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Marco Simoncini Le DAW (Digital Audio Workstation)

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Presentazione sul tema: "Marco Simoncini Le DAW (Digital Audio Workstation)"— Transcript della presentazione:

1 Marco Simoncini Le DAW (Digital Audio Workstation)
Sistemi e linguaggi di programmazione per l’audio e le applicazioni musicali Materiale rilasciato sotto licenza Creative Commons – Attribuzione/Non Commerciale/Condividi allo stesso modo Si autorizza, in deroga al secondo punto, l’utilizzo per l’insegnamento 1

2 Che cosa è una workstation
Sostanzialmente una workstation (significa stazione di lavoro) non è altro che un computer, di una classe particolare Le workstation sono computer monoutente, ad alte prestazioni, destinate a compiti gravosi dove sia richiesta un’elevata produttività: ad esempio il CAD, i calcoli statistici o le produzioni audio/video Per queste caratteristiche, le workstation sono tipicamente computer desktop, più potenti di un normale personal computer, e solitamente allo stato più recente della tecnica del momento in cui vengono utilizzate 2 2

3 Che cosa è una Digital Audio Workstation
Da molti anni, nella produzione audio e nella composizione assistita dal computer, sono in uso macchine dedicate, di tipi variabili, che vanno dalla tastiera “tuttofare” alla stazione composta da computer, scheda audio e software dedicato La scelta dell’una o dell’altra filosofia dipende dalle proprie capacità economiche e dalla previsione di durata del materiale Le workstation integrate, infatti, sono a volte più “facili” da adoperare e meglio “pronte all’uso” delle workstation su computer La workstation su computer, però, può essere aggiornata parte per parte, senza dovere sostuire per forza tutto il sistema quando una sua parte diviene obsoleta o si guasta 3 3

4 Che cosa è una Digital Audio Workstation
Le workstation integrate sono numerose, e ognuna di esse ha una propria filosofia di utilizzo e proprie “inclinazioni”. Per questo motivo è forse più indicato dedicarsi alla trattazione delle workstation su computer La workstation su computer, che ormai si identifica con un piccolo studio di registrazione, a volte decisamente “casalingo”, è meno soggetta all’obsolescenza e può essere mantenuta “giovane” sostituendone di volta in volta le singole parti che divengano “vecchie” o semplicemente non funzionino più 4 4

5 Che cosa è una Digital Audio Workstation
Per avere workstation basate su computer, si è dovuto attendere che la potenza di elaborazione dei computer stessi fosse tale da consentire la gestione di un grande numero di eventi Il primo “tipo” di applicazione informatica musicale è stato il sequencer, realizzato sulla filosofia degli omonimi dispositivi presenti sui vecchi sintetizzatori analogici. I sequencer su computer consentivano però, per la prima volta, di memorizzare e riprodurre un numero elevatissimo di “note”, al contrario dei sequencer hardware che consentivano al massimo la riproduzione ciclica di qualche decina di suoni 5 5

6 Che cosa è una Digital Audio Workstation
Il passo successivo è stato, per le DAW, quello di dotarsi di sistemi di rappresentazione della notazione tradizionale e, via via, di funzioni di modifica degli eventi di nota memorizzati: ciò si è verificato nel periodo d’oro del protocollo MIDI, che a sua volta ha contribuito grandemente al progresso delle DAW. L’ultimo e decisivo passaggio è stato quello di affrancarsi dai sistemi di registrazione analogica (tipicamente su nastro) con l’avvento di dispositivi di memoria più capienti e sempre meno costosi. L’audio digitale, infatti, richiede il salvataggio di enormi quantità di dati, impensabili all’epoca in cui sono nati i primi sequencer 6 6

7 Che cosa è una Digital Audio Workstation
Con la possibilità di “registrare” su hard disk sono via via state sviluppate sempre nuove e potenti funzioni di modifica del suono, il cosiddetto editing, anche queste straordinariamente golose di memoria di massa e potenza di elaborazione Al giorno d’oggi esistono numerosi software che consentono di effettuare praticamente qualsiasi operazione sul suono, dalla registrazione e postproduzione, alla generazione sonora vera e propria, affiancata dal campionamento di suoni “reali” L’unione di uno (o più) di tali software con un computer di adeguata potenza e una (o più) schede audio, costituisce una moderna DAW 7 7

