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Il bilancio della banca
Corso di Economia delle Istituzioni Finanziarie Docente: Luca Riccetti Il bilancio della banca
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Principali fonti normative del bilancio bancario
La materia contabile è regolata da norme di legge che impongono regole di contabilizzazione e criteri di valutazione l’obiettivo è dare un’informazione trasparente (disclosure) per comprendere le dinamiche gestionali in atto e agevolare analisi comparative. Per alcuni settori particolari, tra cui quello finanziario, il legislatore elabora norme contabili specifiche. In Italia vi sono specifiche norme di legge e provvedimenti attuativi della Banca d’Italia. Le regole italiane, e degli altri paesi UE, derivano dai «Principi contabili», derivanti dagli esperti del settore e dalle esperienze degli organi legislativi: IAS: International Accounting Standards (valide per tutte le imprese) IFRS: International Financial Reporting Standards. L’obiettivo è armonizzare l’informazione finanziaria a livello comunitario: stato patrimoniale e conto economico hanno le stesse voci nelle varie nazioni.
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Principali fonti normative del bilancio bancario
Il Regolamento n.1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, detta le regole agli Stati membri per: - obbligare le società UE quotate (o in via di quotazione) a redigere i bilanci consolidati secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS; - consentire o obbligare alle società UE non quotate di applicare gli IAS/IFRS ai bilanci consolidati e/o individuali. Decorrenza: esercizio 2005 D.Lgs n. 38/2005: armonizza le regole contabili esistenti con i nuovi principi IAS/IFRS obbligando dall’esercizio 2006 le banche e le società finanziarie sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia ad adottare i principi contabili internazionali IFRS emanati dallo IASB. Regolamento UE n.2016/2067 della Commissione Europea del 22 novembre 2016, che adotta l’IFRS 9. Banca d’Italia - Circolare n°262 del 22 Dicembre ° Aggiornamento del 22 dicembre 2017: “Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione” (ora c’è la bozza del 6° aggiornamento, attesa per dicembre 2018).
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II. Due sistemi alternativi a confronto
Principi contabili Finalità preminente CIVILISTICI Determinare Utile e Patrimonio netto con criteri di “prudenza” IAS/ IFRS Fornire ai mercati finanziari informazioni sul valore “reale” dell’impresa Principali caratteristiche degli IAS-IFRS nei criteri di redazione e valutazione del bilancio: applicazione del fair value e del costo ammortizzato; classificazione delle attività finanziarie.
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Documenti contabili Stato patrimoniale Conto economico
Prospetto della redditività complessiva Prospetto delle variazioni del patrimonio netto Rendiconto finanziario Nota integrativa Relazione degli amministratori sulla gestione: documento di carattere maggiormente descrittivo-qualitativo e meno quantitativo, sull'andamento della gestione e sulla situazione della banca.
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Stato patrimoniale
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Schema dello Stato Patrimoniale IAS/IFRS
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Commenti sullo stato patrimoniale
È redatto a «sezioni contrapposte»: Attivo, con tutte le attività (assets), cioè gli impieghi delle risorse finanziarie. Le voci sono distinte per «natura» (crediti, partecipazioni, derivati, immobilizzazioni…); le voci più importanti anche per «categoria di controparte» (crediti verso banche, crediti verso clientela). Il totale attivo è spesso utilizzato come proxy della dimensione della banca. Passivo, con tutte le forme di finanziamento, cioè la raccolta di risorse. Le voci sono distinte per «natura» e «controparte». Nel lato del passivo vi sono le voci del patrimonio, cioè il finanziamento da parte dei soci: capitale sociale, riserve e utile (perdita) d’esercizio.
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Riforma: dallo IAS 39 all’IFRS 9
Lo IAS 39, principio contabile per classificare e valutare gli strumenti finanziari in bilancio, presentava diverse problematiche: eccessiva discrezionalità nello scegliere la categoria di rilevazione dello strumento; eccessiva applicazione del fair value accounting con conseguente eccessiva fluttuazione dei valori che innescano effetti «pro-ciclici». Inoltre non sempre la valutazione al fair value è attendibile, soprattutto durante le crisi a causa dell’illiquidità dei mercati da cui ricavare i prezzi per la valutazione; l’impairment basato sulle perdite effettive manifestatesi prima della rilevazione di bilancio che ha portato gli intermediari ad effettuare accantonamenti ridotti e in ritardo.
