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I.Kant ( ) Critica della ragion pura (1781)

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Presentazione sul tema: "I.Kant ( ) Critica della ragion pura (1781)"— Transcript della presentazione:

1 I.Kant (1724-1804) Critica della ragion pura (1781)

2 I problemi della conoscenza e la fine della metafisica.
Dai primi decenni del '700, le posizioni preminenti nella cultura europea sono acquisite dalla Francia e dall'Inghilterra. Il movimento illuministico annovera fra i suoi primi rappresentanti Montesquieu, che nel 1721, ventisette anni prima dello Spirito delle leggi, pubblica le Lettere persiane, opera estremamente critica verso l'antico regime e verso la cultura tradizionale. In Inghilterra si diffonde invece il pensiero di Locke, favorevole, da un punto di vista politico, ad un nuovo assetto costituzionale della monarchia, ed orientato, nel campo filosofico, ad un superamento della metafisica.

3 In questo panorama, la cultura tedesca sembra passare in secondo piano: la Germania occupa in Europa una posizione più defilata, in quanto è priva di quell'unità nazionale che consente invece alla Francia e all'Inghilterra di essere protagoniste a tutti i livelli della storia europea e, quindi, mondiale. Nel più potente degli stati di questa Germania divisa, la Prussia, nasce nel 1724 da una modesta famiglia di artigiani Immanuel Kant. Educato in un clima di rigorosa religiosità luterana, frequenta la facoltà filosofica di Königsberg, la sua città, e, dopo un breve periodo in cui esercita l'insegnamento privato come precettore presso famiglie nobili, inizia la carriera accademica nello stesso ateneo.

4 Kant si forma su: razionalismo metafisico (Leibniz, Spinoza, Cartesio) che riconosce alla ragione il potere di cogliere il sovrasensibile oltrepassando ogni dato d'esperienza; cultura scientifica del tempo, che aveva in Newton il suo maestro; illuminismo. Questi ultimi due orientamenti di pensiero sono decisamente contrari alla metafisica razionalistica. Dalla cultura scientifica Kant accoglie il profondo desiderio di un rigore sistematico, mentre della cultura illuministica recepisce, in forza della propria estrazione borghese, l'istanza della libertà umana, che lo porterà, nel 1789, a parteggiare idealmente per la Rivoluzione francese.

5 Sia la cultura scientifica che quella illuministica hanno il loro centro di gravità nel concetto di Ragione che, intervenendo su un materiale a lei esterno (i dati dell'esperienza), lo ordina per trarne una conoscenza rigorosa, vera e universale. Come ha insegnato Locke, l’intelletto non è semplicemente passivo o semplicemente attivo: nella conoscenza entrano in gioco sia elementi esterni sia elementi che appartengono alla ragione stessa (apriori o trascendentali). Dunque:

6 …il compito della ragione consiste nell’assumersi nuovamente il più grave dei suoi uffici, cioè la conoscenza di sé, e di erigere un tribunale che la garantisca nelle sue pretese legittime, ma condanni quelle che non hanno fondamento, non arbitrariamente, ma secondo le sue eterne e immutabili leggi; e questo tribunale non può essere se non la critica della ragione pura stessa. (Kant, Critica della ragione pura, Prefazione, I)

7 Critica: esame dei limiti e delle possibilità della ragione umana in ambito conoscitivo; Ragione: l’insieme della facoltà che ci permettono di rielaborare i dati dell’esperienza attraverso le proprie forme a priori (spazio, tempo e categorie).Possiamo considerare la Ragione come un vero e proprio «sistema operativo», un software che elabora e ordina i dati sensibili; Pura: la Ragione viene analizzata a prescindere dall’esperienza empirica, solo nel suo funzionamento e nelle sue modalità operative.

8 Per comprendere questa nuova impostazione delle possibilità e dei limiti della facoltà razionale, occorre esaminare l'inizio della prefazione alla prima edizione della Critica della ragion pura: La ragione umana, in una specie delle sue conoscenze, ha il destino particolare di essere tormentata da problemi che non può evitare, perché le son posti dalla natura della stessa ragione, ma dei quali non può trovare la soluzione, perché oltrepassano ogni potere della ragione umana.

9 Si configura così una divisione all'interno della facoltà razionale tra potere della ragione e problemi della ragione. Il potere della ragione è quello della scienza della natura di tipo newtoniano, e nella Critica della ragion pura Kant rifonda la base del conoscere considerando che della realtà fenomenica si può dare una scienza solo sulla base dell'essenziale apporto di criteri soggettivi, di forme a priori della mente. Poteri e problemi della ragione sono bene riassunti da una celebre immagine kantiana:

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11 Al punto in cui siamo giunti abbiamo non solo percorso il territorio dell’intelletto puro, considerandone accuratamente ogni parte, ma l’abbiamo altresì misurato, assegnando il suo posto a ogni cosa. Ma questo territorio è un’isola che la natura ha racchiuso in confini immutabili. E’ il territorio della verità [...] circondato da un ampio e tempestoso oceano, in cui ha la sua sede più propria la parvenza, dove innumerevoli banchi di nebbia e ghiacci, in corso di liquefazione, creano a ogni istante l’illusione di nuove terre e, generando sempre nuove ingannevoli speranze nel navigante che si aggira avido di nuove scoperte, lo sviano in avventurose imprese che non potrà né condurre a buon fine né abbandonare una volta per sempre.

