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LE POLITICHE DI ASSISTENZA SOCIALE

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Presentazione sul tema: "LE POLITICHE DI ASSISTENZA SOCIALE"— Transcript della presentazione:

1 LE POLITICHE DI ASSISTENZA SOCIALE

2 Politica pensionistica = offre protezione verso rischi collegati alla posizione lavorativa
Politica sanitaria = risponde ad esigenze di tutela della salute Politiche socio-assistenziali = fanno riferimento ad un ventaglio più ampio di bisogni (povertà economica, indebolimento delle relazioni, povertà educativa, perdita totale o parziale dell’autosufficienza personale, difficoltà di accesso all’abitazione, presenza di «carichi familiari», ovvero di soggetti fragili all’interno del nucleo familiare, …)

3 Concetti chiave: «assistenza» vs. «assistenza sociale»
assistenza: interventi generici, volontari e discrezionali, rivolti ad individui in stato di bisogno temporaneo o permanente, incapaci di risolvere autonomamente la propria situazione assistenza sociale (o pubblica): deriva dalla strutturazione normativa degli interventi che genera diritti (dalla beneficenza alla giustizia, ovvero ai diritti sociali)

4 Assistenza sociale (o pubblica): una definizione
È il complesso delle misure volte a garantire, o quanto meno a promuovere, l’inclusione sociale, ossia l’ancoraggio di individui e famiglie al tessuto sociale che li circonda, assicurando loro risorse e opportunità

5 Caratteristiche dell’assistenza sociale
interventi volti a superare e/o contrastare situazioni di bisogno tramite trasferimenti monetari e servizi sociali condizionali: all’accertamento di un bisogno individuale manifesto (selettività) all’impossibilità del bisognoso di farvi fronte con mezzi propri (residualità) erogazione delle prestazioni: prescinde da requisiti di tipo contributivo finanziamento: via fiscalità generale nonostante i caratteri di selettività e residualità, le prestazioni assistenziali si configurano come veri e propri diritti sociali in quanto erogate automaticamente a chiunque si trovi nelle condizioni previste

6 Assistenza sociale: due funzioni fondamentali
garanzia di un minimo di risorse economiche per soddisfare i bisogni vitali dell’individuo (es. schemi di minimo vitale, integrazioni al reddito, facilitazioni economiche etc.) offerta di servizi sociali non monetari aperti alla fruizione di tutti i cittadini (asili nido, consultori, centri diurni per anziani e portatori di handicap, servizi domiciliari etc.)

7 Selettività: la prova dei mezzi (1)
Consiste nella verifica dell’impossibilità di far fronte al bisogno con mezzi propri Operativamente, si accerta che la condizione economica dell’individuo (ovvero dell’intero nucleo familiare), prendendo a riferimento tipicamente il reddito (ma talora anche il patrimonio), sia inferiore a una soglia definita per legge

8 Selettività: la prova dei mezzi (2)
la prova dei mezzi va intesa come una clausola generale degli interventi assistenziali, soggetta tuttavia a una forte variabilità nelle forme e nelle caratteristiche che essa può assumere sia da paese a paese, sia per istituti assistenziali differenti CATEGORIALITA’: il limite dell’accesso viene definito in base a specifiche categorie di cittadini. Il metodo categoriale rappresenta un modo di realizzare la selettività

9 I limiti della selettività e della residualità (1)
Consentono l’accesso alle prestazioni in base al principio del bisogno, per cui permettono un risparmio di spesa rispetto ai programmi universalistici. Rischi: Trappola della povertà: Scatta quando i sussidi non favoriscono l’attivazione del beneficiario, determinando l’innesco di circuiti di dipendenza assistenziale

10 I limiti della selettività e della residualità (2)
Stigma: si tratta del rischio connesso alla prova dei mezzi. Che può essere percepita come stigmatizzante e umiliante (in quanto essa certifica e rende pubblica una disabilità sociale) Asimmetrie informative: tra cittadini e pubblica amministrazione Alti costi amministrativi: legati alla gestione della prova dei mezzi