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Riforma: dallo IAS 39 all’IFRS 9
Dal 1° gennaio 2018 l’IFRS 9 ha sostituito lo IAS 39 per la redazione dei bilanci: il numero delle categorie nelle quali vengono classificati gli strumenti è stato ridotto a tre e la classificazione è basata su un criterio più oggettivo legato ai flussi di cassa previsti contrattualmente; l’impairment è previsionale. Questo porta ad accrescere la trasparenza e la prudenza nella redazione del bilancio.
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Criteri di classificazione e valutazione delle attività finanziarie secondo l’IFRS 9
Le specificità delle attività finanziarie risiedono, per la classificazione: nelle motivazioni a base del loro inserimento nell’una o nell’altra categoria; nel superamento del SPPI test; Per la valutazione: nei criteri di valutazione applicabili: Fair Value Costo ammortizzato nei criteri di rilevazione delle componenti reddituali, con impatto sul conto economico e, in un caso, anche su una apposita riserva di patrimonio netto della banca.
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Criteri di classificazione delle attività fin. - IFRS 9
Il nuovo approccio per la classificazione delle attività fin. è basato sul business model adottato dall’impresa e sulla natura dei flussi di cassa contrattuali (SPPI test). Per quanto riguarda il business model, si distinguono tre classi di attività patrimoniali: Attività Held to collect (HTC): hanno l’obiettivo di essere detenute fino alla scadenza per incassare i flussi finanziari contrattualmente previsti. Sono ammesse vendite i casi particolari: per ridurre le potenziali perdite dovute ad un aumento del rischio di credito della controparte (anche prospettiche); in prossimità della scadenza se i proventi delle cessioni approssimano l’incasso dei cash flows residui; per gestire un aumento del rischio di concentrazione in capo alla banca; per gestire eventuali stress di liquidità in casi estremi. L’aumento della frequenza o del valore delle vendite in un periodo non è necessariamente incompatibile con l’obiettivo HTC, a condizione che l’istituzione possa spiegare le ragioni delle vendite e dimostrare che non riflettono un cambiamento del modello di business.
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Criteri di classificazione delle attività fin. - IFRS 9
Attività Held to collect and sell (HTCS): il modello di business prevede sia il possesso di attività finalizzato alla raccolta dei flussi di cassa contrattuali, sia la vendita degli asset qualora ciò risultasse necessario o conveniente, senza che vengano definite limitazioni per la vendita. Other trading: categoria residuale (utilizzabile anche tramite «fair value option» per eliminare «accounting mismatch») in cui l’obiettivo è realizzare i flussi di cassa contrattuali tramite la vendita (trading). Per definire il modello di business più adeguato per ogni attività, dovranno essere prese in considerazione: le informazioni riguardo come nel passato sono stati realizzati i flussi di cassa del portafoglio in oggetto, le notizie significative disponibili e le ipotesi sugli scenari futuri.
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Criteri di classificazione delle attività fin. - IFRS 9
Alla data di prima iscrizione (first time adoption – FTA) in bilancio di un’attività finanziaria, è necessario valutare le caratteristiche dei flussi di cassa contrattuali attraverso il “Solely Payments of Principal and Interest on the principal amount outstanding” test (“SPPI test”). Il test SPPI verifica se i flussi finanziari contrattuali dell’attività finanziaria sono esclusivamente rappresentati da pagamenti di capitale e interessi maturati sull’importo del capitale da restituire per la valuta in cui è denominata l’attività finanziaria. Gli interessi sono la compensazione per il valore temporale del denaro (tasso base), per il rischio di credito sul capitale residuo (spread coerente con la rischiosità della controparte), per il rischio di liquidità, per la copertura dei costi amministrativi collegati al prestito e per conseguire un margine di profitto. Termini contrattuali che introducono un’esposizione al rischio o volatilità non tipiche di un accordo base di concessione del credito, come effetti leva sul rendimento o esposizione alle variazioni del prezzo di azioni o materie prime, implicano il non superamento del SPPI test. Il test viene effettuato sul singolo contratto o su contratti standardizzati dello stesso tipo (es. C/C), non per controparti.
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Criteri di classificazione delle attività fin. - IFRS 9
Le attività HTC che superano il test SPPI vengono valutate al costo ammortizzato (con possibilità di impairment). Le attività HTCS che superano il test SPPI vengono valutate tra le attività finanziare valutate al fair value con impatto sulle altre componenti reddituali (Fair Value through Other Comprehensive Income – FVOCI), avendo quindi una riserva di rivalutazione (voce 110P dello stato patrimoniale). Le attività HTC e HTCS che non superano il test SPPI vengono valutate al fair value con impatti diretti nel conto economico (Fair Value through Profit and Loss - FVTPL), assieme alle attività «other trading». Le variazioni di valore incidono, quindi, sul conto economico (voci 80 e 110).
