comunicazione disfunzionale e patologica

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Presentazione sul tema: "comunicazione disfunzionale e patologica"— Transcript della presentazione:

1 comunicazione disfunzionale e patologica

2 Informazione vs comunicazione
INFORMAZIONE: è una comunicazione che implica lo scambio di nuove conoscenze ed aggiunge un qualcosa di nuovo alla relazione in corso tra i comunicanti. L’informazione è una comunicazione che produce cambiamento (Bateson: l’informazione è una differenza che produce differenza). COMUNICAZIONE: atto di mettere qualcosa in comune tra due o più esseri viventi, cioè un essere vivente comunica con un altro se c’è qualcosa in comune tra i due o se qualcosa viene trasferito dal primo al secondo.

3 La SQUALIFICA La squalifica di un messaggio rappresenta una comunicazione, successiva o contemporanea ad un messaggio, la quale ne RIDUCE o ne ANNULLA il valore. Mediante la squalifica, si può togliere valore alla propria comunicazione, a quella di un altro, o anche ad un’intera situazione. ESEMPIO: “Parli pure con XY ma si ricordi che qui, comando io”! “Non è tanto bravo mio figlio, ci prova, glielo lascio fare”!

4 Modi per togliere valore alla comunicazione
Contraddirsi, Fraintendere, Cambiare prematuramente argomento, Sfiorare appena i temi, Dire fasi sconnesse o incoerenti, Usare stile allusivo, Usare metafore in modo improprio.

5 La SQUALIFICA La squalifica è un artificio comunicativo al quale si ricorre tipicamente in quei casi in cui si è obbligati a comunicare, ma si preferisce evitare l’impegno inerente ad una comunicazione chiara, definita ed esplicita (Watzlawick et al 1967). E’ piuttosto diffusa, evenienza abbastanza comune nella comunicazione umana e può anche avere valenze positive: essa è strettamente legata al gioco, alla fantasia e all’umorismo (Bateson, 1995a).

6 La squalifica La squalifica svolge anche un importante ruolo di “modulatore” nella comunicazione. Le comunicazioni ben definite sono utili, funzionali ma descrivono la realtà in modo semplicistico e approssimativo. La squalifica permette di modulare l’effetto “tutto o niente” del messaggio ben definito, lasciando intendere all’osservare in grado di intensità di un determinato stato emotivo, specie quelli negativi (disprezzo, collera, risentimento).

7 La squalifica Chi svaluta ripetutamente l’altro esprime svalutazione ma spesso lascia intendere il proprio profondo interesse verso la comunicazione o la persona squalificata. La squalifica può, quindi, nascondere un implicito riconoscimento di valore dell’altro, sotto le vesti di un attacco violento.

8 Come reagire alla squalifica
(Sluzki et al 1967) individua varie strategie di fronte al messaggio squalificante: criticare esplicitamente, richiedere spiegazioni, ritirarsi dall’interazione, scegliere fra i possibili significati del messaggio qualificante e rispondere solo a quello. Nella squalifica, la scelta tra i due messaggi contraddittori è SEMPRE possibile, perché contrariamente a quanto avviene per le comunicazioni paradossali essi non sono affatto indecidibili!

9 Punteggiatura delle sequenze
La punteggiatura delle sequenze presenta una notevole grado di soggettività e spesso è all’origine di conflitti di relazione. Quando due individui punteggiano ognuno a modo proprio una sequenza interattiva, si attribuiscono vicendevolmente colpe e responsabilità e si assiste ad un rigido mantenimento delle proprie interpretazioni da parte dei comunicanti. ESEMPIO: Coppia coniugale, in cui lei lamenta la chiusura e passività del marito, viceversa, quest’ultimo si giustifica il proprio chiudersi in se stesso per il fatto che la moglie brontola!