11 Il ruolo dell’assistenza sociale nel welfare state (1)
Funzione redistributiva di tipo verticale: Le misure assistenziali sono quelle in cui meglio si evidenzia la finalità redistributiva del welfare Dimensione solidaristica intrinseca: da evitare, tuttavia, il rischio di passare dall’assistenza all’assistenzialismo; necessità di favorire l’attivazione dei destinatari

12 Il ruolo dell’assistenza sociale nel welfare state (2)
Rappresenta il gradino più basso del sistema di protezione sociale (nazionale e locale): individua, in altri termini, la soglia al di sotto della quale a nessuno è consentito di scivolare. Si fa strada un orientamento che considera il finanziamento dei servizi socio assistenziali non una spesa ma un investimento sociale (orientato alla promozione sociale delle persone, a partire da quelle più in difficoltà)

13 Gli attori dimensione verticale: livelli di governo coinvolti nella governance degli interventi  generalmente gli interventi assistenziali sono attribuiti al livello sub-nazionale e/o locale, con il livello centrale competente nel fissare le linee guida e gli obiettivi di massima dimensione orizzontale: soggetti coinvolti sul lato dell’offerta Vi sono quattro canali che, in modi differenti, rispondono ai bisogni: Stato, mercato, famiglia e associazioni intermedie Ruolo della famiglia (sistemi familisti vs. sistemi de-familisti) Ruolo del terzo settore

14 Ruolo della famiglia Sistemi familisti: la famiglia costituisce un ammortizzatore sociale; lo Stato ha un ruolo sussidiario; le rete dei servizi sociali si sviluppa poco o in modo frammentario Sistemi de-familisti: maggiore responsabilità dello Stato; si sviluppa un ampio sistema di servizi sociali territoriali e di prestazioni monetarie

15 Ruolo del terzo settore (1)
Nei diversi sistemi di welfare il loro ruolo cambia, come anche i modi di interazione con il pubblico. Si individuano 4 diversi modelli di integrazione: Modello della sussidiarietà attiva (Germania): ruolo centrale del ts nella programmazione e nella gestione + finanziamento pubblico Modello della prevalenza del terzo settore (Italia): ruolo centrale del ts + scarso impegno di spesa del pubblico

16 Ruolo del terzo settore (2)
Modello della prevalenza dello stato (Francia): centralità dell’offerta pubblica di servizi, residualità del ts Modello della prevalenza del mercato (Inghilterra): centralità del mercato + ruolo del ts con finanziamenti prevalentemente privati

17 Ruolo del terzo settore (3)
Il modo in cui il terzo settore interagisce con il pubblico va ad individuare differenti modelli di regolazione del sistema assistenziale. I due modelli estremi sono i seguenti: MODELLO DELL’ACCREDITAMENTO. Tra pubblico e terzo settore c’è un rapporto indiretto e a dominanza pubblica. Il pubblico imponendo degli standard seleziona i potenziali fornitori di servizi. Il terzo settore opera poi in modo autonomo – PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ MODELLO DELLA NEGOZIAZIONE. Il terzo settore è coinvolto nei processi decisionali. E’ una risorsa importante poiché ha competenze sia in termini di offerta sia per quanto concerne la conoscenza della domanda – PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE

18 La fasi storiche dell’assistenza sociale (1)
La dimensione promozionale dell’assistenza sociale emerge molto lentamente XVII - XIX secolo: carità e leggi sui poveri la povertà come colpa; interventi paternalistici, con finalità rieducativa e di tutela dell’ordine pubblico solo in seguito matura la consapevolezza delle cause socio-economiche della povertà

19 La fasi storiche dell’assistenza sociale (2)
: La nascita del welfare e la diffusione delle assicurazioni sociali Si affida agli strumenti previdenziali la risposta prioritaria ai problemi sociali innescati dalla modernizzazione L’assistenza diventa residuale

20 La fasi storiche dell’assistenza sociale (3)
1945 – oggi: Si delineano le due funzioni fondamentali dell’assistenza sociale: a) assicurare tutela a chi rimaneva fuori dal mercato del lavoro attraverso lo strumento del reddito minimo garantito; b) allestire prestazioni e servizi di seconda generazione, orientati a produrre empowerment personale e familiare

