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LE AVANGUARDIE del primo Novecento
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Cosa si intende con “avanguardia”
Nell’Ottocento il termine “avanguardia” indicava, in senso politico, i gruppi che si ponevano a capo di movimenti rivoluzionari, nel Novecento passò ad indicare anche gruppi letterari ed artistici; L’elemento principale per definire un movimento “avanguardia” è la rottura del canale di comunicazione con il pubblico comune (Sanguineti afferma che lo scrittore di avanguardia mira a creare un’opera illeggibile); Questo si verifica ad inizio Novecento con l’instaurarsi del mercato culturale: le avanguardie si oppongono alla mercificazione del prodotto artistico e letterario, non vengono incontro ad un pubblico sempre più vasto, anonimo e di mediocre cultura; Parole chiave diventano sperimentalismo e provocazione; Gli intellettuali si coalizzano in gruppi, elaborano poetiche e pubblicano manifesti.
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Le avanguardie del primo Novecento (avanguardie storiche)
Espressionismo Dadaismo Surrealismo Futurismo
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Espressionismo L’Espressionismo non costituisce una avanguardia organizzata, si tratta piuttosto di una tendenza all’avanguardia che interessa, tra il 1905 e il 1925, arti diverse: pittura, cinema, teatro, musica. In letteratura l’Espressionismo ha il suo epicentro in Germania. Il particolare non viene più gerarchizzato, la dimensione del tempo si apre alla simultaneità, alla soggettività, alla relatività, predominano le atmosfere oniriche, il sogno, l’angoscia, la deformazione. Dal punto di vista pittorico l’Espressionismo nasce in Francia nel 1905 con Matisse e i Fauves [le Belve] ed in Germania con il gruppo Die Brücke [Il Ponte] di cui fanno parte Kirchner e Noldesi. Questi pittori si propongono come alternativa all’Impressionismo, considerato un’emanazione della vecchia arte naturalistica. E.L. Kirchner, Female Nude Albertina
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Egon Schiele Egon Schiele
L’abbraccio, 1917 Vienna, Osterreichische Gallerie Egon Schiele Autoritratto, 1910 Vienna, Leopold Museum
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Dadaismo Il programma del Dadaismo viene formulato da TRISTAN TZARA nel 1918: l’arte è una forma anarchica e gratuita di assoluta libertà A differenza dei futuristi i dadaisti non si curano di far nascere dalle rovine del passato un mondo nuovo: contestazione ed irrisione valgono in se stesse, risolvendosi in pura parodia, non senso, gioco (dada significa “gingillo, giocattolo”) Si fanno ancora più evidenti rispetto al futurismo i legami fra letteratura, pittura, musica e spettacolo. Duchamp, quando nel 1913 su uno sgabello da cucina mise una ruota e vi pose la firma dichiarando che quella era un’opera d’arte, modificò tutto il percorso dell’arte contemporanea. L’oggetto banale, quotidiano viene separato dal contesto nel quale ha una precisa funzione pratica; nascono i ready-made. MARCEL DUCHAMP, Ruota di bicicletta,
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Surrealismo Staccatosi dal Dadaismo André Breton, insieme a Paul Eluard e Louis Aragon, darà vita al movimento del Surrealismo. Nel 1924 Breton pubblica il primo Manifesto del Surrealismo: Le componenti assurde e irrazionali già presenti nel Dadaismo trovano ora una giustificazione alla luce della psicanalisi freudiana. La scrittura automatica, sottraendosi a ogni forma di controllo razionale, esprime le pulsioni profonde della psiche. Il Surrealismo rivendica l’esigenza di liberare l’uomo dai condizionamenti e dalle costrizioni sociali: i Surrealisti assumono una responsabilità politica (Breton, Aragon e Eluard approderanno al comunismo). Il Surrealismo sarà l’avanguardia più “longeva” esercitando la sua influenza, soprattutto nella pittura, anche fra le due guerre (in Italia un esponente è Giorgio De Chirico).
