La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

SISMOLOGIA II Intensità sismica

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "SISMOLOGIA II Intensità sismica"— Transcript della presentazione:

1 SISMOLOGIA II Intensità sismica
SCIENZE NATURALI LEZIONE N.4C SISMOLOGIA II Intensità sismica slide 40 IV Liceo SCIENZE APPLICATE Prof. Fabrizio CARMIGNANI IISS “Mattei” – Rosignano S. (LI)

2 INTENSITA’ SISMICA Scale di misurazione

3 1) SCALA MERCALLI: intensità 2) SCALA RICHTER: magnitudo
Esistono 2 principali scale di misurazione dell’intensità dei TERREMOTI: 1) SCALA MERCALLI: intensità E’ una scala empirica che si basa sulla misura degli effetti (danni) del terremoto sull’ambiente, sulle costruzioni e sulla perdita di vite umane 2) SCALA RICHTER: magnitudo Scala strumentale che misura l’intensità della scossa (definita MAGNITUDO) come si rileva dai sismografi ed è proporzionale all’energia che accompagna le onde sismiche

4 1. SCALA MERCALLI Questi valori sono indicati come GRADI
Si basa sui danni causati da un sisma. Poco scientifica perché può indicare, con gradi diversi, terremoti che sprigionano una stessa energia (simili) ma che avvengono in siti diversi per densità, tipologia di costruzioni e caratteristiche del suolo L'INTENSITA’ ,generalmente espressa con numeri romani, puo' assumere solo valori interi compresi tra "I" e "XII" Questi valori sono indicati come GRADI La corrispondenza tra grado e danno subito e' stabilita da una tabella, la cosiddetta SCALA In Italia, l'intensita' e' solitamente espressa nella scala: Mercalli–Cancani–Sieberg (M.C.S) del 1930

5 AREA PLEISTOSISMICA Dopo un terremoto i dati relativi ai danni o alla percezione di un terremoto vengono raccolti riempiendo appositi questionari Analizzando i dati relativi all’intensità di un terremoto, è possibile tracciare sulle carte (CARTE SISMICHE) delle linee più o meno sinuose che congiungono punti dove il sisma si è verificato con la stessa intensità: le ISOSISTE o ISOSISME

6 L'identificazione delle aree maggiormente interessate da un terremoto può essere fatta con la costruzione delle "ISOSISTE" (ISOSISME): linee, tracciate su una carta geografica, che uniscono i luoghi in cui un terremoto ha avuto la stessa intensità (o la stessa magnitudo) Appaiono come linee chiuse, di forma irregolare, delimitanti aree concentriche, la più interna delle quali, dove gli effetti sono stati maggiori, è detta AREA PLEISTOSISMICA Quando la loro forma è ellittica, l'asse maggiore individua la direzione di propagazione preferenziale del terremoto che può essere confrontata con le direttrici geologico-strutturali della regione per ricavare dati sulla possibile genesi del sisma

7 Nel caso di terremoti superficiali, l'allungamento dell‘ISOSISTA di grado massimo é utilizzato per ricostruire la forma e le dimensioni della sorgente del terremoto. Nei terremoti superficiali le isosiste sono ravvicinate l'una all'altra, il loro distanziamento cresce con la profondità ipocentrale ciò significa che qualunque regione può essere interessata non solo dai terremoti ad ipocentro locale, ma anche da quelli ad ipocentro profondo, situato in altre regioni

8

9 FRIULI 6 Maggio 1976

10 TERREMOTO della valle del BELICE
Rovine, nel 2003, del sisma Poggioreale (TP) TERREMOTO della valle del BELICE DATA 14/15 GENNAIO 1968 MAGNITUDO 6,4 EPICENTRO Valle del fiume BELICE REGIONE  SICILIA VITTIME CIRCA 370

