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Le fonti del diritto europeo
Le FONTI del DUE Le fonti del diritto europeo e i rapporti tra diritto dell’Unione e diritto degli Stati membri Le fonti del diritto europeo
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Fonti di cognizione del diritto europeo
Gazzetta Ufficiale dell’UE (dal 2000; prima delle CE) Serie L: atti vincolanti Serie C: atti non vincolanti Serie S: appalti pubblici Bollettino dell’UE Relazione generale annuale sull’attività UE Rapporto sulla politica di concorrenza
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Fonti di cognizione del diritto europeo
Sito web: europa.eu./index_it.htm Giurisprudenza: Raccolta della giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale di prima istanza Parte I, Corte di giustizia Parte II, Tribunale di prima istanza Parte III, controversie di impiego (ora competenza della Camera giurisdizionale della funzione pubblica) Sito web della Corte: curia.eu
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Fonti primarie I Trattati vigenti (“Carta costituzionale di una Comunità di diritto” – sentenza 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts c. Parlamento europeo – parere 1/91 del 14 dicembre 1991): Trattato istitutivo dell’Unione europea (TUE) Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) Carta di Nizza sui diritti fondamentali (equiparata ai Trattati attraverso il rinvio di cui all’art. 6, n. 1, TUE)
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Fonti primarie Nel TUE, particolare rilievo assume il riferimento ai principi e valori su cui si fonda l’Unione, che sono indicati all’art. 2 e ai quali è dedicato il titolo II (“disposizioni relative ai principi democratici”). Tali principi e valori sono: “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
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Fonti primarie Il principio democratico (democrazia rappresentativa, art. 10, n. 1, TUE). dunque costituisce, insieme a quello di legalità, il fondamento dell’ordinamento e della struttura dell’Unione europea. Esso emerge con forza nel Trattato di Lisbona dopo che per decenni il processo di integrazione ha sofferto proprio per il deficit democratico. È proprio vero che con Lisbona questo problema viene superato? E quali sono gli strumenti utilizzati dal nuovo Trattato per correggere il deficit democratico e rendere veramente la democrazia il fondamento dell’ordinamento europeo?
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Fonti primarie Rafforzamento dei poteri legislativi del Parlamento europeo Democrazia rappresentativa realizzata a due livelli: parlamento europeo, dove sono rappresentati i cittadini degli Stati membri, e Consiglio europeo Consiglio, dove siedono i governi degli Stati membri, a loro volta democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o dinanzi ai loro cittadini Previsione della possibilità di iniziativa popolare: almeno un milione di cittadini che abbiano la nazionalità di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa di invitare la Commissione a presentare una proposta su materie per le quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei Trattati (art. 11, n. 4, TUE) Coinvolgimento dei parlamenti nazionali
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Fonti primarie Diritto internazionale generale – L’Unione europea, in quanto soggetto di diritto internazionale, è tenuta a rispettare gli obblighi e può esercitare i diritto derivanti dalle norme del diritto internazionale consuetudinario (v. per es. la sentenza16 giugno 1998, causa C-162/96, Racke), nella quale la Corte affermò che “le competenze della Comunità devono venir esercitate nel rispetto del diritto internazionale. Di conseguenza, essa è tenuta a rispettare le norme del diritto consuetudinario internazionale allorché adotta un regolamento che sospende le concessioni commerciali conferite da un accordo o i forza di un accordo che essa ha stipulato con un paese terzo”.
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Fonti primarie In questa prospettiva, il diritto internazionale generale costituisce parametro di legittimità degli atti derivati (attraverso il riferimento, nell’art. 263 del TFUE, al vizio di “violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione”, che rende possibile alla Corte di esercitare il sindacato di legittimità del diritto derivato alla luce del diritto internazionale generale, ma anche dei principi generali del diritto dell’Unione e dei diritti fondamentali, come si vedrà subito e, sia pure con alcune limitazioni, degli accordi conclusi dall’Unione con paesi terzi).
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Fonti primarie Principi generali di diritto comunitario e diritti fondamentali. Elaborati dalla Corte di giustizia, costituiscono principi autonomi dell’ordinamento dell’Unione che, al massimo, si ispirano agli ordinamenti degli Stati membri; sono destinati ad operare, di regola, nell’ambito generale del diritto dell’Unione, non in una materia specifica (Villani). Si tratta dunque di principi non scritti, frutto di elaborazione della Corte, che si è basata da un lato sui caratteri propri dell’ordinamento europeo (effetto diretto, primato, effetto utile) e sulle stesse disposizioni del trattato (leale cooperazione, equilibrio istituzionale, uguaglianza)
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Fonti primarie Dall’altro lato, la Corte ha tratto ispirazione dagli ordinamenti nazionali, dalla logica giuridica o da esigenze di giustizia sostanziale (proporzionalità, legittimo affidamento, certezza del diritto) Diritti fondamentali. La Corte ha inoltre utilizzato la categoria dei principi generali di diritto comunitario (dell’Unione) per introdurre nell’ordinamento europeo la tutela dei diritti fondamentali: “la tutela dei diritti fondamentali costituisce … parte integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di giustizia garantisce l’osservanza. La salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, va garantita entro l’ambito della struttura e delle finalità della Comunità” (sentenza 17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft).