21 L’istituzione di schemi di reddito minimo garantito nei paesi dell’Ue-15
Denominazione Anno di prima introduzione Austria Sozialhilfe Varia a seconda della regione Belgio Minimex 1973 Danimarca Social Bistand (1891) 1974 Finlandia Toimeentulotuki 1971 Francia Revenu Minimum d’Isertion 1988 Germania 1961 Irlanda Supplementary Welfare \Allowance 1975 Grecia n.a. Italia Lussemburgo Revenu Minimum Garanti 1986 Olanda Social Bijstand (Algemeene Bijstand) 1963 Portogallo Rendimento Minimo Garantido 1996 Spagna Ingreso minimo de insercio (Renta minima)i Varia a seconda della Comunità autonoma Svezia Socialhjälp (Socialbidrag) (1918) 1956 Regno Unito Income Support 1948 i Ampia variabilità nelle caratteristiche dello schema tra le Comunità autonome. Fonte: rielaborazione da Ferrera [2005]; Busilacchi [2008] e Moreira [2008].

22 L’evoluzione storica delle politiche di assistenza sociale: le specificità dei paesi dell’Europa meridionale Familismo (famiglia come ammortizzatore economico - modello delle solidarietà familiari e parentali) Economia informale (debolezza tutele previdenziali) Deboli capacità istituzionali elevato particolarismo, sia sul versante delle erogazioni, sia sul versante del finanziamento basso grado di statualità (stateness) mancanza di una rete di protezione di ultima istanza ritardo strutturale nello sviluppo di servizi sociali (che negli altri paesi europei si verifica nella fase espansiva del welfare)

23 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (1)
Dalle origini al secondo dopoguerra 1862 Istituzione delle congregazioni di carità (nel 1937 si istituiscono al loro posto gli enti comunali di assistenza) Prima forma di assistenza pubblica ai bisognosi (non c’è alcun diritto soggettivo a prestazioni: si tratta di interventi totalmente discrezionali) 1890 Legge Crispi: Trasforma le Opere Pie (istituzioni di beneficenza di matrice prevalentemente cattolica, preesistenti all’unità d’Italia) in istituti di pubblica assistenza e beneficenza (IPAB), dotati di personalità giuridica pubblica Gestiscono servizi soprattutto a carattere residenziale (ospedali, ricoveri, istituti, …)

24 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (2)
Processo di categorizzazione sociale: si moltiplicano gli enti per assistere singole categorie sociali (invalidi di guerra, invalidi civili, orfani, …). Le implicazioni di questo modo di concepire l’intervento assistenziale (il bisogno viene considerato prima della persona, a prescindere da essa).

25 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (3)
La situazione italiana nell’immediato dopoguerra, così come descritta nell’Inchiesta parlamentare sulla miseria nel 1952 (vedi Ferrera, p. 254): le istituzioni assistenziali sono tante, non coordinate, costose, frammentate, non sottoposte a procedimenti di verifica e controllo da parte della burocrazia pubblica.

26 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (4)
Dal secondo dopoguerra ai primi anni Novanta La svolta impressa dalla Costituzione: I principi generali: artt. 1-4 Art. 38: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.

27 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (4)
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera». Art. 117: attribuisce alle Regioni competenze in materia di assistenza e beneficenza pubblica. Sentenza n. 139/1972 Corte Cost.: chiarisce la distinzione tra Assistenza sociale (=interventi pubblici collegati a diritti sociali, di cui è responsabile lo stato) Beneficenza (=interventi discrezionali, non legati a diritti, affidati alla responsabilità delle regioni e degli enti locali, effettuabili entro i limiti delle risorse disponibili)

28 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (5)
Interventi più significativi di integrazione al reddito: 1952: integrazione al minimo delle pensioni 1969: introduzione della pensione sociale (reddito minimo per anziani poveri) 1971: introduzione della pensione di invalidità civile 1980: introduzione dell’indennità di accompagnamento (per coprire, almeno in parte, i costi dell’assistenza personale) 1988: disciplina degli assegni al nucleo familiare

