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NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE A CONFRONTO
TERRE E ROCCE DA SCAVO NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE A CONFRONTO Avv. Domenico Giuri AVVOCATI ASSOCIATI D’IMPRESA
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D.P.R. 915/1982 Art. 2 – (Classificazione rifiuti)
Per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività umane o da cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandono. Ai sensi del presente decreto i rifiuti sono classificati in: urbani, speciali, tossici e nocivi. Sono rifiuti urbani: i rifiuti non ingombranti provenienti dai fabbricati o da altri insediamenti civili in genere; 2) i rifiuti ingombranti, quali beni di consumo durevoli, di arredamento, di impiego domestico, di uso comune, provenienti da fabbricati o da altri insediamenti civili in genere; 3) i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private, comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime, lacuali e sulle rive dei fiumi.
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D.P.R. 915/1982 Art. 2 – (Classificazione rifiuti)
segue Sono rifiuti speciali: i residui derivanti da lavorazioni industriali; quelli derivanti da attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi che, per quantità o qualità, non siano dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani; 2) [omissis]; 3) i materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi; i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; [omissis] Le disposizioni del presente decreto non si applicano: b) ai rifiuti risultanti dalla prospezione, estrazione, trattamento ed ammasso di risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave; Sono tossici e nocivi tutti i rifiuti che contengono o sono contaminati dalle sostanze elencate nell'allegato al presente decreto, inclusi i policlorodifenili e policlorotrifenili e loro miscele, in quantità e/o in concentrazione tali da presentare un pericolo per la salute e l'ambiente. [omissis]
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Deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti 4. Stoccaggio definitivo dei rifiuti [omissis] Discariche di tipo A. Sono impianti di stoccaggio definitivo nei quali possono essere smaltiti soltanto rifiuti inerti di seguito elencati: - sfridi di materiali da costruzione e materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi; - materiali ceramici cotti; - vetri di tutti i tipi; - rocce e materiali litoidi da costruzione.
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L. 475/88 Art. 2 – (materie prime secondarie)
Sono materie prime secondarie i residui derivanti da processi produttivi e che sono suscettibili, eventualmente previi idonei trattamenti, di essere utilizzati come materie prime in altri processi produttivi della stessa o di altra natura. Non costituiscono materie prime secondarie, ai sensi del comma 1, le sostanze suscettibili di essere impiegate nell’ambito di processi di combustione destinati a produrre energia. Le materie prime secondarie sono individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente, di concerto con il Ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato. [omissis]
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D.M. 5 settembre 1994 Allegato I (Elenco nazionale dei materiali quotati presso le camere di commercio dei capoluoghi di regione che continuano ad essere esclusi dal campo di applicazione del decreto legge 8 luglio 1994 n. 438) [omissis] Inerti Roccia da scavo Roccia di varia pezzatura proveniente dall’esecuzione di scavi per l’edilizia (scavi per fondazioni fabbricati, trincee per posa cavi, tubazioni, scavi per galleria) Quotati a Milano. Materiale inerte proveniente da scavo Materiale inerte vario costituito da terra con presenza di ciottoli, sabbia, ghiaia, tout venant proveniente dall’esecuzione di scavi per l’edilizia (scavi per fondazioni fabbricati, trincee per posa cavi, tubazioni, scavi per galleria) Quotati a Milano. Materiale inerte di natura lapidea proveniente da demolizione e costruzione privo di amianto Sfridi e rottami di laterizio, laterizi, intonaci e calcestruzzo armato e non, purchè proveniente da idonei impianti di trattamento (legge regionale n. 51/90, articoli 9 e 10). Caratteristiche riportate nella voce descrittiva). Quotato a Milano.
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D.M. 5 settembre 1994 Allegato III (Norme tecniche generali per il riutilizzo di residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo) [omissis] 8. Residui inerti e assimilabili 8.2 Tipologia: conglomerato bituminoso 8.2.1 Provenienza: attività di scarifica del manto stradale mediante fresatura a freddo 8.2.2 Caratteristiche del residuo: residuo solido costituito da bitume ed inerti. Si applicano le prescrizioni di cui all’allegato 6 del D.M. 12/7/90. Tipo di attività e prescrizioni: produzione conglomerato bituminoso “vergine” a caldo (effluenti aeriformi nel rispetto del D.P.R. n. 203/88 e D.M. 12/07/90), uso per sottofondi stradali 8.2.4 Caratteristiche del prodotto ottenuto: conglomerato bituminoso
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D.M. 5 settembre 1994 Allegato III (Norme tecniche generali per il riutilizzo di residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo) segue 8.3 Tipologia: fanghi di perforazione 8.3.1 Provenienza: attività di trivellazione pali di fondazione su terreno vergine; ricerca e coltivazione idrocarburi; ricerca e coltivazione geotermica 8.3.2 Caratteristiche del residuo: fango a base di acqua/bentonite, di acqua/bentonite/barite, di olio/organo-smectiti/barite con eventuale presenza di terriccio. 8.3.3 Tipo di attività e prescrizioni: produzione dei laterizi, previa eventuale disidratazione (il test di cessione deve rientrare nei limiti della tab A della legge n. 391/76; gli effluenti aeriformi nel rispetto del D.P.R. n. 203/88 e D.M. 12/7/90) copertura rifiuti in discarica (il test di cessione deve rientrare nei limiti della tab A della legge n. 391/76; rilascio olio < 5mg)
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D.M. 5 settembre 1994 Allegato III (Norme tecniche generali per il riutilizzo di residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo) segue Caratteristiche del prodotto ottenuto: laterizi nelle forme usualmente commercializzate residuo tal quale come descritto al punto [omissis] 8.15 Tipologia: residui di lavorazione di rocce da cava, escluso rottame e cocciame di travertino Provenienza: attività estrattiva Caratteristiche del residuo: materiale inerte in pezzatura e forma varia, comprese le polveri. Si applicano le prescrizioni di cui all’allegato 6 del D.M. 12/7/90. Tipo di attività e prescrizioni: cementifici; ripristino ambientale, realizzazione di rilevati e sottofondi stradali, conglomerati cementiti. Caratteristiche del prodotto ottenuto: cemento nelle forme usualmente commercializzate; residuo tal quale come descritto al punto ; conglomerati cementizi
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 4 - (Recupero dei rifiuti)
1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso: [omissis] b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti.
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 6 - (Definizioni)
1. Ai fini del presente decreto si intende per: rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione dei rifiuti; detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene; gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura; [omissis] g) smaltimento: le operazioni previste nell'allegato B; h) recupero: le operazioni previste nell'allegato C.
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 7 - (Classificazione)
Ai fini dell'attuazione del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g); c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; [omissis]
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 7 - (Classificazione)
segue 3. Sono rifiuti speciali: i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo; i rifiuti da lavorazioni industriali; i rifiuti da lavorazioni artigianali; i rifiuti da attività commerciali; [omissis]. 4. Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell'elenco di cui all'allegato D.
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 8 - (Esclusioni)
Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli effluenti gassosi emessi nell'atmosfera, nonché, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge: [omissis] b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell'attività agricola; 2. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente decreto: a) i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normale pratiche agricole o di conduzione dei fondi rustici comprese le terre da coltivazione provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli; c) i materiali non pericolosi che derivano dall'attività di scavo.
