Ancora sugli stranieri

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Presentazione sul tema: "Ancora sugli stranieri"— Transcript della presentazione:

1 Ancora sugli stranieri

2 Le Supplici e i problemi del mondo contemporaneo
Biennale di Venezia 2017, padiglione nazionale della Grecia: George Drivas con Laboratory of Dilemmas (curatore Orestis Andreadakis) compie una trascrizione contemporanea della tragedia di Eschilo Le supplici, opera che vede al centro dell’azione il re di Argo dilaniato dal dubbio: salvare o respingere un gruppo di donne egiziane in fuga dai loro promessi sposi. Partendo dallo studio di ciò che resta di una documentazione audio di un misterioso esperimento avvenuto in segreto in un luogo non identificato del centro Europa e condotto da un medico greco, Drivas ricostruisce il set labirintico del laboratorio, così come descritto dal dottore greco nelle registrazioni audio, e realizza cinque video in cui attori (tra cui Charlotte Rampling) ricreano le scene in cui l’equipe di ricercatori discute con il medico responsabile che, come il re di Argo, si vede incapace di prendere una decisione risolutiva di fronte alla comparsa di una seria complicazione nell’esperimento. Quanto pesa la nostra responsabilità sul destino del prossimo?

3 Laboratory of Dilemmas

4 Laboratory of Dilemmas
Nel suo Laboratory of Dilemmas (Εργαστήριο διλημμάτων) il dibattito scientifico di un’équipe sul destino di cellule sviluppatesi in modo imprevisto durante un esperimento di biologia ricalca da vicino le discussioni pubbliche tra chi sostiene la possibilità o l’opportunità che i membri di una cultura straniera vengano accettati e addirittura riescano utili e fecondi in un’altra compagine sociale, e chi viceversa ritiene che tali “corpi estranei” (nel senso più letterale del termine) vadano cacciati in quanto latori di potenziali pericoli. (Filippo Maria Pontani)

5 The Suppliant Woman di David Grey, Edimburgo 2017

6 Edimburgo 2017

7 Die Schutzbefohlenen, ‘Coloro che sono costretti a chiedere asilo’ , di Elfriede Jelinek. Il titolo si ispira alle Supplici di Eschilo, capovolgendolo.

8 Messa in scena di ‘Coloro che sono costretti a chiedere asilo’ della Jelinek, Berlino 2015.

9 Adamo ed Eva profughi ed altri racconti biblici
Il libro della Genesi racconta, nel linguaggio mitico, dunque simbolico, una storia di migrazione coatta, ossia quella di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre. Con loro comincia una lunga vicenda di migrazioni e di popoli erranti, perché i discendenti di Adamo ed Eva sono popoli nomadi costretti a spostarsi per tutto il medio e vicino Oriente. Essi vanno alla ricerca della ‘terra promessa’, come accade più tardi al popolo di Israele, fuggendo dalla guerra e dalla schiavitù. Forse l’episodio biblico più noto è quello della fuga degli israeliti, sotto la guida di Mosé, dalla schiavitù in Egitto. Per poter raggiungere la terra promessa, il popolo israeliano deve attraversare il mar Rosso e questo avviene attraverso il miracolo dell’apertura delle acque. Dio poi farà richiudere il mare sull’esercito egizio, che insegue i fuggitivi, annientandolo. Lo schema narrativo della fuga e dell’inseguimento, l’idea della pericolosità dell’ Egitto e delle sue armate ed anche della ‘barbarie’ ed empietà di quel popolo, torna, come abbiamo visto, nelle Supplici di Eschilo.

10 La cacciata dal paradiso nella Cappella Sistina
La cacciata dal paradiso nella Cappella Sistina. In questa ed in altre rappresentazioni il contrasto è tra la fecondità e la bellezza del paradiso contrapposta al deserto del luogo dove Adamo ed Eva sono spinti.