11 SCALA MERCALLI (M.C.S.) I STRUMENTALE II LEGGERISSIMA III LEGGERA IV
GRADO SCOSSA DESCRIZIONE I STRUMENTALE non avvertito II LEGGERISSIMA avvertito solo da poche persone in quiete, gli oggetti sospesi esilmente possono oscillare III LEGGERA avvertito notevolmente da persone al chiuso, specie ai piani alti degli edifici; automobili ferme possono oscillare lievemente IV MEDIOCRE avvertito da molti all'interno di un edificio in ore diurne, all'aperto da pochi; di notte alcuni vengono destati; automobili ferme oscillano notevolmente V FORTE avvertito praticamente da tutti, molti destati nel sonno; crepe nei rivestimenti, oggetti rovesciati; a volte scuotimento di alberi e pali VI MOLTO FORTE avvertito da tutti, molti spaventati corrono all'aperto; spostamento di mobili pesanti, caduta di intonaco e danni ai comignoli; danni lievi

12 VII FORTISSIMA VIII ROVINOSA IX DISASTROSA X DISASTROSISSIMA XI
tutti fuggono all'aperto; danni trascurabili a edifici di buona progettazione e costruzione, da lievi a moderati per strutture ordinarie ben costruite; avvertito da persone alla guida di automobili VIII ROVINOSA danni lievi a strutture antisismiche; crolli parziali in edifici ordinari; caduta di ciminiere, monumenti, colonne; ribaltamento di mobili pesanti; variazioni dell'acqua dei pozzi IX DISASTROSA danni a strutture antisismiche; perdita di verticalità a strutture portanti ben progettate; edifici spostati rispetto alle fondazioni; fessurazione del suolo; rottura di cavi sotterranei X DISASTROSISSIMA distruzione della maggior parte delle strutture in muratura; notevole fessurazione del suolo; rotaie piegate; frane notevoli in argini fluviali o ripidi pendii XI CATASTROFICA poche strutture in muratura rimangono in piedi; distruzione di ponti; ampie fessure nel terreno; condutture sotterranee fuori uso; sprofondamenti e slittamenti del terreno in suoli molli XII GRANDE CATASTROFE danneggiamento totale; onde sulla superficie del suolo; distorsione delle linee di vista e di livello; oggetti lanciati in aria

13 2. SCALA RICHTER La scala RICTHTER misura la MAGNITUDO (lat. = grandezza)  cioè l’energia rilasciata durante un terremoto nella porzione di crosta dove questo si genera Ideatori di questa misura strumentale furono i sismologi Charles RICHTER e Beno GUTEMBERG che nel 1935 utilizzarono l’ampiezza delle onde registrate su un particolare sismografo standard denominato “Wood - Anderson” dai nomi dei suoi ideatori Come sempre, quando si costituisce un metodo di misura, occorre decidere quale è lo ZERO ed il criterio di passaggio tra le diverse unità

14 Richter definì il valore di MAGNITUDO 0 per quel dato terremoto che sul sismografo standard, posto a 100 km di distanza dall’epicentro, produceva un sismogramma con un'ampiezza massima di 0,001 mm (1 micron) Stabilì, inoltre, che ogni volta che l’ampiezza massima registrata fosse cresciuta 10 volte rispetto al valore precedente, il valore di magnitudo salisse di 1 unità La scala doveva poter descrivere, con un numero ristretto di valori, sia sismi appena avvertibili che terremoti immani: per questo, essa è logaritmica per cui ad ogni aumento di 1 unità nella magnitudo corrisponde un aumento di 10 volte nell’ampiezza misurata (intensità) (mentre il rilascio di energia è circa 30 volte maggiore)

15 ML= log A La magnitudo è espressa in numeri interi e frazioni decimali
Inoltre, non ha divisioni in gradi, né limiti inferiori, se non strumentali, né superiori. Come diceva RICTHER il “limite sta non nella scala ma nella natura” La magnitudo è espressa in numeri interi e frazioni decimali Per i terremoti che si verificano a 100 km di distanza, la formula è, dunque; ML: magnitudo Richter (MAGNITUDO LOCALE) A: altezza massima del sismogramma dalla linea 0 fino al picco massimo (mm) ML= log A

16 Poiché l’ampiezza massima registrata sul sismogramma di un forte sisma può essere anche milioni di volte maggiore di quella relativa ad un terremoto debole, al fine di evitare numeri di magnitudo troppo grandi, Richter ritenne opportuno: ricorrere al logaritmo in base 10 del rapporto fra l’ampiezza massima A del terremoto in esame (misurata in micron) e l’ampiezza A0 che verrebbe prodotta dallo stesso terremoto distante 100 Km dall’epicentro (terremoto standard): M = log A/A0