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D. Lgs. n. 389/97 Art. 1 – (Gestione dei rifiuti)
[…] omissis 9. All'art. 8 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono soppressi i commi 2, 3 e 4.
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 31 – (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate) […] omissis Con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti, di concerto con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'allegato C sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 32 e 33. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 sono individuate entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dal D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28.
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 32 - (Autosmaltimento)
A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare: a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire; b) il ciclo di provenienza dei rifiuti; c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti; d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento; e) la qualità delle emissioni nell'ambiente. […] omissis
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 33 - (Operazioni di recupero)
A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare: a) per i rifiuti non pericolosi: 1. le quantità massime impiegabili; 2. la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo; 3. le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 33 - (Operazioni di recupero)
segue b) per i rifiuti pericolosi: le quantità massime impiegabili; provenienza, i tipi e caratteristiche dei rifiuti; le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito; altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero; le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente. […] omissis
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D. Lgs. n. 22/97 Art. 33 - (Operazioni di recupero)
segue 6. Sino all'adozione delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 e comunque non oltre quarantacinque giorni dal termine del periodo di sospensione previsto dall'articolo 9 della direttiva 83/189/CEE e dall'articolo 3 della direttiva 91/689/CEE, le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano a chiunque effettui operazioni di recupero dei rifiuti elencati rispettivamente nell'allegato 3 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, e nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24, nel rispetto delle prescrizioni ivi contenute; a tal fine si considerano valide ed efficaci le comunicazione già effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le comunicazioni effettuate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto sono valide ed efficaci solo se a tale data la costruzione dell'impianto, ove richiesto dal tipo di attività di recupero, era stata già ultimata. […] omissis
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D.M. 5 febbraio 1998 Art. 1 - (Princìpi generali)
Le attività, i procedimenti e i metodi di recupero di ciascuna delle tipologie di rifiuti individuati dal presente decreto non devono costituire un pericolo per la salute dell’uomo e recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare non devono: creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora; causare inconvenienti da rumori e odori; danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse. 2. Negli allegati 1, 2 e 3 sono definite le norme tecniche generali che, ai fini del comma 1, individuano i tipi di rifiuti non pericolosi e fissano, per ciascun tipo di rifiuto e per ogni attività e metodo di recupero degli stessi, le condizioni specifiche in base alle quali l'esercizio di tali attività è sottoposto alle procedure semplificate di cui all'art. 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni. […] omissis 4. Le procedure semplificate disciplinate dal presente decreto si applicano esclusivamente alle operazioni di recupero specificate ed ai rifiuti individuati dai rispettivi codici e descritti negli allegati.
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D.M. 5 febbraio 1998 Art. 3 – (Recupero di materia)
Le attività, i procedimenti e i metodi di riciclaggio e di recupero di materia individuati nell'allegato 1 devono garantire l'ottenimento di prodotti o di materie prime o di materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate. In particolare, i prodotti le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dal riciclaggio e dal recupero dei rifiuti individuati dal presente decreto non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini. […] omissis 3. Restano sottoposti al regime dei rifiuti i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dalle attività di recupero che non vengono destinati in modo effettivo ed oggettivo all'utilizzo nei cicli di consumo o di produzione.
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D.M. 5 febbraio 1998 Art. 5 – (Recupero ambientale)
Le attività di recupero ambientale individuate nell'allegato 1 consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici. L'utilizzo dei rifiuti nelle attività di recupero di cui al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate previste dall'art. 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, a condizione che: i rifiuti non siano pericolosi; sia previsto e disciplinato da apposito progetto approvato dall'autorità competente; sia effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche previste dal presente decreto per la singola tipologia di rifiuto impiegato, nonché nel rispetto del progetto di cui alla lettera b); sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e geomorfologiche dell'area da recuperare.
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D.M. 5 febbraio 1998 Art. 9 – (Test di cessione)
I test di cessione, qualora previsti nell'allegato 1, devono essere eseguiti su un campione ottenuto nella stessa forma fisica prevista nelle condizioni finali d'uso. I test di cessione previsti in allegato 1 devono essere eseguiti secondo le procedure previste in allegato 3 al presente decreto. I test di cessione devono essere effettuati almeno ogni inizio di attività e, successivamente, ogni due anni e comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di recupero dei rifiuti.
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D.M. 5 febbraio 1998 Allegato 1 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi […] omissis 7. Rifiuti ceramici e inerti 7.1 Tipologia : Rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purchè privi di amianto [101303] [170101] [170102] [170103] [170104] [170701] [200301]. 7.1.1 Provenienza : attività di demolizione, frantumazione e costruzione; selezione da RSU e/o RAU; manutenzione reti; attività di produzione di lastre e manufatti in fibrocemento. 7.1.2 Caratteristiche del rifiuto : materiale inerte, laterizio e ceramica cotta anche con presenza di frazioni metalliche, legno, plastica, carta e isolanti escluso amianto.
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D.M. 5 febbraio 1998 Allegato 1 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi segue 7.1.3 Attività di recupero : messa in riserva di rifiuti inerti [R13] per la produzione di materie prime secondarie per l'edilizia mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della frazione metallica e delle frazioni indesiderate per l'ottenimento di frazioni inerti di natura lapidea a granulometria idonea e selezionata, con eluato del test di cessione conforme quanto previsto in allegato 3 al presente decreto e con caratteristiche di cui alle norme CNR-UNI [R5]. 7.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti : materie prime secondarie per l'edilizia conformi alle specifiche della CCIAA di Milano. […] omissis 7.31 Tipologia: Terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sucida; terre e rocce di scavo [020199] [020401] [170501].
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D.M. 5 febbraio 1998 Allegato 1 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi segue Provenienza: industria agroalimentare in genere e industria laniera; attività di scavo. Caratteristiche del rifiuto : rifiuto costituito da terriccio con eventuali parti vegetali e sostanze organiche; parti di fibra di lana; materiale inerte vario costituito da terra con presenza di ciottoli, sabbia, ghiaia. Attività di recupero : industria della ceramica e dei laterizi [R5]; utilizzo per recuperi ambientali di ex cave, discariche esaurite e bonifica di aree inquinate (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto ad esclusione del parametro COD) [R10]. Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: prodotti ceramici e/o laterizi nelle forme usualmente commercializzate.
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D.M. 5 febbraio 1998 Art. 5 – (Recupero ambientale) modificato dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Le attività di recupero ambientale individuate nell'allegato 1 consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici. L'utilizzo dei rifiuti nelle attività di recupero di cui al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate previste dall'art. 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, a condizione che: a) i rifiuti non siano pericolosi; b) sia previsto e disciplinato da apposito progetto approvato dall'autorità competente; c) sia effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche previste dal presente decreto per la singola tipologia di rifiuto impiegato, nonchè nel rispetto del progetto di cui alla lettera b ); d) sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e geomorfologiche dell'area da recuperare; d-bis) in ogni caso, il contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, in funzione della specifica destinazione d'uso del sito.
