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I Longobardi 1
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La conquista della penisola
Verso la metà del VI secolo, la situazione economica dell’impero d’Oriente, già indebolita dalle spese per le guerre di conquista, fu aggravata dalle epidemie di peste, diffusesi attraverso gli scambi commerciali, in tutto il Mediterraneo. I successori di Giustiniano dovettero fronteggiare nuovi invasori: gli Slavi e i Bulgari nei Balcani, i Longobardi in Italia. Fortemente in crisi sul piano finanziario e militare, non riuscirono, dunque, ad arginare l’arrivo di una nuova popolazione germanica da est, i Longobardi. Un cavaliere longobardo trafigge un nemico, piatto d’argento (VI sec.) 2 2
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I LONGOBARDI: ORIGINE La comune tradizione, tramandata all’interno del popolo longobardo stesso, sosteneva che esso fosse originario della Scandinavia e che si fosse stanziato nell’attuale città di Amburgo, intorno al V. sec. d.C.. Il loro nome deriverebbe dal culto magico-guerriero di Wotan, il dio dalla “lunga barba”. In seguito, i Longobardi si stabilirono in Pannonia, da dove sarebbero scesi in Italia. Erano organizzati in fare, gruppi di famiglie nomadi, guidate da nobili detti “duchi” (da “dux”, comandante) e, a differenza degli Ostrogoti, non avevano avuto in precedenza contatti con i Romani d’Occidente, ma solo tra il V e il VI secolo, si accordarono con l’impero d’Oriente, per governare i territori occupati. A causa dell’avanzata di un altro popolo germanico, gli Àvari, si spinsero verso Occidente e, probabilmente, i Bizantini stessi, per frenare l’espansione territoriale dei Franchi, favorirono questa migrazione. 3 3
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L’occupazione longobarda
Nel 569, i Longobardi penetrarono in Italia sotto la guida del re Alboino. Varcate le Alpi, i Longobardi dilagarono nell’Italia settentrionale e occuparono Pavia, che divenne la loro capitale (572). Riuscirono ad estendere i loro domini anche nell’Italia centrale. La penisola, soprattutto dopo la morte di Alboino (574), fu suddivisa tra i duchi che guidavano le circa trenta fare longobarde. Ogni ducato godeva d’indipendenza, per cui quello longobardo fu un dominio caratterizzato da forte frammentazione politica. Un cavaliere longobardo trafigge un nemico, piatto d’argento (VI sec.) 4 4
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La frantumazione territoriale
Con l’arrivo dei Longobardi si determinò la rottura dell’unità politica della penisola, raggiunta dai Romani nel corso del III secolo a.C.: la storia di ogni città e regione prese ad assumere caratteristiche peculiari. Dalla morte di Alboino (574) fino alla nomina del re Autari ( d.C.), ci fu un vero e proprio periodo di anarchia politica e, anche successivamente, il re rimase sottoposto alle decisioni dell’assemblea nobiliare dei duchi. I Bizantini organizzarono la difesa in prossimità delle coste e intorno ad alcune città fortificate: mantennero le isole, Roma, l’esarcato di Ravenna, la Pentapoli ( area comprendente la Romagna e le Marche, le città di Pesaro, Fano, Rimini, Senigallia e Ancona), Napoli, la Puglia e la Calabria. In pratica, i domini longobardi, che comprendevano anche il ducato di Spoleto e di Benevento, si frapponevano a quelli bizantini. 5
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Un’élite di dominatori
A differenza dei Goti e dei Franchi, i Longobardi non perseguirono forme di collaborazione con i vinti: li assoggettarono ed esercitarono un dominio autoritario. Non diedero vita a forme di organizzazione statale: la maggior parte della popolazione locale fu costretta a lavorare nelle campagne per i nobili longobardi. Eliminarono l’aristocrazia di origine romana e si spartirono terre e genti secondo il diritto di guerra. Furono invasori crudeli e spietati: devastavano campagne, incendiavano luoghi di culto, riducevano la popolazione in schiavitù. Numerose chiese e monasteri furono distrutti, come quello di Montecassino, fondato da San Benedetto nel 529. Continuarono a professare l’arianesimo, compiendo atti di persecuzione ai danni della Chiesa e della popolazione cattolica. 6 6
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La società longobarda Il popolo dei Longobardi si riconosceva, più che in uno Stato, nell’appartenenza allo stesso ceppo etnico e si identificava con il proprio esercito I guerrieri longobardi erano organizzati in gruppi familiari detti sippe o fare, guidati da duces che esercitavano un potere largamente autonomo Il territorio era diviso in staterelli semi-indipendenti, i ducati: si eleggeva un re solo in casi eccezionali Cavaliere longobardo, lastrina in bronzo dorato dello Scudo di Stabio (VII sec.) Gli arimanni erano i guerrieri liberi, i soli a godere di pieni diritti civili Gli aldi costituivano la maggioranza della popolazione: erano individui semiliberi (di solito artigiani o contadini di origine italica), vincolati a un padrone ma in grado di possedere terre e beni 7 7
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I Longobardi da Clefi ad Agilulfo