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Fonti primarie Nel Trattato di Lisbona rimane il riferimento ai diritti fondamentali quali principi generali del diritto dell’Unione. infatti l’art. 6, n. 3, TUE, stabilisce che: “I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”. Peraltro, l’art. 6 TUE completa la tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento dell’Unione attribuendo alla Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione il medesimo valore giuridico dei Trattati e prevedendo l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo
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Fonti intermedie – accordi con paesi terzi
In virtù della sua soggettività internazionale, l’Unione ha il potere di concludere accordi con paesi terzi ormai praticamente in tutti i settori oggetto della sua competenza. Generalmente gli accordi con paesi terzi sono collocati in una posizione intermedia tra i Trattati e il diritto derivato. Essi, come si vedrà, devono essere compatibili con il Trattato, ma il diritto derivato non dovrebbe contraddirli (anche se sotto questo profilo, come si vedrà, la giurisprudenza della Corte non è univoca.
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Fonti intermedie – accordi con paesi terzi
Gli accordi conclusi dall’Unione con i paesi terzi costituiscono parte integrante dell’ordinamento dell’Unione dal momento della loro entrata in vigore. Secondo l’art. 216, n. 2, TFUE, “Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri”. Tale disposizione implica che l’efficacia di tali accordi nell’ordinamento dell’Unione non richiede nessun atto di adattamento, ma avviene in maniera immediata ed automatica, dal momento dell’entrata in vigore internazionale dell’accordo stesso. La Corte ha affermato che le disposizioni di un accordo “formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte integrante dell’ordinamento comunitario” (sentenza 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman). L’art. 218 TFUE unifica la procedura per la conclusione degli accordi internazionali in tutti i settori, anche la PESC. Riguardo a quest’ultima, esistono delle particolarità (iniziativa dell’alto rappresentante, conclusione all’unanimità). La disposizione dell’art. 37 TUE, che sostituisce il vecchio art. 24 TUE, si limita ormai a prevedere la competenza dell’Unione a concludere accordi con paesi terzi nel settore della PESC
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Fonti intermedie – accordi con paesi terzi
Essi devono essere compatibili con i Trattati, come si ricava dall’art. 218, n. 11, TFUE: “Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso di parere negativo della Corte, l'accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati”. Dunque un accordo incompatibile con i Trattati non può essere concluso o, se concluso, è suscettibile di annullamento da parte della Corte. Proprio per evitare un annullamento successivo alla conclusione internazionale dell’accordo, con i relativi problemi nei rapporti con i terzi contraenti, è stata prevista la procedura di controllo preventivo sopra citata.
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Fonti intermedie – accordi con paesi terzi
Essi costituiscono parametro di legittimità degli atti di diritto derivato – lo si ricava dall’affermazione dell’art. 216, n. 2 secondo cui essi vincolano le istituzioni dell’Unione. Tuttavia, la Corte nella sua giurisprudenza è stata cauta, e spesso ha subordinato la pronuncia di invalidità di atti derivati incompatibili con accordi conclusi dalla Comunità alla circostanza che le disposizioni di questi fossero produttive di effetti diretti, o, in alternativa, alla condizione di reciprocità con i terzi contraenti (alla condizione, cioè, che l’accordo produca i medesimi effetti nell’ordinamento dei terzi Stati contraenti).
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Fonti derivate. Premessa
Uno degli obiettivi del processo di riforma dei Trattati era la semplificazione degli strumenti giuridici, dato l’elevato numero di atti che le istituzioni potevano adottare nei diversi settori di azione dell’Unione. Il risultato della semplificazione è stata l’unificazione degli atti dei tre ex pilastri nella medesima tipologia di atti: regolamenti, direttive (utilizzabili anche per le materie dell’ex terzo pilastro, cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale in sostituzione delle decisioni quadro) e decisioni (utilizzabili anche nella PESC).
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Fonti derivate. Premessa
Accanto alla semplificazione si ricercava anche una gerarchia delle fonti dell’Unione. Sotto questo profilo, i risultati raggiunti sono stati più modesti: non si è dato vita a una gerarchia formale delle fonti derivate dell’Unione, ma si è introdotta una nuova distinzione, tra atti legislativi e atti non legislativi. Atti legislativi: atti derivati, quale che sia la loro tipologia, che sono adottati mediante procedura legislativa (le procedure legislative, ordinaria – art. 294 TFUE – o speciali, sono quelle procedure nelle quali il Parlamento europeo svolge un ruolo di legislatore, accanto al Consiglio e su un piano di parità con quest’ultimo).
