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PubblicatoSergio Pellegrino Modificato 5 anni fa
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Islam e violenza Il radicalismo islamico contemporaneo
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Cosa vuol dire radicalismo islamico?
Perché esiste un fenomeno come il terrorismo islamico? Quali sono gli strumenti per combattere questa visione aberrante dell’Islam?
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L’Islam è una religione oscurantista e violenta?
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Il radicalismo islamico: un fenomeno politico recente
Il termine radicalismo islamico è più corretto di quello, molto più diffuso e ormai entrato nell’uso comune, di fondamentalismo islamico. È un fenomeno politico recente. Esso nasce specificamente nell’Egitto (all’epoca protettorato britannico dal 1882 al 1922, di fatto fino al 1952) nei primi decenni del XX secolo e si propaga con grande velocità in tutto il Medioriente. È l’epoca del trionfante imperialismo occidentale: Francia e Gran Bretagna amministrano di fatto quasi tutto il mondo arabo dell’epoca.
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Il pensiero radicale islamico si concentra sul recupero del patrimonio culturale tradizionale (turāh) e sull’idea della necessità di una militanza attiva in vista di una rivoluzione (thawra) sia in senso nazionalistico che in senso culturale, contro l’ingerenza occidentale e la perdita della propria identità culturale e religiosa. Il discorso retorico che si afferma è quello del “tornare alle origini”, ai testi sacri, ai fondamenti religiosi, al fine di generare un risveglio spirituale, sociale, economico e politico. Il primo esempio di Islam radicale nel mondo arabo è rappresentato dalla Associazione dei Fratelli musulmani (al-Ikhwān al-muslimūn).
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Cenni sull’ideologia dei Fratelli Musulmani (1928)
Ideologia di riferimento di gran parte dei gruppi e movimenti della galassia islamica radicale contemporanea. Il movimento è fondato da un maestro elementare, Hasan al-Banna’ ( ) e si diffonde nell’Egitto sotto dominazione britannica, all’indomani dell’abolizione del califfato da parte di Mustafa Kemal, detto Ataturk (1924). L’ideologia del gruppo si condensa in 5 punti: Dio è il nostro scopo Il Messaggero il nostro modello Il Corano la nostra Legge Il jihad il nostro cammino La shahada il nostro desiderio.
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Si possono definire un vero e proprio movimento religioso- politico, dalle efficaci modalità d’azione sul sociale, rinforzate dai metodi della capillare propaganda (da‘wa). Furono molto vicini agli Ufficiali Liberi del generale Nasser e alla rivoluzione del 1952, poiché la loro ideologia sembrava avere molti punti in comune con il socialismo nasseriano. Ma la “luna di miele” con Nasser si interrompe presto e due grandi ondate di repressione si scagliarono contro l’associazione, la prima nel 1954 e la seconda nel 1966 (centinaia di arresti, condanne a morte, torture, sparizioni, campi di concentramento). La storia dei gruppi militanti vicini ai Fratelli musulmani, da allora in poi, dentro e fuori l’Egitto, è una storia di repressione violenta. Per circa due decenni il pensiero fondamentalista sembrò entrare in una fase di declino mentre ideologie forti come il nazionalismo, il panarabismo, il socialismo si diffondevano in seno al mondo musulmano. 7 7
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La fine dell’epoca delle grandi ideologie laiche e la nascita dell’Islam politico
Gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta nel mondo islamico, e arabo in particolare, sono gli anni delle ideologie forti e dei padri della nazione, saliti al potere dopo le dolorose e cruenti lotte per l’indipendenza. Nasser in Egitto ( ); Bourguiba in Tunisia ( ); Boumedienne in Algeria ( ); Arafat per l’OLP e la lotta palestinese ( ), sono solo gli esempi più noti di questo periodo in cui all’Islam veniva attribuito un ruolo importante ma solo come cultura e religione autoctona, non come un progetto politico con l’obiettivo ambizioso e utopistico della realizzazione di uno Stato basato sulla sharī‘a. Alla fine degli anni Settanta del XX secolo, il panorama politico ideologico muta radicalmente: l’Islam politico prende il posto delle ideologie laiche fino ad allora dominanti. Alcuni avvenimenti internazionali e il mutato ruolo dell’Arabia Saudita sanciscono il momento del cambiamento.