10 Punteggiatura delle sequenze
Le probabilità che si verifichino conflitti aumenta se si crea un circolo vizioso in cui fra i comunicanti vi sono delle discrepanze nella quantità di informazioni disponibili. ESEMPIO: A chiama B e, non avendolo trovato a casa, gli lascia un messaggio di richiamarlo al più presto. Se la persona incarica si dimentica, A può pensare che B sia egoista, e decida di fare a meno di lui, che ha poca sensibilità e di non chiamarlo più. B, dal canto suo, iniziando a non sentire più l’amico, che magari ultimamente aveva chiamato spesso, potrebbe sentirsi stufo di chiamare sempre lui e lamentarsi del suo silenzio.

11 COME RISOLVERE LA QUESTIONE FRA A E B?
esercitazione COME RISOLVERE LA QUESTIONE FRA A E B?

12 Per scongiurare un simile epilogo occorre METACOMUNICARE: i due amici dovrebbero prendere contatto al fine di cercare di chiarire quali intoppi si sono verificati nelle loro comunicazioni. Ma per comunicare occorre uscire fuori dal circolo vizioso che si è venuto a creare, ossia il superamento della logica rigidamente causale per giungere ad una comprensione, un’intuizione della natura circolare dell’interazione.

13 Per cambiare un gioco senza fine il primo passo è vedere le regole del gioco, ma questo per chi è “coinvolto” risulta molto difficile. La psicoterapia persegue questo obbiettivo mettendo in risalto tale dinamica relazionale ed uscendo dallo schema “chi a ragione” e “chi no”, pragmaticamente è fondamentale che le persone sentano e poi capiscano la trappola che si sono costruite: DALLA DISCUSSIONE SUI CONTENUTI SI PASSA ALL’ANALISI DEI PROCESSI.

14 A tal riguardo è necessario che ciascuno metta in dubbio le proprie premesse, ovvero ciò che ritiene “vero”, “giusto” ecc.. e che riconosca che entrambi sono responsabili del conflitto. Ritornando all’esempio basta che uno dei due che si sia reso conto “del gioco che stanno giocando” faccia un passo indietro rispetto alla propria posizione: se il marito cessa di chiudersi la moglie di conseguenza brontolerà meno, se la moglie cessa di brontolare il marito cesserà di chiudersi. In ultima analisi sembrerebbe che il più debole sia il più forte in quanto, capendo la dinamica relazionale, abbandona la sua visione della realtà salvando la relazione.

15 Simmetria e complementarietà
Nelle interazioni umane, la simmetria o la complementarietà non sono di per sé funzionali o disfunzionali: ogni scambio comunicativo contiene un quantum di simmetria o di complementarietà: tutto ciò non è un problema.

16 SIMMETRIA sana Nell’interazione simmetrica, entrambi gli interlocutori tendono a porsi ad uno stesso livello (uguaglianza della relazione). Così mentre uno dei soggetti cerca di definire la natura della relazione, l’altro risponde alla definizione che viene data confermandola, rifiutandola o cercando di modificarla. Abbiamo così una relazione simmetrica sana, e quindi stabile, quando entrambi gli interlocutori riescono a posizionarsi sullo stesso livello, considerandosi uguali e confermandosi reciprocamente. E’ il caso del rapporto fra pari, dove io “definisco te come amico” e “tu definisci me come amico”, risultando in perfetta simmetria (principio di uguaglianza).

17 Simmetria patologica Abbiamo invece una interazione simmetrica patologica, quando uno dei due attori rifiuta o squalifica il “livello di uguaglianza” dell’altro, cercando di porsi “al di sopra” (verso una posizione one-up) rispetto all’altro (“io sono migliore di te”, “tu sei diverso da me”). Di fronte a questa presa di posizione il secondo interlocutore, dal lato suo, cercherà di ripristinare la posizione di uguaglianza, rifiutando o squalificando il ruolo imposto dal primo (“tu non sei migliore di me”, “io non sono diverso da te”).

