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PubblicatoAlessia Papa Modificato 5 anni fa
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Prof. Avv. Francesco de Leonardis Ordinario di diritto amministrativo
Le origini della p.a. Prof. Avv. Francesco de Leonardis Ordinario di diritto amministrativo
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L’amministrazione oggi
Numero totale delle p.a.: (nel 1991 erano e nel 2001 erano ): trend di decrescita Pubblici dipendenti: (nel 1991 erano circa e nel 2001 erano circa ): trend di decrescita Il 1990 come anno spartiacque: ragioni dei mutamenti Le circa amministrazioni pubbliche sono così suddivise: amministrazioni statali e organi costituzionali (33); Regioni (20); Province (109); Comuni (8.077); Comunità montane o unioni comuni (573); aziende del SSN (246); università pubbliche (71); ente pubblici non economici (2802) e altre varie (252).
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Le origini storiche dell’amministrazione
Per capire l’attuale amministrazione occorre partire da lontano Ebbene sin dagli albori delle civiltà vi sono stati soggetti che si sono addossati il dovere di curare concretamente l’interesse generale o della collettività Tali interessi generali erano assai limitati (difesa militare ed esazione di tributi) La cura di tali interessi veniva svolta a titolo volontario da alcuni Si pensi al diritto romano: oltre all’esercito vi erano magistrature preposte alla tutela di interessi generali come le strade o le acque (vere e proprie p.a.!)
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Le p.a. fino agli stati moderni
Anche nel periodo comunale si riscontrano interessanti forme di gestione amministrativa Nel periodo feudale le funzioni amministrative venivano esercitate sulla base del diritto ereditario e gli interessi privati si intercciavano con quelli pubblici Il punto fondamentale è che allora non c’era il principio di separazione dei poteri: il sovrano era legislatore, amministratore e giudice A fronte del potere amministrativo non c’erano situazioni tutelate: i cittadini erano sudditi Non si poteva quindi parlare di pubbliche amministrazioni come soggetti separati da altri poteri pubblici
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L’affermazione del principio di separazione dei poteri
La p.a. come soggetto separato dagli altri poteri trova il suo presupposto nella teoria della separazione dei poteri affermata da Montesquieu nello “Spirito delle leggi” del 1748 e ancor prima dal pensiero di Locke del 1690 Per tale autore per evitare che la concentrazione di attribuzioni possa spianare la strada alla tirannia ogni funzione pubblica deve essere attribuita ad un potere distinto (legislativo: elabora leggi; esecutivo: applica leggi; giudiziario: applica le leggi e dirime le controversie) i poteri devono potersi condizionare in modo da bilanciarsi reciprocamente secondo uno schema di pesi e contrappesi (ceck and balance)
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Il pensiero di Montesquieu
“Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere". Vengono indiduati tre poteri (intesi come funzioni) dello Stato - legislativo, esecutivo e giudiziario "In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi per sempre o per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati", perché “una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica”..
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Montesquieu riprese idee classiche…
L'idea che la divisione del potere sovrano tra più soggetti sia un modo efficace per prevenire abusi non è solo farina del sacco di Montesquieu ma è molto antica nella cultura occidentale Nella Grecia classica il cosiddetto governo misto era visto come antidoto alla possibile degenerazione delle forme di governo "pure", nelle quali tutto il potere è concentrato in un unico soggetto: Platone, nel dialogo La Repubblica, già parlò di indipendenza del giudice dal potere politico e Aristotele, nella Politica, distinse tre momenti nell'attività dello Stato: deliberativo, esecutivo e giudiziario.
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Locke: ogni potere deve essere affidato a soggetti diversi
Con John Locke la teoria della separazione dei poteri comincia ad assumere una fisionomia simile all'attuale: i pensatori precedenti, infatti, pur avendo individuato, da un lato, diverse funzioni dello Stato e pur avendo sottolineato, dall'altro lato, la necessità di dividere il potere sovrano tra più soggetti, non erano giunti ad affermare la necessità di affidare ciascuna funzione a soggetti diversi. Locke, nei Due trattati sul governo del 1690, articola il potere sovrano in potere legislativo, esecutivo (che comprende anche il giudiziario) e federativo (relativo alla politica estera e alla difesa), il primo facente capo al parlamento e gli altri due al monarca (al quale attribuisce anche il potere, che denomina prerogativa, di decidere per il bene pubblico laddove la legge nulla prevede o, se necessario, contro la previsione della stessa).
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Rapporti tra legislativo e esecutivo
Montesquieu elabora un modello di stato in cui il potere legislativo "verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo", mentre il potere esecutivo "deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi". Quanto al potere giudiziario, deve essere sottoposto solo alla legge, di cui deve riprodurre alla lettera i contenuti (deve essere la "bouche de la lois", "la bocca della legge").
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La monarchia costituzionale in GB e la repubblica parlamentare negli USA
I rapporti tra potere legislativo ed esecutivo teorizzati da Montesquieu caratterizzano la forma di governo che verrà poi denominata monarchia costituzionale. Tale forma di governo, al momento in cui il filosofo francese scriveva, trovava la sua realizzazione pratica nel Regno d'Inghilterra, sebbene fosse già in corso quell'evoluzione - non colta da Montesquieu - che l'avrebbe trasformata in monarchia parlamentare. Alla monarchia costituzionale inglese s'ispirò la Costituzione degli Stati Uniti d'America del 1797, sostituendo tuttavia al monarca un Presidente elettivo e alla camera nobiliare il Senato, rappresentativo degli stati federati; emergeva così una nuova forma di governo: la repubblica presidenziale.
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Il principio nel Regno di Sardegna: la monarchia costituzionale
in Europa le costituzioni concesse dai sovrani (octrayèe in francese) adottarono quale forma di governo la monarchia costituzionale che in seguito, come era già avvenuto in Inghilterra, finì per evolversi in monarchia parlamentare; questo è quello è accaduto anche in Italia con lo Statuto albertino.
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Lo statuto Albertino del 1848
il Re era e restava capo supremo dello Stato; esercitava il potere esecutivo attraverso i ministri; la sovranità non apparteneva alla Nazione (benché all'articolo 41 si faccia espresso riferimento ai deputati come "rappresentanti della Nazione") ma al Re il Parlamento era composto di due Camere: quella di nomina regia (Senato), vitalizia, non poteva sciogliersi e quella elettiva; la Camera dei deputati, eletta su base censitaria e maschile, a collegio uninominale ed a doppio turno di elezione (origini del bicameralismo perfetto) la Giustizia “emana dal Re” che nominava i giudici (senza il rispetto della distinzione montesquieuiana) ed aveva il potere di grazia. A garanzia del cittadino stava il rispetto del giudice naturale e il divieto del tribunale straordinario, la pubblicità delle udienze e dei dibattimenti
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