29 1952 Introduzione del Trattamento di integrazione al minimo delle pensioni (L. 218/1952) 1955 Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari (d.p.r. 797/1955) 1968 «Legge Mariotti» sull’assistenza ospedaliera (L. 132/1968) 1969 Introduzione della pensione sociale (L. 153/1969) 1971 Introduzione della pensione di invalidità civile (L. 118/1971) Piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato (L. 1044/1971) 1977 Decentramento delle competenze amministrative a regioni ed enti locali (d.p.r. 616/1977) 1980 Introduzione dell’indennità di accompagnamento (L. 18/1980) 1983 Revisione del trattamento di integrazione al minimo delle pensioni (L. 638/1983) 1988 Revisione dei trattamenti di famiglia e introduzione dell’assegno al nucleo familiare (L. 153/1988) 1989 Introduzione presso l’INPS della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestioni previdenziali (GIAS) (L. 88/1989) L’evoluzione delle politiche di assistenza sociale in Italia. I principali interventi nel periodo

30 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (6)
Sul versante dei servizi alla persona: Mancata definizione dei diritti sociali minimi a livello nazionale 1970: istituzione delle regioni a statuto ordinario e decentramento di funzioni in materia di beneficenza pubblica DPR 616/1977: prescrive la soppressione degli enti di assistenza nazionale e delle IPAB, e il trasferimento delle loro funzioni ai comuni In mancanza di una legge quadro (capace di dare applicazione alla sentenza del 1972 della corte costituzionale) si produce un’ampia differenziazione territoriale in materia di servizi socio-assistenziali

31 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (7)
I tentativi di riforma della seconda metà degli anni Novanta La legge 285/1997: istituisce il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per il finanziamento di progetti finalizzati a promuovere il benessere dei minori e delle famiglie collegata alla legge 184 del 1983 anticipa il modello c.d. Lego anticipa alcuni importanti temi ripresi successivamente nella legge 328 del 2000 (sussidiarietà orizzontale; programmazione per ambiti territoriali)

32 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (8)
L’esperienza del Reddito minimo di inserimento (RMI) introdotto con l.n. 237/1998: prima sperimentazione ( ) ha riguardato 39 comuni; la legge finanziaria del 2001 ha prolungato la sperimentazione per altri due anni, estendendola a 306 comuni Caratteristiche dell’istituto: primo schema non categoriale di contrasto alla povertà

33 Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (9)
due componenti: una monetaria (assistenza economica) e una di attivazione (partecipazione a programmi di inserimento sociale e lavorativo) la valutazione che chiude la sperimentazione mette in evidenza aspetti positivi e negativi (riguardanti la gestione della selettività e l’attivazione dei beneficiari in alcuni contesti meridionali). I secondi prevalgono sui primi e la sperimentazione viene interrotta, adducendo come motivazione principale i costi la sperimentazione era costata 2,2 miliardi di euro all’anno; la estensione a livello nazionale avrebbe richiesto una somma di 3 miliardi di euro (dallo 0,18 allo 0,24% del Pil) a fronte di una spesa annua per invalidità civile + accompagnamento pari a 10 miliardi di euro.

34 Introduzione dell’indicatore della situazione economica (ISE)
Introdotto con d.lgs. n.109/1998 Indicatore che prende in considerazione sia il reddito che il patrimonio di chi vuole accedere a prestazioni soggette alla prova dei mezzi. Funziona così: si mette a confronto l’indicatore con la soglia di accesso ad una data prestazione, stabilendo così se l’interessato ne ha il diritto oppure no. Per il computo dell’ISE si applicano scale di equivalenza, che tengono conto della composizione del nucleo familiare: ciò permette di passare dall’ise all’isee, e di confrontare nuclei familiari eterogenei. Riforma recente dell’isee: premessa per l’introduzione dei LEP; riduce la possibilità delle autocertificazioni (che nel 2012 sono state prodotte da 5,8 milioni di nuclei familiari); tiene conto per il calcolo di redditi finora non considerati (come le pensioni di invalidità)

35 Le principali cause dell’arretratezza italiana
Fattori comuni con gli altri paesi sud-europei: Ruolo della famiglia (familismo, causa o conseguenza?) Peso dell’economia informale Deboli capacità istituzionali Ma anche: Polarizzazione ideologica Ostacoli istituzionali