18 Simmetria patologica Se entrambi rimangono rigidi sulle proprie posizioni, si genera un circolo vizioso che prelude ad un’escalation simmetrica che sarà caratterizzata da forti conflitti che rischiano di protrarsi nel tempo, fino alla reciproca esclusione, in cui si fa finta di ignorarsi “come due perfetti sconosciuti”, o peggio alla rottura definitiva. ESEMPIO: Coppia che litiga, uno chiede l’affido esclusivo, denunce e poi accusa di abuso… ESEMPIO: Film la “Guerra dei Roses” in cui c’è la rottura drammatica della relazione.

19 Complementarietà Nella relazione di tipo complementare, al contrario, il comportamento di uno tende a differenziarsi, ponendosi in posizione opposta e complementare rispetto a all’altro. Un esempio è il rapporto madre-figlio, dove una definisce se stessa madre e l’altro figlio, o ancora dalla relazione medico-paziente. Avremo quindi uno che sta “al di sopra” (posizione one-up), ovvero che dirige e consiglia, e un altro che sta “al di sotto” (posizione one-down), obbedendo o accettando la definizione della relazione che l’altro ha deciso per entrambi.

20 Complementarietà sana
Potrebbe invece nascere lo scontro nel caso in cui si cercherà di puntare all’uguaglianza. Pensate ad esempio ad un figlio adolescente che si ribella alle regole di un genitore, non riconoscendogli l’autorità. Anche in questo caso, come nell’interazione simmetrica, possiamo parlare di relazione complementare sana quando vi è un’accettazione spontanea e non imposta da parte di entrambi del tipo di relazione definita. (Es. il figlio che accetta il ruolo dei genitori, il paziente che si fida del proprio medico, etc.)

21 Complementarietà sana
Nella complementarietà sana vi può essere una distribuzione concordata delle aree di predominio e/o di competenza. Nella coppia sana, uno dei due gestisce con il consenso dell’altro una o più aree comprese in quella specifica relazione e a sua volta, consente all’altro di fare altrettanto in altre aree: reciproca conferma della propria definizione di sé proposta dall’altro (Watzlawick et al. 1967). ESEMPIO: Ruoli per competenze, per tempo a disposizione, per attitudine…

22 Complementarietà patologica
Mentre si ha una relazione complementare patologica se la posizione di chi sta “al di sopra” si irrigidisce, rischiando di creare un un’unione morbosa fino a soffocare la personalità dell’altro. Se nella relazione non vi verificano delle modificazioni che risulterebbero opportuni in base all’evolversi del ciclo vitale e al mutare delle condizioni di vita (con magari un predominio assoluto di un componente sull’altro) si avrà una complementarietà RIGIDA.

23 Esempi di complementarietà
RAPPORTO GENITORE FIGLIO C. SANA: rapporto genitore - figlio che però, con il tempo può divenire anacronistica e problematica. Il figlio, infatti, nel tempo acquisisce con gradualità specifiche competenze che gli consentono di esprimere un grado più o meno significativo di autonomia. C: RIGIDA: rapporto genitore-figlio, l’evoluzione tende ad essere ritardata o impedita, con l’insorgenza di un sintomo o di gravi problematiche di relazione.

24 Esempi di complementarietà
RELAZIONE DI COPPIA C. SANA: lui è un grande artista che prende con sé una giovane totalmente sprovveduta e le insegna gradualmente la sua arte: per mantenere la complementarietà lui deve dimostrare abile e competente nell’insegnarle, ma se ciò accade, la allieva diverrà sempre più brava riducendo nel tempo la differenza e quindi il gap di complementarietà. Che accade se la allieva raggiunge o supera il maestro? ESEMPIO: coppia che nasce quando sono molto giovani, nel tempo i ruoli..