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Criteri di valutazione delle attività fin. secondo gli IAS-IFRS
Analizziamo i due criteri di valutazione dei titoli: Fair Value: il titolo si valuta al valore di mercato se il titolo è quotato in borsa, si usa il prezzo pubblico dell’ultimo giorno; se non è quotato o si usa come proxy il prezzo medio di mercato di titoli quotati simili o si attualizzano i flussi di cassa attesi ad un tasso espressivo del rischio che il mercato gli attribuirebbe. Costo ammortizzato: il titolo si valuta al valore a cui la banca lo ha acquistato tenendo conto anche delle commissioni pagate. Questo valore può essere svalutato (rettificato) in presenza di rischio creditizio (impairment test). Il criterio del fair value fa sì che il valore di bilancio (book value) possa oscillare in aumento o in diminuzione, in funzione sia delle condizioni dell’emittente che del mercato. Il criterio del costo ammortizzato fa sì che il book value possa solo diminuire (salvo riprese di valore), ma le variazioni sono meno intense, legate alle condizioni dell’emittente e poco alle condizioni di mercato.
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Held to Collect and Sell
Criteri di classificazione e valutazione delle attività finanziarie secondo l’IFRS 9 Held to Collect Test SPPI Costo Ammortizzato FVOCI Held to Collect and Sell Superato Fallito Superato Other trading FVTPL
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Impairment test Le attività valutati al costo ammortizzato o col metodo FVOCI, non incidono nel conto economico a meno che non vengano vendute o non subiscano rettifiche di valore (impairment) conto economico alla voce «rettifiche di valore». Impairment: processo col quale i crediti/titoli possono subire svalutazioni riconducibili al deterioramento creditizio. Vi possono essere anche riprese di valore nel limite massimo del costo ammortizzato in assenza di svalutazioni. La banca verifica se il valore del credito è sempre integro, o se possono verificarsi perdite su posizioni di rischio significative, per le quali è prevedibile anche un parziale inadempimento nel puntuale pagamento di interesse e rimborso del capitale: il valore contabile è stimato attualizzando al tasso di interesse originario i flussi di cassa stimati tenendo conto delle mutate condizioni, quindi più bassi o più lontani nel tempo. Questo implica un costante monitoraggio.
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Riforma dell’impairment: dallo IAS 39 all’IFRS 9
Lo IAS 39 utilizzava un approccio di tipo Incurred Losses: Nell’esercizio in cui si aveva evidenza della perdita di valore dell’attività si procedeva a stimare i nuovi flussi di cassa attesi in funzione delle mutate condizioni. Si applicava il Discounted Cash Flow per stimare il valore attuale dei nuovi flussi di cassa. Si imputava la variazione al Conto Economico e si costituiva un Fondo per la svalutazione dei crediti. Questo approccio ha portato ad effetti pro-ciclici e a diverse metodologie per il calcolo degli accantonamenti. Si è quindi deciso di contabilizzare sin da subito le perdite attese future, indipendentemente dalla presenza di un «trigger event», e utilizzare un unico metodo per il calcolo delle rettifiche di valore su crediti valido per tutti gli strumenti finanziari non rilevati al fair value, con effetto a conto economico.
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Rischio di credito: expected loss
L’ IFRS 9 utilizza un approccio di tipo Expected Losses, che si basa su una valutazione «forward looking». In base a quanto previsto dagli accordi di Basilea, la perdita attesa (expected loss) collegata al rischio di credito viene determinata come: EL = EAD x LGD x PD Exposure at default (EAD): è la stima del valore effettivo del credito al momento del fallimento. Coincide con l’esposizione lorda a bilancio per esposizioni rateali non soggette a estinzione anticipata (mentre ci sono correzioni in caso di possibile estinzione anticipata o di esposizioni «revolving» nelle quali ci possono essere margini inutilizzati dell’accordato). Loss given default (LGD): sommatoria di tutti i flussi di recupero al netto dei costi diretti sostenuti per il recupero, attualizzati al momento di ingresso in default. Equivale a 1-RR, con RR (Recovery rate) pari tasso di recupero in caso di fallimento (ad es. tramite le garanzie). Probability of default (PD): probabilità di fallimento.