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Fonti derivate. Premessa
Atti non legislativi: atti adottati con procedura diversa da quella legislativa. Tutti gli atti PESC sono atti non legislativi. Atti non legislativi delegati: una gerarchia formale è prevista solo in relazione agli atti non legislativi delegati. L’art. 290 TFUE prevede che un atto legislativo possa prevedere una delega alla Commissione ad adottare atti non legislativi di portata generale volti a integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo.
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Fonti derivate. 1 art. 288TFUE. Regolamento
Portata generale. Si indirizza a tutti i soggetti dell’ordinamento dell’Unione: istituzioni, Stati membri e privati. Obbligatorio in tutti i suoi elementi: introduce una disciplina completa e vincolante della materia che ne è oggetto. Direttamente applicabile: non necessita di misure di esecuzione o adattamento da parte degli Stati membri e può essere invocato direttamente dai singoli di fronte ai giudici nazionali
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Fonti derivate. 2 art. 288TFUE. Direttiva
Indirizzata agli Stati membri: la direttiva può avere come destinatari uno più Stati membri. Obbligo di risultato: gli Stati membri sono obbligati al conseguimento dell’obiettivo prescritto dalla direttiva, la quale si configura pertanto in linea di principio come un atto non dettagliato e non self-executing. Discrezionalità dello Stato membro quanto alle forme e ai mezzi: come conseguenza di quanto sopra precisato, la direttiva richiede misure di esecuzione da parte degli Stati membri. Gli Stati membri sono obbligati a dare esecuzione alle direttive entro i termini da esse previsti, ma godono di discrezionalità per quanto riguarda forma e mezzi di attuazione delle stesse.
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Fonti derivate. 2 art. 288TFUE. Direttiva
Secondo la Corte di giustizia produce effetti diretti la direttiva: Non attuata dallo Stato entro i termini previsti. Sufficientemente chiara, precisa, incondizionata (dettagliata) In tal caso il singolo la può invocare direttamente di fronte al giudice nazionale, ma solo nei confronti dello Stato (effetti diretti verticali), come forma di sanzione nei confronti dello Stato inadempiente e di tutela dei diritti attribuiti ai singoli dalla direttiva stessa v. sentenze 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn, e 26 febbraio 1986, Marshall,14 agosto1994, causa C-91/92, Faccini Dori).
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Fonti derivate. 2 art. 288TFUE. Direttiva
Altri rimedi elaborati dalla Corte in caso di mancata attuazione delle direttive da parte degli Stati membri al fine di garantire ai singoli il godimento dei diritti previsti dall’ordinamento dell’Unione: Obbligo del giudice nazionale di interpretare la norma interna applicabile al caso di specie in modo conforme alla direttiva (nel caso di applicazione a rapporti orizzontali, cioè tra privati: v. sentenza 13/11/1990, causa C-106/89, Marleasing) Responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario e obbligo di risarcire il danno al singolo, a condizione che la direttiva intendesse attribuire un diritto al singolo, lo Stato abbia commesso una violazione grave di n obbligo comunitario, esista un nesso di causalità tra il pregiudizio patito dal singolo e la violazione commessa dallo Stato (Sentenza 19/11/1991, cause riunite C-6 e C-9/90, Francovich)
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Fonti derivate. 3 art. 288TFUE. Decisione
Portata: variabile, in quanto la decisione non è più, come in passato un atto tipicamente individuale, cioè indirizzato a uno specifico destinatario. La semplificazione degli atti dell’Unione effettuata con il Trattato di Lisbona ha comportato l’unificazione nel tipo di atto “decisione” di tutta una serie di atti che precedentemente erano o decisioni cosiddette “atipiche”, come quelle con cui il Consiglio conclude accordi con paesi terzi, oppure atti del secondo pilastro, le azioni comuni, posizioni comuni e decisioni PESC. Pertanto continuano ad esistere le decisioni individuali indirizzate ai singoli, ma esistono anche decisioni indirizzate agli Stati, decisioni PESC e decisioni di conclusione di accordi internazionali Obbligatoria in tutti i suoi elementi Può essere direttamente applicabile (v. Sentenza 6/10/1970, causa 9/70, Grad). Gli effetti diretti tuttavia sono esclusi per quanto riguarda le decisioni PESC.
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Fonti derivate. 3 art. 288TFUE. Raccomandazioni e pareri
Atti non vincolanti Raccomandazione: carattere esortativo Parere: in genere parte di un procedimento (consultazione del Parlamento o del Comitato delle regioni o del Comitato economico e sociale). Se obbligatorio, la sua mancanza configura l’annullabilità dell’atto. Pareri della Corte ex art. 218, n. 11, TFUE: verificano la compatibilità con il Trattato di un accordo previsto. Il parere negativo impedisce la conclusione dell’accordo
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