12 Pur dichiarandosi un «innamorato deluso» dalla metafisica, Kant riconosce che si tratta di un «anelito perenne» che porta l’uomo a trascendere continuamente l’orizzonte dell’empiria: La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell'onniscienza, è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso quei problemi che non possono in nessun modo esser risolti da un uso empirico della ragione [...] e così in tutti gli uomini una qualche metafisica è sempre esistita e sempre esisterà, appena che la ragione s'innalzi alla speculazione. L’indagine kantiana si svolge lungo due percorsi paralleli, rivolgendosi da un lato alle scienze (matematica e fisica), dall’altro alla metafisica:

13 Poiché queste scienze [la matematica e la fisica] sono effettivamente date, conviene di certo domandarsi come siano possibili; infatti, che esse siano possibili è dimostrato dalla loro realtà. Quanto alla metafisica, il suo cattivo andamento fino ad oggi, unito al fatto che nessuna delle metafisiche fin qui offerte si può dire che realmente sussista rispetto al suo scopo essenziale, fa dubitare chiunque, a ragione, della sua possibilità. Tuttavia, anche questa specie di conoscenza deve in certo senso esser considerata come data, e la metafisica, anche se non come scienza, è tuttavia reale come disposizione naturale. Da qui, le quattro domande fondamentali a cui la Critica della ragione pura darà risposta:

14 Le quattro domande base:
“Com’è possibile la matematica pura?” “Com’è possibile la fisica pura?” “Com’è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?” “Com’è possibile la metafisica come scienza?”

15 La dottrina kantiana dei giudizi
Una volta individuate le domande a cui rispondere, Kant inizia l’analisi da quelle discipline la cui verità e scientificità è indubitabile. L’ipotesi di fondo della Critica della Ragione Pura (CRP) è la seguente: […] sebbene ogni conoscenza cominci con l’esperienza, non perciò essa deriva tutta dall’esperienza. Infatti potrebbe essere benissimo che la nostra stessa conoscenza empirica fosse un composto di ciò che noi riceviamo dalle impressioni e di ciò che la nostra facoltà di conoscere vi aggiunge da sé […] aggiunta che noi propriamente non distinguiamo bene da quella materia che ne è il fondamento, se prima un lungo esercizio non ci abbia resi attenti ad essa, e non ci abbia scaltriti alla distinzione.

16 Il giudizio è l'attribuzione di un predicato a un soggetto; con tale attribuzione viene affermato qualcosa con pretesa di verità. Dunque, il problema di come noi conosciamo le cose coincide, dal punto di vista logico, con il problema del criterio con il quale si connettono soggetto e predicato. Tale connessione - secondo Kant - può essere di due tipi: analitica o sintetica. Ad ognuna di queste connessioni corrisponde un atteggiamento gnoseologico diverso, razionalista o empirista.

17 Il giudizio analitico Il giudizio analitico è quello in cui ciò che il predicato esprime è già compreso nel concetto del soggetto, come nell'esempio tutti i corpi sono estesi. Essendo il predicato implicito nel concetto stesso di corpo, il giudizio non fa altro che esplicitare il contenuto concettuale del soggetto (perciò Kant lo chiama anche giudizio esplicativo o tautologico). Il giudizio analitico è a priori, poiché è vero a prescindere dalla verifica empirica: un corpo viene pensato necessariamente come esteso. Il giudizio analitico è dunque universale e necessario (il suo contrario non può essere pensato senza contraddizione).

18 Il giudizio sintetico Nel giudizio sintetico il predicato contiene qualcosa che non è compreso nel concetto del soggetto, come nell'esempio tutti i corpi sono pesanti. La pesantezza non è un elemento che si trovi necessariamente nel concetto generale di corpo: è infatti possibile pensare il corpo anche senza il peso (nella fisica aristotelica, per esempio, il peso non era una caratteristica di tutti gli elementi). Il predicato, nel giudizio sintetico, è collegato al soggetto in forza dell'esperienza: i giudizi sintetici sono dunque a posteriori e, in quanto tali, non hanno universalità e necessità.

19 Il giudizio sintetico a priori
Dunque: né il giudizio analitico (razionalismo) né quello sintetico a posteriori (empirismo) soddisfano i requisiti della conoscenza scientifica. Il giudizio analitico, infatti, è universale e necessario, ma può solo chiarire ciò che è già conosciuto, non produce nuove conoscenze; il giudizio sintetico, d'altro lato, è estensivo del sapere, ma è privo di necessità. La conoscenza deve invece essere sintetica, cioè comprensiva di elementi empirici, e razionalmente fondata: la forma del giudizio che la caratterizza è allora quella del giudizio sintetico a priori, in cui il predicato non è già compreso nel concetto del soggetto, e tuttavia è collegato a esso in modo universale e necessario.

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21 EMPIRISTI RAZIONALISTI
Principi fondamentali della scienza: GIUDIZI SINTETICI A POSTERIORI Giudizi in cui il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, attraverso l’esperienza RAZIONALISTI Principi fondamentali della scienza: GIUDIZI ANALITICI A PRIORI Giudizi che vengono enunciati senza bisogno di ricorrere all’esperienza Kant riflette su come i filosofi del passato abbiano analizzato il sapere scientifico, in particolar modo confuta il pensiero di empiristi e razionalisti

22 I vari giudizi scientifici sono giudizi sintetici a priori
I vari giudizi scientifici sono giudizi sintetici a priori. Ad esempio, la proposizione il calore dilata i metalli, pur essendo formulata in virtù dell'esperienza, è un giudizio sintetico a priori. In altre parole, i giudizi sintetici a priori rappresentano la spina dorsale della scienza, ovvero l'elemento che le conferisce stabilità e universalità. Scienza = Esperienza + Forme a priori (cioè le modalità operative della Ragione)

23 Matematica e geometria sono scienze sintetiche apriori
Nel giudizio sintetico a priori 7+5=12, il concetto di 12 è aggiunto alla nozione di 7 e di 5 in base alla mia capacità di contare, cioè di aggiungere quantità a quantità. Nel giudizio la retta è la linea più breve fra due punti io aggiungo la nozione più breve alla retta in base ad concetto quantitativo che posseggo già prima. Lo stesso si può applicare a tutti i giudizi della scienza, anche di tipo diverso, per esempio dato un punto A esterno ad una retta R esiste una e una sola retta R1 passante per A e parallela a R. L’esistenza di una e una sola retta parallela a R passante per A non è implicita nell’idea di un punto esterno ad una retta R, eppure si deduce a priori, senza bisogno di ricavarla da una concreta situazione empirica.