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Pittura surrealista De Chirico, Love song, 1914 Salvador Dalí,
La persistenza della memoria, 1931 Pittura surrealista
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Le Avanguardie in Italia
FUTURISMO Anni ’10-’20 del Novecento «VOCIANI» CREPUSCOLARI
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FUTURISMO L’avanguardia del Futurismo si diffonde in Russia e in Italia ma con notevoli differenze, soprattutto dal punto di vista ideologico: Vladimir Majakovskij, in Il futurismo russo oggi (1923), afferma: «Idealmente non abbiamo niente da spartire con il futurismo italiano.[…] Nel campo dei procedimenti formali l’affinità tra il futurismo russo e quello italiano esiste […] comune è il modo dell’elaborazione della materia prima». I futuristi russi saranno attivi nella rivoluzione bolscevica aspirando a rivolgimenti politici in nome di maggior giustizia sociale. Nel Manifesto del Futurismo, pubblicato sul quotidiano parigino «Le Figaro» nel 1909, Filippo Tommaso Marinetti formula il suo programma contro la cultura del passato e tutti gli istituti del sapere tradizionale: «noi vogliamo distruggere I musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie». (T1 p. 668)
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Caratteristiche del Futurismo
Velocità, dinamismo, sfrenato attivismo sono i tratti distintivi della moderna realtà industriale, che ha il suo emblema nel mito della macchina (una nuova bellezza, la bellezza della velocità). Rifiuto di ogni forma di organizzazione politico-sindacale in nome di un individualismo assoluto e gratuito. Incarnazione del mito del superuomo: «noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno». Adesione all’ideologia nazista e militarista che celebra la guerra come «sola igiene del mondo». Disinteressamento alla dimensione psichica (l’uomo si riduce a essere meccanico e dinamico)i futuristi disprezzano i comuni atteggiamenti spirituali e sentimentali, di qui la polemica si estende alla sensibilità romantica e decadente, come risulta dai manifesti Uccidiamo il chiaro di luna! (1909) e Contro Venezia passatista (1910).
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Manifesto tecnico della letteratura futurista (T2 p. 272)
Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, come nascono. Si deve usare il verbo all'infinito, perché si adatti elasticamente al sostantivo e non lo sottoponga all'io dello scrittore che osserva o immagina. Il verbo all'infinito può, solo, dare il senso della continuità della vita e l'elasticità dell'intuizione che la percepisce. Si deve abolire l'aggettivo, perché il sostantivo nudo conservi il suo colore essenziale. L'aggettivo avendo in sé un carattere di sfumatura, è inconcepibile con la nostra visione dinamica, poiché suppone una sosta, una meditazione. Si deve abolire l'avverbio, vecchia fibbia che tiene unite l'una all'altra le parole. L'avverbio conserva alla frase una fastidiosa unità di tono. Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè il sostantivo deve essere seguito, senza congiunzione, dal sostantivo a cui è legato per analogia. Esempio: uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca […] Siccome la velocità aerea ha moltiplicato la nostra conoscenza del mondo, la percezione per analogia diventa sempre più naturale per l'uomo. Bisogna dunque sopprimere il come, il quale, il così, il simile a. Meglio ancora, bisogna fondere direttamente l'oggetto coll'immagine che esso evoca, dando l'immagine in iscorcio mediante una sola parola essenziale. Abolire anche la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la punteggiatura è naturalmente annullata, nella continuità varia di uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti. Per accentuare certi movimenti e indicare le loro direzioni, s'impiegheranno segni della matematica: + - x : = > <, e i segni musicali. Gli scrittori si sono abbandonati finora all'analogia immediata. Hanno paragonato per esempio l'animale all'uomo o ad un altro animale, il che equivale ancora, press'a poco, a una specie di fotografia (…) L'analogia non è altro che l'amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico, e polimorfo, può abbracciare la vita della materia.
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Dal Manifesto tecnico della letteratura futurista
F.T.Marinetti Parole in libertà 1919 Ci gridano: «La vostra letteratura non sarà bella! Non avremo più la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!» Ciò è bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il «brutto» in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Via! non prendete di quest'arie da grandi sacerdoti, nell'ascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte! Noi entriamo nei dominii sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà!
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C. Govoni, Poesia visiva (1915)
C. Govoni, Il palombaro, da Rarefazioni e parole in libertà (1915) C. Govoni, Poesia visiva (1915)
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BOCCIONI Dinamismo di un giocatore di pallone Visioni simultanee Umberto Boccioni è l’esponente più significativo della pittura futurista; nel 1910 firma Il manifesto dei pittori futuristi individuando i nuovi soggetti nella «frenetica attività delle grandi capitali», nella «rete che avvolge la Terra». «Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido […], le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono».
