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Max Weber.

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Presentazione sul tema: "Max Weber."— Transcript della presentazione:

1 Max Weber

2 Fatti sociali Durkheim pensava infatti che esistessero «fatti sociali e che questi dovevano essere considerati come «cose» La società è qualcosa che sovrasta gli individui come il mondo oggettivo il soggetto singolo Max Weber rifiuta questa impostazione

3 La sociologia come scienza sociale
In polemica con gli storici ed i filosofi tedeschi a lui contemporanei (Droysen, Mommsen, Windelband, Dilthey) che criticavano la pretesa della sociologia positivistica francese e inglese (Comte, Spencer) di spiegare le dinamiche umane sulla base di leggi generali…

4 Weber afferma che: Lo studio dei fenomeni sociali non si differenzia, sul piano del metodo, da quello dei fenomeni naturali; L’astrazione, la generalizzazione e la tipizzazione sono necessarie a qualsiasi conoscenza che non voglia essere pura descrizione di fatti; Gli storici usano modelli impliciti non dichiarati e fanno uso di giudizi morali (non scientifici) sottesi.

5 Comprensione e spiegazione
Mentre la storia è volta allo studio (=comprensione) di singoli fenomeni, la sociologia è volta allo studio (=spiegazione) delle uniformità di comportamento e alle connessioni causali. La sociologia mira a ricostruire le motivazioni che spingono gli attori sociali a comportarsi in un determinato modo sulla base di aspettative condivise relative al comportamento altrui (determinante è il rapporto individuo/gruppo).

6 Sociologia e storia in Max Weber
Oggetto della sociologia è quindi lo studio dei "tipi di agire sociale", ossia lo studio delle origini e delle conseguenze delle uniformità di comportamento socialmente determinate, derivanti da motivazioni simili. I tipi ideali sono quindi costruzioni analitiche selettive ricavate dalla realtà empirica, ma che non si identificano mai completamente con essa. La sociologia non è in contrapposizione alla storia, ma serve a renderla intellegibile. Gli storici sono utili portatori d'acqua per i sociologi e Weber stesso fa abbondante uso di fonti storiche.

7 Il senso soggettivamente inteso
Questo problema rappresenterà il punto di partenza del ragionamento di Weber. La sua sociologia è detta comprendente proprio perché individua come oggetto del suo studio il processo interpretativo del senso da parte dell’attore. Ti sei comportato così, come mai? Qual è il senso del tuo comportamento?

8 Weber è un individualista?
Per certi versi sì. Il suo sguardo si posa sull’azione dell’individuo, e la definisce comprensibile perché razionale. Ma il concetto di razionalità che sviluppa Weber, non riguarda esclusivamente il raggiungimento dei fini individuali attraverso un uso efficace dei mezzi a disposizione. Per Weber il rapporto mezzi fini varia in base alla cultura della società in cui è inserito l’individuo ed in base ai valori che per quell’individuo sono importanti (cioè in base alle interpretazioni soggettive che l’individuo sviluppa della propria cultura).

9 I quattro tipi di azione
L’azione è tutta razionale? No. Ve ne sono solo due tipi: razionale rispetto alla scopo e razionale rispetto al valore Gli altri due tipi di azione non sono razionali e sono definiti come azione affettiva ed azione tradizionale.

10 Esempi L’imprenditore che progetta un investimento compie un’azione razionale rispetto allo scopo: esamina con mezzi razionali il rapporto tra i mezzi che ha a disposizione e gli scopi che intende ottenere. Il suicidio altruistico (per riprendere l’esempio Durkheimiano) costituirebbe invece un’azione razionale rispetto al valore: è razionale uccidersi se la posta in gioco è il proprio onore e si è immersi in un orizzonte di senso in cui l’onore vale più della vita.

11 Esempi Lo schiaffo che la mamma, in lacrime, dà al bimbo che si era perso (Azione affettiva) o togliersi il cappello davanti ad una signora (Azione tradizionale) non sono azioni razionali, ma dettate dall’impulso o dalla consuetudine.