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D. M. 5 febbraio 1998 Art. 9 – (Test di cessione) sostituito dall’art
D.M. 5 febbraio 1998 Art. 9 – (Test di cessione) sostituito dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Ai fini dell'effettuazione del test di cessione di cui in allegato 3 al presente decreto, il campionamento dei rifiuti è effettuato in modo da ottenere un campione rappresentativo secondo le norme UNI 10802, "Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati". Il test di cessione sui campioni ottenuti ai sensi del comma 1, ai fini della caratterizzazione dell'eluato, è effettuato secondo i criteri e le modalità di cui all'allegato 3 al presente regolamento. Il test di cessione è effettuato almeno ad ogni inizio di attività e, successivamente, ogni 12 mesi salvo diverse prescrizioni dell'autorità competente e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di recupero.
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D. M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D. M
D.M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi […] omissis 7. Rifiuti ceramici e inerti. 7.1 Tipologia : Rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purchè privi di amianto [101303] [170101] [170102] [170103] [170104] [170701] [200301]. 7.1.1 Provenienza : attività di demolizione, frantumazione e costruzione; selezione da RSU e/o RAU; manutenzione reti; attività di produzione di lastre e manufatti in fibrocemento. 7.1.2 Caratteristiche del rifiuto : materiale inerte, laterizio e ceramica cotta anche con presenza di frazioni metalliche, legno, plastica, carta e isolanti escluso amianto.
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D. M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D. M
D.M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi segue 7.1.3 Attività di recupero: messa in riserva di rifiuti inerti [R13] per la produzione di materie prime secondarie per l'edilizia, mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della frazione metallica e delle frazioni indesiderate per l'ottenimento di frazioni inerti di natura lapidea a granulometria idonea e selezionata, con eluato del test di cessione conforme a quanto previsto in allegato 3 al presente decreto [R5]; utilizzo per recuperi ambientali previo trattamento di cui al punto a) (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto [R10]; utilizzo per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali e ferroviari e aeroportuali, piazzali industriali previo trattamento di cui al punto a) (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto [R5] (3) 7.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: materie prime secondarie per l'edilizia con caratteristiche conformi all'allegato C della Circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 15 luglio 2005, n. UL/2005/5205 (3) […] omissis
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D. M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D. M
D.M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi segue 7.31 Tipologia : Terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sucida; [terre e rocce di scavo] [020199] [020401] [170501] Provenienza : industria agroalimentare in genere e industria laniera; [attività di scavo] Caratteristiche del rifiuto : rifiuto costituito da terriccio con eventuali parti vegetali e sostanze organiche; parti di fibra di lana; [materiale inerte vario costituito da terra con presenza di ciotoli, sabbia, ghiaia] Attività di recupero : industria della ceramica e dei laterizi [R5]; utilizzo per recuperi ambientali [di ex cave, discariche esaurite e bonifica di aree inquinate] (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto ad esclusione del parametro COD) [R10] formazione di rilevati e sottofondi stradali (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto ad esclusione del parametro COD) [R5] Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: prodotti ceramici e/o laterizi nelle forme usualmente commercializzate.
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D. M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D. M
D.M. 5 febbraio 1998 All. 1 modificato dall’art. 1 del D.M. 5 aprile 2006 n. 186 Suballegato 1 Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi segue 7.31-bis Tipologia: terre e rocce di scavo [170504] 7.31-bis.1 Provenienza: attività di scavo 7.31-bis.2 Caratteristiche del rifiuto: materiale inerte vario costituito da terra con presenza di ciotoli, sabbia, ghiaia, trovanti, anche di origine antropica 7.31-bis.3 Attività di recupero: industria della ceramica e dei laterizi [R5]; utilizzo per recuperi ambientali (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto) [R10]; formazione di rilevati e sottofondi stradali (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto) [R5]; 7.31-bis.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: prodotti ceramici nelle forme usualmente commercializzate.
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Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D
Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D. Lgs. 22/97 alle terre e rocce da scavo Sono pervenuti a questa Amministrazione richieste di chiarimento in merito alla classificazione giuridica del materiale inerte proveniente da scavo. Si richiede, cioè, di conoscere se ed a quali condizioni le terre e le rocce provenienti da scavo soddisfino la definizione di cui all'articolo 6, del D.Lgs. 22/97 e debbano, quindi, essere sottoposte al relativo regime giuridico, amministrativo e di controllo. In particolare, viene evidenziato che l'art. 7, comma 3, D.Lgs. 22/97, classificherebbe come rifiuti speciali le terre da scavo solo se pericolose e, di conseguenza, si prospetta che non dovrebbero essere considerate rifiuti tutte le terre da scavo non pericolose. Le soluzioni dei predetti quesiti possono essere così sintetizzate, per i motivi che sono successivamente precisati. In primo luogo si ritiene che debbano sempre essere considerati rifiuti le terre da scavo che presentino concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti accettabili stabiliti dal D.M. 471/99 per i siti con destinazione verde privato, pubblico e residenziale. In tal caso, infatti, si pone l'evidente esigenza di controllare l'utilizzo delle terre e rocce da scavo al fine di prevenire il trasferimento di inquinanti e determinare l'inquinamento di altri siti con conseguente obbligo di bonifica dei siti medesimi;
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Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D. Lgs. 22/97 alle terre e rocce da scavo segue Si ritiene, invece, che non debbano essere qualificate rifiuto e, di conseguenza, non rientrino nel campo di applicazione del D.Lgs. 22/97 le terre da scavo che presentino concentrazioni di inquinanti inferiori ai limiti di accettabilità stabiliti dal D.M. 471/99 per i siti ad uso residenziale, verde privato e pubblico, e che siano destinate al normale ciclo di utilizzo della terra quali, a mero titolo esemplificativo, sottofondi e rilevati stradali, rimodellamenti morfologici, usi agricoli, riempimenti ecc.; Si ritiene, infine, che le terre da scavo possono essere riutilizzate direttamente nel sito dove sono state prodotte a prescindere dalla loro classificazione giuridica. In tale evenienza, infatti, non si determina alcun rischio di trasferimento di inquinanti in altri siti e quindi non sussistono le esigenze di controllo a fini di tutela ambientale proprie del regime dei rifiuti. Ovviamente, resta salvo l'obbligo di provvedere alla bonifica del terreno e del sito quando ne ricorrano le condizioni ed i presupposti ai sensi dell'art. 17, D.Lgs. 22/97 e del DM 471/99. [omissis]
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Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D. Lgs. 22/97 alle terre e rocce da scavo segue Nella richiesta di parere in esame si sostiene che sarebbero rifiuti solo le terre da scavo "pericolose" in quanto l'art. 7, comma 3, del D.Lgs 22/97, qualifica come rifiuti speciali "i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo". La voce terre e rocce, peraltro, non risulta inclusa nel catalogo dei rifiuti pericolosi. Pertanto, appare ragionevole ritenere che il legislatore con la disposizione citata di cui all'art. 7, comma 3 del D.Lgs. 22/97 abbia inteso affermare un concetto sostanziale di pericolosità, legato cioè, alle concentrazioni di inquinanti che in base all'ordinamento vigente rappresentano un rischio per la tutela della salute e dell'ambiente e quindi determinano un'esigenza di controllo sulla destinazione finale di tali materiali e delle fonti inquinanti in essi presenti. Il problema, quindi, si risolve sostanzialmente nello stabilire quando ricorre questa situazione di rischio per la salute pubblica e per l'ambiente che soddisfa in sé il requisito della pericolosità e determina l'obbligo del disfarsi. A questi fini, l'unico e determinante dato positivo rinvenibile nell'ordinamento è rappresentato dalla disciplina relativa alla bonifica dei siti inquinati prevista dal D.M. 471/99, attuativo dell'art. 17. D.lgs. 22/97, che individua puntualmente i limiti di accettabilità della contaminazione di suoli e acque oltre i quali si determina una situazione di rischio per la salute e l'ambiente e scatta l'obbligo di procedere alle operazioni di bonifica. In particolare, in base a tale disciplina, le concentrazioni di inquinanti non rappresentano mai un rischio per la salute e l'ambiente solo quando rientrano nei limiti di accettabilità stabiliti dal D.M. 471/99 per i siti a destinazione verde pubblico, privato e residenziale.