25 Difetti di codificazione e decodificazione
Per avere una comunicazione efficace, un messaggio deve venire codificato e decodificato correttamente. Per la codifica: l’emittente deve cercare di utilizzare un codice che sia fruibile per il ricevente, pena l’impossibilità per il ricevente di comprendere il significato che l’emittente intende mettere in comune con lui. ESEMPIO: usare il linguaggio verbale in una lingua sconosciuta.

26 Difetti di codificazione e decodificazione
La fase della decodificazione dei messaggi è delicata e ogni osservatore gioca un ruolo attivo nella costruzione della realtà osservata, in quanto nell’atto dell’osservare è implicata un’attività di selezione, delimitazione e organizzazione dei dati (Von Foster 1981). ESEMPIO: coppia con problemi nell’intimità sessuale. Se entrambi privi di esperienza potrebbero aver sviluppato un clima di reciproca incomprensione reciproca e di paura per il fatto che il marito si comportava in modo rude (perché per lui le donne capiscono subito se un uomo è imbranato), mentre la moglie tendeva ad interpretare (decodificare) il comportamento rude del marito con la convinzione che gli uomini sono forti, violenti e prepotenti.

27 In base alle reciproche aspettative, si tende dunque a decodificare erroneamente il comportamento altrui (timore che al donna lo scherniva, il ruolo maschile come prepotente e violento)!!!!! ESEMPIO: Differenze culturali, famiglie miste, etc…

28 LA STORIA DI CAPPUCCETTO ROSSO RACCONTATA DAL LUPO
La foresta era la mia casa. Ci vivevo e ne avevo cura cercavo di tenerla linda e pulita. Quando un giorno di sole, mentre stavo ripulendo della spazzatura che un camper aveva lasciato dietro di sé, udii dei passi. Con un salto mi nascosi dietro un albero e vidi una ragazzina piuttosto insignificante che scendeva lungo il sentiero portando un cestino. Sospettai subito di lei perché vestiva in modo buffo, tutta in rosso, con la testa nascosta da un cappuccio. Naturalmente mi fermai per controllare chi fosse. Le chiesi chi era, dove stava andando e cose del genere. Mi raccontò che stava andando a casa di sua nonna a portarle il pranzo.

29 LA STORIA DI CAPPUCCETTO ROSSO RACCONTATA DAL LUPO
Mi sembrò una persona fondamentalmente onesta, ma si trovava nella mia foresta e certamente appariva sospetta con quello strano cappellino. Così mi decisi di insegnarle semplicemente quanto era pericoloso attraversare la foresta senza farsi annunciare e vestita in modo così buffo. La lasciai andare per la sua strada, ma corsi avanti alla casa di sua nonna. Quando vidi quella simpatica vecchietta, le spiegai il mio problema e lei acconsentì che sua nipote aveva immediatamente bisogno di una lezione.

30 LA STORIA DI CAPPUCCETTO ROSSO RACCONTATA DAL LUPO
Fu d'accordo di stare fuori dalla casa fino a che non l'avessi chiamata, di fatto si nascose sotto il letto. Quando arrivò la ragazza, la invitai nella camera da letto mentre io mi ero coricato vestito come sua nonna. La ragazza, tutta bianca e rossa, entrò e disse qualcosa di poco simpatico sulle mie grosse orecchie. Ero già stato insultato prima di allora, così feci del mio meglio suggerendole che le mie grosse orecchie mi avrebbero permesso di udire meglio.

31 LA STORIA DI CAPPUCCETTO ROSSO RACCONTATA DAL LUPO
Ora, quello che volevo dire era che mi piaceva e volevo prestare molta attenzione a ciò che stava dicendo, ma lei fece un altro commento sui miei occhi sporgenti. Adesso puoi immaginare quello che cominciai a provare per questa ragazza che mostrava un aspetto così carino ma che era evidentemente una bella antipatica. E ancora, visto che per me è ormai un atteggiamento acquisito porgere l'altra guancia, le dissi che i miei grossi occhi mi servivano per vederla meglio. L'insulto successivo mi ferì veramente. Ho infatti questo problema dei denti grossi. E quella ragazzina fece un commento insultante riferito a loro. Lo so che avrei dovuto controllarmi, ma saltai giù dal letto e ringhiai che i miei denti mi sarebbero serviti per mangiarla meglio.