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Riforma dell’impairment: IFRS 9
Le perdite attese vengono incluse nella stima dei flussi di cassa al fine di determinare le variazioni di valore dell’attività. Ogni variazione (anche positiva) rispetto alle perdite attese al momento della rilevazione iniziale viene imputata a conto economico. Le attività sono distinte in 3 categorie (stage) in funzione de peggioramento del merito di credito rispetto alla rilevazione iniziale: Stage 1: comprende gli strumenti finanziari non soggetti ad un significativo aumento del rischio di credito o gli strumenti che presentano comunque un basso rischio. Per questi strumenti la perdita attesa viene calcolata su un orizzonte temporale di 12 mesi. EL(12m) = EAD x LGD x PD(12m)
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Riforma dell’impairment: IFRS 9
Stage 2: comprende strumenti che hanno subito un significativo deterioramento del merito creditizio (“underperforming”). La perdita attesa viene calcolata su un orizzonte temporale pari alla vita residua dell’attività (lifetime expected loss - LEL). La stima deve essere forward-looking, cioè deve considerare gli scenari previsti ad es. anche per variabili macroeconomiche, di settore… (L)EL = EAD x LGD x PD(LT) si può presumere che vi sia stato un deterioramento significativo rispetto nel caso in cui lo strumento risulti «scaduto» da 30 giorni o più. Stage 3: comprende gli strumenti finanziari il cui rischio creditizio ha subito un peggioramento significativo (sono NPL). La perdita attesa viene rilevata analiticamente per ogni posizione con una prospettiva lifetime (forward-looking), scontando i flussi attesi al tasso d’interesse effettivo.
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Riforma dell’impairment: IFRS 9
Le regolarità osservabili a livello di portafoglio consentono di considerare la perdita attesa come misura media dei possibili livelli di perdita osservabili a consuntivo. Il rischio deriva dall’eventualità che la perdita effettiva ecceda quella attesa. Nella stima dei tassi di perdita attesi c’è bisogno di incorporare informazioni prospettiche, che includano fattori di tipo macroeconomico.
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Riforma dell’impairment: dallo IAS 39 all’IFRS 9
Nello IAS 39 le perdite vengono riconosciute in bilancio al manifestarsi di trigger event, cioé approssimativamente al momento di classificazione nello stage 3 secondo l’approccio dell’IFRS 9. Prima di questo momento non è riconosciuto alcun accantonamento su crediti. Nell’IFRS 9 al fine di ridurre la prociclicità, le perdite vengono rilevate fin dalla prima iscrizione in bilancio e le autorità di vigilanza chiedono che il passaggio nello stage 2 avvenga prima che si rilevino segnali di anomalia oggettivi. L’IFRS 9 dà alcune “linee guida” per definire il concetto di significativo incremento del rischio di credito variazioni significative nelle condizioni che sarebbero applicate allo strumento se fosse di nuovo originato/emesso; incrementi del rischio di credito per altri strumenti dello stesso debitore; segnali negativi dal sistema di credit risk management o da indicatori esterni; peggioramento della situazione macro-economica, cambiamenti nel business che potrebbero avere un impatto sulla solvibilità; downgrade di rating interni e/o esterni; cambiamento nel valore delle garanzie o nella qualità dei garanti. Anche i forborne performing andrebbero classificati nello stage 2.
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Riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Stato patrimoniale e conto economico vengono spesso riclassificati sulla base di vari criteri. Si cerca una maggiore immediatezza nell’interpretazione dell’operatività della banca e nell’analisi dei suo equilibri gestionali. Una delle possibili riclassificazioni dello stato patrimoniale è quella definita del «contributo al conto economico» e quindi del contributo all’equilibrio reddituale, che divide attivo e passivo in tre sezioni.
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Riclassificazione dello Stato Patrimoniale: attivo
«Attività finanziarie fruttifere di interessi», cioè crediti, titoli… è la classe di investimento tipica. «Attività finanziarie non fruttifere di interessi», cioè titoli azionari e partecipazioni, quote di fondi comuni di investimento, derivati, ratei e risconti attivi, crediti tributari… sono sia attività che producono ricavi finanziari non sotto forma di interessi (dividendi, margini), sia attività legate alle normali operazioni di gestione. «Attività non finanziarie», cioè immobilizzazioni materiali (immobili, attrezzature informatiche…) e immateriali (costi di avviamento e goodwill pagati per acquisizioni aziendali). Le immobilizzazioni materiali sono soggette all’ammortamento, mentre quelle immateriali devono essere stimate (ed eventualmente svalutate: impairment).