11 Pietro Perugino, Viaggio di Mosè in Egitto, 1482

12 Poemi omerici e xenia (ospitalità)
Il mito alla base dell’ Iliade nasce da un episodio di ospitalità violata: Paride porta via, volontariamente o meno, Elena da casa sua, dalla sua reggia, nella quale era stato ospitalmente accolto. La xenia, l’ospitalità, ha valore di contratto giuridico di alleanza tra le persone, e si trasmette anche alle generazioni successive. Nel VI libro dell’ Iliade si racconta di Glauco e Diomede, che interrompono il loro combattimento, perché si riconoscono ‘ospiti antichi’: i loro antenati, cioè, avevano stretto tra loro un vincolo di ospitalità.

13 Iliade VI, 215-231 Dice Diomede a Glauco:
‘Sei dunque un ospite (xeinos) antico per me da parte di padre; il divino Oineo accolse un tempoil nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’un l’altro doni ospitali, bellissimi; Oineo offrì una cintura di porpora, splendida, Bellerofonte una coppa d’oro a due manici: l’ho lasciata nella mia casa quando sono partito. (…) Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e in Licia, se mai io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti i Troiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un dio me li manda davanti o se li raggoungo io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armi perché sappiano anche costoro che sono ospiti per tradizione antica e questo è il nostro vanto’ (traduzione di Maria Grazia Ciani)

14 Lo scambio tra Glauco e Diomede, pelike a figure rosse, 420 a.C. circa
Dopo aver parlato così, balzarono entrambi dai carri, si strinsero le mani, si giurarono fede. Ma Zeus tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con quelle di bronzo di Diomede: il valore di cento buioi contro quello di nove.

15 La xenia come rapporto personale
Aristotele afferma che l’amicizia è preferibile con uno straniero, perché con lui non ci sono possibilità di conflitti. La xenia rimane dunque, anche nell’ Atene democratica del V sec. a.C., un fatto personale, un legame che non coinvolge tutta la comunità. Perciò, quando le città entrano in guerra, può capitare che si trovino a combattere tra loro persone che hanno stretto vincoli di amicizia e di xenia. Né questi vincoli personali devono intaccare l’interesse pubblico.

16 Gli archetipi letterari dei profughi
Il mito più conosciuto dell’antichità è quello della guerra di Troia. Le conseguenze di questa guerra danno, dal punto di vista letterario, gli archetipi delle vicende dei profughi. Sono due i grandi modelli, dai riflessi incommensurabili nelle lettetrature occidentali: Odisseo ed Enea, tutti e due costretti a due lunghi viaggi dopo la fine della guerra, uno per tornare a casa, l’altro invece per trovare una nuova patria. Ma si tratta di due profughi d’eccezione, che sono protetti dagli dei, e che hanno una missione provvidenziale (nel caso di Enea). Per giunta Odisseo resta completamente solo, avendo perso i compagni, e quindi la sua accoglienza diventa un fatto personale, non collettivo (non si tratta cioè di dare accoglienza a un popolo).

17 Odisseo e Calipso Dopo la conquista di Troia, Odisseo è costretto dall’ira degli dei, che vogliono impedirne il ritorno a casa, a vagare per mare e a presentarsi ripetutamente come straniero presso i popoli da cui approda. Per sette anni è tenuto prigioniero da una dea, Calipso (=colei che nasconde), che si è innamorata di lui e vorrebbe trattenerlo con sé, vorrebbe addirittura dargli l’immortalità. Ma Odisseo vuole andare via, e del resto anche il volere degli dei appoggia il suo desiderio di tornare a casa. Odisseo è dunque un profugo ‘alla rovescia’, nel senso che il suo viaggio ha come termine il punto da cui è partito. Ma è un profugo che ha comunque la necessità di sperimentare nuove esperienze e conoscere nuovi luoghi.