32 Adesso, diciamoci la verità, nessun lupo mangerebbe mai una ragazzina, tutti lo sanno, ma quella pazza di una ragazza cominciò a correre per la casa urlando, con me che la inseguivo per cercare di calmarla. Mi ero tolto i vestiti della nonna, ma è stato peggio. Improvvisamente la porta si aprì di schianto ed ecco un grosso guardiacaccia con un'ascia. Lo guardai e fu chiaro che ero nei pasticci. C'era una finestra aperta dietro di me e scappai fuori. Mi piacerebbe dire che fu la fine di tutta la faccenda, ma quella nonna non raccontò mai la mia versione della storia. Dopo poco incominciò a circolare la voce che io ero un tipo cattivo e antipatico e tutti incominciarono ad evitarmi. Non so più niente di quella buffa bambina con il cappuccio rosso, ma dopo quel fatto non ho più vissuto felice.

33 Definizione della relazione
Due sconosciuti si ritrovano casualmente seduti accanto, come spesso accade, in treno. Il primo, A, ha voglia di parlare e inizia con il solito discorso sul tempo. Il secondo, B, intende sottrarsi alla comunicazione. Ma che può fare B? (ESERCITAZIONE: Ognuno pensi a ciò che farebbe… e alle conseguenze)

34 Restare ingabbiato e accettare il dialogo, anche se non ne ha alcuna voglia o rifiutarsi di rispondere e far capire le proprie intenzioni? C’è anche una terza via. Tutte, ad ogni buon conto, portano verso una comunicazione deviata, vista la mancanza di disponibilità di uno dei due attori del processo a stare nel dialogo.

35 Le 1A strategie La prima è quella di rifiutare completamente di rivolgere la parola a Paolo (ma risulterebbe ineducato, offensivo). Quindi, non è un atteggiamento che usualmente viene utilizzato nelle interazioni anche tra persone che non si conoscono, benché non sia raro che naturalmente ciò accada.

36 Le 2A strategie La seconda è di accettare parzialmente la comunicazione, ovvero limitandosi a comunicare il minor numero di informazioni, quelle essenziali. In tempo di guerra, e come riporta Watzlawick nella Pragmatica della Comunicazione Umana, si diceva: “Se venite presi prigionieri, date solo nome, grado e numero di matricola”.

37 Le 3a strategie Il terzo modo in cui potrebbe reagire Marco è di squalificare la comunicazione. Potrebbe, ad esempio, giocare con le parole per sottrarsi al tentativo di Paolo di trascinarlo in un discorso serio. Come interpretare delle metafore in maniera letterale, volutamente fraintendere, minimizzare o esaltare senza motivo i punti di vista dell’altro.

38 Nelle interazioni con gli altri, infatti, secondo la Scuola di Palo Alto, si comunica sempre inviando dei messaggi che possono essere soltanto di tre tipi: di conferma, di rifiuto  di disconferma.

39 conferma I segnali di conferma si traducono in “ti riconosco e mi vai bene” e sono fondamentali in una comunicazione sana. Attraverso la conferma della ricezione di quel messaggio, attraverso quella che potremmo definire l’accettazione, di fatto, ognuno ottiene: il riconoscimento di sé, la consapevolezza di sé e del proprio valore intrinseco in quanto persona.

