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La Gola
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La Gola è l'appetito disordinato del cibo e delle bevande; è una degenerazione dell'istinto: i piaceri della tavola passano in primo piano, e ciò che dovrebbe essere mezzo di sussistenza diviene il fine
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Come si fa a condannare la gola quando siamo sommersi da ricette, recensioni di ristoranti, inviti a riscoprire il gusto del cibo e la degustazione di vini, il tutto spesso camuffato da ritorno al genuino, o da occasione conviviale in cui godere dell'incontro con gli altri? [..] mangiare e bere sono diventati un fiorente settore di affari, e tutto quello che fa guadagnare è visto come positivo. La gola quindi va bene, perché è funzionale al mercato.
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Domanda interessante: che senso ha il peccato di gola oggi?
Per rispondere ci facciamo aiutare da San Tommaso d’Aquino.
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San Tommaso d'Aquino recepisce da Alessandro di Ales e da Gregorio Magno l'affermazione secondo cui il disordine della gola può corrispondere a cinque avverbi
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(fuori tempo, troppo frequentemente)
Praepropere (fuori tempo, troppo frequentemente) Se ogni occasione, ogni momento libero, diventa buona per mangiare, il piacere della tavola prende il tempo che potrebbe essere dedicato ad altre occupazioni, più utili.
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Laute (lautamente) Andare alla ricerca di cibi e bevande molto costosi non asseconda la necessità di nutrirsi, ma la volontà di godere del piacere della tavola. È un modo di dimenticarsi degli altri.
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Nimis (troppo) Quando mangio oltre le esigenze della nutrizione, cioè troppo, senza accontentarmi e oltre il senso di sazietà, sto peccando di gola; è un modo di essere egoisti verso gli altri.
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Ardenter (con passione)
Per mangiare «con passione» si intende «con eccessiva avidità», a piene mani e riempendosi la bocca, pensando prima di tutto a se stessi e al proprio piacere, senza curarsi degli altri.
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Studiose (con diligenza)
Desiderare cibi elaborati, prepararti in modo estremamente raffinato, non risponde al bisogno di nutrirsi, ma alla volontà di compiacersi di quanto si mangia.
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L’eccesso nel prendere il cibo è per sé veniale in quanto si tratta di esagerazione di una cosa in sé lecita. Può tuttavia accidentalmente diventare mortale a motivo del danno grave alla salute; della provocata incapacità ad attendere al proprio dovere; dello scandalo; della eccessiva prodigalità che può nuocere anche ad altri, come, ad es., ai familiari e ai debitori; ma soprattutto del fine cattivo, quale è quello del vivere per mangiare.
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La gola nella Bibbia Il libro dei Proverbi condanna in maniera netta il vizio della gola, in particolare l’ubriachezza, che porta ogni classe di guai.
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La gola nella Bibbia Non essere di quelli che sono bevitori di vino, che sono ghiotti mangiatori di carne; perché l'ubriacone e il goloso impoveriranno e i dormiglioni andranno vestiti di cenci. (Proverbi 23,20-21)
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La gola nella Bibbia Per chi sono gli «ahi»? Per chi gli «ahimè»? Per chi le liti? Per chi i lamenti? Per chi le ferite senza ragione? Per chi gli occhi rossi? Per chi s'indugia a lungo presso il vino, per quei che vanno a gustare il vino tagliato. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel bicchiere e va giù così facilmente! Alla fine, esso morde come un serpente e punge come una vipera.
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La gola nella Bibbia I tuoi occhi vedranno cose strane, e il tuo cuore farà dei discorsi pazzi. Sarai come chi si coricasse in mezzo al mare, come chi si coricasse in cima a un albero di nave. Dirai: «M'hanno picchiato e non m'hanno fatto male; mi hanno percosso e non me ne sono accorto. Quando mi sveglierò? Tornerò a cercarne ancora!» (Proverbi 23,29-35)
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Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la gola come:
La gola nell’arte Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la gola come: DONNA, vestita del color della ruggine, col collo lungo, come la Grue, e il ventre assai grande. La Gola è un disordinato appetito delle cose, che al gusto s'appartengono, e si dipinge col collo così lungo, per la memoria Filostene Ericinio, tanto goloso, che desiderava d'havere il collo simile alle Grue, per più lungamente godere del cibo, mentre scendeva nel ventre.
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L’avarizia nell’arte Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la gola come: La grandezza, e grossezza del ventre si riferisce all'effetto di essa Gola, e goloso si dice chi ha posto il sommo bene nel ventre […]. L'abito del colore sopradetto all'ignobiltà dell'animo, vinto, e soggiogato da questo brutto vizio, e spogliato di virtù; e, come la ruggine divora il ferro onde nasce, così il Goloso divora le sue sostanze, e ricchezze, per mezzo delle quali si era nutrito, e allevato.
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Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la gola come:
La gola nell’arte Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la gola come: DONNA, a sedere sopra un Porco, perché i porci sono infinitamente golosi; nella sinistra tiene una Folica (folaga) uccello molto dedito alla Gola, e con la destra s'appoggia sopra d'uno Struzzo; però disse l'Alciato: Lo Struzzo sembra a quei, che mai non tace, Nè con la gola in alcun tempo ha pace.
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Nell’Inferno di Dante i golosi si trovano nel III cerchio, dove sono esposti alle intemperie (pioggia, grandine, neve) e sguazzano nel fango che queste formano a contatto con la terra.
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Nel Purgatorio invece, nella sesta cornice, la fame e la sete continuano a tormentare i golosi come accadeva loro in vita, ma è a loro negato godere del sollievo dell'acqua e delle mele presenti in quella balza, che si ritraggono non appena i purganti tendono le loro mani per afferrarli.
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