18 Odisseo e Calipso

19 Odisseo e l’infinito In questa immagine di Arnold Böcklin (1883), l’eroe è una figura nera, rappresentazione anche coloristica del suo dolore, ma anche della sua umanità, che risalta per contrasto con la luminosità della ninfa Calipso. Questa ha uno strumento a corde, il che simbolicamente vuol dire che i travagli di Odisseo sono oggetto di poesia. La dea guarda in direzione dell’uomo, ma i loro sguardi non si incontrano, perché quello, di spalle, scruta il mare, nella speranza di un nuovo viaggio. Davanti a lui si apre l’infinito, l’incertezza, non una strada segnata.

20 Il pericolo dello straniero
Odisseo incontra nei suoi viaggi ospitalità, xenìa, come abbiamo visto a proposito dell’episodio nella reggia dei Feaci. Chi dà ospitalità, come abbiamo notato anche commentando le tragedie greche, si espone comunque ad un pericolo. Ai Feaci l’ospitalità di Odisseo costerà la pietrificazione di una nave, e l’interruzione di quello stato di beatitudine che caratterizza il loro popolo. Inoltre, anche per qualche interprete antico, le modalità con cui Odisseo viene rispedito a casa, addormentato e velocemente, indicano che i Feaci hanno paura degli stranieri, non certo li favoriscono. Ma non dare ospitalità è un segno di barbarie: l’episodio dell’ Odissea dove quest’idea è enfatizzata è quello di Polifemo. I ciclopi in generale non conoscono le regole elementari dell’intrattenere rapporti umani.

21 La non ospitalità significa barbarie
La philoxenía ( letteraralmente: l’amore per gli stranieri) è anche una forma di pietà, di rispetto per gli dèi, ed è posta in diametrale contrasto rispetto al ferino atteggiamento del Ciclope. Un altro celebre viaggiatore e profugo della letteratura antica è Giasone, il protagonista del poema epico Argonautiche di Apollonio Rodio. Questi giunto in Colchide, dal re Eeta, chiede ospitalità con queste parole: “Perché ognuno, in ogni luogo, anche l’uomo più cane, teme e osserva la legge di Zeus protettore degli ospiti”.

22 La vicenda di Giasone e Medea
Medea, com’è noto, è una principessa della Colchide, una regione asiatica sulla costa sudorientale del Mar Nero ai piedi del Caucaso, nell’attuale Georgia. Medea ha sangue divino nelle vene. Suo padre è Eeta, figlio del Sole e fratello di Circe. Sua madre è l’oceanina Iduia, nel cui nome c’è la radice del verbo “conoscere”, così come in Medea è contenuta la nozione dell’intelligenza riflessiva e pratica (μήδομαι). In Colchide, arriva Giasone con gli Argonauti alla conquista del vello d’oro. La principessa, per intervento di Afrodite, s’innamora del bello straniero e lo aiuta a compiere l’impresa. È solo grazie ai filtri magici e agli incantesimi di Medea che Giasone riesce a sconfiggere i mostri che custodiscono il Vello d’oro e a impossessarsene. Medea fugge con Giasone e, per ritardare l’inseguimento del padre Eeta, uccide il fratellino Apsirto. Nel viaggio di ritorno degli Argonauti la “sovrana dei Colchi”, come canta Pindaro (Pitica 4.11 ss.), non manca di fare mostra della sua intelligenza; in particolare, pronuncia dalla “sua bocca immortale” una profezia sul futuro della città libica di Cirene.

23 La vicenda di Giasone e Medea (2)
I due amanti fuggiaschi approdano a Iolco in Tessaglia. Qui Medea commette un altro crimine, ancora una volta per compiacere il suo uomo. Iolco è la terra d’origine di Giasone, dove regna lo zio Pelia, che ha usurpato il trono spettante a Esone, padre di Giasone. Sotto gli occhi delle figlie di Pelia, Medea fa a pezzi un vecchio ariete e lo mette a bollire in un calderone, dal quale l’animale esce intatto e giovane. In questo modo Medea convince le Peliadi a fare lo stesso col padre per restituirgli la giovinezza: inutile dire che il vecchio re usurpatore non uscì mai integro e ringiovanito dal paiolo. In seguito a questo delitto Medea e Giasone si trasferiscono a Corinto, che era la città d’origine di Eeta, padre di Medea.