Solo qualche tempo dopo l’assassinio di Clefi (574), il successore di Alboino, i duchi longobardi, per far fronte al pericolo dei Bizantini e dei Franchi, che dalla Gallia desideravano espandersi anche in Italia, per raggiungere una maggiore stabilità politica, decisero di eleggere un sovrano, Autari, al quale cedettero una parte del loro territorio. Gli assegnarono un tesoro pari alla metà dei propri beni (→ fisco regio) . Sotto il regno di Autari ( ), figlio di Clefi, per impulso della moglie, la principessa bavara Teodolinda, cominciò la conversione dei Longobardi al cattolicesimo. Il trionfo di Agilulfo, frontale di elmo (VII sec.) Alla morte di Autari, fu Teodolinda a scegliere il successore e suo nuovo sposo: Agilulfo ( ), duca di Torino, il quale proseguì la sottomissione dell’Italia fino alle porte di Roma Papa Gregorio Magno comprò l’incolumità della città e dei suoi abitanti pagando un pesante tributo 8
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La regina Teodolinda La regina Teodolinda svolse un ruolo fondamentale nella conversione dei Longobardi al cattolicesimo e nel processo di integrazione con gli Italici Intrattenne un fitto rapporto epistolare con papa Gregorio Magno Fece battezzare il figlio Adaloaldo secondo il rito cattolico Fece costruire la chiesa di S. Giovanni a Monza e sostenne la fondazione del monastero di Bobbio ad opera del monaco irlandese Colombano Chioccia con pulcini, opera di oreficeria rinvenuta nella tomba di Teodolinda (V-VI sec.) Quando morì Agilulfo (616), Teodolinda resse il regno fino alla maggiore età del figlio; la politica di apertura ai cattolici, sua e di Adaloaldo, indispettì l’aristocrazia longobarda, che alla fine estromise dal potere il giovane re e la madre.
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IL SISTEMA DI POTERE LONGONBARDO
Il duca controllava i distretti pubblici posti in città , poste lungo le principali vie di comunicazione. Il gastaldo amministrava i territori appartenenti al fisco regio (curtes), vere e proprie aziende agricole. Gli sculdasci o centenarii erano i capi – villaggio e avevano un’autorità quasi simile ai gastaldi.
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Rotari e il diritto longobardo
Tra i successori di Agilulfo occupa un posto di rilievo Rotari ( ), che nel 643 emanò il cosiddetto editto di Rotari, il primo codice scritto del diritto longobardo. Egli sposò la figlia di Teodolinda, ripetendo un gesto unificatore già di Autari. Rotari condusse numerose campagne militari, che portarono quasi tutta l'Italia settentrionale sotto il dominio del regno longobardo. Conquistò (642) la Liguria. Governò con energia e colpì con durezza sui duchi che gli si opponevano, facendone eliminare molti. Pagina dell’editto di Rotari da un codice del VII-VIII sec. Con Rotari e i suoi successori, la situazione italiana si stabilizzò: i sovrani longobardi consolidarono il loro potere, rendendo ereditaria la carica e aumentando il patrimonio della corona. 11 11
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L’editto di Rotari L’editto si fonda su principi giuridici estranei al diritto romano, ma comunque più avanzati rispetto al primitivo diritto germanico. La vera svolta giuridica era la proibizione della faida, la giustizia privata che la famiglia dell’ucciso poteva esercitare verso l’assassino Al suo posto era previsto il guidrigildo, un risarcimento in denaro per le persone uccise o le parti del corpo danneggiate o mozzate. 12 12
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L’amministrazione dei poderi
La stabilità del regno longobardo all’inizio fu ostacolata dalla grave crisi economica in cui versava la penisola, a causa di anni guerre e devastazioni. I primi segnali di ripresa ci furono tra l’VII e l’VIII secolo. I Longobardi, all’inizio solo guerrieri, si trasformarono infatti in un popolo di proprietari terrieri e agricoltori. Anche nell’Editto di Rotari, diverse norme riguardano la gestione delle proprietà rurali, la cui struttura richiamava quella della villa rustica di epoca tardoantica: si trattava dunque di centri autosufficienti, con magazzini, mulini, stalle, in cui svolgevano anche attività manifatturiere (produzione di attrezzi agricoli, tessuti di lana, lino e canapa). I terreni migliori erano riservati ai padroni, gli altri erano dei contadini, massari (da mansus, “appezzamento di terra”), che coltivavano anche i campi dei padroni e vivevano in una condizione di semischiavitù. 13 13
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Le città, l’artigianato e i commerci
La vita economica del regno longobardo non era, però, esclusivamente agricola e, anche se lentamente, si assiste anche ad una rifioritura della civiltà urbana. I duchi longobardi, infatti, vivevano nelle città che, se da un lato dipendevano dalle campagne per gli approvvigionamenti alimentari, dall’altro erano il centro di molte attività artigianali. All’inizio, botteghe e laboratori erano gestiti dalla popolazione di origine romana, poi, anche i Longobardi divennero esperti lavorazione di legni e metalli. I commerci, però, rimasero limitati ai mercati locali e i traffici nel Mediterraneo vennero completamente meno in questo periodo. Sicuramente, la penisola era ormai lontana dalla prosperità economica dell’epoca romana. 14 14
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