36 Le lacune originarie del sistema socio-assistenziale italiano
Normativa di settore lacunosa a livello nazionale e disomogenea e frammentata a livello regionale e locale Mancanza di una rete di protezione sociale di base (es. RMG) I diritti soggettivi esistenti sono: categoriali sbilanciati verso i trasferimenti monetari, a discapito dei servizi scarsamente efficaci ed efficienti nel ridurre la povertà Misure di sostegno solo su base locale, caratterizzate da: forte discrezionalità nella definizione dei criteri di accesso alta frammentazione settoriale disomogeneità qualitativa, quantitativa e geografica dell’offerta

37 Nuovi rischi e nuovi bisogni: la nuova salienza degli interventi socio-assistenziali
Trasformazioni socio-demografiche: invecchiamento della popolazione crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro trasformazioni della famiglia Trasformazioni dell’economia e del mercato del lavoro: disoccupazione carriere discontinue  Si assiste ad aumento del rischio di povertà e a una sua trasformazione

38 La stagione riformista degli anni Novanta e Duemila
Periodo Provvedimenti Assegno di maternità per le madri sprovviste di copertura assicurativa Assegno per le famiglie con almeno tre figli minori Lancio della sperimentazione del Reddito minimo di Inserimento per il biennio Fondo Nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione Introduzione dell’Indicatore della Situazione Economica Introduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali Legge 287 su infanzia e adolescenza 2000 Legge quadro di riforma dell’assistenza sociale Estensione della sperimentazione del Reddito minimo di inserimento per il biennio 2001 Riforma del Titolo V della Costituzione 2002 Incremento delle pensioni minime Incremento delle detrazioni per i familiari a carico Bonus nuovi nati 2007 Bonus incapienti Istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza Avvio del “Piano Straordinario Nidi ” Detrazione per le famiglie con almeno quattro figli 2008 Bonus fiscale Carta acquisti

39 La L. 328/00: i principi universalità dell’accesso alle prestazioni
(rivolte a tutti, con priorità per i soggetti in condizione di bisogno economico, di inabilità psichica o fisica) sistema integrato di servizi e interventi sociali (integrazione fra politiche, fra livelli di governo, fra enti pubblici e terzo settore) enfasi sulla sussidiarietà (leggi Bassanini sul decentramento amministrativo e principio di sussidiarietà) enfasi sulla programmazione per la governance del settore a tutti i livelli di governo (Piano Sociale Nazionale, Piani Regionali e Piani di Zona) incremento dei servizi a complemento dei trasferimenti monetari Estensione dell’RMI su tutto il territorio nazionale introduzione dei “Livelli essenziali delle prestazioni” (che fungono da livelli di base omogenei per tutto il territorio nazionale al fine di garantire un’uniformità di base dell’intervento)

40 I livelli essenziali delle prestazioni (LEP)
L’art. 22 della 328 fa riferimento agli interventi che avrebbero dovuto dare vita ai livelli. Si fa riferimento ad aree di intervento da considerare e a servizi da realizzare in modo omogeneo sul piano nazionale.

41 Gli interventi: art. 22 c.2 (nelle seguenti aree: povertà, disabilità, responsabilità familiari, anziani): 2. (…) gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale:

42 a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora; b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana; c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

43 d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell'articolo 16, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare; e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative; f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell'articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

44 g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio; h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale; i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.

45 I servizi 4. (…): a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; c) assistenza domiciliare; d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. Le previsioni della legge restano però su un piano generico.

46 La riforma del Titolo V della Costituzione (L. Cost. 3/2001)
l’assistenza sociale diviene competenza esclusiva delle regioni lo Stato tuttavia è chiamato: a determinare i Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale a garantirne il rispetto (detiene “potere sostitutivo”)

47 Scenari e prospettive per le politiche di assistenza sociale in Italia
1. Definire i livelli essenziali delle prestazioni  difficoltà operative e mancanza di risorse  rischio di perpetuazione delle differenze territoriali anche a seconda di come verrà attuato il federalismo fiscale 2. Accrescere la spesa 3. Rafforzare le capacità istituzionali


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