40 CONFERMA Attraverso la comunicazione, infatti, riceviamo costantemente la convalida del riconoscimento nostro rispetto agli altri. Quindi, c’è un riconoscimento implicito che migliora la consapevolezza di noi stessi. Tanto è vero che, quando ci si trova nella condizione di non comunicare, viene inibito il rinforzo di questa consapevolezza che è, di fatto, il motivo fondamentale per cui l’uomo sente il bisogno di comunicare con altri individui. Ne troviamo degli esempi nella letteratura cinematografica: se dei detenuti vengono isolati per sei mesi, già dopo un po’ di mesi la mente inizia ad annebbiarsi. La comunicazione è naturalmente funzionale allo sviluppo armonico della personalità e della mente degli individui.

41 Il rifiuto Se, nel corso di una comunicazione, inviamo o riceviamo un messaggio del tipo “ti ho ascoltato, ti riconosco ma non sono d’accordo con quello che dici”, siamo davanti ad un rifiuto. Il rifiuto non viene percepito come parte di una comunicazione patologica, perché è fisiologico e ammette, in ogni caso, il riconoscimento dell’altro. Tale implicito riconoscimento è una parziale conferma e non viene vissuto da chi lo riceve come una “perdita del sé”.

42 IL RIFIUTO E’ un segnale di disaccordo con un contenuto che non pregiudica la relazione. La formula a cui risponde questo tipo di messaggio permette di preservare la dignità personale, diversamente da quanto accade con il messaggio di disconferma. Cioè: “tu mi vai bene ma non sono d’accordo con le tue idee”.

43 La disconferma Con la disconferma siamo nel terzo tipo di messaggio di ritorno. Può essere sintetizzato nella formula “Tu per me non esisti”. Il messaggio di disconferma (o di squalifica) è tipico di una modalità di interazione nella quale il messaggio in entrata viene completamente ignorato dal ricevente. Non solo. Il messaggio può essere ignorato ma può essere anche frainteso, volutamente oppure inconsapevolmente. La disconferma è tipica della comunicazione patologica in cui, dovendo ogni volta rinegoziare “chi sono io per te”, non c’è spazio per portare contenuti che fanno maturare le relazioni.

44 La disconferma Nel caso in cui il messaggio viene consapevolmente ignorato, la persona riceve una informazione negativa di ritorno che le fa vivere un senso di perdita del sé. Non è, dunque, il “che cosa si dice” che non viene accolto ma È LA PERSONA IN SÉ CHE NON VIENE ACCETTATA. Ecco perché, se il messaggio di rifiuto della comunicazione va sul contenuto della comunicazione stessa, il messaggio di disconferma agisce piuttosto sulla relazione. E’ come se venisse disconfermata, se venisse squalificata l’intera individualità della persona che invia il messaggio.

45 La disconferma Corrisponde alla negazione dell’esistenza stessa dell’emittente da parte del ricevente: il ricevente si comporta in una maniera così criptica e sfuggente da non fornire né una conferma, né un palese rifiuto della definizione della relazione proposta dall’emittente. All’individuo che ha dato la propria definizione di sé al livello di relazione, viene negata e la realtà di emittente di tale definizione.

46 esercitazione Due giovani fidanzati appartengono a due famiglie in accesa lite da tempo… i familiari di uno dei de va su tutte le furie... Ma anzichè attaccare direttamente il figlio/la figlia... Cosa potevano fare (quale disconferma)????? Iniziano ad ignoralo completamente: la madre non gli preparava più la colazione, nessuno gli rivolgeva la parola, nè quando entrava/usciva, ai pasti... Quel figlio/figlia comincia a sentirsi “diviso/a in due”.

47 La disconferma La disconferma pura (“tu non esisti”) è piuttosto rara. Le forme più frequenti vanno a comprendere, pur non negando l’esistenza fisica dell’emittente, trascura completamente come egli agisce, quale emozioni prova, quali capacità fisiche o psichiche, possiede, che senso dia alla situazione.