24 La rivoluzione copernicana
Kant elabora, dunque, una nuova teoria della conoscenza, intesa come sintesi di materia e forma. Per materia della conoscenza si intende la molteplicità caotica e mutevole (il molteplice spazio-temporale) delle impressioni sensibili che provengono dall'esperienza (elemento empirico o a posteriori). Per forma si intende l'insieme delle modalità operative fisse attraverso cui la mente umana ordina, secondo determinati rapporti, tali impressioni (elemento razionale o a priori). La conoscenza è il risultato delle operazioni che le forme apriori e soggettive dell’intelletto umano svolgono sul materiale sensibile.

25 Finora si è creduto che ogni nostra conoscenza debba regolarsi sugli oggetti; ma tutti i tentativi, condotti a partire da questo presupposto, di stabilire, tramite concetti, qualcosa a priori intorno agli oggetti, onde allargare in tal modo la nostra conoscenza, sono andati a vuoto. E’ venuto il momento di tentare una buona volta, anche nel campo della metafisica, il cammino inverso, muovendo dall’ipotesi che siano gli oggetti a dover regolarsi sulla nostra conoscenza […] Le cose stanno qui né più né meno che per i primi pensieri di Copernico: il quale […] si propose di indagare se le cose non procedessero meglio facendo star fermi gli astri e ruotare lo spettatore.

26 Come Copernico, per spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra lo spettatore e le stelle, e quindi tra la terra e il sole, così Kant, per spiegare la scienza, ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto, affermando che non è la mente che si modella passivamente sulla realtà - realismo gnoseologico - bensì è la realtà che viene modellata (e conosciuta) sulla base delle forme a priori attraverso cui la percepiamo. In ciò consiste il carattere trascendentale della filosofia kantiana:

27 Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti, in quanto questa deve essere possibile a priori.

28 Kant ritiene che la mente filtri attivamente i dati empirici attraverso le forme che essa possiede naturalmente (come un paio di lenti colorate filtrerebbero la luce del sole) e che risultano comuni a ogni soggetto pensante. Come tali, queste forme sono a priori rispetto all'esperienza e sono fornite di validità universale e necessaria, in quanto tutti le possiedono e le applicano allo stesso modo.

29 La mente kantiana è simile a un software che elabora la molteplicità dei dati che gli vengono forniti dall'esterno, mediante una serie di programmi fissi, che ne rappresentano gli immutabili codici di funzionamento. Per cui, pur mutando incessantemente le informazioni (= le impressioni sensibili), non mutano mai i loro schemi di ricezione (= le forme a priori).

30 Ma se in noi esistono determinate forme a priori universali e necessarie (che per Kant, come vedremo, sono lo spazio e il tempo e le 12 categorie) attraverso cui ordiniamo i dati della realtà, si spiega perché possiamo formulare dei giudizi sintetici a priori intorno a essa senza timore di essere smentiti dall'esperienza. Noi possiamo asserire con certezza che ogni evento, anche in futuro, dipenderà da cause o sarà nello spazio e nel tempo, in quanto non possiamo percepire le cose se non attraverso la causalità (una delle categorie) e mediante lo spazio e il tempo. In conclusione, […] noi tanto conosciamo a priori delle cose quanto noi stessi poniamo in esse.

31 Il trascendentale: un chiarimento
Kant condivide con il razionalismo l'esigenza di una fondazione a priori della conoscenza: trascendentale indica allora l'elemento dell'a priori che fonda la conoscenza oggettiva. Non si tratta però di "verità innate“ (si ricadrebbe così nella tradizionale impostazione razionalistica), ma solo di strumenti operativi della mente. Trascendentale si oppone a empirico, perché si riferisce a ciò che non ha origine dall'esperienza sensibile; si oppone anche a trascendente, perché indica una modalità di conoscere che, pur essendo a priori, si realizza solo in rapporto con l'esperienza.

32 Con il punto di vista trascendentale ci si sposta da un'indagine sulle cose a un'indagine sul nostro modo di conoscere le cose. Si tratta allora di operare un rovesciamento di tale prospettiva, assumendo l'ipotesi che gli oggetti debbano regolarsi sulla nostra conoscenza: questa è la rivoluzione copernicana compiuta da Kant. Ciò vuol dire che non esiste prima un oggetto del quale poi noi facciamo esperienza, ma che il modo in cui si costituiscono gli oggetti dell'esperienza è determinato dalle funzioni trascendentali della ragione. È a queste condizioni che l'esperienza stessa è possibile.