17 Infine, poiché i terremoti non hanno distanza fissa di 100 km dall’epicentro e sono registrati da sismografi sparsi in varie aree, il concetto di magnitudo venne esteso per calcolarla  anche per altri possibili valori di distanza dall’epicentro La magnitudo di terremoti che avvengono a distanze epicentrali diverse da 100 km può essere calcolata solo se si conosce la legge di attenuazione dell’ampiezza delle onde sismiche con la distanza epicentrale Richter determinò la suddetta legge empiricamente, dallo studio di numerosi terremoti superficiali avvenuti nella California meridionale con distanze epicentrali comprese tra 20 e 600 km

18 Ricavò così una serie di dati che vennero raccolti in una grossa tabella, ma che sono riassumibili in 2 semplici equazioni:  ML= log A + 1,6 log D – 0,15 per gli eventi distanti meno di 200 km  ML = log A + 3,0 log D – 3,38 per gli eventi compresi tra 200 km e 600 km In entrambe le formule, le cui costanti numeriche sono valide più che altro in quella regione degli Stati Uniti, A è l’ampiezza massima della traccia sismografica misurata in mm ed il  parametro D è la distanza epicentrale in km

19 Questa magnitudo e' indicata come Md
Un metodo oggi molto usato per la stima della MAGNITUDO e' tramite la misurazione della durata della registrazione. Questa stima deve essere calibrata empiricamente stazione per stazione sulla base di un numero sufficiente di terremoti di cui sia nota la magnitudo attraverso uno dei metodi standard Questa magnitudo e' indicata come Md La magnitudo e l'intensità esprimono entrambi una indicazione della forza del terremoto, la prima più legata alla misura dell'energia rilasciata , mentre la seconda legata ai danni conseguenti. MAGNITUDO: grandezza che può assumere qualsiasi valore maggiore di 0 con un andamento logaritmico Non esiste un limite superiore, ma per dare un'idea della grandezza la scossa principale del terremoto dell'Irpinia (1980) ha avuto una magnitudo ML pari a 6.9

20 Tipologie di MAGNITUDO
ML: MAGNITUDO LOCALE (Scala Richter iniziale: Anni ‘30) MW: MAGNITUDO MOMENTO (energia liberata) mb: MAGNITUDO di VOLUME (si calcola con l’ampiezza delle onde P) Ms: MAGNITUDO SUPERFICIALE Md: MAGNITUDO di DURATA (durata registrazione)

21 CORRISPONDENZA SCALA RICHTER e SCALA MERCALLI

22 alcuni terremoti CATASTROFICI
Foto di alcuni terremoti CATASTROFICI

23 1906 SAN FRANCISCO (California - USA) M = 7.8 750 vittime

24 1908 MESSINA (Italy) M = 7.2 vittime

25 1908 MESSINA (Italy) M = 7.2 vittime

26 1985 MEXICO CITY M = 7.9 9.500 vittime

27 1995 KOBE (Giappone) M = 7.2 5.500 vittime

28 1999 IZMIT (Turchia) M = 7.4 vittime

29 13 gennaio 2010 HAITI morti?

30 RISCHIO SISMICO e PREVENZIONE in ITALIA

31 Il nostro Paese è a rischio sismico ma non così elevato come molti pensano
Vi sono stati come il Giappone e la California che corrono, da questo punto di vista, molti più pericoli di noi Italiani e la Cina, quanto a numero di vittime, detiene il record assoluto (un sisma del 1556 sembra abbia causato più di morti)  Nonostante qualche successo, bisogna tuttavia riconoscere che la PREVISIONE ed il CONTROLLO dei terremoti hanno dato finora risultati deludenti e contraddittori Si sono registrati casi in cui alcuni segni ritenuti premonitori non hanno dato seguito ad alcun terremoto mentre altre volte si è verificato un evento sismico di forte intensità senza che lo stesso sia stato preceduto da alcun segno premonitore

32 PREVENZIONE La difesa dai terremoti, per il momento, rimane quindi la PREVENZIONE attraverso l’applicazione di norme antisismiche da osservare scrupolosamente e la creazione fra la popolazione di una vera cultura del terremoto intesa come capacità di convivere con questa manifestazione della natura senza drammi e catastrofismi