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Riclassificazione dello Stato Patrimoniale: passivo
«Passività onerose di interessi», cioè debiti, titoli… è la raccolta presso la clientela privata e le altre banche, tramite molteplici forme tecniche. «Passività non onerose di interessi», cioè fondi per rischi ed oneri, ratei e risconti passivi, debiti tributari… sono i debiti che emergono dalle normali operazioni di gestione, ma non danno luogo al pagamento di interessi passivi. «Patrimonio», cioè capitale sociale, riserve, utile/perdita d’esercizio sono le fonti di finanziamento di competenza degli azionisti, legate al rischio di impresa e che rappresentano una tutela per i creditori.
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Impegni e garanzie La banca svolge anche operazioni «sotto la riga», contabilizzate «fuori bilancio» (però, per alcuni di questi «impegni e garanzie rilasciate», nella voce 100A dello Stato Patrimoniale, c’è un «Fondo per rischi ed oneri», collegato agli accantonamenti presenti alla voce 170 del Conto Economico). Sono: attività di negoziazione delegata; attività di custodia e amministrazione di titoli (non è un debito per la banca, ma un obbligo di restituzione); negoziazione in proprio di derivati; crediti di firma (questa voce e la precedente sono operazioni che potrebbero avere un effetto patrimoniale futuro).
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Conto economico
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Schema del Conto Economico IAS/IFRS
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Riclassificazione del Conto Economico
Si propone una riclassificazione del conto economico in forma «verticale» o «progressiva», in modo da individuare il contributo offerto dalle diverse aree di business alla formazione del risultato netto. + Interessi attivi Interessi passivi = Margine di interesse + Ricavi netti da servizi +/- Profitti/perdite da operazioni finanziarie = Margine di intermediazione Costi operativi +/- Rettifiche e accantonamenti = Risultato di gestione +/- Saldo delle operazioni straordinarie = Risultato lordo Imposte = Risultato netto
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Riclassificazione del Conto Economico
Margine di interesse: somma algebrica di interessi attivi e passivi Sono ricavi e costi diretti dell’intermediazione creditizia. Originano dalle voci che nello stato patrimoniale riclassificato sono state imputate alle «attività finanziarie fruttifere di interessi» e alle «passività finanziarie onerose di interessi». Questo margine è fondamentale per l’equilibrio economico dato che spesso il suo peso nel conto economico è molto rilevante. Non tiene conto del rischio di insolvenza.
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Riclassificazione del Conto Economico
Margine di intermediazione: misura il risultato lordo delle due principali aree d’affari, cioè creditizia e di servizi. Infatti, in aggiunta al margine di interesse, considera: ricavi da servizi: dividendi (impropriamente) commissioni da servizi di pagamento, negoziazione, gestione di portafoglio, consulenza, distribuzione di prodotti meno le commissioni passive; profitti-perdite da operazioni finanziarie: componenti «operative» (realizzate): risultato della negoziazione effettuata con i titoli del portafoglio di proprietà componenti «valutative» (solo contabili): rivalutazioni e svalutazioni dei titoli ancora in portafoglio a fine esercizio.
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Riclassificazione del Conto Economico
Risultato di gestione: misura l’economicità della gestione caratteristica della banca. Infatti, in aggiunta al margine di intermediazione, considera: i costi della struttura aziendale: personale spese amministrative altri oneri accantonamenti (a tutti i fondi sia passivi che di patrimonio) e rettifiche di valore: le rettifiche sono svalutazioni ed eventuali riprese di valore su immobilizzazioni materiali (ammortamenti), immobilizzazioni immateriali, partecipazioni e perdite presunte su crediti non ancora giunti a scadenza che vengono valutati a fine esercizio anche le rettifiche comprendono componenti «valutative» (solo contabili).
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Riclassificazione del Conto Economico
Risultato lordo: aggiunge al risultato di gestione le componenti straordinarie (cioè estranee alla gestione ordinaria) di reddito. Risultato netto: si tolgono dal risultato lordo le imposte di competenza. Il risultato netto è espressivo di tutta la gestione. In esso confluiscono anche componenti «valutative».
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Nota integrativa
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La nota integrativa Per ottenere un quadro complessivo occorre una lettura integrata di stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa. La nota integrativa è la parte più ricca di informazioni sui fatti di gestione. È un documento di tipo «analitico» (mentre stato patrimoniale e conto economico sono «sintetici»). È un documento sia qualitativo che quantitativo (mentre stato patrimoniale e conto economico sono solo quantitativi). La regolamentazione speciale delle banche prevede un struttura alquanto rigida per la nota integrativa: sono stabilite con precisione le informazioni che deve fornire e il modo in cui vanno elaborate. Ad esempio alcune parti devono essere fatte in forma tabellare. Questo aumenta la comparabilità tra banche.
