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PubblicatoOliviero Costantini Modificato 6 anni fa
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Questa seconda parte della meditazione si inserisce dopo il canto/ppt degli U2, One
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‘Dà quanto ricevi, tutto andrà bene’, dice un proverbio Maori”
‘Dà quanto ricevi, tutto andrà bene’, dice un proverbio Maori” Chi di noi non sottoscriverebbe questo proverbio? L’uomo è, ‘nel fondo’, sempre ‘primitivo’. E non può che essere così.
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D’altra parte, volendo allargare lo spettro del nostro discorso dalle dinamiche di coppia alle relazioni in generale, e volendo andare ancora più a fondo, possiamo chiederci: è mai possibile pensare ad un atteggiamento autenticamente gratuito? Oramai, nel Duemila, siamo abbastanza ‘scaltri’. Non esiste ‘ego’ (io) senza ego-ismo. Ogni forma di generosità non è che una maschera dietro cui si cela il bisogno di avere, di possedere, di mostrarsi superiori.
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Tanti Autori hanno fatto delle analisi interessanti e molto crude di tanti atteggiamenti propri soprattutto di noi cristiani (e, potremmo dire, di un modo sbagliato di vivere il cristianesimo). La compassione pietistica: quella che vede l’altro come il ‘poverino’ da aiutare (mi dispiace che stai così… ora ti ‘do’ qualcosa…, ora ti aiuto io). Quanti atteggiamenti di questo tipo troviamo anche in molte ‘frange’ del CVS, soprattutto quelle di una certa età.
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Oppure l’atteggiamento altrettanto odioso di chi ‘dà’ perché si sente superiore, dà perché ha di più, e così, invece di aiutare veramente l’altro, lo fa sentire ancora ‘peggio’, lo schiaccia nel peso della sua inferiorità.
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La logica del mercante è veleno sottile, che si insinua a tutti i livelli, da quello dell’amore di coppia alle relazioni di amicizia e sociali, al livello del volontariato.
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Ma quando il dono è veleno e non medicina?
Interessante: il termine gift, nelle lingue germaniche, significa sia dono che veleno. Come pharmakon: veleno che può uccidere o medicina che può salvare. Tutto dipende dalla quantità e dalla modalità in cui è somministrato. Ma quando il dono è veleno e non medicina?
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E qui ci imbattiamo in quello che è stato giustamente chiamato ‘il paradosso del dono’.
Dicevamo: un dono che consciamente o inconsciamente chiede restituzione, non è gratuito: allora non è vero dono. Ma basta, per renderlo ‘gratuito’ non chiedere ‘ufficialmente’ restituzione? Assolutamente no. Anzi, spesso, in questo secondo caso, come dicevamo anche prima, è ancora più sottilmente venefico, perché pone il donatore ‘più su’ del destinatario del dono.
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In entrambi i casi, al centro, non c’è l’altro, ma ‘io’
In entrambi i casi, al centro, non c’è l’altro, ma ‘io’. Nel primo caso ci sono ‘io’ che voglio ‘rientro’, contraccambio. Nel secondo caso ci sono io che voglio compiacimento (guarda come sono bravo a dare…, e non chiedo nemmeno nulla in cambio, perché… tanto… quel poveraccio che cosa potrebbe mai darmi in cambio?)
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Nel primo caso è come se obbligassimo l’altro alla riconoscenza, e quindi non c’è gratuità.
Quando faccio un gesto veramente gratuito non mi aspetto nemmeno il grazie…, non posso obbligare l’altro ad essere riconoscente nei miei confronti…
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Nel secondo caso, comunque non c’è un vero riconoscimento dell’altro e quindi non ci può essere vera riconoscenza, perché – in fondo – resta una forma di sottile disprezzo per l’altro. Quante volte ci siamo sentiti ‘male’ perché ci siamo trovati davanti ad una relazione a senso unico: io ti posso fare regali, ma da te non ne voglio; io posso fare pazzie per te, ma tu non ne devi fare per me; io posso lasciare tutto per stare con te, ma tu non devi lasciare le tue cose per me; io devo sapere tutto di te, ma tu non devi sapere tutto di me; io devo essere la persona grande, brava e generosa, ma non venire tu a cercare di curare le mie ferite, perché sono fatti miei…
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Cosa dicono questi atteggiamenti, in fondo, se non: non mi interessa quello che tu potresti darmi, non mi interessi tu come donatore?
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Se il primo atteggiamento è offensivo perché chiede per forza un ricambio. Il secondo è offensivo proprio perché per forza non vuole ricambio. Ma chi non ricambia, non sarà mai all’altezza del donatore. Quindi sarà eternamente debitore. Eternamente insolvente. Eternamente inferiore. Da qui il paradosso del dono. Paradosso che sembra insolubile. Il mutuo riconoscimento nella riconoscenza è allora solo un’illusione?
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Non illusione. Non mito. Ma neanche assoluto
Non illusione. Non mito. Ma neanche assoluto. Neanche proposta che si impone come paradigma necessario. Solo una fragile speranza. L’indicazione di un percorso che è quello dell’amore nella gratuità.
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Qui va inserita la canzone/ppt ‘PRIMA DI PARTIRE PER UN LUNGO VIAGGIO’, DI IRENE GRANDI
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