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Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D. Lgs. 22/97 alle terre e rocce da scavo segue Si ritiene, pertanto, che sussiste l'obbligo di disfarsi - si è, cioè, in presenza di un rifiuto - se le terre e rocce da scavo presentano concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di accettabilità stabiliti dal DM 471/99 per i siti a destinazione d'uso residenziale, verde privato e pubblico. Tali materiali sono, in altri termini, assoggettati al regime dei rifiuti. Qualora, invece, le terre e rocce da scavo presentino concentrazioni di inquinanti che non superano i predetti limiti accettabili e vengono sottoposte o destinate al normale ciclo di utilizzo della terra -quali, a titolo esemplificativo, la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali, rimodellamenti morfologici, l'impiego in attività agricole, riempimenti ecc. - il produttore non si disfa né decide di disfarsi di tali materiali e questi ultimi non sono rifiuti. Infatti, nel caso specifico viene meno il requisito essenziale per qualificare un materiale o un oggetto come rifiuto perché lo stesso non viene destinato né ad operazioni di recupero né di smaltimento. Ovviamente, le modalità di impiego dovranno comunque garantire la conservazione delle caratteristiche del sito dove le terre da scavo sono utilizzate.
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Nota del 28 luglio 2000, n. 2000/10103 OGGETTO: Applicabilità del D. Lgs. 22/97 alle terre e rocce da scavo segue Infine, per quanto riguarda la possibilità di utilizzare direttamente le terre da scavo nel sito dove le stesse sono prodotte, si rileva che tale opzione per sua natura non comporta né un disfarsi nel senso sopra esposto né alcuna modifica qualitativa delle caratteristiche del sito. Si ritiene, perciò, che tale utilizzo non sia sottoposto al regime dei rifiuti ma possa essere effettuato sulla base degli elaborati progettuali relativi all'intervento che produce le terre da scavo medesime, salvo, in ogni caso, l'obbligo di procedere alla bonifica ai sensi dell'art. 17 e del D.M. 471/99 qualora ne ricorrano i presupposti.
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L. n. 93/2001 Art (Modifiche agli articoli 8, 41 e 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, dopo la lettera f), sono aggiunte le seguenti: f-bis) le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti; f-ter) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto". […] omissis
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L. n. 443/2001 Art (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive) […] omissis 17. Il comma 3, lettera b), dell'articolo 7 ed il comma 1, lettera f-bis) dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 22 del 1997, si interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti. 18. Il rispetto dei limiti di cui al comma 17 è verificato mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall'allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non richieda un limite inferiore. 19. Per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione a differenti cicli di produzione industriale, ivi incluso il riempimento delle cave coltivate, nonché la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 18 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
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L.. n. 306/2003 Art. 23 - (Modifiche all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443)
All'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 17: 17. Il comma 3, lettera b), dell'articolo 7 ed il comma 1, lettera f-bis) dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 22 del 1997, si interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo solo nel caso in cui, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, siano utilizzate, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA ovvero, qualora non sottoposto a VIA, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente previo parere dell'ARPA, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.
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L.. n. 306/2003 Art. 23 - (Modifiche all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443)
segue b) al comma 18 18. Il rispetto dei limiti di cui al comma 17 può essere verificato in accordo alle previsioni progettuali anche mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall'allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non richieda un limite inferiore.
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L.. n. 306/2003 Art. 23 - (Modifiche all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443)
segue c) al comma 19 19. Per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione a differenti cicli di produzione industriale, purchè sia progettualmente previsto l'utilizzo di tali materiali, intendendosi per tale anche il riempimento delle cave coltivate, nonché la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a VIA, parere dell'ARPA a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 18 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità di rimodellazione ambientale del territorio interessato. Qualora i materiali di cui al comma 17 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorità amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli, provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza, quantità e specifica destinazione.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 183 - (Definizioni)
Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; [omissis] smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto; recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 183 - (Definizioni)
segue sottoprodotto: i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo. Non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto i sottoprodotti di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa direttamente per il consumo o per l'impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo; a quest'ultimo fine, per trasformazione preliminare s'intende qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede, e che si rende necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo. L'utilizzazione del sottoprodotto deve essere certa e non eventuale. Rientrano altresì tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 183 - (Definizioni)
segue Al fine di garantire un impiego certo del sottoprodotto, deve essere verificata la rispondenza agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche, di sicurezza e di settore e deve essere attestata la destinazione del sottoprodotto ad effettivo utilizzo in base a tali standard e norme tramite una dichiarazione del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell'impianto dove avviene l'effettivo utilizzo. L'utilizzo del sottoprodotto non deve comportare per l'ambiente o la salute condizioni peggiorative rispetto a quelle delle normali attività produttive; [omissis] materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181;
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 184 - (Classificazione)
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g); i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; [omissis]
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 184 - (Classificazione)
segue 3. Sono rifiuti speciali: i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186; i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, comma 1, lettera i); i rifiuti da lavorazioni artigianali; [omissis] Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 185 - (Limiti al campo di applicazione)
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: [omissis] d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; e) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza;
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 185 - (Limiti al campo di applicazione)
segue h) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto, in misura superiore ai limiti stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i limiti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471; [omissis] l) materiale litoide estratto da corsi d'acqua, bacini idrici ed alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità competenti; [omissis].
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 186 - (Terre e rocce da scavo)
Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari [1], secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3. [1] L'art. 7, comma 1, D.M. 2 maggio 2006, aveva stabilito che le parole «trasformazioni preliminari» del presente comma si interpretano nel senso di «qualsiasi comportamento unicamente finalizzato ad adulterare il contenuto medio degli inquinanti di un ammasso di terre e rocce da scavo».