12 Individuo, società, interpretazione
L’azione individuale quindi non è il semplice conformarsi ai dettami della società. Per Weber, il concetto di azione si situa all’incrocio tra senso sociale e la sua rielaborazione soggettiva da parte dell’attore concreto.

13 Il tipo ideale Che significa dire che ci sono 4 tipi di azione? Che significato ha qui il termine “tipi”? Significa che sono tipi ideali di azione, cioè dei modelli tipici d’azione che nella vita quotidiana non si incontrano mai I tipi ideali sono costruiti ad hoc dal sociologo per interrogare la realtà sociale e storica.

14 Per capire il concetto di Tipo ideale
Noi usiamo una stessa parola per definire questi due oggetti, eppure sono entrambi molto differenti. Ciò che notiamo è una somiglianza rispetto ad alcune loro caratteristiche essenziali di base. Tratto da «mobilieri de bogolon»

15 Tipo ideale e realtà empirica
Allo stesso modo il tipo ideale è una definizione che non consiste nelle caratteristiche medie di un determinato fenomeno, ma nelle sue caratteristiche tipiche. È tipico dei veronesi bere l’aperitivo (w lo spritz) in piazza erbe. Lo fanno il 51% dei Veronesi? NO, ma è una caratteristica tipica della città.

16 La definizione del Tipo Ideale
“Il tipo ideale è ottenuto accentuando uno o alcuni punti di vista, e mediante la connessione di una quantità di fenomeni particolari, diffusi e discreti, esistenti qui in minor e là in maggior misura, e talvolta anche assenti, corrispondenti a quei punti di vista unilateralmente posti in luce, in quadro concettuale in sé unitario. Nella sua purezza concettuale esso non può mai essere rintracciato empiricamente nella realtà; esso è un’utopia e al lavoro storico si presenta il compito di constatare in ogni caso singolo la maggiore o minore distanza dalla realtà da quel quadro ideale, stabilendo ad esempio in quale misura il carattere economico dei rapporti di una determinata città possa venir qualificato concettualmente come proprio dell’“economia cittadina” (Weber, Il metodo delle scienze storico sociali, Einaudi, Milano, 1998: 108).

17 Il tipo ideale come concetto genetico
Un’azione razionale rispetto ad uno scopo conterrà sempre una componente valoriale, ma se voglio comprendere coma mai un imprenditore decida di mandare all’aria la sua azienda per mantenere la parola data ad un fornitore, allora debbo distinguere analiticamente due corsi tipici d’azione: uno razionale rispetto al valore e l’altro razionale rispetto alla scopo.

18 L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905)
Già in questi primi studi ci accorgiamo quindi di Il contrasto fra condizioni di vita e visione del mondo dei contadini annuali è in effetti un primo tentativo di spiegare l'importanza dei valori e dell'etica nel produrre impegno lavorativo, produzione, profitto, crescita economica. Weber afferma infatti la necessità di guardare al contenuto specifico delle dottrine protestanti per spiegare il rapporto fra protestantesimo e razionalità economica.

19 L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (2)
Weber non è certo originale nell'indicare l'esistenza di un rapporto fra protestantesimo e capitalismo. Egli tuttavia riesce, in maniera originale, a indicare un effetto della religione sulla vita quotidiana. Se infatti Marx credeva che il protestantesimo fosse un riflesso dell'individualismo economico tipico del capitalismo; e l'economia politica credeva altresì che non potesse esistere un rapporto fra la religione, che mira al bene spirituale ed il capitalista che mira all'accumulo materiale; Weber dimostra come il protestantesimo abbia avuto una influenza diretta sullo sviluppo del capitalismo in alcune nazioni rispetto ad altre.

20 L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (3)
A differenza del cattolicesimo infatti, il protestantesimo richiedeva una disciplina quotidiana molto più rigida, immettendo di fatto un fattore religioso in tutte le sfere del credente e combattendo in particolare il lassismo. Per comprendere però a pieno questo rapporto, secondo W. Bisogna analizzare i caratteri propri del capitalismo moderno e dell'etica protestante.

