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PubblicatoAureliano Parente Modificato 5 anni fa
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FEDRO E LA FAVOLA (presentazione a cura di Tarcisio Muratore)
Nacque durante il principato di Augusto (15 a.C.?), ma fu attivo sotto Tiberio, Caligola e Claudio; era uno schiavo di origine tracia o macedone; nei manoscritti delle sue opere è citato come liberto di Augusto (egli stesso si definisce Augusti libertus); sarebbe stato perseguitato da Seiano, braccio destro di Tiberio, rimasto offeso da allusioni in alcuni scritti; ignorato da Seneca e dai contemporanei.
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LE FAVOLE Ci sono pervenute 93 "Favole" divise in 5 libri, tutte in senari giambici (trimetri giambici). Sono sicuramente sue anche le 32 favole raccolte nella cosiddetta "Appendix Perottina” (dall’umanista Niccolò Perotti, scopritore di queste favole e curatore della raccolta). Modello: Esopo (VI sec. A. C.): brevi racconti in prosa con significato pedagogico e morale. Proponevano modelli di comportamento; esemplificavano massime e proverbi; esprimevano una saggezza tipicamente popolare, non senza spunti di critica sociale e protesta degli umili. Avevano per protagonisti generalmente degli animali. La raccolta pervenutaci (circa 500 favole) è di epoca imperiale, posteriore a Fedro.
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Precedenti greci e latini
Per le favole in poesia: spunti in Archiloco di Paro (VII sec. a.C.) e in Esiodo di Ascra (VII sec. A. C.) . Satira romana: Ennio, Lucilio e soprattutto Orazio (sat.VI del II L.: Topo di campagna e topo di città). Punti di contatto con la commedia: intento di divertire (risum movere); carattere realistico ed umile; andamento drammatico (dialoghi in forma diretta).
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Caratteri della favola di Fedro
Non vuole solo divertire ma anche ammaestrare: monere; criterio della brevitas: non solo per la limitata mole dei suoi libri, ma anche per la concisione e la stringatezza del racconto e dei dialoghi; criterio della varietas: non solo animali, ma spesso altri personaggi; intento emulativo del modello rappresentato da Esopo; la morale: nella premessa (promitio) e/o nella conclusione (epimitio): ma sempre esplicita.
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Quale visione della vita?
Esprime il punto di vista dei ceti subalterni, dei poveri, degli esclusi dal potere: in breve, dei deboli. Il tono però non è aggressivo e satirico, ma moralistico: contro i difetti e gli errori umani, non tanto contro specifici personaggi. Visione della vita: amara e pessimistica, rassegnata perché conscia della legge del più forte (del potere). Mette in ridicolo non solo l’arroganza dei forti, ma anche l’ingenuità e la stoltezza di chi non sa adeguarsi a queste spietate leggi sociali. Morale piuttosto angusta e rinunciataria (quella dell’asino): deplora il male, ma lo ritiene inevitabile. Importante lo spunto sul valore incalcolabile della libertà: bene più prezioso di ogni vantaggio materiale.
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