24 La vicenda di Giasone e Medea (3)
Giasone e Medea sembrano finalmente trovare serenità: vivono benvoluti nella città perché Medea al suo arrivo, con le sue arti magiche, fa cessare una terribile epidemia. Medea e Giasone formano una famiglia e hanno figli. Tutto, però, dolorosamente finisce quando Giasone decide di lasciare Medea per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. A questo punto si innesta, com’è noto, la tragedia di Euripide. Medea, per vendicarsi, uccide i figli avuti da Giasone, oltre a uccidere la principessa futura sposa e il re di Corinto. Alla fine del dramma Medea è in alto sul carro del Sole, trainato da serpenti, in procinto di istituire un culto in onore dei figli nei pressi di Corinto e di muovere verso Atene, dove il re Egeo ha promesso di ospitarla.

25 Medea L’avventura di Medea dalla Colchide a Corinto (e oltre) si presta perfettamente a incarnare nodi drammatici della dialettica tra il «sé» e «l’altro». Medea è la straniera che, col suo bagaglio di diversità fascinosa e pericolosa irrompe nel mondo dei Greci. È la donna che da una realtà “barbara e arretrata”, approda nella civiltà greca. Che cosa accade quando i due mondi entrano in relazione e si toccano? Che cosa accade quando si mescolano? Connesso a tutto ciò vi è un altro specifico elemento di estraneità. Medea è perennemente esule: dalla Colchide a Iolco, da Iolco a Corinto e poi ad Atene, e poi dall’Attica ancora in Asia e in Colchide fino all’approdo definitivo nei Campi Elisi. Medea aletis (“errabonda”), o anche Medea exul, come recita il titolo di una tragedia cothurnata del poeta latino Ennio (intorno al 200 a.C.), anch’egli, tutto sommato, un immigrato giunto a Roma da Rudiae in Puglia. (Carmine Catenacci)

26 Argonauti di Alessandro Penta (2017)
Cosa ci fa Giasone seguito da un manipolo di eroi nel piccolo paese di San Chirico Raparo in Basilicata? Forse si trova qui il famoso Vello d’oro? O forse per trovarlo bisogna partire ed affrontare un lungo viaggio? Questo si chiedono Alessandro Argnani e Emanuele Valenti attori e guide teatrali della non-scuola del Teatro delle Albe di Ravenna. I due sono alle prese con circa 40 adolescenti del paese e di Matera, tra loro ci sono anche 12 ragazzi africani residenti in una comunità . Al gruppo si unirà presto anche Peppino un istrionico ottantenne. Il testo su cui verte il lavoro sono Le argonautiche di Apollonio Rodio. Il viaggio è il filo che unisce le diverse storie che attraversano il documentario: quello degli argonauti, un viaggio antico di secoli; quello degli abitanti di San Chirico quasi tutti emigrati all’estero e tornati in vecchiaia; e infine il viaggio dei nuovi migranti, giovani che affrontando enormi pericoli sono arrivati proprio qui.

27 Argonauti di Alessandro Penta

28 Enea L’altro archetipo letterario per il profugo è Enea. Quest’ultimo è costretto a fuggire, ma riesce a portare con sé il figlio, il padre e soprattutto i Penati, ossia gli dei della casa. Solo grazie a questa traslazione gli sarà possibile far nascere una nuova stirpe. Prima di giungere in Italia, però, Enea trova soccorso ed aiuto a Cartagine, dalla regina Didone. Questa è a sua volta una profuga, che è dovuta fuggire dalla propria patria per la violenza del fratello, e che fonda una nuova città. I destini di questi due personaggi sono dunque paralleli, ed anche per questo Didone accoglie ospitalmente Enea e i suoi compagni. Ma questa accoglienza le costerà la vita.