33 Sotto questo aspetto il GIAPPONE è diventato il maggiore esperto mondiale
Ogni anno l’arcipelago nipponico è colpito da un migliaio di scosse percettibili, alcune delle quali di media o forte intensità, ma i danni ai manufatti e alle persone sono minimi (il terremoto che nel 1976 in Friuli fece mille morti e lasciò persone senza tetto, in Giappone non avrebbe fatto vittime e poche sarebbero state le case danneggiate) La difesa più sicura dai terremoti consiste , quindi,nella prevenzione che si realizza con la costruzione di EDIFICI ANTISISMICI Charles Richter, il padre della sismologia moderna, affermava che “non sono i terremoti che causano il maggior numero di morti, ma le costruzioni degli uomini” e quindi raccomandava di sostituire o di rinforzare le case prive di sicurezza soprattutto se ubicate in zone ad alto rischio sismico.

34 Bisogna però riconoscere che il suggerimento del geofisico statunitense non è di facile applicazione, in particolare per quello che riguarda i nostri centri storici o i vecchi paesini di collina e montagna Comunque attualmente i nuovi edifici sono costruiti con caratteristiche antisismiche facendo largo impiego di cemento armato che rappresenta il materiale antisismico per eccellenza

35 (INGV) RETE SISMICA NAZIONALE CENTRALIZZATA
La sorveglianza sismica del territorio italiano è affidata da molti anni allo: ISTITUTO NAZIONALE di GEOFISICA e VULCANOLOGIA (INGV) La RETE SISMICA NAZIONALE CENTRALIZZATA (RSNC) è costituita da 90 stazioni sismiche

36 La sismicità della Penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica, essendo situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e la zolla eurasiatica, collocazione che la sottopone a forti spinte compressive, che causano l’accavallamento di blocchi di roccia. Infatti la litosfera (crosta terrestre fino a 70 Km. di profondità) è sempre in lento movimento, comprimendo le varie zolle di cui è strutturata

37 Solo la SARDEGNA non risente particolarmente degli eventi sismici
Per tale motivo l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo ma lo è anche per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l’intensità da essi raggiunta Solo la SARDEGNA non risente particolarmente degli eventi sismici In anni, l’Italia è stata interessata da più di terremoti di media e forte intensità (superiore al IV-V grado Mercalli) e da circa 560 eventi sismici di intensità uguale o superiore all’VIII grado della scala Mercalli con una frequenza di circa uno ogni 4 anni Nel solo XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5 (tra X e XI grado Mercalli)

38 MICROPLACCA ADRIATICA
Fa parte della grande PLACCA AFRICANA che si muove, da 60 milioni di anni, in direzione N-E premendo contro la PLACCA EUROPEA E’ proprio la microplacca adriatica che, incuneandosi in quella europea comprime le strutture balcaniche e, incontrando resistenze disomogenee, tende a ruotare intorno ad una cerniera localizzabile nel basso tirreno In corrispondenza del MARGINE CONVERGENTE fra zolla adriatica ed europea (litosfera continentale) queste s’inarcano creando catene montuose e conseguenti terremoti Questi sono dovuti alla enorme quantità di energia che si è accumulata fino a provocare la rottura delle faglie prima che, il margine della zolla adriatica si immerga nell’astenosfera della zolla europea MICROPLACCA ADRIATICA cerniera PLACCA AFRICANA

39 Se lungo il margine balcanico si è avuto un accorciamento, lungo il margine opposto, quello tirrenico, avviene un allargamento, documentato dal fatto che solo 10 milioni di anni fa la catena appenninica era molto più vicina al massiccio sardo-corso e il bacino del Tirreno meridionale non esisteva MICROPLACCA ADRIATICA

40 FINE della LEZIONE N.4C SISMOLOGIA II: Intensità sismica
Grazie per l’attenzione E ricordatevi… … Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza… DANTE ALIGHIERI La Divina Commedia, INFERNO, canto XXVI, Prof. Fabrizio CARMIGNAN


Scaricare ppt "SISMOLOGIA II Intensità sismica"

Presentazioni simili


Annunci Google