8 Il “portinaio” della DAW: la scheda audio
Come avviene nel caso dei mixer e di tutti i dispositivi di registrazione, per l’elaborazione del suono è ormai imprescindibile la sua conversione da analogico (come viene generato dalla voce o da strumenti musicali acustici) a digitale (mediante un particolare processo di campionamento che viene detto conversione digitale- analogica Il suono elaborato all’interno del computer deve poi essere “restituito” al mondo analogico, per consentirne la riproduzione. A tale scopo entra in gioco l’operazione inversa, la conversione digitale- analogica 8 8

9 Il “portinaio” della DAW: la scheda audio
Uno dei componenti più importanti di qualsiasi dispositivo audio digitale e, in particolare per quanto ci interessa in questa trattazione, delle DAW, sono i convertitori analogico-digitale e digitale-analogico Tali convertitori si trovano, in una DAW, nella scheda audio collegata al computer. Il compito principale di tale scheda (che poi nella realtà è tipicamente uno scatolotto) è proprio quello di convertire il suono analogico che le viene presentato sulle porte d’ingresso in una serie di numeri, che in quanto tali possono essere elaborati in un computer (e sono decisamente meno soggetti a degrado, anche se non ne sono completamente esenti) 9 9

10 Il “portinaio” della DAW: la scheda audio
Una volta completata l’elaborazione dei dati digitali all’interno del computer e del software che questo esegue, i dati devono essere riconvertiti e ritrasformati in segnali analogici, in grado di pilotare un amplificatore e, a valle di questo, un dispositivo di diffusione acustica Anche questa riconversione è compito della scheda audio, un tempo collegata al computer attraverso connessioni dedicate e proprietarie (ad esempio i NuBus di Apple per ProTools), ma oggi praticamente sempre collegata al computer tramite un cavo USB o Thunderbolt (a volte anche tramite una connessione ottica, es. S/PDIF) 10 10

11 L’interfaccia USB L’interfaccia USB è nata molti anni fa come evoluzione delle connessioni seriali e parallele in uso fino ai primi anni ‘90 Lo standard USB ha visto parecchie evoluzioni e, dalla 1.0 “lenta”, si è passati alla 3.0 e poi alla USB 3.1-C, la prima in grado di consentire il trasporto di segnali video e dotata di connettore reversibile Un’estensione dell’interfaccia USB, detta OT (“On The Go”), consente a un’unica porta di fungere sia da dispositivo controllato, sia da controllore. Ciò consente una più facile connessione di apparecchi come i tablet che devono fungere a volte da controllori e a volte da dispositivi controllati 11 11

12 L’interfaccia USB Le due principali novità dell’interfaccia USB sono state la funzionalità hot swap, ovvero la possibilità di connettere e disconnettere dispositivi senza riavviare il computer, e l’asimmetria del sistema All’interno del computer, infatti, l’interfaccia USB viene gestita da un gestore, a cui si può connettere sino a 127 dispositivi, collegati ad albero attraverso appositi hub (concentratori) Nel numero di dispositivi, però, vanno contati anche il gestore e gli hub, per cui il totale di 127 non contempla solo dispositivi controllati ma può essere molto inferiore 12 12

13 L’interfaccia USB Gli hub possono essere passivi (per il semplice collegamento di apparecchi dotati di presa USB) o attivi (alimentati elettricamente e quindi in grado di non indebolire ma, anzi, rinforzare il segnale trasportato dalla linea USB stessa La lunghezza di cavo massima per evitare il degrado del segnale è pari a 5 m, salvo l’utilizzo, appunto, di hub attivi Il numero massimo di hub collegabili in successione, secondo le specifiche, è di 5. Al di là di tale numero il comportamento dei dispositivi collegati potrebbe non essere quello atteso. Dispositivi come i mouse e le tastiere, però, di solito non presentano problemi 13 13

