione intervistandolo in negozio (preferibilmente all’uscita, affinchè abbia un’esperienza recente da valutare) mandargli un questionario a casa intervistarlo telefonicamente a casa La Soddisfazione del Cliente
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I risultati di un’indagine possono essere utilizzati per:
Un’indagine di customer satisfaction misura pertanto la VALUTAZIONE DEL CLIENTE SULLA SUA ESPERIENZA DI ACQUISTO. È un indicatore per definizione qualitativo, nel senso che misura percezioni e opinioni, più che fatti. Affinchè tale tipo di indagine sia utile, occorre che sia ripetuta nel tempo e/o effettuata in più negozi contemporaneamente, in quanto senza parametro di confronto nessun indicatore ha significato! I risultati di un’indagine possono essere utilizzati per: identificare le priorità di miglioramento e apportare correttivi; comunicare ai clienti una sintesi dei risultati e utilizzare questa informazione come strumento promozionale; discuterli con il personale di vendita e usarli come spunto di formazione; agganciare una parte della retribuzione variabile del personale a uno o più indicatori; selezionare 4-5 domande più importanti da utilizzare come “pilastri della soddisfazione del cliente”, tracciarle nel tempo ed enfatizzarle nella gestione quotidiana.
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Il cliente misterioso Fattori su cui si basa la metodologia:
Il cliente misterioso o Mystery Shopper è una modalità alternativa di valutazione della customer satisfaction che si basa sull’ipotesi di mandare un “falso” cliente a fare acquisti in un p.v. Questi dovrà osservare una serie di aspetti e produrre un report per ogni visita, che consentirà di valutare la qualità del servizio fornito dal negozio a partire dall’esperienza di acquisto di quello specifico cliente. Fattori su cui si basa la metodologia: disponibilità di un elenco dettagliato di aspetti da osservare, con una scala di valutazione per uniformare il giudizio dei diversi valutatori; disponibilità di una squadra di valutatori composta da persone simili ai normali clienti di quel p.v. (ad es. in un negozio per giovani dovranno essere giovani, ecc.); elaborazione di un piano di visite in diversi giorni della sett. e ore del giorno; elaborazione dei risultati che fornisca informazioni sia quantitative che qualitative, analitiche e sintetiche (affinchè risultino confrontabili i risultati di diversi p.v. e dello stesso p.v. nel tempo). Il CLIENTE MISTERIOSO FOTOGRAFA LA MAGGIORE O MINORE CORRISPONDENZA A UNO STANDARD PREDEFINITO DALL’IMPRESA SU: come deve apparire il negozio (vetrine, presentazione della merce, quantità di prodotti, livello di pulizia, temperatura, luce, musica, odori, ....) che cosa deve succedere nelle principali fasi dell’esperienza di acquisto (il cliente entra, gira, sceglie, chiede assistenza, decide di comprare, paga, esce), cioè qual è l’interazione “ideale” tra cliente e venditore. Il cliente misterioso
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Come si può utilizzare la metodologia Mystery Shopper a livello di negozio?
gli standard di servizio devono essere conosciuti da tutte le persone che lavorano quali venditori e quindi lo store manager deve divulgarli; il personale di vend. deve essere informato dell’esistenza e degli obiettivi delle visite, senza però sapere quando e quante volte il negozio verrà visitato. Questo affinchè: le persone mantengano più desta l’attenzione verso il cliente, anche in periodi “non di visita”, i risultati del cliente misterioso possano essere utilizzati successivamente come occasione di miglioramento della prestazione; lo store manager può utilizzare i risultati delle visite per fare il punto sul livello di servizio e identificare aree di miglioramento; il personale di vendita deve aver accesso ai risultati, in due modi complementari e distinti: # individualmente, per analizzare i report di visita che li riguardano direttamente; # in gruppo, per discutere i risultati, celebrare i successi e individuare azioni di miglioramento; i risultati aggregati possono generare un premio di risultato per tutte le persone che operano nel p.v., oppure possono generare un premio individuale per chi, visitato, ha ricevuto un report di visita positivo.