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 186 - (Terre e rocce da scavo)
segue Ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 può essere verificato, in alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche mediante accertamenti sui siti di deposito, in caso di impossibilità di immediato utilizzo. I limiti massimi accettabili nonché le modalità di analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione, da eseguire secondo i criteri di cui all'Allegato 2 del titolo V della parte quarta del presente decreto, sono determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, salvo limiti inferiori previsti da disposizioni speciali [2]. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di concentrazione limite accettabili di cui all'Allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471. [2] I criteri, le procedure e le modalità per il campionamento e l'analisi delle terre e rocce da scavo erano stati stabiliti con D.M. 2 maggio 2006
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 186 - (Terre e rocce da scavo)
segue 4. Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di cui al comma 3 deve essere verificato mediante attività di caratterizzazione dei materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni qual volta si verifichino variazioni del processo di produzione che origina tali materiali. 5. Per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, qualora ciò sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 186 - (Terre e rocce da scavo)
segue 6. Qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorità amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza, quantità e specifica destinazione. 7. Ai fini del parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i progetti non sottoposti a valutazione di impatto ambientale, alla richiesta di riutilizzo ai sensi dei commi da 1 a 6 è allegata una dichiarazione del soggetto che esegue i lavori ovvero del committente, resa ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale si attesta che nell'esecuzione dei lavori non sono state utilizzate sostanze inquinanti, che il riutilizzo avviene senza trasformazioni preliminari, che il riutilizzo avviene per una delle opere di cui ai commi 1 e 5 del presente articolo, come autorizzata dall'autorità competente, ove ciò sia espressamente previsto, e che nel materiale da scavo la concentrazione di inquinanti non è superiore ai limiti vigenti con riferimento anche al sito di destinazione.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 186 - (Terre e rocce da scavo)
segue 8. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del materiale di scavo, dovrà anche essere indicato il sito di deposito del materiale, il quantitativo, la tipologia del materiale ed all'atto del riutilizzo la richiesta dovrà essere integrata con quanto previsto ai commi 6 e 7. Il riutilizzo dovrà avvenire entro sei mesi dall'avvenuto deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato. 9. Il parere di cui al comma 5 deve essere reso nel termine perentorio di trenta giorni, decorsi i quali provvede in via sostitutiva la regione su istanza dell'interessato. 10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 230 - (Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)
Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. 1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani. (1) La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni. (1) Comma aggiunto dall’art. 2, comma 30 quinquiester, del D. Lgs. n. 4/2008
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 230 - (Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)
segue Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1. 4. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1. 5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture, sono definite le modalità di gestione dei rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle fognature, sulla base del criterio secondo il quale tali rifiuti si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.
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D. Lgs. n. 152/2006 Art. 266 - (Disposizioni finali)
[omissis] 7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale (1) nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia (2) (1) Il provvedimento previsto dal presente comma era stato emanato con D.M. 2 maggio 2006 (2) Parole aggiunte dall’art. 2, comma 45 bis, del D. Lgs. n. 4/2008
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 181 bis (Materie, sostanze e prodotti secondari)
1. Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalita' ed alle condizioni di esercizio delle stesse; siano precisati i criteri di qualita' ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario; abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 181 bis (Materie, sostanze e prodotti secondari)
segue 2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008. 3. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. 4. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 181-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN. 5. In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi novanta giorni, ferma restando l'applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo.»
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 183 (Definizioni)
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti cioè il produttore iniziale e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti; detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene; [omissis] smaltimento: le operazioni previste nell’allegato B alla parte quarta del presente decreto; recupero: le operazioni previste nell'allegato C alla parte quarta del presente decreto;
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 183 (Definizioni)
segue sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato; materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181-bis; [omissis]
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 184- (Classificazione)
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualita' e quantita', ai sensi dell'art. 198, comma 2, lettera g); i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; [omissis]
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 184- (Classificazione)
segue 3. Sono rifiuti speciali: i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali; i rifiuti derivanti dalle attivita' di demolizione, costruzione, nonche' i rifiuti che derivano dalle attivita' di scavo, fermo restando quanto disposto dall'art. 186; i rifiuti da lavorazioni industriali; i rifiuti da lavorazioni artigianali; i rifiuti da attivita' commerciali; i rifiuti da attivita' di servizio; [omissis] 5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 185 (Limiti al campo di applicazione)
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: [omissis] in quanto regolati da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria: i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell’attività agricola i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui. c-bis) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell’attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato scavato (1) 2. Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183: materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi; (1) Comma aggiunto da art. 20, comma 10 – sexies, lett. a) L. 28 gennaio 2009, n. 2 (Conv. D.L. 29 novembre 2008, n. 185) in vigore dal
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 186 (Terre e rocce da scavo)
Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 185 (1), le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché: siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo; l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate; sia garantito un elevato livello di tutela ambientale; sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto; (1) Parole aggiunte da art. 20, comma 10-sexies, lett. b), L. 28 gennaio 2009, n. 2 (Conv. D.L. 29 novembre 2009, n. 185) in vigore dal
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 186 (Terre e rocce da scavo)
segue le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non e' contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione; la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 186 (Terre e rocce da scavo)
segue Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che e' approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA). Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti ne' a VIA ne' a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 186 (Terre e rocce da scavo)
segue Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti e' svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.»
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D. Lgs. n. 4/2008 Art. 186 (Terre e rocce da scavo)
segue 7 bis Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni: un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali; un miglioramento delle condizioni idrobiologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane; un miglioramento della percezione paesaggistica. 7 ter Ai fini dell’applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall’estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi derivanti da attività nelle quali non vengono usati agenti o reagenti non naturali. Tali residui, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell’Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto (1) (1) commi aggiunti da art. 8 ter L. 27 febbraio 2009, n. 13 (Conv. D.L. 30 dicembre 2008, n. 208), in vigore dal 28 febbraio 2009
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n
Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 80 del 21 gennaio 2005 Nuovi indirizzi e linee guida per la gestione dei materiali derivanti da operazioni escavazione [omissis] Con DGRV n del sono stati forniti gli indirizzi operativi e le linee guida per la gestione dei materiali derivanti da operazioni di escavazione; in particolare, è stato enucleato il percorso procedurale che dovrà essere seguito dai soggetti competenti per determinare le caratteristiche chimico - fisiche dei terreni di scavo, anche al fine di acquisire una più approfondita conoscenza degli eventuali effetti ambientali indotti. Ne deriva che le disposizioni contenute all'art. 1, commi 17, 18 e 19 della legge n. 443/2001, come modificati dall'art. 23 della legge n. 306/2003, individuano precise condizioni per l'esclusione delle terre e rocce da scavo dalla disciplina dei rifiuti. Dal quadro normativo così modificato risulta, in definitiva, confermato come non debba considerarsi rifiuto la terra e roccia proveniente da scavo che abbia una composizione non eccedente i limiti di concentrazione previsti dal D. M. n. 471/1999 purché tale materiale sia utilizzato solo nell'ambito delle destinazioni previste dal progetto di intervento approvato dall'autorità competente.
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segue Va inoltre detto che la disciplina introdotta dal legislatore statale con la L. n. 443/2001, e successive modifiche, si pone dei chiari obiettivi di carattere ambientale che possono sinteticamente tradursi come segue: Ai materiali che superano i limiti stabiliti dal D.M. n. 471/1999 si applica la disciplina sulla gestione dei rifiuti; Ai materiali che non superano i limiti di cui al D.M. n. 471/1999 e che vengono utilizzati non si applica la disciplina sulla gestione dei rifiuti alle specifiche condizioni sancite nella medesima L. n. 443/2001. Tale contesto di salvaguardia degli aspetti ambientali, in tutta evidenza, è teso innanzitutto ad evitare che si verifichino episodi di trasferimento di inquinamento da un sito ad un altro per il solo effetto della ricollocazione inadeguata dei materiali.