14 L’interfaccia USB Le specifiche dell’interfaccia USB prevedono anche un cavo, detto VBUS, che consente di alimentare periferiche a basso consumo. I limiti di alimentazione vanno osservati attentamente, perché lo standard USB non prevede una funzione di distacco in caso di sovraccarico Data l'esistenza di connettori e porte di formato diverso, in commercio esistono appositi adattatori per passare da uno specifico formato USB ad un altro, così da poter impiegare un unico cavetto. Una variante dell'adattatore è quello comprensivo di cavo tra i due connettori. Inoltre, sono disponibili adattatori per passare dall'interfaccia USB ad altre (es. PS/2, VGA, HDMI, Aux/Jack, ecc.). 14 14

15 L’interfaccia USB 15 15

16 L’interfaccia Thunderbolt
L’interfaccia Thunderbolt è nata da una collaborazione Intel/Apple allo scopo di collegare con facilità dispositivi multimediali e di memoria di massa La trasmissione è bidirezionale e raggiunge una velocità massima di 10 Gb/s per direzione, quindi in teoria di 20 Gb/s complessivi Lo standard è stato sviluppato per essere espanso sino a 100 Gb/s, utilizzando cavi ottici per le velocità più elevate La velocità effettiva è comunque più elevata di quella della USB, anche nella versione 3.1, e consente quindi una ridottissima latenza 16 16

17 L’interfaccia Thunderbolt
L’interfaccia Thunderbolt è pertanto particolarmente indicata per sistemi audio/video, anche per le caratteristiche di bidirezionalità e di comunicazione peer-to-peer. Non è infatti necessaria la presenza di un computer per “dirigere” il traffico dei dati, ed è così possibile, ad esempio, scaricare dati da una telecamera digitale direttamente su un hard disk La possibilità di connessione peer-to-peer costituisce però una vulnerabilità per la sicurezza: l’interfaccia ha accesso completo alla memoria del dispositivo cui è collegata e può convogliare malware o consentire l’accesso fisico alla macchina da parte di malintenzionati 17 17

18 Le interfacce AES/EBU e S/PDIF
Queste due interfacce sono praticamente uguali, salvo per un particolare tecnico e per l’utilizzo tipico: professionale per l’AES/EBU e consumer per la S/PDIF Il loro interesse principale sta nella possibilità di utilizzare cavi in fibra di vetro, immuni alle interferenze elettromagnetiche e in grado di consentire velocità rilevanti di traffico dati Possono comunque essere utilizzate anche con cavo coassiale in rame, dotato di connettori BNC I connettori per la fibra di vetro si chiamano invece TOSLINK 18 18

19 Perché una scheda audio
La scheda audio esterna è necessaria per due motivi: per offrire una possibilità di connessione fisica a microfoni e strumenti musicali, che di solito non possono connettersi direttamente a un computer, e per alleggerire il compito del computer stesso che, oltre a fare tutti i suoi calcoli, si troverebbe costretto a occuparsi anche della conversione ADC (Analogic to Digital Conversion) e DAC (Digital to Analogic Conversion) La scheda audio è pertanto una specie di “computer specializzato” che si occupa di tutti i laboriosi calcoli per convertire il suono nei due sensi e per gestirne l’istradamento lungo il cavo USB e all’interno del computer “vero” 19 19

20 Perché una scheda audio
Lavorare con l’audio (o peggio, con il video) senza una scheda audio diventa molto difficile, se non impossibile, in particolare con i computer portatili Il grande numero di calcoli necessari per la gestione, la modifica e le conversioni dell’audio causa spesso malfunzionamenti in altri “distretti” del computer, come la visualizzazione grafica o, peggio del peggio, il timing dell’audio stesso Per tale motivo, la presenza di una o più schede audio collegata/e al computer è praticamente imprescindibile, se si vuole parlare di una workstation (semi)professionale 20 20

