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PubblicatoFerdinando Bello Modificato 5 anni fa
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Le scale: Scala pitagorica Scala naturale o zarliniana Scala temperata
Tesi n°6 Le scale: Scala pitagorica Scala naturale o zarliniana Scala temperata
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La scala pitagorica Abbiamo visto che fin dalle origini della storia musicale sono nate civiltà con propri caratteri musicali e propri strumenti, ma poco sappiamo delle scale impiegate dalla civiltà antiche. La prima scala di cui abbiamo conoscenza in occidente è quella di Pitagora.
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La scala pitagorica Pitagora realizza questa scala partendo dagli studi sul monocordo, per capire la relazione che intercorre tra la lunghezza della corda e la frequenza del suono.
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I rapporti trovati da Pitagora:
La scala pitagorica I rapporti trovati da Pitagora: Dividendo il monocordo in due parti: 2:1 si ottiene un suono all’8° superiore Dividendo il monocordo in 3:2 si ottiene un suono alla 5° superiore Dividendo il monocordo in 4:3 si ottiene un suono alla 4° superiore
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MI-SI= 3/2 x 3/2 x 3/2 x 3/2 x 3/2 = SI (243/32)
La scala pitagorica Stabiliti questi rapporti numerici, Pitagora costruì la scala, procedendo di quinta in quinta, al fine di ottenere le proporzioni nelle distanze tra i suoni: DO-SOL 3/2 = SOL (3/2) SOL-RE = 3/2 x 3/2 = RE (9/4) RE-LA = 3/2 x 3/2 x 3/2 = LA (27/8) LA-MI= 3/2 x 3/2 x 3/2 x 3/2 = MI (81/16) MI-SI= 3/2 x 3/2 x 3/2 x 3/2 x 3/2 = SI (243/32) N.B. Tutto va moltiplicato a partire dal RE per 2 (LA per 2; MI per 2; SI per 4) poiché si sale di varie ottave 9/8; 27/16; 81/64; 243/128
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La scala pitagorica La nota FA, che manca in questa successione, si sarebbe ottenuta con il procedimento inverso, scendendo dal DO di una quinta. DO-FA: 1 : 3/2 = FA 2/3
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La scala pitagorica Vantaggi e svantaggi: ben si adatta alla musica monodica greca perché gli intervalli risultano ben chiari al monocordo, ma quando nasce la musica polifonica durante il Medioevo alcuni intervalli (oltre alla 2° e alla 7°, che già erano avvertiti come dissonanti) risultano duri e poco gradevoli: 3° e 6° (il fa burden) dei cantori inglesi che in Borgogna nel XV darà vita al falso bordone
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Esempio di falso bordone, impiegato da Dufay nell’inno Ave Maris Stella
Cantus firmus Falsobordone una quarta sotto la melodia più acuta, il cantus firmus Nella sua forma più semplice, il falsobordone consiste in un cantus firmus e due altre parti a intervallo di sesta ed una quarta perfetta in basso Falso bordone una 6° (anche 8°) più in basso rispetto al cantus firmus
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La scala naturale o zarliniana
Fu Gioseffo Zarlino che nelle Istituzioni armoniche (1558) costruì una scala più adatta alle esigenze della polifonia: la scala definita naturale perché basata sulla successione dei suoni armonici e non più sulla divisione matematica del monocordo.
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La scala naturale Zarlino è partito dalle consonanze perfette di ottava, di quinta, di quarta e di terza maggiore, i cui valori, noti, sono rispettivamente: 2/1, 3/2, 4/3 e 5/4 Il suo criterio non era quello della lunghezza dei suoni sul monocordo, ma faceva riferimento ai suoni armonici, prodotti da un suono generatore (in natura non esiste il suono puro).