33 Excursus sul software del nostro cervello:
Il cervello umano ha un eccellente software di simulazione. Gli occhi non gli forniscono una fotografia fedele della realtà esterna o un film assolutamente preciso di quanto avviene nel tempo. Il cervello elabora un modello e lo aggiorna in continuazione attraverso impulsi in codice viaggianti lungo il nervo ottico; ma sempre di un’elaborazione di tratta. E le illusioni ottiche ce lo rammentano. Una vasta classe di illusioni, di cui il cubo di Necker è un tipico esempio, si forma perché i dati sensoriali che l’encefalo riceve sono compatibili con due modelli alternativi di realtà. (R.Dawkins, L’illusione di Dio)

34 Il cubo di Necker e le sue due possibili interpretazioni
I segnali sensoriali non sono adatti a ottenere percezioni immediate e certe; cosicché per vedere gli oggetti si rende necessario che sia l’intelletto a formulare una serie di congetture.

35 Una distinzione importante:
Il fenomeno è la realtà quale ci appare tramite le forme a priori che sono proprie della nostra struttura conoscitiva. Il fenomeno è una rappresentazione, poiché è sì un oggetto, e un oggetto reale, ma reale soltanto nel rapporto con il soggetto conoscente; la cosa in sé (o noumeno, «cosa pensata») è la realtà considerata indipendentemente da noi e dalle forme a priori mediante le quali la conosciamo. Come tale, la cosa in sé costituisce una «x sconosciuta», che rappresenta tuttavia il necessario correlato dell'«oggetto per noi» o fenomeno.

36 Le facoltà della conoscenza
Kant articola la conoscenza in tre facoltà principali: Ogni nostra conoscenza scaturisce dai sensi, da qui va all'intelletto, per finire nella ragione. La sensibilità è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi e tramite le forme a priori di spazio e tempo. L'intelletto è la facoltà attraverso cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o categorie. La ragione (in senso speciale) è la facoltà attraverso cui, procedendo oltre l'esperienza, cerchiamo di spiegare globalmente la realtà mediante le idee di anima, mondo e Dio.

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39 L’estetica trascendentale
Nell'Estetica Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori. Kant considera la sensibilità: recettiva perché essa non genera i propri contenuti ma li accoglie, per intuizione, dalla realtà esterna o dall'esperienza interna; attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni (le intuizioni empiriche) tramite lo spazio e il tempo, che costituiscono le forme a priori (le intuizioni pure) della sensibilità.

40 Per Kant, lo spazio non è una caratteristica inerente agli oggetti o al loro rapporto, ma la condizione soggettiva della sensibilità, sotto la quale soltanto ci è possibile l'intuizione esterna: Per mezzo del senso esterno [lo spazio], noi ci rappresentiamo gli oggetti come fuori di noi e come tutti assieme nello spazio. In questo, sono determinati, o determinabili, la loro forma, la loro grandezza e i loro rapporti reciproci […] Lo spazio non è un concetto empirico, proveniente da esperienze esterne. Infatti, affinché certe sensazioni siano riferite a qualcosa fuori di me e io possa rappresentarmele come esterne e una accanto all’altra – deve già esserci a fondamento la rappresentazione di spazio.

41 In altri termini: Ieri Meredith e Cristina stavano discutendo in un corridoio dell’ospedale.
Il «corridoio» è un concetto empirico: la conversazione si sarebbe potuta tenere anche nell’atrio, o in un’altra stanza, o all’aperto, etc; ma il fatto che la conversazione si sia tenuta «da qualche parte» NON è un concetto del genere. Non può esistere alcuna conversazione che non avvenga in un determinato luogo, non si può immaginare che non ci sia lo spazio: questo intende Kant quando afferma che lo spazio è una rappresentazione necessaria e apriori.

42 Analogamente, il tempo non è altro che la forma del senso interno, cioè dell'intuizione di noi stessi e del nostro stato interno […] il tempo non può essere intuito esternamente, allo stesso modo che lo spazio non può essere intuito come qualcosa in noi: il tempo è la forma in cui il soggetto intuisce le proprie modificazioni interne. Facendo riferimento al precedente esempio, se «ieri» è un concetto empirico, non può esserlo il fatto che la conversazione tra Meredith e Cristina si deve essere svolta prima, dopo o durante altri avvenimenti. Anche il tempo, come lo spazio, è una rappresentazione necessaria e apriori che il pensiero non può eliminare e di cui non può fare a meno.

43 Tuttavia, siccome le cose esterne vengono comunque interiorizzate nel momento in cui le percepiamo e ce le rappresentiamo interiormente, esse si dispongono parimenti in una successione temporale. Così anche lo spazio ci è dato interiormente nel tempo, in modo che il tempo si configura come l’intuizione pura di tutti i fenomeni, la forma fondamentale attraverso cui noi percepiamo tutto ciò che è possibile percepire. Pertanto, se non ogni cosa è nello spazio, ad esempio i sentimenti, ogni cosa è però nel tempo, in quanto tutti i fenomeni in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo.

44 Mentre Newton aveva concepito lo spazio e il tempo come assoluti, considerando questo un requisito necessario per l'esistenza stessa di una scienza fisica, Kant ritiene che lo spazio e il tempo non sono già dati, precedentemente alla sensazione, non fanno parte dell’esperienza, non sono proprietà delle cose ma forme a priori dell'intuizione attraverso le quali si dà l'esperienza del mondo fenomenico.

45 Matematica e Geometria
La geometria è la scienza che dimostra sinteticamente a priori le proprietà delle figure mediante l'intuizione pura di spazio, stabilendo ad esempio, senza ricorrere all'esperienza del mondo esterno, che tra le infinite linee che uniscono due punti la più breve è la retta, che due parallele non chiudono uno spazio, che in una circonferenza il raggio è minore del diametro, etc… Analogamente, l'aritmetica è la scienza che determina sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull'intuizione pura di tempo e di successione, senza la quale lo stesso concetto di numero non sarebbe mai sorto. In quanto a priori, la matematica è anche universale e necessaria, immutabilmente valida per tutte le menti pensanti.

