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Relazioni Internazionali
A.A Roberto Di Quirico
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Lezione 3 Euro o non euro?
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Policy dilemma Cambi fissi o cambi variabili?
Se cambi variabili, fluttuanti o ancorati? Se cambi fissi, aggiustabili o immutabili (unione monetaria)?
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Chi si opponeva all’euro prima della sua introduzione?
Sostenitori della teoria delle Aree valutarie ottimali Scettici su capacità politica di governare integrazione monetaria Gruppo economisti tedeschi Partiti estremi
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La teoria delle Aree valutarie ottimali
Optimum Currency Areas o più semplicemente OCA Elaborata in varie fasi negli anni Sessanta soprattutto per affrontare la questione della preferibilità nella scelta tra tassi di cambio fissi e tassi variabili nel contesto del sistema di Bretton Woods Formulata inizialmente da Robert Mundell, fu poi integrata da due importanti contributi di McKinnon e Kenen
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La teoria delle Aree valutarie ottimali secondo Mundell
Mundell poneva l’accento sulla necessità di flessibilità dei salari o di propensione alla mobilità dei lavoratori in un’area valutaria per fronteggiare l’impatto di shock asimmetrici, cioè di eventi che colpiscono solo una parte dell’area
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La teoria delle Aree valutarie ottimali secondo McKinnon
McKinnon, invece, introdusse tre criteri di stabilità che dovevano aiutare a definire come ottimale un’area valutaria. I primi due criteri erano detti di stabilità interna e prevedevano la stabilità dei prezzi e il pieno impiego, mentre il terzo criterio detto di stabilità esterna prevedeva l’equilibrio dei conti con l’estero. Il regime ottimale secondo McKinnon (1963) era quello che garantiva piena occupazione e stabilità dei prezzi in un contesto di equilibrio dei conti con l’estero.
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La teoria delle Aree valutarie ottimali secondo Kenen
Kenen pose l’accento sull’integrazione fiscale di un’area valutaria, cioè sulla possibilità di effettuare trasferimenti di risorse da una regione a un’altra dell’area, come elemento cruciale per attutire l’impatto degli shock asimmetrici
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EMU come area valutaria non ottimale
Le questioni della mobilità dei lavoratori e della flessibilità dei salari, dell’impatto degli shock asimmetrici, delle ripercussioni dell’integrazione monetaria in termini di occupazione e stabilità dei prezzi e infine della necessità di un sistema di trasferimenti fiscali all’interno dell’area integrata tornarono alla ribalta come elementi per valutare l’ottimalità della nascente area euro. Tutti questi criteri andavano nell’unica direzione della sua non ottimalità.
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Criterio di endogenità delle OCA
Suggerisce che costituendo un’area valutaria si attivino meccanismi atti a farne un’area valutaria ottimale o comunque a farla convergere verso l’ottimalità. In parole semplici: se si costruisce un’area monetaria integrata si dovrà per forza governarla in modo da farla diventare ottimale
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Gli scettici Per questi autori la scelta dell’integrazione monetaria era stata principalmente una scelta politica e il suo successo o il suo fallimento dipendeva da determinanti di natura politica. due gruppi di autori 1 - quelli che vedono il futuro dell’UEM dipendere prevalentemente dalla volontà e dalla disponibilità dei governi a fare sacrifici e accettare compromessi pur di arrivare alla meta e sostenere il consolidamento della moneta unica. Secondo loro se i governi dei paesi membri avessero fermamente voluto che la moneta unica sopravvivesse questa ci sarebbe riuscita, anche se il prezzo economico e politico da pagare avrebbe potuto essere molto alto 2 - Quelli che esprimono profondo pessimismo sulle possibilità di sopravvivenza della moneta unica, proprio per l’inconciliabilità e la natura egoistica dei rapporti tra i paesi europei, quindi per l’irrealizzabilità di un sistema efficace di governance economica in grado di far funzionare la moneta unica senza causare nelle economie nazionali più deboli squilibri di tale ampiezza da diventare politicamente insostenibili
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I tedeschi In Germania nel 1992 gli economisti Ohr e Schäfer in una lettera aperta firmata da altri sessanta accademici, suggerirono che non ci fossero ragioni economiche per imporre un’unione monetaria a un’Europa divisa socialmente e politicamente. Nel 1998 Ohr e altri accademici pubblicarono una lettera sul Frankfurter Allgemeine Zeitung firmata da centocinquantacinque economisti tedeschi e austriaci suggerendo di posporre l’unione monetaria fino a quando non si fosse raggiunto un livello adeguato di convergenza
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Chi si oppone oggi? Alcuni economisti americani di spicco (Stiglitz, Krugman) e altri meno noti (James Galbraith, Varoufakis) Alcuni economisti europei (Sinn, Fitoussi, Bagnai, Lucke) Vari pubblicisti (spesso sedicenti economisti) Partiti estremi Nuovi partiti e movimenti (pur se in diversa misura e in modo altalenante)
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Quanto sono fondate le critiche?
Molte sono sciocchezze sostenute da studiosi improvvisati o politicanti in cerca di visibilità Altre risentono di approcci ispirati a esempi differenti da EU (sistema americano, paesi del ciclo di Frenkel) Altre sono ispirate principalmente dall’interesse nazionale (Sinn) Altre sono legate all’impatto dell’euro su democrazia e stato sociale e sono limitate da questo tipo d’impostazione In ogni caso, molti dei problemi emersi erano già stati individuati e discussi fin dagli anni Sessanta da chi progettava l’unione monetaria
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Dunque? Parte delle critiche non hanno fondamento
Altre contengono aspetti concreti e aspetti discutibili fornendo un quadro complessivo deviante Altre sono più o meno fondate a seconda della prospettiva e delle priorità di chi le formula Nessuna dimostra l’insostenibilità dell’euro Questo non vuol dire che l’euro sia sostenibile per tutti i paesi EU e che lo sarà sempre in mancanza di governo europeo.
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