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PubblicatoΆριστόδημος Σαμαράς Modificato 6 anni fa
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Sociologia economica del welfare Piera Rella -20 marzo 2018
corso di laurea in Programmazione Gestione e Valutazione dei Servizi Sociali PROSS- I anno 12 crediti formativi (inclusi 6 Nocifora sulle migrazioni) – gruppo disciplinare SPS/09 Dal 1 marzo al 29 maggio Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Ricevimento stanza B12 su appuntamento 1 1
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Abbiamo visto settimana scorsa
4 modelli di welfare (secondo Esping Andersen e Titmuss: liberale residuale, conservatore corporativo, e una sua variante per i Pigs) a cui corrispondono 4 modelli di capitalismo secondo Burroni Trasformazione e dei rischi sociali e persistenza del welfare di Costanzo Ranci e Mauro Migliavacca attenzione alla famiglia e al mercato del lavoro Stefano Sacchi e Patrick Vesan Le politiche- attive e passive- del lavoro Vediamo oggi il IV capitolo del testo a cura di Ascoli, Il welfare in Italia sul Le politiche socio-assistenziali
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Le politiche di welfare non hanno subito cambiamenti (Ranci e Migliavacca)
Inerzia del nostro sistema di welfare: in sanità si spende meno che negli altri grandi paesi Ue per la tutela della disabilità e ancor meno in indennità di disoccupazione, e spesa sociale in senso stretto Spesa sociale per famiglie e infanzia più a rischio con la crisi non è aumentata Manca un Rmi (a parte il Sia e il Rei introdotti dopo)
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Inerzia delle politiche pubbliche (visione benevola)
conclusioni Le disuguaglianze tra i diversi gruppi sociali si sono approfondite in un gioco a somma 0, in cui i perdenti sono i < 16 anni, i giovani, i lavoratori temporanei, le famiglie monoreddito, i non autosufficienti e coloro che li accudiscono, i ceti medi I vincitori: ricchi, dirigenti, imprenditori professionisti, pensionati Il welfare non ha attenuato le sofferenze degli sconfitti per Inerzia delle politiche pubbliche (visione benevola) Propensione a rispondere agli interessi degli insiders (Ranci, Migliavacca)
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Conclusioni Sacchi Vesan nel 2014
Forte aumento flessibilità non aumenta possibilità d’impiego durature, a meno che non avvenga in un’azienda in espansione tentativo attuale Jobs act di rafforzare il carattere stabile del lavoro Alla vigilia della crisi economica si sono tappate le falle, ma manca un pavimento di diritti sociali e universalistici accessibili per tutti i lavoratori: gli ammortizzatori sociali rimangono di tipo assicurativo (quindi non per tutti)- Le politiche attive sono limitate La riforma degli Spi limitata Quando scrivono gli autori + DL 2014 del jobs act
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Le politiche socio assistenziali di Yuri Kazepov
Cap4 del testo a cura di Ascoli, Il welfare in Italia (+ riferimenti a Madama Le politiche di assistenza del welfare,Il Mulino 2010)
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Cos’è l’assistenza sociale e come è cambiata
Le politiche socio-assistenziali vanno dalle misure contro la povertà a quelle che servono a integrare i servizi socio assistenziali territoriali E’ la parte più antica del welfare che risale alla Poor Laws (1601) →obbligo delle parrocchie locali di assistere i propri poveri (misura paternalista per garantire ordine pubblico) →contenere vagabondaggio ↓ stigma per le persone Sotto Elisabetta I- New poor Low 1834 più rigida e punitiva (le case di lavoro diventano di fatto prigioni) per contrastare aumento di emarginati conseguenti all’inurbamento
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2° generazione di politiche sociali
2° generazione: dopo rivoluzione francese e industriale assunzione di responsabilità da parte dello Stato → secolarizzazione assistenza e istituzionalizzazione diritti bisognosi. Specie nel II dopoguerra definizione di soglie di povertà considerate inaccettabili → erogazione di un sussidio a fronte di una prova dei mezzi → universalismo selettivo Negli anni’80 i cambiamenti demografici, sociali e la crisi occupazionale rendono insostenibile il sistema di welfare↓ Nel 1995 i trasferimenti assorbivano tra il 90 e il 95% della spesa assistenziale: bisogna incrementare i servizi a livello territoriale e definire i LEP (livelli essenziali di prestazioni) In parte da Madama
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3° generazione di politiche sociali