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La nota integrativa: tipi di informazioni
La nota integrativa contiene 3 tipologie di informazioni: Elementi di dettaglio delle voci di stato patrimoniale e conto economico, esplodendo tali voci nelle loro componenti principali. Queste informazioni sono sotto forma di tabelle. Informazioni ulteriori sulle stesse voci già presenti nello stato patrimoniale e nel conto economico, per dare evidenza dei rischi. Per esempio: attività e passività finanziarie divise in funzione delle classi di scadenza per dare un’idea sintetica del grado di trasformazione delle scadenze e quindi dei rischi di liquidità e tasso; crediti verso la clientela divisi tra quelli «in bonis» e quelli «dubbi» con tutte le informazioni relative alle rettifiche dei crediti impaired. In questo modo emerge un quadro sul rischio di credito.
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La nota integrativa: tipi di informazioni
Informazioni non presenti su stato patrimoniale e conto economico come il numero di dipendenti e le «operazioni fuori bilancio». Le operazioni «fuori bilancio» (off-balance sheet transactions) sono comuni nell’attività bancaria moderna e sono definite come: l’insieme dei derivati, creditizi e finanziari, delle garanzie rilasciate e degli impegni irrevocabili a erogare fondi. Nella nota integrativa vengono descritti i criteri di valutazione utilizzati per stimare il valore delle attività: fair value, tassi di attualizzazione, flussi di cassa… si può apprezzare quanto il risultato è influenzato dalle componenti stimate. Inoltre vengono commentate e spiegate le informazioni quantitative.
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La struttura della nota integrativa
Parte A – Politiche contabili Parte B – Informazioni sullo stato patrimoniale Parte C – Informazioni sul conto economico Parte D – Redditività complessiva Parte E – Informazioni sui rischi e sulle relative politiche di copertura Parte F – Informazioni sul patrimonio Parte G – Operazioni di aggregazione riguardanti imprese o rami d’azienda Parte H – Operazioni con parti correlate Parte I – Accordi di pagamento basati su propri strumenti patrimoniali Parte L – Informativa di settore Parte M – Informativa sul leasing (6° aggiornamento circolare BdI)
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Sistema bancario italiano
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Il sistema bancario italiano
Dal 1995 processo di concentrazione: operazioni di fusione e incorporazione (molte tra le banche di credito cooperativo); aumento della quota di mercato detenuta dai primi due gruppi bancari; poche nuove banche. Dopo la liberalizzazione, iniziale ampio sviluppo del numero degli sportelli, trend che si è invertito nell’ultimo decennio.
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Il sistema bancario italiano: stato patrimoniale
L’attivo è principalmente composto da prestiti, ma anche i titoli, e soprattutto i titoli di Stato, sono una componente rilevante. Il passivo è principalmente composto da depositi (principalmente in conto corrente) e obbligazioni. Altre importanti di raccolta bancaria, sono: operazioni pronti contro termine; prestiti interbancari; provvista sull’estero (acquisizione di risorse in valuta estera).
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Il sistema bancario italiano: conto economico
Il margine di interesse, caratteristico dell’intermediazione creditizia, è la voce più rilevante del conto economico. Il margine di intermediazione, che rappresenta il margine lordo di tutta l’attività di intermediazione contiene, però, anche un’elevata componente di altri ricavi netti (soprattutto commissioni per servizi), caratteristici dell’intermediazione mobiliare. Tra i costi operativi, le spese per il personale sono la voce più importante. Molto rilevanti sono le rettifiche su crediti dovute ai crediti deteriorati (NPLs), specialmente ora con la BCE che sta facendo pressioni per la «pulizia» dei bilanci…
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Equilibrio di gestione
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Equilibrio gestionale
Le imprese, e quindi anche gli intermediari finanziari, devono mantenere un equilibrio della gestione: adeguata redditività di medio-lungo periodo; stabilità e continuità.
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Equilibrio gestionale
L’equilibrio di gestione è un concetto unitario, ma può essere analizzato sotto 3 profili: equilibrio reddituale: capacità di remunerare a prezzi di mercato tutti i fattori produttivi impiegati, compreso il capitale conferito dalla proprietà, tenendo conto del rischio d’impresa; equilibrio finanziario (liquidità): capacità di mantenere con continuità l’equilibrio tra flussi di cassa in entrata e in uscita concetto di equilibrio monetario (o di tesoreria) nel breve periodo, ma anche nozione più ampia di corrispondenza fra struttura dell’attivo e del passivo (trasformazione delle scadenze); equilibrio patrimoniale (solvibilità): capacità di mantenere con continuità un capitale netto positivo (attivo>passivo) e dimensionato con i rischi assunti livello di capitalizzazione sopra il minimo regolamentare richiesto dalla vigilanza prudenziale.