46 L'analitica trascendentale
Nell'Estetica trascendentale Kant ha condotto a termine l'indagine delle forme pure della sensibilità; nella sezione seguente, l'Analitica trascendentale, estende tale esame alla conoscenza intellettuale. Se nella sfera della sensibilità avevamo a che fare con intuizioni, ora siamo di fronte ai concetti dell'intelletto. Intuizioni e concetti sono le due grandi fonti della conoscenza, che si costituisce proprio nel loro ineliminabile rapporto: Senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verreb­be pensato. I pensieri senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche.

47 Che cosa sono i concetti?
Kant sostiene che le intuizioni sono delle affezioni (ossia qualcosa di passivo), mentre i concetti sono delle funzioni, ovvero delle operazioni attive, che consistono nell'ordinare o nell'unificare diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune. Ad esempio quello di «corpo» è un concetto, in quanto sotto di esso si trovano raccolte altre rappresentazioni. I concetti possono essere empirici, cioè costruiti con materiali ricavati dall'esperienza; puri, cioè contenuti a priori nell'intelletto (attenzione: NON innati!!!).

48 Le Categorie I concetti puri si identificano con le categorie, cioè con quei concetti basilari della mente che rappresentano le supreme funzioni unificatrici dell'intelletto. Tuttavia, a differenza delle categorie aristoteliche, che hanno un valore ontologico e gnoseologico al tempo stesso, essendo simultaneamente forme dell'essere e del pensiero, le categorie kantiane hanno una portata esclusivamente gnoseologico-trascendentale, in quanto rappresentano dei modi di funzionamento dell'intelletto, che non valgono per la cosa in sé, ma solo per il fenomeno. Schematicamente:

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50 La conoscenza esige che sia posto un legame, una connessione fra i dati dell'intuizione sensibile. Ma questa connessione non può consistere in un'associazione delle percezioni operata dal soggetto (è questa la posizione dell'empirismo): essa deve infatti avere carattere oggettivo, cioè valere necessariamente per tutti. Kant, in primo luogo, individua le funzioni dell'intelletto, intendendo per funzione l'unità dell'operazione che ordina le diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune. Il filo conduttore per l'individuazione di tali funzioni è offerto dall'analisi dei giudizi.

51 Nel giudizio, le rappresentazioni vengono poste in connessione secondo determinate regole che corrispondono ad altrettante funzioni a priori dell'intelletto; Kant ritiene quindi possibile risalire dalla rassegna e dall'esame dei diversi tipi di giudizio ai corrispondenti concetti puri dell'intelletto che, come si è detto, Kant, rifacendosi ad Aristotele, chiama categorie. Attraverso le categorie l'intelletto istituisce fra gli oggetti la connessione necessaria alla formulazione del giudizio. Solo per mezzo delle categorie è possibile unificare la molteplicità spazio-temporale nell’unità del concetto: cioè, conoscere.

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53 Le categorie sono concetti che prescrivono leggi a priori ai fenomeni, e perciò alla natura come insieme di tutti i fenomeni…le leggi esistono non nei fenomeni, ma solo relativamente al soggetto al quale i fenomeni ineriscono, in quanto esso ha un intelletto; così come i fenomeni non esistono in sé, ma solo relativamente al soggetto medesimo, in quanto esso è dotato di sensi […] i fenomeni sono solamente rappresentazioni di cose, le quali restano ignote per quel che possono essere in se stesse. E come semplici rappresentazioni, i fenomeni non sottostanno ad altra legge di unificazione di quella che loro prescrive la facoltà unificatrice. Dunque, le rappresentazioni sono unificate in un io, e l’”oggetto” di cui parla Kant nella CRP non è altro che la materia della sensibilità unificata dalla soggettività trascendentale.

54 L’unificazione dei fenomeni non è dunque negli oggetti, e non può essere considerata come qualcosa di attinto da essi per via di percezione, ma è soltanto una funzione dell’intelletto, il quale non è altro che la facoltà di unificare a priori e di sottoporre all’unità della appercezione il molteplice delle rappresentazioni date; ed è questo il principio supremo di tutta la conoscenza umana. Ovvero: l'unificazione del molteplice non deriva dalla molteplicità stessa, che è sempre qualcosa di passivo, ma da un'attività sintetica che ha la sua sede nell'intelletto, centro mentale unificatore che Kant, per meglio sottolineare come esso non si identifichi con la psiche di questa o di quella persona, ma con l'identica struttura mentale che accomuna gli uomini, denomina con l'espressione «io penso».

55 L’unità sintetica della coscienza (io penso) è dunque una condizione oggettiva di ogni conoscenza, della quale non soltanto io stesso ho bisogno per conoscere un oggetto, ma alla quale deve sottostare ogni intuizione per divenire oggetto per me, poiché in ogni altro modo, e senza questa sintesi, il molteplice non si unificherebbe in una coscienza.

56 La Deduzione Trascendentale (cioè la dimostrazione della legittimità delle categorie):
l'attività dell‘io penso si attua tramite i giudizi, i quali, come sappiamo, sono i modi concreti con cui il molteplice dell'intuizione viene pensato; ma i giudizi si basano sulle categorie, che sono le diverse maniere di agire dell'io penso, ovvero le dodici funzioni unificatrici in cui si concretizza la sua attività sintetica; di conseguenza, gli oggetti non possono assolutamente venir pensati senza per ciò stesso venire categorizzati. Quando Kant parla di «io penso» intende il principio formale di unificazione del pensiero, che è condizione di possibilità della conoscenza del mondo, sia della conoscenza ordinaria, sia di quella scientifica.

