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SINERGIE per la cura del trauma migratorio
Elena Crestani per UNI.FE psicologia dinamica
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Ogni comportamento od azione mirati a calmare, contenere, lenire il dolore e lo stress, a ricostruire fiducia nell’essere umano e a ridare dignità e speranza alle vittime di tortura Atti terapeutici
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Salute fisica: visite, accertamenti, diagnosi, trattamento di cura
Salute mentale: visite specialistiche psichiatriche o psicologiche, prescrizioni psicofarmaci, terapie di sostegno e orientamento, psicoterapie Aree trasversali: sociale, economica, legale e relazionale Le aree di intervento
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Gli effetti della relazione operatore-utente
Le vittime debbono sentirsi accettate, accolte, comprese, libere di poter parlare dei sintomi senza rischio di interpretazione o paragoni Gli effetti della relazione operatore-utente
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Creare un clima di fiducia, empatia, affidabilità del terapeuta
È auspicabile verificare l’opportunità di trattare i traumatizzati in equipe, piuttosto che da soli La lingua condivisa permetti di veicolare, con il sistema culturale che rappresenta, il significato al dolore e fornisce metafore che permettono la sua particolare espressione La raccolta delle informazioni deve essere discreta, professionale e non invasiva. Va prestata molta attenzione al linguaggio paraverbale nonché alla decodifica culturale del mediatore Il mediatore non è solo un interprete, è un elemento di raccordo con l’orizzonte di riferimento del migrante Setting relazionale
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Eliminare al minimo gli stati di sofferenza, evitando di ricreare un «clima inquisitorio»
Monta attenzione va prestata all’arredamento dei locali e la localizzazione dell’ambulatorio Setting fisico
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E’ molto difficile accettare di essere soltanto un mezzo di aiuto ma è l’unico modo per non diventare dipendenti dalle gratificazioni o terrorizzanti dall’insuccesso, per non oscillare tra impotenza e onnipotenza. (cit.) sinergie
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La ricaduta nell’area cognitiva del trauma
Sembra che l’evento traumatico sia in grado di attivare una condizione di stordimento detta «crying out» Sembra che il trauma si manifesti in relazione all’azione di due processi contemporanei: il diniego dell’evento e la sua ripetizione compulsiva La ricaduta nell’area cognitiva del trauma
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Il riconoscimento del rifugiato come «uomo – identità»
Dare consistenza alla sofferenza umana senza «situarla», cioè senza indagare circa le origini, costituisce una certa retorica umanitaria: quella che vediamo spesso accorrere in soccorso alle vittime (la prima emergenza) ma lascia poi indiscussi i meccanismi di esclusione sociale, le strutture dello sfruttamento, la produzione di legge che non tutelano le vittime Il riconoscimento del rifugiato come «uomo – identità»
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La cura del corpo rappresenta un momento di inizio, di contatto fondamentale
Anzitutto occorre mettere in sicurezza il corpo, poi occorre lavorare sulla fiducia lavorando in modo discreto e dignitoso sul corpo Nella prima fase di accoglienza siamo NOI OPERATORI a dovere aiutare a mettere in parole al richiesta di aiuto Dobbiamo prenderci carico della multidimensionalità e alla complessità dei bisogni del migrante Smalto sulle unghie…
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Nel processo di accoglienza spesso l’attenzione è posta sugli eventi precedenti all’arrivo
Vengono registrati i fenomeni dell’insonnia, depressione, irritabilità, depressione Ma… Uno sguardo al passato
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I dolori del vivere il presente
Non si deve dimenticare il contesto, avulso alla cultura allo spazio al tempo, in cui si trova il migrante Occorre prestare attenzione al fatto che condividono lo spazio con persone sconosciute, tutte portatrici di identità ferite, Occorre prestare attenzione a strutture non segreganti, evitando dinamiche istituzionalizzanti ed eccessivamente medicalizzanti I dolori del vivere il presente
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La potenzialità del gruppo
Bisogna insistere sulla presenza costante di operatori che non si occupino solo del singolo, ma anche del gruppo come identità Il gruppo come «fattore terapeutico» che, se ben condotto, può attivare processi positivi di rispecchiamento e riparatori di legami sociali, della fiducia, della solidarietà La potenzialità del gruppo
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Rischi «lato operatore»
Scarsa preparazione Mancanza di aggiornamento continuo Assenza di supervisioni collegiali ed esterni Mancata osservanza dei turni di riposo Dotazione organica altalenante Mancato riconoscimento sociale Sfruttamento economico Rischi «lato operatore»
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Energie da mettere in campo
Supervisione d’equipe, gestionale-organizzativa, clinica dei casi La supervisione nella relazione di aiuto ha tre funzioni fondamentali: qualitativa perché migliora la qualità del lavoro; di sviluppo per sviluppare competenze ed abilità; di rifornimento per migliorare la capacità di rifornirsi e sostenersi Energie da mettere in campo
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