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Un altro grande protagonista: il wahhabismo e il suo petro-islam
Dalla metà degli anni Settanta, l’Arabia Saudita svolge un ruolo importantissimo nella diffusione di un Islam tradizionalista e puritano, finanziando moschee, centri culturali, movimenti e gruppi di militanti in tutto il m.m. e contribuendo così a creare quel nuovo contesto di radicalizzazione della fede e della pratica religiosa che farà il gioco dell’islamismo radicale. La sua ideologia, il Wahhabismo, puritana e intransigente, sarà alla base dello sviluppo dell’estremismo religioso contemporaneo, grazie al potere economico dell’Arabia Saudita. Il Wahhabismo, dal nome del predicatore Muhammad ibn ‘Abd al-Wahhab ( ), nasce in un’altra area centrale del mondo musulmano, nella penisola arabica; riesce, grazie all’alleanza politica (1744) con la famiglia Sa‘ud, a divenire il nerbo di un forte Stato che sarebbe diventato, nel 1932, lo Stato dell’Arabia Saudita, che ancora oggi ha nel wahhabismo la sua ideologia ufficiale. Il wahhabismo condanna ogni forma di contaminazione, di superstizione, di ammodernamento e innovazione dell’Islam, ma anche ogni forma di espressione della religiosità popolare. pp. 4-5 su al-Wahhab (P. Ménoret) p. 9 su riformisti indiani (Bredi)
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La nascita del radicalismo islamico contemporaneo: il 1979
Firma degli accordi di Camp David e successivo trattato di pace fra Egitto e Israele ( / 26 marzo 1979) La rivoluzione iraniana (1 febbraio 1979) L’invasione sovietica dell’Afghanistan (4 novembre 1979)
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Gli accordi di Camp David fra il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin (con l’intermediazione del presidente americano Carter) sanciscono il riconoscimento da parte dell’Egitto dello Stato di Israele. Il mondo arabo considera gli accordi un tradimento della causa araba per eccellenza, quella palestinese: il “tradimento” di Sadat sarà pagato con la morte (ottobre 1981). Ricordiamo le tappe fondamentali del lungo conflitto arabo-israeliano: 1948 (fondazione Stato di Israele, battezzata dagli arabi la Nakba, catastrofe). Le prime due guerre arabo-israeliane: 1948 (Nakba) e 1956 (canale di Suez) Guerra del 1967, detta “dei sei giorni”, che sancisce la più cocente sconfitta dei paesi arabi (Egitto e Siria, cui si alleano Giordania e Iraq). Con questa guerra lampo Israele conquista il Sinai, le alture del Golan, la Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme est (i cosiddetti “Territori occupati”), quadruplicando il suo territorio. La risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che chiedeva il ritiro di Israele dai territori occupati in cambio del riconoscimento da parte degli Stati arabi e della cessazione dello stato di guerra, rimarrà lettera morta.
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La rivoluzione iraniana
All’inizio del 1979 le rivolte popolari che da mesi sconvolgevano l’Iran dello shah Reza Pahlavi (sul trono dal 1941) si concludono con la fuga del sovrano e con il rientro a Teheran, il 1 febbraio, dell’ayatollāh (segno di Dio) Ruhollah Khomeyni, che aveva assunto per lunghi anni, dall’esilio parigino, la guida spirituale della rivolta stessa. L’Occidente assiste sconcertato alla fine di uno dei regimi ritenuti più stabili e più vicini all’Occidente, in un’area di grandissima importanza strategica ed economica, e alla salita al potere di un regime teocratico di mullāh e ayatollāh, basato sull’applicaizone della sharī‘a e per il quale Stati Uniti e tutto l’Occidente erano considerati il “Grande Satana”.
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L’invasione sovietica dell’Afghanistan
- Il 4 novembre 1979 l’Armata rossa sovietica entra in Afghanistan, in aiuto del regime filosovietico in difficoltà (i comunisti afghani erano al potere dall’aprile 1979). - Gli Stati Uniti, che contemporaneamente vivono l’umiliazione degli ostaggi a Teheran (4 novembre gennaio 1981, giorno del giuramento del nuovo presidente Ronald Reagan), adottano immediatamente una strategia (containment) di aiuto sostanzioso ai mujāhidīn della resistenza afghana (senza fare troppi distinguo su chi stanno finanziando e senza entrare nello specifico delle questioni religiose). - L’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo contribuiscono generosamente in armi, danaro e poi uomini, a fianco del loro grande alleato americano; anche il Pakistan favorisce il jihād contro i sovietici. - La causa del jihād afghano diviene la causa militante per eccellenza nel mondo musulmano e permette di convogliare verso quella regione la militanza e il fervore religioso di centinaia, e poi migliaia, di aspiranti combattenti.
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Nei campi profughi dove si accalcavano milioni di persone, nelle madrasa islamiche, si formò la prima generazione di afghani scolarizzati, o meglio fanatizzati alla versione più aberrante e violenta dell’Islam. Penetrano così le idee islamiste radicali e si crea una nuova figura di militante dalla “personalità islamica universale”, infarcita di wahhabismo, fanatismo, militarismo, che si sente soggetto solo alle fatwa di quegli ‘ulamā’ che incitavano alla lotta armata e all’odio per l’occidente. Questo è il contesto in cui nasce al-Qā‘ida (al-Qaeda, La base), l’organizzazione paramilitare fondata dal miliardario saudita Osama bin Laden e dal medico egiziano Ayman al-Zawahiri. È la nascita di una figura inedita per l’Islam: il jihadista globale, pronto a combattere “sulla via di Dio” ovunque fosse necessario nel mondo musulmano. Alla fine, dopo una guerra durata quasi dieci anni, l’Armata Rossa, sconfitta, si ritira nel febbraio Di lì a breve, con il crollo del muro di Berlino, l’URSS non esisterà più.