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58 Lo schematismo trascendentale
Si pone tuttavia un altro problema. Kant afferma l'eterogeneità fra sensibilità e intelletto; sappiamo anche che la conoscenza non può che essere sintesi fra intuizione e concetto. Come è possibile questa relazione fra rappresentazioni eterogenee? Come è possibile, per esempio, l'applicazione della categoria di causalità ai fenomeni, dal momento che questa è un concetto puro dell'intelletto, che non può trovarsi nei fenomeni stessi? Per risolvere questa difficoltà, Kant sviluppa la dottrina dello schematismo trascendentale.

59 In ogni riconduzione d’un oggetto sotto un concetto, la rappresentazione del primo deve essere omogenea con quella del secondo […] Ma i concetti puri dell’intelletto, paragonati alle intuizioni empiriche, sono affatto eterogenei […] Ora, com’è possibile la riconduzione di queste sotto di quelli, e quindi l’applicazione della categoria ai fenomeni? Ci deve essere un terzo termine, il quale deve essere omogeneo da un lato con la categoria e dall’altro con il fenomeno, e che rende possibile l’applicazione di quella a questo. Il giunto tra percezione e pensiero è lo schema, ciò che rende possibile l’applicazione del concetto. Cos’è lo schema di un concetto? Ecco l’esempio di Kant:

60 Quando io pongo l’uno dietro l’altro cinque punti, questa è un’immagine del numero cinque. Quando invece io penso soltanto a un numero in genere, che può essere cinque oppure cento, tale pensiero contiene la rappresentazione di un metodo per offrire un’immagine di una certa quantità (ad esempio mille) anziché contenere l’immagine stessa. In quest’ultimo caso, infatti, difficilmente io potrei dominare e confrontare con il concetto l’immagine. Io chiamo dunque schema di questo concetto la rappresentazione di un universale procedimento con cui l’immaginazione procura ad un concetto la sua immagine. Nessuna immagine sarebbe mai adeguata al concetto di triangolo in generale. L’immagine non potrebbe in nessun caso accedere all’universalità per cui il concetto vale per ogni triangolo, sia esso rettangolo o di altro genere. Lo schema del triangolo non può mai esistere in alcun luogo che non sia il pensiero […]

61 Lo schema di cane non coincide con l'immagine sensibile e particolare di questo o quel cane, ma si identifica con una regola in base alla quale la mia immaginazione è posta in grado di delineare in generale la figura di un quadrupede, senza tuttavia chiudersi entro una particolare raffigurazione offertami dall'esperienza o in una qualsiasi immagine che io possa rappresentarmi in concreto. Altri esempi: schema del concetto di sostanza: la permanenza del reale nel tempo; schema del concetto di causa: il reale a cui, una volta che esso sia posto, segue sempre qualche altra cosa; schema del concetto di necessità: l’esistenza di un oggetto in ogni tempo.

62 Il noumeno come concetto-limite
Le categorie, costituendo la facoltà logica di unificare il molteplice della sensibilità, funzionano solo in connessione con le intuizioni spazio-temporali cui si applicano. Considerate di per sé, cioè senza essere riempite di dati provenienti dal senso esterno o interno, sono «vuote». Questo fa sì che esse risultino operanti solo in relazione al fenomeno, intendendo per quest'ultimo l'oggetto proprio della conoscenza umana, che è sempre sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Di conseguenza, il conoscere, per Kant, non può estendersi al di là dell'esperienza, in quanto una conoscenza che non si riferisca a un'esperienza possibile non è conoscenza, ma un vuoto pensiero che non conosce nulla, un semplice gioco di rappresentazioni. Questo principio postula una distinzione tra pensare e conoscere.

63 Il noumeno, la cosa in sé, più che essere una realtà, è per noi un concetto, e pre­cisamente un concetto-limite, una sorta di promemoria che serve ad arginare le nostre pretese conoscitive. Il noumeno circoscrive le pretese della sensibilità, rammentandoci che ciò che ci viene dato nell'intuizione spazio-temporale non è la realtà in assoluto; circoscrive le arroganze dell'intelletto, ricordandoci che esso non può conoscere le cose in sé, ma soltanto pensarle nella loro possibilità, sotto forma di x ignote.

64 Quindi il concetto di noumeno non è altro che un concetto limite, per circoscrivere le pretese della sensibilità ed è quindi soltanto di uso negativo. Esso non è però introdotto arbitrariamente, ma si connette alla limitazione della sensibilità, senza tuttavia essere in grado di porre alcunché di positivo al di fuori del dominio che le è proprio.

65 Il mondo delle cose in sé è dunque del tutto sottratto, in quanto privo di contenuto oggettivo, alla conoscenza. Resta ora da considerare perché si dia nei fatti il tentativo di produrre conoscenza anche di questo mondo, e che cosa accada quando ciò avviene: è questo il compito della Dialettica trascendentale. Successivamente, Kant continuerà la sua rifles­sione sul mondo noumenico, considerando in che modo esso sia esplorabile attraverso le categorie della ragione pratica, nell'orizzonte della morale.

66 Il grande smascheramento: la dialettica trascendentale
Nella Dialettica trascendentale Kant conduce l'esame dei fondamenti della metafisica e del suo eventuale diritto a proporsi come sapere scientifico. Per Dialettica trascendentale Kant intende l'analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica. Nonostante la sua infondatezza, la metafisica rappresenta tuttavia un'esigenza naturale e inevitabile della mente umana, di cui la filosofia critica intende chiarire la genesi profonda.