29 Il viaggio di Enea Durante il viaggio Enea ascolta e segue ogni volta i richiami del fato e della volontà divina, accettando l’idea del ritorno all’‘antica madre’. Tuttavia la coscienza della missione e il senso di responsabilità, che fanno di lui il prototipo dell’eroe collettivo, non riescono a cancellare del tutto il trauma dell’abbandono della propria terra e, in fondo, neppure a esorcizzare pienamente la sensazione di spaesamento, l’impressione di viaggiare comunque attraverso (e verso) l’ignoto, affrontando una rotta costellata di insidie, condizionata dal contrasto fra volontà superiori, che non di rado si manifestano ostili. Fino a poco prima di giungere a destinazione, Enea sembra ancora dubitare della certezza della mèta (che non arriva mai) e lasciarsi tentare dall’idea di fermarsi prima. Altre volte egli esprime il timore di trovare un’accoglienza fredda o addirittura ostile al suo arrivo; e immagina con preoccupazione gli sforzi che dovrà compiere per conquistare uno spazio, per affermare il diritto a ricostruire una vita per sé e per il suo popolo (Marco Fucecchi).

30 Gian Lorenzo Bernini, Enea, Anchise, Ascanio (1618-1619)

31 Il Nuovo Testamento Anche la storia di Gesù inizia come una storia di migrazioni che si incrociano tra loro: Maria e Giuseppe si trovano in viaggio rispetto alla loro patria, quando nasce Gesù. Essi devono essere censiti dall’autorità romana, che ha imposto il dominio sulla Palestina. Gli stranieri sono qui gli occupanti. D’altro canto, quando nasce il bambino, la famiglia è vittima di una persecuzione: del re Erode, che vuole trucidare tutti i bambini maschi, ossia compiere un genocidio. La precarietà della nascita di Gesù, della sua condizione di profugo, è simboleggiata dal luogo dove avviene, in una stalla, una grotta, dunque in un ricovero di fortuna. I Magi che arrivano alla grotta sono d’altronde anch’essi profughi, inseguono un segno, la cometa, cioè cercano la via che deve condurli al nuovo re dei Giudei.

32 Albrecht Dürer, Adorazione dei magi (1500-1503)
Albrecht Dürer, Adorazione dei magi ( ). I magi sono stranieri, il colore nero della pelle di uno di loro costituisce, per il pubblico rinascimentale del pittore, un elemento esotico , ma anche straniante. Solo il loro atto di sottomissione rende accettabile, quindi non sospetta, la loro presenza.

33 La vita di Gesù Al di là del contenuto religioso, il racconto del Nuovo Testamento riproduce elementi fissi delle storie di migrazioni: la persecuzione, i ‘segni’ che accompagnano i profughi, il pericolo. Lo scrittore di origine sud africana John M. Coetzee, nato nel 1941, premio nobel nel 2003, sta scrivendo romanzi (ne sono apparsi tre) in cui la vita di un bambino chiamato Gesù diventa simbolica proprio delle storie di migrazione e persecuzioni contemporanee. In generale la diffusione del cristianesimo può essere vista come una storia di necessarie migrazioni e persecuzioni.

34 Leonardo da Vinci, La vergine delle rocce (1483-1486)

35 Sotto la protezione di Dio
Anche un quadro racconta una drammatica storia di migrazione. Maria e Gesù sono costretti a fuggire, e fuggono in Egitto. Secondo un vangelo apocrifo, Dio squarcia la roccia per proteggere la loro fuga. Il quadro, enigmatico per molti aspetti, dà il contrasto tra la minaccia incombente fuori, e la protezione offerta sia dalla natura sia dalla figura di Maria e dell’angelo, che indica a Gesù bambino Giovanni Battista, il quale è in atteggiamento di supplica.