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Il territorio afghano emerge dal conflitto ancor più frazionato in zone amministrate dai cosiddetti “signori della guerra”, capi tribali che riprendono il governo delle tradizionali comunità etnico-tribali. L’Afghanistan viene quasi dimenticato dall’Occidente perché il mondo è catturato da un altro drammatico avvenimento: l’Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait ( ). È invece proprio dopo la fine della guerra che dall’Afghanistan ha inizio l’epoca del caos e del terrore che ancora oggi stiamo vivendo. I talebani prendono il potere in Afghanistan nel 1994, inaugurando un periodo terribile per la storia di quel paese. Molti altri gruppi combattenti si diffonderanno in altre parti del m.m.: in Pakistan, in Cecenia, in Algeria etc., portando con sé un forte senso di militanza islamica, il desiderio di combattere il jihād e di diventare shahīd (martiri). Dal radicalismo si passa al terrorismo islamico.
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Il radicalismo islamico come rivoluzione culturale nel mondo musulmano: le basi teoriche dell’Islam politico Né Osama Bin Laden (al-Qaeda), né Abu Bakr al-Baghdadi (Isis), né altri nomi saliti agli «onori della cronaca» per l’efferatezza dei loro crimini possono essere considerati teorici dell’islam radicale. I grandi maestri del pensiero islamico radicale sono: Abu’l ‘Ala Mawdudi (Pakistan ) Sayyid Qutb (Egitto ) Ruhollah Khomeini (Iran ) Sono i loro scritti che vengono letti dai giovani militanti islamici come testi di riferimento e, quindi, quelli che sarebbe più opportuno leggere per capire qualcosa dell’ideologia che sottende l’attivismo politico.
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Abu’l ‘Ala Mawdudi (1903-1979) La ripresa del concetto di jihād
Scrive “Al-jihād fi’l-islām” (Il jihad nell’Islam) alla fine degli anni ‘20. Ogni nazionalismo è “empietà” (kufr). La sovranità è solo di Dio e solo Lui va adorato (hakimiyya e ‘ubudiyya). Fonda la Jamā’at-e islāmi nel 1941, movimento di cui sarà “emiro” fino al 1972. È sicuramente il pioniere di quella rottura culturale alla base del pensiero islamico radicale: tuttavia non incita alla rivoluzione sociale, bensì alla partecipazione politica.
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Sayyid Qutb (1906-1966): il rivoluzionario
Scrittore molto noto in Egitto, si iscrive alla Fratellanza nel 1951 dopo un viaggio negli Stati Uniti, che lo convince dell’aberrazione della società occidentale. Proclama gli Stati della sua epoca, a cominciare da quello nasseriano, jāhilī e kafīr (ignoranti e miscredenti). La scomunica (takfīr) si sostanzia nella necessità di rovesciamento dei regimi al potere: “il loro sangue è lecito”. Islamizzazione violenta, dall’alto, attraverso l’azione santa di un’avanguardia della fede. Negli anni ‘60, nei lunghi anni di terribile carcere, scrive un’opera ancora oggi molto letta fra i militanti islamici più radicali, Ma‘ālim fi’l-tariq (Segnali lungo la via). Sarà fatto giustiziare da Nasser nel 1966, divenendo il più noto martire (shahīd) dei Fratelli Musulmani. 21 21 21
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Ruhollah Khomeyni (1902-1989): il segno di Dio
Riesce a far propri sia i fondamenti tradizionali dell’Islam sciita che i codici utilizzati dai giovani laici, socialisti e marxisti, in un linguaggio estremamente duro con l’Occidente, “il grande Satana”. Diviene il portavoce dei diseredati e come tale rientra trionfalmente in Iran il 1 febbraio 1979 alla fine della rivoluzione che scaccerà lo Shah Reza Pahlavi. Guiderà l’Iran dopo il 1979 fino alla sua morte dieci anni dopo, con pugno di ferro contro tutti gli oppositori e imponendo un ritorno alle pratiche islamiche tradizionali (chador per le donne; punizioni corporali, divieto di alcool etc.) 22 22 22
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La galassia del terrorismo di matrice islamica (www. treccani
La galassia del terrorismo di matrice islamica ( voce jihadismo)
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Eppure qualcosa sta cambiando: le primavere arabe sconfiggeranno il radicalismo islamico?
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Breve bibliografia A.M. Dupont, L’Islam in 100 tappe, Leg edizioni 2015 M. Watt, Breve storia dell’Islam, Il Mulino 2001 M. Ruthven, Islam, Einaudi 1997 Michael Cook, Il Corano, Einaudi 2001 M. Redaelli, Il fondamentalismo islamico, Giunti 2003 G. Kepel, Jihad. Ascesa e declino. Storia del fondamentalismo islamico, Carocci 2004 G. Kepel, Al-Qaeda, i testi, Laterza 2006 P. Manduchi, Dalla penna al mouse. Gli strumenti di diffusione del concetto di jihad, F. Angeli editore 2006 P. Manduchi. Questo mondo non è un luogo per ricompense. Vita e opere di Sayyid Qutb, martire dei Fratelli musulmani, Aracne 2009.
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