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Quali variabili influenzano rotazione e copertura?
la scelta dei prodotti da mettere in vendita (i clienti non comprano le merci che non apprezzano, quindi i prodotti meno apprezzati rimangono invenduti e incrementano lo stock); 2. la capacità di presentare i prodotti nel modo migliore (i clienti non comprano ciò che non trovano, che viene proposto in maniera poco efficace, che sembra vecchio, sporco o rotto); il prezzi di vendita (i clienti non comprano i prodotti che considerato troppo cari o che non trovano altrove a minor prezzo, se sensibili al prezzo); 4. la capacità di ordinare il numero giusto di prodotti (in maniera da non avere rimanenze o prodotti che invecchiano.
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Su quali leve può agire lo store manager per influenzare rotazione e copertura?
deve presidiare il processo di riordino in maniera che sia effettuato con la massima cura e, se delega tale attività, deve insegnare a riordinare e monitorare con attenzione gli ordini fatti dai collaboratori; b. deve identificare tempestivamente i prodotti che hanno una rotazione insufficiente e migliorarne la presentazione per aumentarne la vendita (ad esempio, mettendoli in evidenza nelle aree promozionali o in vetrina, aumentando o migliorando le informazioni messe a disposizione del cliente sugli scaffali, mettendo le merci in posizioni in cui risultino più visibili); c. deve verificare la correttezza del prezzo di vendita dei prodotti che hanno una più bassa rotazione ed eventualmente modificarlo (se ad esempio il p.v. di fronte vende la stessa cosa a minor prezzo, è probabile che quello specifico prodotto ne soffra); d. deve sviluppare nei venditori la capacità di proporre non solo i prodotti che piacciono ai clienti (o a loro stessi) e che quindi “si vendono da soli”, ma anche quelli più difficili da collocare; e. devono utilizzare la leva promozionale in maniera mirata per ridurre le scorte, adottando sia il taglio prezzi “secco”, sia lo sconto su combinazioni di prodotti.
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Un reso è un prodotto che viene restituito al fornitore o al magazzino, perché:
non è stato venduto in un determinato periodo di tempo, è stato offerto a prezzo scontato senza successo. Perché un reso sia possibile, deve essere previsto dal contratto tra il negozio e il fornitore (in caso di negozio indipendente) o dalle regole interne (in caso di catena gestita centralmente). L’indicatore misura la capacità di “indovinare” l’ordine e la capacità di vendere la maggior parte dell’assortimento disponibile. A volume = numero dei prodotti resi A valore = somma dei prezzi di acquisto dei prodotti resi Percentuale = somma dei prezzi di acq. dei prodotti resi / totale vendite x 100 Un altro metodo di calcolo in percentuale è:* (Sell in – sell out) / Sell out x 100 * Perché il dato sia attendibile, in questa formula il sell-out deve essere depurato da avarie, rotture e differenze inventariali. I Resi
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Su quali leve potrebbe agire lo store manager per modificarlo?
Le variabili influenzanti il parametro. L’indicatore relativo ai resi misura essenzialmente la qualità: del processo di acquisto, del processo di vendita. Su quali leve potrebbe agire lo store manager per modificarlo? Le azioni che si possono compiere per gestire al meglio i resi sono: curare l’ordine; identificare il prima possibile i prodotti che il cliente tende a non comprare e cercare di metterli in evidenza attraverso azioni di merchandising; verificare il prezzo di vendita; identificare insieme ai venditori argomentazioni e modalità per vendere i prodotti meno apprezzati; Utilizzare la leva promozionale.