67 Al punto in cui siamo giunti abbiamo non solo percorso il territorio dell’intelletto puro, considerandone accuratamente ogni parte, ma l’abbiamo altresì misurato, assegnando il suo posto a ogni cosa. Ma questo territorio è un’isola che la natura ha racchiuso in confini immutabili. E’ il territorio della verità [...] circondato da un ampio e tempestoso oceano, in cui ha la sua sede più propria la parvenza, dove innumerevoli banchi di nebbia e ghiacci, in corso di liquefazione, creano a ogni istante l’illusione di nuove terre e, generando sempre nuove ingannevoli speranze nel navigante che si aggira avido di nuove scoperte, lo sviano in avventurose imprese che non potrà né condurre a buon fine né abbandonare una volta per sempre.

68 Ricerca della totalità e illusioni della ragione
Il problema che la ragione mira a risolvere è quello della totalità: Ogni singola esperienza è solo una parte di tutta la sfera dell‘esperienza: la totalità assoluta di ogni esperienza possibile non è in se stessa un'esperienza e tuttavia è un problema necessario per la ragione. L'intelletto umano è finito, limitato; l'esperienza che è nelle sue possibilità è necessariamente circoscritta. Tuttavia, è una caratteristica costitutiva del pensiero quella di voler afferrare la totalità, il Tutto. Per esempio, posta una connessione causale tra un certo numero di fenomeni, la ragione tenta di risalire a una causa ultima, a ciò che sia condizione senza essere a sua volta condizionato: perciò Kant chiama la ragione facoltà dell'incondizionato.

69 Il principio supremo per mezzo del quale la ragione cerca di unificare i risultati dell'intelletto si basa sull'idea di incondizionato e consiste nell'affermare che, se è dato il condizionato, ossia ciò che è conosciuto dall'intelletto, deve essere data anche l'intera serie delle sue condizioni, la quale di per sé è incondizionata. Questo principio è l'esigenza di un principio legittimo della ragione, cioè quella di ricondurre la molteplicità del condizionato, vale a dire del mondo dell'esperienza, alla massima unità possibile; quando, tuttavia, tale principio viene scambiato per una conoscenza oggettiva, cioè per la conoscenza di una realtà incondizionata, esso si rivela illusorio, perché tale realtà non ci è mai stata data nell'esperienza e dunque non può mai costituire l'oggetto di un concetto puro.

70 In questo caso [quando l’intelletto procede oltre i propri confini] si tratta di una illusione assolutamente inevitabile come è inevitabile che il mare ci appaia più alto in lontananza che alla spiaggia, poiché nel primo caso lo vediamo attraverso raggi più alti che nel secondo; oppure meglio ancora , come non c’è astronomo in grado di far sì che la luna non gli appaia più grande nel suo sorgere, anche se egli non cade vittima di tale parvenza. La dialettica trascendentale si appagherà quindi dello svelamento della parvenza dei giudizi trascendentali, e nel contempo di premunirci dal cadere vittima del suo inganno. Tuttavia essa non sarà mai in grado di operare il dissolvimento di questa parvenza facendo sì che essa cessi di presentarsi. In effetti qui siamo innanzi a una inevitabile illusione naturale, riposante come tale su principi soggettivi, da essa scambiati per oggettivi […] Esiste dunque una dialettica naturale e inevitabile della ragione pura […]

71 Kant ritiene che questo voler procedere oltre i dati esperienziali derivi dalla nostra innata tendenza all'incondizionato e alla totalità. In altre parole, la nostra ragione, mai paga del mondo fenomenico, che è il campo del condizionato e del relativo, è irresistibilmente attratta verso il regno dell'assoluto e quindi verso una spiegazione globale e onnicomprensiva di ciò che esiste: […] si tratta di una dialettica inscindibilmente connessa con l’umana ragione sicché, anche dopo il chiarimento della sua infondatezza, non cesserà per questo di sedurre la nostra ragione traendola continuamente in errori momentanei, che dovranno sempre venir nuovamente rimossi.

72 Le tre idee della metafisica
Se l'intelletto operava mediante le categorie l'unificazione del molteplice intuito, la ragione opera invece con idee; l'idea - termine che Kant assume esplicitamente da Platone - è definita così:

73 Intendo per idea un concetto necessario della ragione, al quale non è dato trovare un oggetto adeguato nei sensi. I nostri concetti puri razionali ora esaminati [anima, mondo e Dio] son dunque idee trascendentali. Essi son concetti della ragion pura; considerano infatti ogni conoscenza sperimentale come determinata da una totalità assoluta di condizioni. Non sono escogitati ad arbitrio, ma dati dalla natura della stessa ragione, e si riferiscono quindi necessariamente all'uso intero dell'intelletto. Essi infine sono trascendenti e sorpassano i limiti di ogni esperienza […] nel cui ambito quindi non è possibile che si riscontri un oggetto adeguato all’idea trascendentale.

74 Tre sono le idee alle quali il tentativo di raggiungere la totalità incondizionata mette capo e a cui corrispondono tre pseudoscienze: l'idea di anima, cioè l’idea della «totalità delle condizioni di un dato fenomeno psichico» (psicologia razionale); l'idea di mondo, cioè l’idea della «totalità delle condizioni di un dato fenomeno fisico» (cosmologia razionale); l'idea di Dio, cioè l’idea della «totalità delle totalità» (teologia razionale). Anima, mondo e Dio sono i grandi campi di indagine della metafisica dogmatica con cui Kant vuole fare definitivamente i conti.