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segue D'altra parte si deve dar conto che tale esigenza incontra una giustificata contemperazione nella altrettanto motivata esigenza di ottimizzare l'utilizzo delle terre e rocce da scavo aventi caratteristiche proprie dei materiali di cava, e quindi anche industrialmente utilizzabili, ricorrendo la concreta possibilità di utilizzo di tali materiali, aventi caratteristiche di cui alla L.R. n. 44/1982 e dell'articolo 2, comma 3 del R.D. 29 luglio 1927 n. 1443, e contemplando nell'Allegato 1, alla presente deliberazione, i criteri e le modalità di utilizzo in conformità alla vigente articolata disciplina statale e regionale in materia ambientale. Va da sé che la razionalizzazione dell'uso di tali materie prime comporta indubbi vantaggi sotto il profilo logistico ed ambientale. In sede di prima applicazione della DGRV citata è stata inoltre segnalata, a livello territoriale, la necessità che siano fornite ulteriori indicazioni tese ad ottimizzare la corretta gestione dei materiali derivanti dai lavori di risezionamento dei corsi d'acqua che vengono direttamente riutilizzati per lavori di rifacimento o di rafforzamento degli argini dello stesso corso d'acqua.
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segue A tale ultimo proposito, é opportuno segnalare che secondo una prassi consolidata nel tempo tale materiale viene normalmente scavato per esigenze collegate alla manutenzione ordinaria e alla generale tenuta idraulica dell'alveo, ricollocando sugli argini, in prossimità dello scavo stesso, il materiale di risulta. In tal modo gli eventuali contaminanti presenti risultano di fatto spazialmente confinati senza creare alcun peggioramento alle condizioni ambientali del tratto relativo al corso d'acqua interessato dai lavori. Va inoltre evidenziato che nella maggior parte dei casi il materiale movimentato è quello depositatosi naturalmente sul fondo a seguito dell'erosione delle sponde. Inoltre, tenuto conto del fatto che spesso gli argini dei corsi d'acqua interessati dall'intervento di tal fatta spesso risultano essere adibiti come veri e propri "percorsi vita", attrezzati per lo svolgimento di attività ginnica e frequentati a tal fine da molte persone, denunciando caratteristiche qualitative medie non particolarmente scadenti, appare ragionevole applicare agli stessi, se così utilizzati, i limiti della Tabella 1, Colonna A del D.M. n. 471/1999 per materiali di scavo oggetto di riutilizzo diretto per i lavori di risezionamento sopra citati; in tutti gli altri casi di utilizzo, di conseguenza, sarà necessario applicare la Tabella 1, Colonna B, del D.M. n. 471/1999. [omissis]
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segue La Giunta regionale delibera di approvare i nuovi indirizzi e le linee guida per la gestione dei materiali derivanti da operazioni di escavo di opere eseguite da soggetti pubblici e privati di cui agli Allegati 1, 2. 3 e 4 che costituiscono parte integrante e sostanziale del presente atto; per le ragioni addotte in premessa, di revocare la DGRV n. 1126/2004, ed il suo Allegato, con la precisazione che i suoi contenuti risultano sostanzialmente riprodotti e debitamente adeguati nella presente deliberazione, e nei suoi allegati, in sostituzione quindi della DGRV n. 1126/2004 stessa; [omissis]
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 1749 del 6 giugno 2006
Decreto legislativo 152/06 ; L.R. 3/ Utilizzo dei residui della lavorazione della pietra destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevarti e macinati [omissis] Dalla lavorazione della pietra naturale si originano varie tipologie di rifiuti, che nella maggior parte dei casi sono costituiti da fanghi e polveri prodotti nel processo di segagione e lavorazione di pietre e marmi nonché da materiale inerte in pezzatura varia e classificati con il seguente codice CER del catalogo europeo dei rifiuti "010413: rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra diversi da quelli di cui alla voce ". Come noto la normativa vigente impone che la gestione dei rifiuti avvenga assicurando un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci. Inoltre, privilegiando prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le pubbliche amministrazioni devono adottare misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo, cosicché lo smaltimento deve costituire la fase residuale della gestione dei rifiuti. In tale ottica di rifiuto come risorsa, tesa ad utilizzare e recuperare il maggior quantitativo possibile di rifiuti in condizioni di sicurezza ambientale, rivestono particolare valenza i residui derivanti dalla lavorazione della pietra. [omissis]
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 1749 /2006
segue L'art. 186 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Nuove Norme in Materia Ambientale), recentemente emanato, introduce un aspetto innovativo per i residui della lavorazione della pietra, escludendoli dalla disciplina dei rifiuti al verificarsi di alcune condizioni quali: “… ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono perciò esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del D.Lgs. 152/06 solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, sempreché la composizione dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti";
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 1749 /2006
segue I limiti massimi accettabili nonché le modalità di analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione sono determinati con decreto del Ministero dell'Ambiente. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di concentrazione limite accettabili di cui all'all. 1, tab. 1, col. B del D.M. 471/99 Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti deve essere verificato mediante attività di caratterizzazione dei materiali da ripetersi ogni qualvolta si verifichino variazioni del processo di produzione che origina tali materiali "si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzato dall'autorità amministrativa competente, qualora ciò sia espressamente previsto previo, ove il parere non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato".
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 1749 /2006
segue Dal quadro normativo sopra esposto risulta, in definitiva, confermato come, allo stato attuale, non debbano considerarsi rifiuto i residui della lavorazione della pietra utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente sempreché la composizione dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti accettabili. Sulla base di quanto sopra la competente Direzione Ambiente, al fine di definire in modo più accurato le procedure tecnico-amministrative da adottare, ha predisposto gli allegati indirizzi e linee guida contenenti i criteri in base ai quali i residui della lavorazione della pietra - con particolare riferimento ai residui classificati con il codice CER del catalogo europeo dei rifiuti "010413: rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra diversi da quelli di cui alla voce " - non sono assoggettati alla normativa sui rifiuti di cui al D.Lgs. n. 152/06 nonché le corrette modalità di utilizzo per reinterri, riempimenti e rilevati. [omissis]
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 1749 /2006
segue LA GIUNTA REGIONALE delibera Di approvare gli allegati A ("Utilizzo dei residui della lavorazione della pietra destinati all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati - indirizzi e linee guida") e B ("Schema di richiesta di parere ai sensi dell'art. 186 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152")contenenti indirizzi e linee guida circa i criteri in base ai quali i residui della lavorazione della pietra - con particolare riferimento ai residui classificati con il codice CER del catalogo europeo dei rifiuti "010413: rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra diversi da quelli di cui alla voce " - non sono assoggettati alla normativa sui rifiuti di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 nonché le corrette modalità di utilizzo per reinterri, riempimenti e rilevati. [omissis]
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Legge Regionale n. 20 del 16 agosto 2007 Art
Legge Regionale n. 20 del 16 agosto 2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186 del D. Lgs. n. 152/2006) Per i progetti di interventi che prevedano l’escavazione e l’esportazione dei materiali cui al comma 1 dell’articolo 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e successive modificazioni, ovvero per i medesimi progetti, ove già approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, l’utilizzo degli stessi materiali è consentito senza la necessità della verifica analitica di cui al comma 3 dell’articolo 186, ed il previsto parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente di cui ai commi 1 e 5 del medesimo articolo 186 si assume positivamente acquisito ed integrato nel provvedimento di approvazione dell’autorità amministrativa competente, a condizione che il soggetto proponente alleghi al progetto dell’intervento - o, per i progetti già approvati, presenti prima dell’inizio dei lavori di escavazione ed esportazione dei materiali, alla medesima autorità - una dichiarazione con la quale si attesta che i predetti materiali provengono da aree che non sono state interessate da attività o eventi di potenziale contaminazione ambientale, come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 3 del presente articolo ovvero, nelle more dell’ approvazione di tale deliberazione, dal provvedimento di cui al comma 4 del presente articolo. La dichiarazione deve essere integrata da informazioni, anche storiche, e documenti descrittivi cartografici relativi al sito oggetto di intervento. Il soggetto che esegue l’intervento è tenuto a conservare presso la propria sede legale la documentazione attestante la destinazione e la quantità esportata di tali materiali.