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CREPUSCOLARI La definizione risale ad una recensione, apparsa su «La stampa» nel 1909, di Giuseppe Antonio Borghese, il quale parlò di «una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne» (il riferimento è a Carducci e D’Annunzio) Il poeta parla con un «fil di voce», quasi con «vergogna»; il poeta non è più vate, è un piccolo fanciullo che piange (Corazzini). Rifiuto del sublime e di ogni concezione estetizzante dell’arte; rifiuto del classicismo di Carducci ma anche della poetica decadente di Pascoli e D’Annunzio (anche se vi sono richiami al fanciullino pascoliano e al Poema paradisiaco dannunziano). Utilizzano una sintassi prosaica, l’epiteto diminutivo, un lessico semplice e quotidiano. sono poeti delle piccole cose prediligono scenari grigi di provincia (Cesena, di Moretti), descrivono la solitudine, la noia, la melanconia del quotidiano (Organo di barberia). La poesia non ha un messaggio da proporre, si mimetizza nell’opacità del grigiore borghese.
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CREPUSCOLARI Sergio Corazzini Guido Gozzano Marino Moretti
TESTI Sergio Corazzini, Desolazione del povero poeta sentimentale (T1 p. 717) Marino Moretti, A Cesena (T5 p. 745) Guido Gozzano, La signorina Felicita (T2 p. 722, parte III e VI ) e/o Totò Merùmeni (T3 p. 737)
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Aldo Palazzeschi: fra Crepuscolarismo e Futurismo
Nel primo Palazzeschi (I cavalli bianchi e Lanterna) sono presenti i toni di semplicità e ingenuità tipici dei crepuscolari, anche se il rifiuto della tradizione del poeta-vate non assume i toni malinconici e rassegnati di Corazzini: i versi di Palazzeschi sono dominati da un’atmosfera vitale e gioiosamente infantile. Anche dopo l’approdo al Futurismo (L’incendiario, 1910, e il romanzo Il codice di Perelà, 1911) Palazzeschi riflette in modo del tutto originale sul ruolo del poeta nella società di massa: l’atteggiamento anarchico e provocatorio, incarnato nelle figure del clown e del saltimbanco, corrisponde a una sfida verso l’ipocrita convenzionalismo borghese; inoltre, la regressione permette al poeta di toccare la matrice più autentica della vita. I testi: - Chi sono? (in fotocopia) - Lasciatemi divertire? (T4 p. 682)
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«La Voce» È una rivista fondata nel 1908 da Giuseppe Prezzolini (che la diresse fino al 1914). Questi intendeva farne la rivista dell’«idealismo militante», una palestra di incontri e discussioni nel rispetto dei singoli collaboratori e delle loro posizioni. «La Voce» si occupò assiduamente di politica, religione, emigrazione, analfabetismo, scuola, irredentismo… Nel 1911 si staccò dal gruppo il socialista Gaetano Salvemini, che si era occupato soprattutto della questione meridionale, che fonda un giornale interamente politico: «L’unità» Dal 1914 al 1916 Giuseppe De Robertis darà alla rivista un taglio esclusivamente letterario: è questa la «Voce bianca» (tale ripiegamento può essere esemplificato da Esame di coscienza di un letterato di Renato Serra).
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I «VOCIANI» A differenza dei futuristi non formano un gruppo omogeneo con una poetica ben definita, ma partecipano intensamente ad una ipotesi di rinnovamento di cui si fa portavoce la rivista. Utilizzano oramai abitualmente il verso libero. Dalla letteratura decadente i vociani colgono soprattutto l’aspetto simbolico-analogico-esistenziale (rifiutano l’estetismo e il superomismo dannunziano) Sono i primi esponenti della lirica italiana del Novecento, intesa come ricerca esistenziale; il poeta cerca valori sociali e spirituali, sente un impegno civile. Giungono sempre più alla contaminazione fra poesia e prosa, tanto da adottare anche la forma di “poemetto in prosa”. Si afferma la «poetica del frammento»: l’espressione breve e significativa accentua il carattere lirico e soggettivo.
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«vociani» Clemente Rebora Camillo Sbarbaro Dino Campana I TESTI
Camillo Sbarbaro, Taci, anima stanca di godere (T7 p. 101) Clemente Rebora, Viatico (T6 p. 750) Dino Campana, L’invetriata (T8 p. 756)
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