21 Capitalismi (2) Al capitalismo tradizionale non manca l'avidità, ma questa spesso viene accostata a metodi illegali o non etici di guadagno. Il capitalismo moderno è invece caratterizzato da uno specifico spirito: “il guadagno di denaro e di sempre più denaro, è così spoglio da ogni fine eudemonistico o semplicemente edonistico, e pensato in tanta purezza come scopo a se stesso, che di fronte alla felicità ed all'utilità del singolo individuo appare come qualche cosa di interamente trascendente e perfino d'irrazionale. Il guadagno è considerato come lo scopo della vita dell'uomo, e non più come mezzo per soddisfare i suoi bisogni materiali. Questa inversione del rapporto naturale, che è addirittura priva di senso per il modo di sentire comune, è manifestamente un motivo fondamentale del capitalismo”

22 Beruf Il centro della riflessione di Weber sta proprio nel concetto di beruf o vocazione professionale, un concetto che si afferma solo grazie alla Riforma protestante e che riporta gli affari terreni della vita quotidiana entro una sfera d'influenza religiosa che tutto ricomprende in sé. In particolare, un ruolo importante lo hanno giocato le correnti più ascetiche del Protestantesimo: Calvinismo, Metodismo, Pietismo e le sètte battiste. Weber si concentra soprattutto sui capisaldi del calvinismo.

23 I 3 capisaldi del calvinismo
Il mondo è stato creato per magnificare la gloria di Dio: “Non Dio è per l'uomo; ma l'uomo è per Dio” (EP, p. 176) Gli scopi di Dio sono imperscrutabili all'uomo. Ogni uomo è predestinato. Soltanto pochi, sin dalla loro creazione, sono eletti alla vita eterna. Tale predestinazione si “rivela” in terra, ma l'uomo non può cambiare il suo destino, tramite il proprio comportamento.

24 Il disincantamento del mondo
L'uomo entra quindi in un rapporto diretto, individuale, con la divinità che lo predestina. Rispetto al cristianesimo, ciò vuol dire che la chiesa non ha un ruolo di mediazione rispetto ai destini individuali. In tal senso, il calvinismo spinge all'ascesi intramondana e “disincanta” il mondo agli individui.

25 Il disincantamento del mondo
“Non c'era alcun mezzo, non solo magico, ma di nessun'altra natura per far discendere la grazia divina su colui al quale Dio aveva decretato di negarla. Collegata con l'aspra dottrina dell'assoluta lontananza da Dio e della mancanza di valore di ciò che è puramente umano, questo interno isolamento dell'uomo racchiude in sé il presupposto della posizione assolutamente negativa del puritanesimo di fronte a tutti gli elementi indulgenti ai sensi e ai sentimenti nella civiltà e nella religione – poiché essi sono inutili per la salvezza e sono fomento di illusioni sentimentali e di superstizioni che divinizzano le creature – e perciò stesso il ripudio di ogni civiltà che riconosca l'esigenza dei sensi” (EP, p. 179).

26 Morto l’incanto resta il lavoro.
Si potrebbe supporre che non avendo coscienza del proprio destino i seguaci della dottrina siano portati all'angoscia, invece secondo i calvinisti non essendoci alcuna distinzione evidente fra eletti e reprobi, ognuno ha il dovere di sentirsi eletto. Per conservare questa fiducia, il mezzo più appropriato è una “intensa attività nel mondo”: “non si dice ancora, come dirà Franklin, “il tempo è denaro”; ma questa sentenza vale, per così dire, in senso spirituale: esso è infinitamente prezioso, perché ogni ora perduta è tolta al servizio della gloria di Dio” (EP, p.263) Il punto fondamentale è che il lavoro ed il possesso non vanno contro il volere di Dio, a differenza di alcuni dettami tipicamente cattolici.


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