75 L'idea di anima La metafisica afferma che l’anima è una sostanza che permane identica a se stessa nel tempo, che è distinta da ogni altro oggetto. Questa dottrina — secondo Kant — è fallace, perché si fonda su paralogismi, ossia su ragionamenti errati. La radice di tali errori consiste nel fatto che il soggetto, l'Io penso, che è la funzione unificatrice delle rappresentazioni, viene trasformato arbitrariamente in una sostanza sussistente di per sé, in un'anima. Questa trasformazione avviene applicando la categoria di sostanza all'Io penso, che non è un oggetto, ma l'unità della coscienza, ovvero proprio la condizione di applicabilità delle categorie. Quella che è una condizione logico-trascendentale della conoscenza viene così trasformata in una realtà, nell'oggetto di una conoscenza che si rivela però inevitabilmente illusoria.

76 L'idea di mondo La cosmologia razionale si fonda sull'idea di mondo, inteso come totalità delle condizioni dei fenomeni (si tratta dunque di cosa ben diversa dalla natura, che è la connessione dei fenomeni oggetto di un'esperienza possibile). L'illusorietà del tentativo della ragione di conoscere il mondo come totalità è dimostrata dal fatto che esso conduce ad antinomie, cioè a coppie di proposizioni in contraddizione fra loro e tuttavia egualmente dimostrabili. Kant individua quattro antinomie:

77 PRIMA ANTINOMIA TESI ANTITESI Il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è delimitato entro precisi confini. II mondo non ha né inizio né confini nello spazio, ma è infinito, così rispetto al tempo come rispetto allo spazio SECONDA ANTINOMIA Nel mondo ogni sostanza composta consta di parti semplici, e in nessun luogo esiste qualcosa che non sia o il semplice o ciò che ne risulta composto. Nessuna cosa composta, nel mondo, consta di parti semplici; e in nessuna parte del mondo esiste alcunché di semplice. TERZA ANTINOMIA La causalità delle leggi della natura non è l'unica da cui sia possibile far derivare tutti i fenomeni del mondo. Per la loro spiegazione si rende necessaria l'ammissione anche d'una causalità per libertà. Non c'è libertà alcuna, ma nel mondo tutto accade esclusivamente in base a leggi di natura. QUARTA ANTINOMIA Del mondo fa parte qualcosa che, o come suo elemento o come sua causa, costituisce un essere assolutamente necessario. In nessun luogo, né nel mondo, né fuori del mondo, esiste un essere assolutamente necessario che ne sia la causa.

78 Al tempo stesso, tuttavia, queste affermazioni antitetiche sono altrettanti tentativi di risolvere quattro naturali e inevitabili problemi della ragione: Ha il mondo un inizio e un limite nel tempo e nello spazio? La materia è infinitamente divisibile o discreta? È possibile la libertà, o tutto ciò che avviene è causalmente determinato? Esiste una causa ultima, necessaria dei fenomeni? Kant nega che si possa dare risposta a queste domande, che non hanno un riscontro possibile nell'esperienza.

79 L'idea di Dio Nel concetto di Dio la ragione esprime l'ideale di un essere supremo, originario, perfetto; la totalità di tutte le realtà possibili, della quale ogni singola realtà non è che la determinazione. L'illusione della ragione consiste nel trasformare questo concetto ideale in una realtà, supponendo che corrisponda a esso l'oggetto di un Essere onnipotente, onnisciente, eterno, laddove la totalità assoluta non è e non potrà mai essere oggetto di un'esperienza possibile. Risulta quindi dall'impianto stesso del criticismo kantiano che non si possa dare di Dio una conoscenza teoretica; ma Kant si propone anche di dimostrare l'impossibilità delle tradizionali prove dell'esistenza di Dio, che egli raggruppa sotto tre titoli: la prova ontologica; la prova cosmologica; la prova fisico-teologica.

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81 Contro la prova ontologica (S
Contro la prova ontologica (S.Anselmo e Cartesio): l’argomento istituisce una relazione illegittima tra existentia in mente e existentia in re.

82 Contro la prova cosmologica (Aristotele, S
Contro la prova cosmologica (Aristotele, S.Tommaso e la prova ex causa e ex contingentia): poiché tutte le cose del mondo sono contingenti, l’assolutamente necessario si deve trovare al di fuori del mondo. Ma la causalità ha senso solo nel mondo sensibile. Contro la prova teleologica (o fisico-teologica, come dice Kant: S.Tommaso e la prova ex fine): l’ordine e il finalismo della natura possono al massimo portarci a provare l’esistenza di un «architetto del mondo», che a sua volta richiederebbe un ulteriore, superiore, fondamento (è lo stesso argomento che gli evoluzionisti contrappongono alla teoria del «progetto intelligente»…) Dunque, tutte le prove sono confutate da Kant…

83 In conclusione, dalla dialettica trascendentale emerge un verdetto inappellabile contro la metafisica tradizionale: La metafisica, come disposizione naturale della ragione, è reale, ma [...] è anche dialettica e ingannatrice. Se, dunque, vogliamo da essa prendere i princìpi [...] non possiamo mai trarne fuori una scienza, ma soltanto una vana arte dialettica, in cui una scuola può sorpassare l'altra, ma nessuna può mai procacciarsi un legittimo e durevole consenso. (Prolegomeni)

84 Fine del viaggio: la funzione regolativa delle idee
Le idee della ragion pura possono avere, secondo Kant, un uso regolativo, indirizzando la ricerca intellettuale verso quell'unità totale che rappresentano. Infatti ogni idea è una regola che spinge la ragione a dare al suo campo d'indagine, che è l'esperienza, non solo la massima estensione, ma anche la massima unità sistematica. Le idee, cessando di valere dogmaticamente come realtà, varranno in questo caso problematicamente, come condizioni che impegnano l'uomo nella ricerca naturale e come spinta verso l’assoluto: dove termina la CRP si pongono le basi della Critica della Ragione Pratica…

85 …to be continued… By Lucio Celot


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