21 Perché una scheda audio
Le schede audio mettono poi a disposizione, spesso, altre funzioni come l’alimentazione phantom per i microfoni a condensatore, vari tipi di attenuatori per segnali troppo forti, differenti prese di connessione, ecc. Se ci si accontenta di due/quattro canali in ingresso e uscita, il loro prezzo si aggira intorno al centinaio di euro o anche meno Molte schede audio fungono inoltre anche da interfacce MIDI e consentono di comandare dal computer strumenti che ancora utilizzino tale protocollo (magari preziosi expander vintage) 21 21

22 Perché una scheda audio
Spesso, insieme alla scheda audio acquistata, vengono forniti anche software DAW, magari in versione “lite”, che consentono di lavorare immediatamente con il proprio computer e la scheda audio medesima La scheda audio può, in uscita, essere collegata direttamente a un sistema di amplificazione o essere connessa a un mixer per operazioni di registrazione e/o missaggio con suoni “acustici”, basi preesistenti, ecc. Sempre più, però, le moderne DAW, veloci e potenti, rendono praticamente inutile il “passaggio” in studio e attraverso un mixer fisico, analogico o digitale che sia 22 22

23 I nemici del musicista: la latenza
Nato probabilmente all’epoca degli organi pneumatici, il concetto di latenza descrive il “ritardo” che intercorre tra un’azione (ad esempio la pressione di un tasto) o un evento (ad esempio una nota “spedita” dal computer) e l’effetto di tale aziono (nei due casi, il suono vero e proprio) La latenza era già uno dei problemi maggiori del protocolo MIDI, in quanto ogni macchina nella catena MIDI introduceva un ritardo e, dopo tre o quattro macchine “in cascata”, si correva il rischio che il ritardo tra suono della prima macchina e suono dell’ultima fosse percepibile e insopportabile 23 23

24 I nemici del musicista: la latenza
Convenzionalmente si fa riferimento alla latenza come al tempo che intercorre tra la “presentazione” all’ingresso di un dispositivo (es. la scheda audio) di un suono, la sua conversione AD, l’elaborazione interna e la riconversione DA per ottenere nuovamente un suono analogico riproducibile È vero che la latenza dipende dal dispositivo, e che più si spende e probabilmente migliore sarà il dispositivo medesimo: ma anche con tutto l’oro del mondo, la latenza non sarà mai nulla Sarà sempre richiesto, cioè, un certo tempo per la conversione AD, l’eventuale elaborazione interna e la riconversione DA; per cui, anche con il migliore equipaggiamento, la latenza sarà sempre presente 24 24

25 I nemici del musicista: la latenza
Differenze di timing superiori ai 30 ms si collocano nel dominio degli echi e riverberi. Per cui, si cerca sempre di ottenere latenze più basse. Con una buona DAW si può arrivare a latenze intorno ai 5 ms Per questo motivo NON esiste una cosa come l’audio digitale in “tempo reale” 25 25

26 I nemici del musicista: il sovraccarico dati
In più di una situazione, è possibile che il computer, o una periferica a questo collegata, “non ce la faccia”. In quel caso, può avvenire un po’ di tutto, ma principalmente si hanno rovinosi peggioramenti della qualità audio. Compaiono schiocchi, ticchettii, distorsioni e chi più ne ha più ne metta Questa situazione è “quasi sicura” se non si utilizza una scheda audio e/o se il computer non ha sufficiente potenza di elaborazione. Che è qualcosa che, come la memoria RAM, più ce n’è e meglio è (come l’amico nella canzone di Baldan Bembo) 26 26

27 I nemici del musicista: il sovraccarico dati
Un altra situazione, più subdola, si può verificare a carico degli hard disk, in quanto molti software per l’audio digitale lavorano con un continuo scambio di dati tra RAM e Hard Disk. Questo perché la mole di dati nell’audio (e peggio, di nuovo, nel video) è imponente e spesso l’hard disk fa da “RAM ausiliaria”, mediante una parte del disco stesso che viene usata come “file di scambio”. Ovvero, una parte dei dati in elaborazione viene depositata momentaneamente sull’hard disk, ma non come su una memoria di massa, bensì come in una sorta di espansione della RAM 27 27