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Equilibrio gestionale
I tre equilibri sono interdipendenti (a conferma dell’unitarietà dell’equilibrio di gestione), ad esempio: una peggiore redditività peggiora l’equilibrio finanziario e patrimoniale; un peggior equilibrio finanziario rende necessarie riserve a basso rendimento effetti negativi sulla redditività; un peggior equilibrio patrimoniale rende più oneroso indebitarsi (peggior equilibrio reddituale) e più difficile accedere alle fonti di finanziamento (peggior equilibrio finanziario). Dato che l’obiettivo delle imprese è creare valore/reddito/profitto possiamo vedere l’equilibrio di gestione come un sistema di obiettivi-vincoli: l’obiettivo è massimizzare la redditività gli equilibri finanziari e patrimoniali sono vincoli. Per gli intermediari finanziari, la funzione di trasformazione delle scadenze (equilibrio finanziario) e la leva strutturalmente superiore (equilibrio patrimoniale) rendono la stabilità finanziario-patrimoniale (liquidità-solvibilità) fondamentale e valutata dal mercato ancor prima della redditività.
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Equilibrio gestionale e rischio d’impresa
Il rischio d’impresa è un concetto collegato con l’equilibrio gestionale, cioè è la possibilità che i diversi equilibri possano subire alterazioni: rischio di perdita equilibrio reddituale; rischio di liquidità equilibrio finanziario; rischio di insolvenza equilibrio patrimoniale. Come i tre equilibri sono parti di un concetto unitario, anche i tre citati rischi sono componenti del fenomeno unitario del rischio d’impresa.
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Equilibrio reddituale
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Equilibrio reddituale e ROE
L’indicatore di equilibrio reddituale più usato è il ROE: risultato netto/capitale netto. È espressione della redditività contabile: il risultato netto viene dal conto economico, mentre il capitale netto dallo stato patrimoniale. Il ROE sintetizza la redditività complessiva e in esso confluiscono i riflessi di tutte le politiche aziendali, ma anche dei fenomeni ambientali. L’analisi del suo valore e della sua variabilità nel tempo (varianza o scarto quadratico medio) approssima i concetti di rendimento e di rischio.
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Equilibrio reddituale e ROE
Il ROE, rappresentando la redditività contabile, si differenzia dalla redditività economico-finanziaria: gli azionisti misurano la redditività tenendo conto di dividendi e plusvalenza/minusvalenza, mentre il risultato netto comprende anche gli utili usati per autofinanziamento; la variazione del capitale netto contabile non trova sempre riscontro simmetrico nella quotazione sul mercato; la redditività contabile usa ricavi, costi e valutazioni di inizio/fine periodo sulle rimanenze, mentre i rendimenti di investimenti alternativi considerano il tasso interno di rendimento calcolato sui flussi di cassa; la redditività contabile è influenzata da norme civilistiche, fiscali e principi contabili.
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Modello di economicità e margine reddituale
Il modello di economicità è una rappresentazione semplificata delle modalità con cui si forma il margine reddituale. Per quanto riguarda le banche, che sono l’intermediario più importante ed anche più diversificato, possiamo analizzare tre margini reddituali: margine di interesse margine da commissioni margine da plusvalenze Infatti il margine reddituale si presta ad essere scomposto in margini elementari. Per fare questo utilizzeremo le riclassificazioni di stato patrimoniale e conto economico viste in precedenza.
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Scomposizione del margine reddituale
Scomponiamo il ROE (Rn/Mp): 𝑅𝑛 𝑀𝑝 = 𝑅𝑛 𝑅𝑙 ∙ 𝑅𝑙 𝑅𝑔𝑓 ∙ 𝑅𝑔𝑓 𝑀𝑖𝑛𝑇 ∙ 𝑀𝑖𝑛𝑇 𝑀𝑖𝑛1 ∙ 𝑀𝑖𝑛1 𝑀𝑖𝑠 ∙ 𝑀𝑖𝑠 𝑇𝐴 ∙ 𝑇𝐴 𝑀𝑝 Dove: Rn = risultato netto Mp = mezzi propri Rl = risultato lordo Rgf = risultato della gestione finanziaria MinT = margine di intermediazione totale Min1 = margine di intermediazione di primo livello Mis = margine di interesse TA = totale attivo
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Scomposizione del margine reddituale
La scomposizione si basa sui margini del conto economico riclassificato. In più è stato diviso il margine di intermediazione in due parti: Min1 = Margine di interesse + Ricavi netti da servizi (o margine da commissioni) esprime il risultato delle politiche della banca per quanto riguarda la composizione di portafoglio (intermediazione creditizia o mobiliare), le politiche di prodotto e prezzo (tassi e commissioni) a prescindere dalle dinamiche del mercato mobiliare e del rischio di credito. MinT = Min1 + Profitti/perdite da operazioni finanziarie Inoltre vi sono due voci dello stato patrimoniale: il totale attivo (TA) e i mezzi propri (Mp).