3° generazione: nuovi rischi sociali a seguito della transizione demografica (bassi tassi fertilità, instabilità matrimoniale e processi migratori) e crisi socio economica (disoccupazione etc) → diritto “vincolato” si diffonde in tempi diversi nella Ue → politiche di attivazione ( ti do il sussidio se sei disponibile a lavorare o a formarti) e rifiuto termine assistenza sociale (ad sistere = stare vicino). Difficoltà e ritardi italiani dato che neanche quelle di 2° generazione erano consolidate C’è un intreccio tra politiche assistenziali in senso stretto e politiche per il lavoro
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Le misure di assistenza sociale in Europa
Inizio anni ’70 ultima rete di sostegno contro la povertà (con generosità variabile e diversi criteri di accesso) diffusa nella maggior parte paesi Ue. Asili nido e assistenza domiciliare anziani nei paesi nordici (sviluppati nell’Europa continentale negli anni ’90). I paesi mediterranei sono ancora più in ritardo. Manca un Rmi→ Forti responsabilità alla famiglia→ funziona finché il capo famiglia ha un reddito sufficiente e la donna svolge compiti di cura Per i paesi nordici l’ultima rete è residuale, dato i servizi a carattere universalistico e le minori disuguaglianze e meno povertà
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Come si passa a forme assistenziali di 3° generazione
L’aumento della disoccupazione, specie di lungo periodo fa aumentare l’uscita dalla protezione previdenziale e l’entrata nell’assistenza sociale → politiche di attivazione ↙↘ Promozione personalità obbligo lavorativo Inclusione sociale condizione x il sussidio Paesi nordici (continentali) paesi anglosassoni Ovunque cresce il ruolo degli attori regionali e diminuisce quello dello Stato
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Le politiche di assistenza sociale in Italia
“Diritto al mantenimento e all’ assistenza per chi è inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi” (art.38 Costituzione) Nonostante ciò molti aspetti critici nel welfare italiano Categorialità e frammentarietà (vecchiaia e meno esclusione sociale e povertà) Squilibrio distribuzione spesa pubblica per poca capacità redistributiva, risorse scarse e gestione disorganica → poca efficacia nel ridurre povertà e disagio particolarismo clientelistico: ad es. pensioni di invalidità quintuplicate dal 1960 al 1980, merce di scambio sul mercato clientelare tanto da superare nel 1974 quelle di vecchiaia
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Difficolta’ nell’applicare le forme assistenziali di 2°generazione L’AS tra stato e chiesa (Madama)
Dpr 616/1977 Regioni ed enti locali acquisiscono competenze in tema di assistenza e beneficienza incluse beni e personale Ipab Lungo contenzioso sulle Ipab che ne bloccò di fatto l’attuazione fino al 2001
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Discrezionalità e sussidiarietà passiva
Elevata discrezionalità degli operatori sociali per scarsa esigibilità dei diritti e in funzione di limitare la spesa Sussidiarietà passiva: attribuire responsabilità a famiglie, terzo settore, enti locali, senza attribuire risorse adeguate (ad es. assegni familiari bassi e limitati a lavoratori dipendenti a basso reddito: scarso finanziamento cooperative sociali e durante la crisi de-finanzia-mento enti locali) ↓ Le politiche di assistenza sociale esprimono più di altre la debolezza del welfare
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Gli anni ’80 tra crisi economica e de-sincronizzazione delle riforme
Assistenza sociale e politiche per il lavoro non sincronizzate → aumento differenze territoriali Assistenza sociale schiacciata tra un sistema pensionistico ingombrante e uno sanitario poco efficiente 1989 primo tentativo di risolvere l’ambigua divisione tra previdenza e assistenza Seguono diverse leggi di riforme parziali prima della legge quadro Madama
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Gli anni ’90: le pressioni della Ue e le speranze di cambiamento
Pressione Ue dopo trattato di Maastricht 1992 Legge 285/1997 Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza → interventi socio-educativi di prevenzione del disagio La commissione Onofri nominata nel 1997 dal I governo Prodi per una riforma dello stato sociale ↓ Diagnosi: spesa inadeguata, elevata frammentazione istituzionale e categoriale, sovrapposizioni funzionali; eccessivo ricorso ai trasferimenti a discapito dei servizi, differenziazione territoriale, assenza di una rete di sicurezza sociale di ultima istanza Incremento risorse Proposte di riforma ↕ Razionalizzazione interventi 1997 governo di centro sinistra