28 I nemici del musicista: il sovraccarico dati
Se l’hard disk è lento di suo, e/o è troppo “pieno”, questo interscambio diviene difficoltoso o impossibile, e il processore del computer viene sovraccaricato o non riesce proprio a lavorare Anche se le macchine moderne sono infinitamente più veloci di quelle di venti-trenta anni fa, con le quali si riusciva comunque a fare dell’audio digitale, anche a livello professionale, vale sempre il detto che ciò che non è utile, è nocivo. Per tale motivo, nella catena audio, tutto ciò che non si usa o è ridondante, deve essere evitato come la peste 28 28

29 Il software Anche nel campo del software musicale, vale la differenza di filosofia tra software commerciale e software libero Il software libero (e gratuito) tende a essere specializzato. Fa poche cose ma le fa bene, velocemente (e gratuitamente), riuscendo a volte a trarre risultati soddisfacenti anche da macchine vecchie e obsolete Il software commerciale tende a contenere “tutto il tuttibile”, perché i produttori vogliono farci dei soldi e quindi, anche la più remota funzioncina che vada magari di moda quell’anno, contribuisce a ingolosire il musicista e a fargli spendere un bel po’ di denaro 29 29

30 Il software Il concetto della DAW si richiama più alla seconda situazione: di solito il software consente di fare “tutto o quasi” al suono, a partire dalla sua penetrazione nel computer tramite la scheda audio o dalla sua generazione all’interno del computer stesso, per “mano” di uno strumento software o un plugin I software “musicali” si sono molto evoluti, dai primi esemplari, ma fino dall’inizio hanno ricalcato la metafora del mixer, in seguito “incrociata” con quella del rigo musicale 30 30

31 Il software Nei software come Logic, Cubase, Ableton Live ecc. si trovano sempre, come “supporto” delle note, MIDI o campionate che siano, le cosiddette “tracce”, che ricordano le piste di un registratore a nastro Come nei mixer fisici, questi software consentono la creazione di “gruppi”, l’utilizzo di mandate e ritorni per effetti, e la regolazione dei livelli delle singole parti musicali, eventualmente anche con funzioni di automazione (il software “impara” i movimenti che io faccio fare ai fader e poi li ripete quando il brano viene riprodotto 31 31

32 Il software Alcune caratteristiche, però, sono peculiari dei software e non possono essere replicate, se non in alcuni casi, a fatica e con costi rilevanti, dai mixer hardware Una di queste caratteristiche è l’automazione del mixer, appena menzionata: in un mixer hardware la cosa è molto costosa, anche perché si tratta di avere dei fader motorizzati, in grado di muoversi fisicamente per alzare o abbassare il livello della traccia; e deve trattarsi di materiale preciso, resistente e di alta qualità. In una parola, di materiale costoso 32 32

33 Il software In un mixer software, invece, tutto si ottiene con quelli che in fondo sono disegni sullo schermo, non hanno una fisicità, non si logorano, ecc. Inoltre il numero delle “tracce” gestibili in un software per DAW è molto superiore a quello di un tipico mixer professionale, dai costi proibitivi Un altra peculiarità dei software audio è la possibilità di utilizzare i plugin, ovvero programmi collaterali che compiono solo specifiche azioni e contribuiscono alla riuscita complessiva del progetto: può trattarsi di effetti, sintetizzatori, campionatori, ecc., tutti disponibili nel proprio studio virtuale e a un costo frazionario rispetto ai corrispettivi hardware, quando non del tutto gratuiti 33 33

34 Il software La grande differenza tra plugin e macchine fisiche sta anche nel fatto che con i plugin è possibile utilizzare magari dieci compressori diversi per un brano solo, mentre nella realtà… Non sempre si ha i soldi per comprare anche un compressore solo… Da ricordare, però, che anche i plugin consumano potenza di elaborazione, specialmente se “aperti” a visualizzare i comandi. Per cui… “Uccidiamoli” se non servono 34 34

35 Grazie per l’attenzione
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