48 Disconferma con mistificazione
Mistificazione è una manovra manipolatoria frequente nella famiglie degli schizofrenici, attraverso cui i sentimenti dei un figlio, vengono completamente negati dai genitori, fino al punto che egli inizia a non avere più fiducia nelle proprie stesse percezioni. (Laing, 1965)

49 Quando funziona la comunicazione?
Ogni volta che interagiamo con gli altri, entriamo via via più in profondità nella comunicazione, portando nuovi contenuti se è definito e chiaro il piano delle relazioni. E questo vale sia sul livello verbale che nel non verbale. Se io ti accetto, ti invierò un segnale di conferma. Se tu ricevi, accetti e invii un messaggio dello stesso tenore, la nostra comunicazione funzionerà all’infinito.

50 Quando funziona la comunicazione?
Ma posso anche anche non accettare quello che dici pur accettando te in quanto persona. Posso, dunque, inviarti un messaggio di rifiuto. La comunicazione ha due possibilità, a questo punto: fermarsi qui e riprendere in un altro momento su qualunque altro discorso. Oppure, può proseguire tranquillamente risolvendo quel rifiuto, tenendolo in conto o bypassandolo. In fondo, nelle quotidiane discussioni in famiglia o con gli amici, capita spesso di essere in disaccordo. Ma non per questo interrompiamo o modifichiamo le nostre relazioni o cambiamo partner ad ogni rifiuto.

51 Quando funziona la comunicazione?
La disconferma, viceversa, è l’esatto contrario della prima perché implica la mancanza di accettazione dell’altro. Per questo, se viene inviato o ricevuto un messaggio di questo tipo, si interrompe ogni flusso di comunicazione sana ed equilibrata. Al suo posto, compare una comunicazione deviata e patologica. Poiché, infatti, insiste sulla dignità della persona, ovvero sul livello delle relazioni, è come se la disconferma facesse saltare in aria le fondamenta del rapporto su cui si intenderebbe costruire un castello di contenuti.

52 Il paradosso Il paradosso ha una caratteristica peculiare: si tratta di un’affermazione che pone l’interlocutore in una posizione di INDECIDIBILITÀ, in quanto il paradosso per sua natura è irrisolvibile. Un esempio famoso è il paradosso del mentitore attribuito ad Epimenide (filosofo greco del VI secolo a.C.) riassumibile sotto la forma "Io sto mentendo" oppure "questo enunciato è falso". Tale affermazione non è dimostrabile, non posso cioè stabilirne né la verità né la falsità: chi parla sta dicendo il vero solamente se sta mentendo e sta mentendo soltanto se dice la verità.

53 Il paradosso In una relazione interpersonale è presente , seppure in genere in misura limitata o minima, un certo grado di ambiguità, al punto tale che non si può considerare impossibile bandire totalmente l’ambiguità dalla nostra vita di relazione e delle nostre comunicazioni. Se non eccessiva e pervasiva, l’ambiguità non rappresenta di per sé un problema, viceversa, permette una maggiore ricchezza espressiva e gioca un ruolo importante in attività creataive, come la fantasia, l’espressione artistica, l’umorismo.

54 Il doppio legame La teoria del doppio legame fu coniata e sviluppata dall’antropologo Gregory Bateson e dal suo gruppo di ricerca a Palo Alto, in California (1956). Rientra nella prospettiva sistemica e si riferisce a quelle situazioni comunicative in cui si ricevono messaggi contraddittori. Questa teoria è stata formulata per spiegare l’origine psicologica della schizofrenia, escludendo le disfunzioni cerebrali e le ipotesi organiche. La schizofrenia rimane infatti una delle malattie mentali più sconcertanti. 

55 Il doppio legame Secondo Bateson, un doppio legame è un DILEMMA COMUNICATIVO a causa della contraddizione tra due o più messaggi. In questo modo, alla fine, non importa cosa viene fatto perché ogni scelta è un errore. Una situazione comunicativa che causa sofferenza e può portare a un disturbo psicologico. La famosa affermazione “essere spontanei”: un doppio messaggio di realizzazione impossibile: se la persona non è spontanea, non rispetta il mandato, ma se lo fa, in qualche modo non lo soddisfa, perché non è spontaneo in quanto tale, poiché l’obbedienza non implica spontaneità.