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I costi del Personale Essi rappresentano l’insieme dei costi sostenuti dal p.v. per retribuire il lavoro di tutto il personale operante in quel negozio (store manager, venditori, eventuali altri ruoli quali cassiere, visual, magazziniere, capo reparto, ecc.). Il costo del personale è dato dalla somma degli importi fissi e variabili percepiti dai dipendenti e versati all’Erario e agli Enti Previdenziali. A valore = somma dei costi del personale Percentuale = costi del personale / vendite x 100 Variabili influenzanti i costi del personale (scomponibili in costo medio orario e numero di ore lavorate in un certo periodo); per il primo: livello medio delle retribuzioni in quel periodo, in quel settore e in quel mercato del lavoro; tipo di contratto stipulato con le persone; politica retributiva (quanto di + rispetto al contr.) anzianità aziendale delle persone e politica di merito in funzione dei risultati, ad esempio; incidenza delle ore straordinarie. Per il secondo: quante persone lavorano in un p.v. (organico); quante ore settimanali lavorano effettivamente, in totale e individualmente (full o part time, straordinari, ferie, malattie). Per controllare tali costi lo store manager può: selezionare con cura le persone (motivazione); selezionare persone giovani (serve + formazione); adottare contratti convenienti per il datore di lavoro (rischio fuga!) organizzare i turni in coerenza con i flussi di clientela (per evitare tempi vuoti in cui il venditore non lavora); definire processi di lavoro efficienti, evitando operazioni inutili e riducendo l’impegno in attività burocratiche; presidiare i turni e le attività da svolgere (per minimizzare lo straordinario); essere presente nel negozio, insieme alle persone; collegare le retribuzioni ai risultati, per ottenere maggiore “spinta” nei venditori; monitorare il microassenteismo e i comportamenti “laschi” nell’uso del tempo (puntualità in entrata e uscita, rispetto tempo pause), intervenendo con rigore sui comportamenti non coerenti con le regole.
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Vendite / numero ore lavorate
La produttività oraria In un periodo dato, la produttività oraria è il rapporto tra la cifra d’affari del negozio (ovvero le vendite) e il numero di ore che è stato necessario lavorare per realizzare quelle vendite. In altre parole, tale parametro indica la produttività media di un’ora di lavoro in quel p.v., cioè quante vendite genera mediamente un’ora di lavoro. Vendite / numero ore lavorate L’entità della produttività oraria è influenzata da merceologie trattate, battuta media, livello di servizio (libero o assistito), livello di “disponibilità del cliente”, efficacia ed efficienza dei processi di lavoro interni, competenza media delle persone, flessibilità degli orari di lavoro, motivazione e livello medio di impegno delle persone (“velocità” e flessibilità). La produttività non appare invece influenzata dal tipo di contratto e dal costo medio orario.
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I costi diretti di struttura
I costi diretti di struttura sono tutti i costi relativi ai “muri” del negozio. Sono costi diretti, di competenza del p.v., perché senza sostenerli l’attività commerciale non potrebbe esistere né funzionare. Questo indicatore misura la totalità dei costi sostenuti per affitto o spese di gestione dell’immobile di proprietà, l’acquisto di materiali, l’acquisto o ammortamento di attrezzature, le utenze (gas, luce, telefono, ecc.) la pulizia e le manutenzioni, le tasse municipal (vetrine, spazzatura, SIAE, TOSAP, ecc). Essi sono per lo più influenzati dal mercato: 1. l’ammontare dell’affitto dipende dal valore immobiliare della zona in cui si trova il p.v.; le utenze sono definite da un mercato regolato; i costi di materiali, pulizia e manutenzione sono oggetto di trattativa con i fornitori; le tasse sono determinate dalle autorità pubbliche. Leve d’azione per modificare tali costi: sensibilizzando il personale e monitorando gli sprechi. Le principali aree di attenzione sono: l’uso delle utenze; il corretto uso delle attrezzature (che diminuisce l’esigenza di manutenzione); l’attenzione ai materiali di consumo (ad esempio, sacchetti e carta da pacchi); le attività di pulizia.
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Un documento di sintesi: il Conto Economico
Vendite lorde (o Cifra d’affari) – IVA = Vendite nette Vendite nette – Costo del venduto = Primo margine (o Margine vendite) Primo margine + Contributi dei fornitori + Premi di fine anno = Secondo margine (o Margine Commerciale) Secondo margine – Avarie e rotture – Differenze inventariali – Resi = Terzo margine (o Margine Merci) Terzo margine – Costi del personale – Costi diretti di struttura = Quarto margine (o Margine operativo lordo) Quarto margine – Oneri finanziari + Utili finanziari = Quinto margine (o Margine operativo netto)
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