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La sperimentazione del RMI
Nel 1999 si sperimenta in 39 comuni per 1 biennio una misura assistenziale di 3° generazione, ispirata al Rmi francese che prevedeva misure attive di inserimento nel lavoro con percorsi psicologici e formativi Nel 2001 si estende la sperimentazione per un altro biennio a 267 comuni che facevano parte di patti territoriali (progetti di sviluppo integrati dei territori, mobilitando e cercando di responsabilizzare le forze locali, proposti dal Cnel con l’obiettivo di produrre più capitale sociale). Risultati: → Al Sud lavori di pubblica utilità → al Nord inserimento lavorativo protetto Patti territoriali da Trigilia, Non c’è nord senza Sud
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Criticità della sperimentazione per scarso coordinamento inter-istituzionale
Mancanza accompagnamento comuni Scarso coordinamento interistituzionale per controllare le dichiarazioni dei richiedenti Chi dichiara di non avere reddito viene considera-to un lavoratore in nero (danno per i veri incapienti) Mancanza personale formato a gestire situazioni multiproblematiche o comunque un progetto di reinserimento Incapacità (o maggiore difficoltà ) di creare circoli virtuosi di reinserimento professionale proprio al Sud, dove mancano anche politiche di sviluppo locale Variabilità rete attori locali (mancanza di sostegno per i territori più deboli) Esclusione enti territoriali sovra-comunali (ma comuni troppo piccoli non possono gestire il reinserimento)
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Rapporto di valutazione del Rmi fatto da 3 istituti di ricerca indipendenti
Valutava positivamente il fatto che faceva venir meno misure categoriali e discrezionali di sostegno al reddito Aveva incluso persone in acuto bisogno economico prima escluse Promosso nuovi percorsi di inserimento e recupero sociale (incluso l’abbandono scolastico) Aspetti critici: selettività e scarsa attivazione in alcuni contesti meridionali Ministro Maroni, appigliandosi alle critiche, dichiarò fallimentare l’esperienza. Nel si passa dal Rmi al RUI (reddito di ultima istanza molto più basso e previsto dal Libro bianco del welfare cofinanziato da Regioni e Stato) Rui mai attuato, perché una sentenza della Corte costituzionale del 2004 considera incostituzionale il cofinanziamento statale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, senza la definizione dei LEPS Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali Madama
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La sperimentazione locale di sostegni al reddito
Terminata nel 2004 la sperimentazione nazionale si avviano forme di sostegno locale, anche di tipo regionale in Campania, Basilicata, Friuli Venezia Giulia. Solo nel Lazio il sostegno è di tipo categoriale, rivolto a disoccupati di vario tipo, che non hanno sostegno economico Le disuguaglianze di trattamento a livello territoriale continuano anche oggi con il paradosso che le Regioni più ricche hanno più disponibilità finanziaria, meno povertà e più facilmente un RMI, come Val d’Aosta, Trento Bolzano ed Emilia Romagna
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Le aspettative tradite dalla legge 328/2000
Riprende proposte commissione Onofri, ma demanda la realizzazione a decreti attuativi (di fatto solo il dl 207/2001 di scioglimento Ipab) E’ l’esito di un lungo percorso di avvicinamento tra erogazioni monetarie e servizi socio-assistenziali Annullata dalla riforma del Titolo V della Costituzione che lascia allo stato i compiti di finanziare il fondo perequativo (alle Regioni tutto il resto) Coordinare la riforma istituzionale Stabilire i LEPS (prestazioni sociali)
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La spesa per servizi sociali
Il fondo per le politiche sociali, istituito nel 1998, in crescita fino al 2004, poi altalenante, con tendenza al ribasso. Chiuso nel 2010 per rendere certa la (bassa) quota spettante agli enti territoriali. Rispecchia le caratteristiche del welfare italiano dato che finanzia per il 59,3% Fnps (fondo naz. politiche sociali), 36,5% le Regioni, 4,2% altre amministrazioni nel 2009 Nel 2006 la spesa per servizi sociali è solo il 15% Coordinamento e promozione da parte dello stato di misure perequative tra territori è mancato
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Ambiguità anche dei governi di centro sinistra
Sgravi fiscali lasciano fuori chi non ha alcuna fonte di reddito, a meno che si preveda un imposta negativa o bonus per incapienti Sgravi sull’Ici per la prima casa sono iniqui rispetto alla platea degli affittuari