36 Lo straniero e i mostri L’irruzione dello straniero nella normalità della vita quotidiana è avvertita con disagio e con paura. Ciò che è straniero ha caratteristiche che non vengono riconosciute subito come proprie, strane, esotiche o mostruose. Abbiamo visto che i costumi ed i copricapi delle supplici in Eschilo sono un elemento inquietante, così come la loro pelle nera, che è la stessa dei loro persecutori e della nave che li trasporta.

37 Lo straniero come ‘essere misto’

38 In between Abbiamo visto che il supplice si trova per un certo tempo in una terra ‘di mezzo’, in uno spazio in cui per motivi religiosi diventa intoccabile (anche se i miti conoscono eccezioni a questa norma), ed in cui aspetta le decisioni che lo riguardano da parte dell’autorità. Anche iconograficamente ciò che non si conosce è un essere a metà, come nell’esempio riportato da una metopa del Partenone, il centauro. Simbolicamente questi esseri misti della mitologia alludono alle paure verso chi non si riesce a classificare.

39 Mostri di in-civiltà L’essere a metà tra uomini ed animali dei centauri (ma questo vale anche per i satiri) corrisponde alla loro negazione degli istituti fondamentali della civiltà: essi non conoscono l’amore o il matrimonio, ma lo stupro violento e il rapimento, non conoscono moderazione nel vino, rappresentano insomma pulsioni irrazionali, non disciplinate dalla cultura, che continuano a far paura anche nelle società più evolute e razionali. Dioniso, il dio straniero per eccellenza, costretto a girovagare, che cambia in continuazione forma, rappresenta l’insieme di queste paure: del suo corteo fanno parte queste figure fuori dalla norma e dall’ordine sociali, tra cui le Menadi, le donne in preda a mania. Le feste di questo dio valgono dunque come sfogo sociale per catalizzare nel rito queste forme irrazionali. Tuttavia anche queste figure ibride possono mostrare il loro aspetto pacifico e positivo: un Centauro è ad esempio l’istitutore di Achille. Analogamente lo straniero è figura ambivalente, di cui si ha paura, ma che può essere integrato.

40 Ambiguità In età moderna, si tese a vedere il ‘selvaggio’ come un essere a metà tra l’uomo e l’animale non tanto per la sua forma, ma per la sua maniera di vivere, più vicina alla natura rispetto all’uomo civilizzato. Da una parte, questo provocò l’idea che vi fossero popoli che non avrebbero mai potuto progredire nel cammino della civiltà, dunque inferiori per natura. Dall’altra alcuni filosofi videro in questi uomini l’incarnazione di uno stato perduto dall’uomo civilizzato, uno stato di purezza e incorrotto che per gli europei non era più raggiungibile (il ‘buon selvaggio’). Robinson Crusoe è figura letteraria del viaggio ‘a ritroso’ nella civiltà, per scoprire una nuova età dell’oro.

41 I mostri intorno a noi Il XX secolo ha cambiato notevolmente però l’idea di ciò che è mostruoso e straniero: da un lato la psicanalisi ha insegnato che i ‘mostri’ sono sepolti nel nostro inconscio, dall’altro il progresso tecnologico ha fatto sì che la natura sia stata forzata in maniera così invasiva da generare mostruosità: la fiducia nel progresso, determinato dall’avanzamento della tecnica, è venuta meno. La catastrofe immane della Seconda guerra mondiale ha scosso sin dai fondamenti qualsiasi certezza nella razionalità umana.

42 Fantascienza e realtà I prodotti di fantascienza hanno usato dunque i simboli dell’invasione di ‘stranieri’ da altri mondi, nuovi mostri (alieni) che attentano alla vita umana, ma che spesso si scoprono generati da errori umani o da usi sbagliati della scienza. La paura di ciò che è straniero è diventata ancora più profonda, perché sfugge la possibilità di riconoscere ciò che è straniero. Ma come per le creature ibride dell’antichità, anche questi ‘alieni’ possono mostrare tenerezza, amore, rivelare il loro lato positivo (in sintesi l’integrazione nei nostri valori).

43 Buoni alieni

44 Patricia Picinnini, La giovane famiglia, 2002


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