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Legge Regionale n. 20/2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186
del D. Lgs. n. 152/2006) segue Coerentemente col dettato del comma 1 dell’articolo 186 del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modificazioni, gli interventi manutentivi di piccola entità che prevedano l’escavazione e l’esportazione dei materiali di cui al comma 1 dell’articolo 186, per l’esecuzione dei quali l’approvazione di un progetto da parte dell’autorità amministrativa competente non sia espressamente prevista, non sono sottoposti al parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPAV) di cui ai commi 1 e 5 dell’articolo 186 e la verifica analitica di cui al comma 3 del medesimo articolo 186 non è necessaria, a condizione che il soggetto titolare dell’intervento presenti all’Autorità amministrativa comunale, prima dell’inizio dei lavori di escavazione ed esportazione dei materiali, una dichiarazione con la quale si attesta che i predetti materiali provengono da aree che non sono state interessate da attività o eventi di potenziale contaminazione ambientale, come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 3 del presente articolo ovvero, nelle more dell’ approvazione di tale deliberazione, dal provvedimento di cui al comma 4 del presente articolo. Il soggetto che esegue l’intervento è tenuto altresì a conservare presso la propria sede legale la documentazione attestante la destinazione e la quantità esportata di tali materiali.
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Legge Regionale n. 20 /2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186
del D. Lgs. n. 152/2006) segue Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale, con propria deliberazione, approva, previo parere della competente commissione consiliare, una cartografia predisposta dall’Arpav secondo i criteri e le indicazioni contenuti in apposita convenzione da sottoscriversi fra la stessa Arpav e la Regione del Veneto. La cartografia rappresenta la designazione e la mappatura delle aree del territorio regionale che non sono mai state interessate da attività o eventi di potenziale contaminazione ed è predisposta all’esito di verifiche tecnico scientifiche da parte dell’Arpav sull’eventuale presenza di elementi contaminanti nelle aree mappabili. Sono attività o eventi di potenziale contaminazione, in particolare: la presenza di serbatoi o cisterne interrate, sia dismesse che rimosse che in uso, contenenti, o che in passato hanno contenuto, idrocarburi o sostanze etichettate come pericolose, ai sensi della direttiva 27 giugno 1967, n. 548/CEE, del Consiglio “concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose”, e successive modificazioni; la localizzazione di impianti:
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Legge Regionale n. 20 /2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186
del D. Lgs. n. 152/2006) segue 1) ricadenti nelle aree definibili come potenzialmente inquinate, secondo i contenuti dell’Allegato A del decreto ministeriale 16 maggio 1989, “Criteri e linee guida per l’elaborazione e la predisposizione, con modalità uniformi da parte di tutte le Regioni e Province autonome, dei piani di bonifica, nonché definizione delle modalità per l’erogazione delle risorse finanziarie, di cui alla legge 29 ottobre 1987, n. 441, di conversione del DL 31 agosto 1987, n. 361, come modificata dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, di conversione del DL 9 settembre 1988, n. 397”; 2) soggetti alla disciplina di cui agli articoli 6 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n “Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”; 3) soggetti alla disciplina del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento”; 4) soggetti alla disciplina di cui al capo IV del titolo I della Parte Quarta, Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, del decreto legislativo n. 152/2006;
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Legge Regionale n. 20 /2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186
del D. Lgs. n. 152/2006) segue c) la presenza di impianti con apparecchiature contenenti policlorodifenili, di cui al decreto legislativo. 22 maggio 1999, n. 209, “Attuazione della direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili”; d) la presenza di interventi di bonifica dei siti inquinati, di cui al Titolo V, Parte Quarta del decreto legislativo n. 152/2006; e) la presenza di fonti di contaminazione da scarichi di acque reflue industriali e/o urbane; f) l’inclusione dell’area nella fascia limitrofa a strade di grande comunicazione e/o in zone interessate da fenomeni d’inquinamento ambientale diffuso. 4. Nelle more dell’approvazione della deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 3, continua a produrre efficacia, ai fini di cui ai commi 1 e 2, l’individuazione delle aree come rappresentata dal vigente provvedimento regionale in materia di terre e rocce da scavo, che mantiene la sua efficacia per tutti gli aspetti non in contrasto con le disposizioni del presente articolo.
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Legge Regionale n. 20 /2007 Art. 17 (Disposizioni applicative dell’articolo 186 del
D. Lgs. n. 152/2006) segue Per i progetti di interventi che prevedano l’escavazione e l’esportazione di materiali di cui al comma 1 dell’articolo 186 del decreto legislativo n. 152/2006, provenienti da aree diverse da quelle di cui al comma 1 del presente articolo, qualora detti progetti non siano sottoposti a valutazione d’impatto ambientale, il previsto parere dell’Arpav di cui ai commi 1 e 5 del medesimo articolo 186 deve essere reso, ai sensi del comma 9 dello stesso articolo 186, nel termine perentorio di trenta giorni. A tal fine il soggetto proponente allega al progetto di intervento informazioni, anche storiche, e documenti descrittivi cartografici relativi al sito oggetto di intervento ed il soggetto che esegue l’intervento è tenuto a conservare presso la propria sede legale la documentazione attestante la destinazione e la quantità esportata di tali materiali. Nel caso di accertata inerzia dell’Arpav, il Presidente della Giunta regionale, su istanza dell’interessato, assegna all’Arpav inadempiente un termine non superiore a trenta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine, il Presidente della Giunta regionale, sentita l’Arpav, nomina un commissario ad acta, che provvede ad esprimere in via sostitutiva il previsto parere. L’escavazione e l’utilizzo di materiali di cui al comma 1 dell’articolo 186 del decreto legislativo n. 152/2006, provenienti da aree soggette alle procedure dei siti contaminati di cui al Titolo V, Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006, ove consentito dal medesimo articolo 186, è disciplinato dal progetto di bonifica redatto ed approvato secondo le modalità previste dalla disciplina di cui allo stesso Titolo V, Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006.