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Recenti misure di AS contro la povertà
social card introdotta nel 2008 di 40 euro mensili, bonus famiglia per cittadini sopra i 65 anni e con figli minori sotto i 3 anni e valore ISEE sotto i 6000 euro ISE = Indicatore Situazione Economica (oltre al reddito il patrimonio per evitare i “falsi positivi” dovuti all’evasione fiscale) ISEE = Indicatore Situazione Economica equivalente (ISE ponderato con numerosità nucleo familiare)
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Viene meno la funzione anticiclica delle politiche sociali
Per una spesa troppo bassa che scende ulteriormente durante la crisi Perché non si colma la carenza dei servizi sociali Il Piano asili nido è tra le poche cose che riesce ad avviare il II governo Prodi, senza completarlo
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Deresponsabilizzazione governo centrale
Viene meno l’anomalia italiana che pagasse l’Inps (lavoratori dipendenti) l’integrazione al minimo e l’invalidità civile Ma i LEPS non si definiscono I piani di zona a livello locale funzionano, ma aggravano le differenze territoriali Le riforme con risorse decrescenti sono difficili
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conclusioni La sussidiarietà non deve trasformarsi in una forma passiva di delega delle responsabilità: si rischia impoverimento e sovraccarico famiglie Leps potrebbero essere strumenti contro la distorsione particolaristica, creatori di diritti, ma non vengono definiti Manca una visione lungimirante delle politiche sociali come investimento sul benessere della società
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Un bilancio di 15 anni di riforme in base a 4 obiettivi Commissione Onofri (Madama, 2010)
1. Una politica organica e inclusiva di lotta alla povertà? Frammentazione interventi con ampia differenziazione requisiti d’accesso (Ise non sempre utilizzato) Rmi, l’innovazione più interessante - La sperimentazione fatta proprio in contesti “difficili” per migliorare lo strumento sarebbe venuta a costare a livello nazionale dai 2,2 mld ai 3 nel 2001, meno dei 10 mld spesi in pensioni di invalidità Tolto l’Rmi la povertà è poco ridotta dal welfare italiano: contano soprattutto pensioni sociali e poco gli altri trasferimenti→ rischi più elevati che in altri paesi Ue per minori e working poor (qui è peggio negli altri paesi meridionali) Madama Le politiche di assistenza sociale
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2. Il mancato rilancio dei servizi sociali
Rimane preferenza accordata ai trasferimenti Sola eccezione i nidi raddoppiati in un decennio (i privati decuplicati, i pubblici + 30%) senza coprire tutte le necessità Servizi non sanitari: l’Italia in posizione marginale in Ue→ famiglie ricorrono a strutture per anziani private e a badanti
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3.Lep e disomogeneità territoriali: quali progressi
La legge quadro del 2000 prevedeva un tavolo tecnico governo, Regioni, enti locali→ risultati sintetizzati da Maroni nel 2004 in un documento che non fu approvato per contrasti politici tra Regioni e per la decurtazione del Fondo nazionale per le politiche sociali Il Centro sinistra stabilì i Lep per gli asili nido, ma nel % asili al Sud e 26% in Emilia Romagna → cittadinanza sociale differenziata a livello territoriale
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Quali differenze tra Lep, Lea e Liveas?
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Lep, Lea, Liveas I Lep = livelli essenziali di prestazioni (dal punto di vi-sta finanziario) non sono stati definiti a livello statale, mentre si è pervenuti ad una definizione nazionale dei Lea = Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria Liveas = i livelli essenziali assistenza sociale ≈ Lep, ma più qualitativi sono ancora in fase di determinazione, sul piano legislativo, demandando la programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi agli Enti locali e alle Regioni ↓ realizzando in tal modo lo sviluppo di differenti modelli di integrazione sociosanitaria. In un convegno del 2015 a Napoli si proponeva di integrare Lea e Liveas, chiarendo compiti di Stato e Regioni
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4. Andamento delle risorse del FNPS destinate al welfare locale Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali 2011 (Burgalassi, 2014) Anni ‘90 crescita col I governo Prodi,2005 picco in basso Maroni? risalita con IVgoverno Prodi e poi ricomincia discesa con governo Berlusconi e governi tecnici
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La spesa socio-assistenziale aumento o contrazione?