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Scomposizione del margine reddituale
Vediamo i vari quozienti che scompongono il margine reddituale: Rn/Rl: misura l’incidenza dell’imposizione fiscale (ed è sempre <1). Rl/Rgf: misura l’incidenza dei costi operativi, cioè quanta parte del risultato di gestione viene assorbito dai costi operativi, cioè dai costi non finanziari indica l’efficienza operativa (ed è sempre <1). Rgf/MinT: misura l’incidenza del rischio di credito (più precisamente del rischio di insolvenza), valutato tramite le procedure di impairment. MinT/Min1: misura il contributo positivo o negativo delle plusvalenze/minusvalenze legate alle operazioni finanziarie.
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Scomposizione del margine reddituale
Min1/Mis: misura il contributo del margine da commissioni, cioè l’importanza delle attività di servizio e di intermediazione mobiliare. E’ solitamente superiore a 1 (se pari a 2 il margine da commissioni contribuisce come quello da interessi). Mis/TA: evidenzia il margine di interesse riferito al totale delle attività della banca. TA/Mp: esprime la leva finanziaria agisce come moltiplicatore per l’equilibrio reddituale; costituisce l’elemento fondante dell’equilibrio patrimoniale, sottoposto anche alla regolamentazione del nuovo accordo di «Basilea 3».
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Scomposizione del margine d’interesse
Approfondiamo la formazione del margine di interesse, componente fondante dell’equilibrio reddituale, legato all’intermediazione creditizia. 𝑀𝑖𝑠=𝐼𝑎 −𝐼𝑝= 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 − 𝐼𝑝 𝑃𝑜𝑖 ∙𝑃𝑜𝑖+ 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 ∙𝐶𝑐𝑛 Dove: Ia = interessi attivi Afi = attività fruttifere di interessi Ip = interessi passivi Poi = passività onerose di interessi Ccn = capitale circolante netto (Afi-Poi)
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Scomposizione del margine d’interesse
𝑀𝑖𝑠= 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 − 𝐼𝑝 𝑃𝑜𝑖 ∙𝑃𝑜𝑖+ 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 ∙𝐶𝑐𝑛 La prima parte è il margine di interesse ottenuto impiegando le passività onerose di interessi (Poi) e conseguendo su di esse lo spread fra tasso attivo e tasso passivo unitario. La seconda componente è ottenuta impiegando il capitale circolante netto. Se il Ccn è positivo, significa che si stanno impiegando risorse provenienti da passività finanziarie non onerose di interessi o mezzi propri (che dovranno essere remunerati, ma in maniera «residuale») e quindi il ricavo è pari al tasso di interesse unitario attivo.
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Scomposizione del margine d’interesse e leva
𝑀𝑖𝑠 𝑀𝑝 = 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 − 𝐼𝑝 𝑃𝑜𝑖 ∙ 𝑃𝑜𝑖 𝑀𝑝 + 𝐼𝑎 𝐴𝑓𝑖 ∙ 𝐶𝑐𝑛 𝑀𝑝 Dividendo per i mezzi propri, Mis/Mp è il prodotto degli ultimi due fattori della scomposizione del margine reddituale. Questa equazione mostra come il risultato economico Mis/Mp sia in relazione con la leva finanziaria, qui approssimata da Poi/Mp. Dato che lo spread è positivo, aumentare l’indebitamento e quindi la leva sembra conveniente.
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Scomposizione del margine d’interesse e leva
Ma l’aumento della leva produce effetti collaterali: Il costo del capitale di debito, Ip/Poi, potrebbe aumentare (anche per i debiti già stipulati) minore spread. Per sviluppare i prestiti si potrebbe essere costretti a politiche di tasso attivo aggressive, riducendo Ia/Afi minore spread. La politica aggressiva di espansione delle attività potrebbe portare ad assumere maggiori rischi di credito/insolvenza. L’aumento della leva accresce la volatilità del ROE occorre valutare il trade-off tra rischio e rendimento per gli azionisti (e quindi il maggior rendimento richiesto per il maggior rischio assunto).
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