56 Il doppio legame: gli effetti
L’effetto del doppio legame suggerisce che ci sarà un collasso nella capacità dell’individuo di discriminare tra tipi logici o modalità comunicative ogni volta che si presenta una situazione di doppio legame.

57 Il doppio legame: gli effetti
Il paradosso ha caratteristiche generali: L’individuo è coinvolto in una relazione intensa. Sente che nella relazione è molto importante discriminare correttamente il messaggio che gli viene comunicato. L’individuo è intrappolato in una situazione in cui le altre persone che intervengono esprimono due ordini di messaggi che si negano a vicenda. La persona non è in grado di commentare i messaggi espressi per correggere la discriminazione dell’ordine dei messaggi a cui deve rispondere. In altre parole, non può formulare un’enunciazione metacomunicativa.

58 Esempi di doppio legame
ESEMPIO chiarificatore: Una madre comunica a parole il proprio amore per il figlio mentre a livello analogico (non-verbale) trasmette alcuni segnali di rifiuto, ansia, paura. A quel punto il bambino potrebbe riconoscere il messaggio di rifiuto, ma tale interpretazione lo porterebbe a pensare qualcosa di profondamente doloroso: "mia madre è cattiva", "mia madre non mi vuole bene". Poiché il bambino dipende per la propria sopravvivenza dal sostegno fisico e psichico dei propri genitori non può far altro che accettare ciò che la madre asserisce e ritenere di essere lui il "cattivo" per aver avvertito questa incongruenza e per aver dubitato dell'amore della propria madre.

59 Ma anche se avesse preso per buone le manifestazioni d’affetto della madre, il figlio avrebbe comunque "perso", poiché ella si sarebbe tirata indietro. E se in seguito il figlio si fosse ritratto a sua volta — per rispettare la risposta della madre — avrebbe ricevuto una punizione del tipo "Ma come, non mi vuoi più bene?". Se invece avesse cercato di commentare la situazione sarebbe stato squalificato con risposte del tipo "non è assolutamente vero..." oppure "come puoi pensare cose così brutte sulla tua mamma".

60 Esempi di doppio legame
"Un giovane che si era rimesso abbastanza bene da un episodio acuto di schizofrenia ricevette in ospedale la visita della madre. Era contento di vederla e istintivamente le passò il braccio intorno alle spalle, al che la madre si irrigidì. Egli ritirò il braccio e la madre allora gli chiese: "Non mi vuoi più bene?". Il ragazzo arrossì, ed ella disse: "Caro, non devi imbarazzarti così facilmente e aver paura dei tuoi sentimenti." Il paziente riuscì a stare con lei solo pochi minuti ancora e, dopo che se ne fu andata aggredì un infermiere e fu quindi sottoposto a una doccia fredda." (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, John Weakland, Verso una teoria della schizofrenia, 1967, in Carlos E. Sluzki, Donald C. Ransom, Il doppio legame, Astrolabio, Roma 1979,p. 34)

61 Esempi di doppio legame
Supponiamo che una donna chieda al marito  “Questa minestra l’ho fatta in maniera nuova. Ti piace?” .  Se gli piace può rispondere senz’altro “Sì”, e lei ne sarà contenta.  Se invece non gli piace e non teme di deludere la moglie, può dire “No”. Problematica è però la situazione, statisticamente più frequente, in cui la minestra è disgustosa, ma egli non vuole offendere la moglie. A livello oggettivo (quello che si riferisce cioè all’oggetto minestra) il marito dovrebbe dire “No”; a livello relazionale dovrebbe dire “Sì”, per non ferirla. Cosa dirà dunque?». [Da Istruzioni per rendersi infelici, di P. Watzlawick, 1997]


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