Rimane distorsione allocativa verso vecchiaia e disabilità ma la spesa avrebbe bisogno di aumentare (specie in servizi che nel 2000 sono appena lo 0,4% del Pil rispetto allo 0,3 del 1995) e non di contrarsi Anni ‘90 crescita col I governo Prodi,2005 picco in basso Maroni? risalita con IVgoverno Prodi e poi ricomincia discesa con governo Berlusconi e governi tecnici
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Perché non si è riusciti a fare le riforme
Perché non si è riusciti a fare le riforme? AS e sistema politico (Madama) Nella logica funzionalista, il welfare si espande quando crescono i bisogni. Perché quando le donne sono entrate nel mercato del lavoro, il welfare non si è espanso? Seguendo la teoria delle risorse di potere: serve una mobilitazione politico-sociale per ottenere qualcosa. Ad es. la classe operaia nella fase del fordismo ha mobilitato partiti e sindacati. Ma i beneficiari delle politiche sociali hanno per definizione poco potere. Tuttavia negli anni ’70 vi è stata una mobilitazione femminile per l’occupazione femminile e la de-familizzazione della cura, fatta propria dalle socialdemocratiche svedesi Oggi nell’era dell’austerità permanente, la partecipazione politica è in calo: concorrenza tra mantenimento diritti insiders/ nuovi fondi outsiders Come dice anche Kazepov
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L’approccio neo-istituzionalista
Si diffonde nella letteratura politologica negli anni ’90. Madama usa la variante storica per spiegare le differenze tra paesi social democratici e del Sud Europa→ l’istituzionalizzazione precoce delle politiche di AS nei paesi scandinavi negli anni ’60 e ’70 è avvenuta in concomitanza di una forte crescita economica. Negli anni ’90 il Sud Europa tenta di espandere il welfare in fase di contenimento forzato della spesa pubblica. Per i fallimenti italiani va considerato il ruolo degli imprenditori di policy ≈ di catalizzatore del processo di innovazione Madama
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L’approvazione della legge quadro del 2000 tra opportunità istituzionali e agenzia ↓ ↓
Shock Mani Pulite altera gli equilibri di potere (Importante l’indagine sul Pio albergo Trivulzio) Sentenza Corte costituzionale sulle Ipab che provoca Vacatio legis Il governo Prodi pro riforma Livia Turco, ministra solidarietà sociale segue strategia concertativa: consulta le parti interessate e spinge all’unificazione progetti di legge e fa studiare problema dal Cnel ↓ Ruolo di imprenditore istituzionale Mani pulite indagine milanese sulla corruzione Di Pietro
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La mancata riconfigurazione: tra resilienza istituzionale e risorse di potere
Collisione con la Riforma del Titolo V della Costituzio-ne del 2001, ma anche Poco interesse a ridistribuire risorse da Nord a Sud, definendo i Lep,perché il Governo Berlusconi aveva alleati sostenitori della Questione Settentrionale Anche in assenza del federalismo il problema si sarebbe posto per l’austerità permanente, inasprita in Italia dalla crisi della finanza pubblica che richiede di fare riforme a costo zero (tagliare la sanità e la previdenza in una fase di invecchiamento della popolazione?) Madama (2010) parla anche di mancanza di un femminismo culturale e di scarsa presenza delle donne nelle istituzioni- Se non ora quando? è del Non una di meno del 2016
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Alcune definizioni e limiti governo Prodi
Resilienza = Capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, di un tessuto di riprendere la forma originale Se non ora quando? movimento trasversale, aperto e plurale. Il 13 febbraio 2011 lanciò un appello per reagire al modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni. Non una di meno nasce nel 2015 in Argentina contro i femminicidi e si espande anche in Italia, dove aderiscono anche gruppi femministi storici come l’Udi, lanciando lo sciopero delle donne l’8 marzo. Governo Prodi Piano nidi ma anche abolì lo scalone previdenziale di Maroni→ soldi alla previdenza Erosione dell’intervento pubblico e sviluppo welfare privatistico che aggrava dualismo e stratificazione sociale del welfare
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Governo tecnico e governo Renzi
Obiettivo risanamento deficit del governo Monti Governo Renzi ha puntato a politiche di investimento sociale? ↓ Paradigma opposto a quello neoliberista spinge all’inclusione, creando buoni lavori + capacitazioni + pari opportunità investimento di medio-lungo termine che comincia coi servizi per l’infanzia + formazione continua, flexsicurity e altre politiche attive miglioramento economia che producono circoli virtuosi< + risorse diminuzione disuguaglianze
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