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Prendendo il DO1 come riferimento unitario ecco i suoni armonici
DO 2 = 2 (frequenza doppia) SOL 2 = 3 (frequenza tripla) DO 3 = 4 MI 3 = 5 SOL 3 = 6 SIb 3 = 7 DO 4 = 8 RE 4 = 9
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Ricapitolando i rapporti:
DO 1 RE 9:8 MI 5:4 FA 4:3 SOL 3:2 LA 5:3 SI 15:8 DO ottava sopra 2
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La scala naturale: le conseguenze pratiche
Dalla scala naturale o zarliniana scaturiscono però 3 differenti specie di intervalli: Il tono maggiore Il tono minore Il semitono diatonico dai quali si originano a loro volta altri 2 tipi di intervalli Il semitono cromatico e il comma
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Le ampiezze Tono maggiore: do-re; fa-sol; la-si = 9/8
Tono minore: re-mi; sol-la = 10/9 Comma – cioè la differenza tra tono maggiore e minore (9/8 : 10/9 = 81/80) Semitono diatonico: mi-fa; si-do = 16/15 Confrontando tono minore con semitono diatonico, otteniamo 10/9 : 16/15 = 25/24, ovvero il semitono cromatico
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Le conseguenze pratiche
In una scala con 5 tipi di rapporti intervallari – moltiplicati per i 7 suoni – avrebbe provocato la creazione di uno strumento con ben (7 x 5) 35 tasti per ogni ottava (come archiclavicembalo o archiorgano). Detto in altro modo: ci sarebbero voluti: 7 tasti per i suoni naturali 7 tasti per i suoni diesizzati 7 tasti per i suoni bemollizazzati 7+7 tasti per i suoni con i doppi bemolli e i doppi diesis
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Altre conseguenze pratiche
Inoltre, in questa scala gli stessi intervalli potevano essere considerati in modo differente a seconda del punto di partenza. Se, per esempio, parto dalla scala di do, l’intervallo RE-MI corrisponde alla frazione 10/9 Se, invece, parto dalla scala di re lo stesso intervallo (RE-MI) corrisponde alla frazione 9/8 DO 1 ; RE 9:8 MI 5:4 FA 4:3; SOL 3:2; LA 5:3; SI 15:8
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La scala temperata Per ovviare a questi inconvenienti venne proposta, dal teorico tedesco Andrea Werckmeister nel trattato Musikalische Temperatur (poi ribadito da Giorgio Neidhart nel successivo Beste und leicheste Temperatur del 1706), una ottava semplificata nella quale tutti i 12 semitoni avevano la stessa ampiezza e i toni erano formati da due semitoni identici (i cosiddetti suoni omologhi: Do naturale e si diesis, ad esempio) Per ottenere ciò, è stato trovato un numero che suddividesse l’ottava esattamente in 12 parti uguali:
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Si naturale = 440 x 1.05946 x 1.05946 = 493,880 approssimato a 494
Il numero “magico” Ovvero = 1,05946 numero con il quale ottengo la frequenza del suono immediatamente successivo. Esempio: la naturale = (440 vibrazioni al secondo) la diesis = 440 x = 466, 162 Si naturale = 440 x x = 493,880 approssimato a 494
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Strumenti Chi usa la scala temperata?
Tutte le tastiere come clavicembalo, organo e pianoforte Chi usa la scala naturale? Gli ottoni (trombe, tromboni, corni) Chi usa entrambe le scale? Flauto, clarinetto, oboe, fagotto e tutti gli archi
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I difetti del sistema temeprato
Alcuni suoni risultano calanti (rispetto alla scala naturale): 3° minore; 5° giusta e 6° minore Altri suoni risultano crescenti: 3° maggiore; 4° giusta e 6° maggiore. I suoni omologhi non sempre corrispondono alle gerarchie dell’orecchio umano: Do – mi bemolle è un intervallo consonante o dissonante? Dipende da come lo nomino.
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Il problema delle “etichette”
DO – MI bemolle è una 3° minore: e quindi è consonante DO – RE diesis è una 2° eccedente, perciò è dissonante
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Le opere I due volumi del Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach (1722 e 1744) - due libri contenenti ciascuno ventiquattro preludi e fughe scritti progressivamente nelle ventiquattro tonalità - rappresentano uno dei primi risultati concreti nell’applicazione del nuovo sistema.
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