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 2424 dell’8. 08
Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n dell’ Procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo ai sensi dell’articolo 186 del D. Lgs. n. 152/2006 [omissis] Con l'entrata in vigore, lo scorso 13 febbraio, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, che ha riformulato l'ari 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo alle "Terre e rocce di scavo", si è realizzata una regolamentazione sostanzialmente nuova di tali materiali che incide anche sulla disciplina regionale in materia. Il fine della disciplina regionale è stato quello di regolamentare le procedure tecnico-amministrative relative, soprattutto, al rilascio del parere ARPAV, elemento attorno al quale ruotava tutta la procedura che consentiva di escludere a determinate condizioni le terre e rocce da scavo dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti. Nel contempo la medesima disciplina regionale non ha tralasciato di individuare modalità di verifica della qualità dei siti diversificate a seconda della potenziale pericolosità degli stessi dal punto di vista delle pressioni ambientali. In particolare, la d.g.r. n. 80/2005, a seconda della localizzazione del sito rispetto a specifiche fonti di pressione ambientale, ha stabilito diversi approfondimenti tecnico-analitici di caratterizzazione dei terreni.
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segue Nondimeno, l'articolo 17 della legge regionale n. 20/2007 ha rafforzato questa diversificazione delle metodologie di indagine prevedendo l'autodichiarazione, sostitutiva del parere ARPAV, e la non necessità di riscontri analitici relativamente ai materiali di scavo provenienti da terreni ubicati nelle zone non sottoposte a fattori di pressione ambientale previamente individuate in una mappatura del territorio regionale predisposta da ARPAV; peraltro, nelle more della redazione di tale mappatura, sono state assunte come zone "non interessate da attività pericolose" quelle indicate nella d.g.r. n. 80/2005. Inoltre, la disciplina regionale ha previsto la necessità di consentire la tracciabilità delle terre da scavo fornendo così agli enti deputati al controllo, ed all'ARPAV in particolare, gli strumenti più idonei per collazionare un quadro di conoscenza, il più approfondito possibile, delle movimentazioni e degli utilizzi delle terre e rocce da scavo in ambito regionale. [omissis]
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segue Con la nuova, vigente, formulazione dell'articolo 186, infatti, sono state introdotte significative modificazioni ed innovazioni al regime delle terre e rocce di scavo (ad esempio, non viene più richiesto il preventivo parere dell'ARPAV), tali da determinare la disapplicazione di talune disposizioni dell'articolo 17 delle legge regionale 16 agosto 2007, n. 20 La mutata situazione legislativa, però, non toglie che rimangano integre le linee direttrici dell'azione regionale, fino ad oggi tracciate nei provvedimenti sopraccitati, e coerentemente finalizzate ad ottenere: una regolamentazione univoca, sia dal punto di vista amministrativo/procedurale che dal punto di vista tecnico, delle disposizioni statali per raggiungere gli obiettivi di massima salvaguardia ambientale e di certezza interpretativa da parte degli operatori, pubblici e privati, e degli enti di controllo; una diversificazione delle modalità di accertamento analitico della qualità dei siti, in relazione alla loro potenziale pericolosità conseguente alla vicinanza e/o alla presenza al loro interno di fonti di pressione ambientale, per permettere un'azione più incisiva nei siti più "pericolosi" e rendendo più agevoli le verifiche sugli altri;
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segue la tracciabilità della movimentazione delle terre da scavo, sia per garantire l"'effettività" del loro utilizzo, sia per ampliare il quadro di conoscenza territoriale relativamente alla qualità ambientale dei siti da parte degli vari soggetti coinvolti nella tutela ambientale; la salvaguardia degli aspetti ambientali, con misure per evitare che si verifichino episodi di trasferimento di inquinamento da un sito ad un altro per il solo effetto della ricollocazione inadeguata dei materiali di scavo; l'esigenza di ottimizzare l'utilizzo delle terre e rocce da scavo aventi caratteristiche proprie dei materiali di cava (previsti alla L.R. n. 44/1982 e all'articolo 2, comma 3, del R.D. 29 luglio 1927 n. 1443), considerando che la razionalizzazione dell'uso di tali materie prime comporta indubbi vantaggi anche sotto il profilo logistico ed ambientale. Queste linee direttrici della disciplina regionale non hanno ragione di venir meno anche in presenza delle innovazioni introdotte dal nuovo art Infatti esso prevede che le terre e rocce da scavo rientrano nella definizione di sottoprodotto solo se: qualora destinate all'impiego in processi industriali, in sostituzione di materiali di cava rispettino le condizioni previste dall'art. 183, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006 (si tratta del riferimento alla definizione di sottoprodotto ed alle condizioni ivi indicate che devono tutte essere rispettate per qualificare in questo modo un materiale); qualora utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati, siano utilizzate nel rispetto di determinate cautele;
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segue In funzione del diverso tipo di utilizzo delle terre e rocce da scavo le stesse possono considerarsi "sottoprodotto" alle seguenti condizioni: utilizzo nei processi industriali in sostituzione di materiali di cava (fornaci, impianti lavorazione sabbie e ghiaie, ecc.): il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati e non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i suddetti requisiti merceologici e di qualità ambientale ma bensì posseggano tali requisiti sin dalla fase della loro produzione; abbiano un valore economico di mercato; utilizzo per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati: siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;
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segue l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate; sia garantito un elevato livello di tutela ambientale; sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del D.Lgs 152/06; le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non é contaminato con riferimento di requisiti dalla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;
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segue Inoltre, il medesimo articolo 186, ai commi 2, 3 e 4 prevede che la sussistenza dei requisiti stabiliti al comma 1 del medesimo articolo debba essere dimostrata in modo diverso a seconda del tipo di intervento dal quale deriva la produzione di terre e rocce da scavo, ed in particolare: per le opere sottoposte a V.I.A. e/o ad A.I.A.: la sussistenza dei requisiti, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (che non possono superare di norma un anno), devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento; nel caso in cui il riutilizzo delle terre e rocce da scavo sia previsto dal progetto nell'ambito della medesima opera, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione prevista dal progetto, purché in ogni caso non superino i tre anni; per le opere soggette a permesso a costruire o a denuncia di inizio attività (D.I.A.): la sussistenza dei requisiti, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (che non possono superare un anno), devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire o secondo le modalità della denuncia di inizio attività (DIA.);
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segue per lavori pubblici non soggetti né a V.I.A., né a permesso a costruire, né a denuncia di inizio attività (DIA.): la sussistenza dei requisiti, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (che non possono superare un anno), devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista; nel caso in cui il riutilizzo delle terre e rocce da scavo sia previsto dal progetto nell'ambito della medesima opera, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione prevista dal progetto, purché in ogni caso non superino i tre anni. Alla luce delle nuove normative emerge quindi la necessità di disciplinare alcuni aspetti documentali e procedurali in modo che sia i soggetti che realizzano le opere dalle quali derivano le terre e rocce da scavo, sia gli enti chiamati a rilasciare le necessarie autorizzazioni, sia le autorità di controllo, siano nelle condizioni di svolgere le rispettive attività nel pieno rispetto della ratio della disciplina. A questo fine, appare opportuno riprendere alcuni dei criteri guida che, come detto in precedenza, hanno caratterizzato la disciplina regionale precedente.
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segue É necessario comunque chiarire che la presentazione della documentazione prevista dall'articolo 186 è facoltativa in quanto necessaria esclusivamente al fine di qualificare i materiali di scavo quali sottoprodotti, pertanto: in caso di mancanza della documentazione prescritta il materiale dovrà essere gestito come rifiuto, ai sensi di quanto espressamente previsto dal comma 5 dell'articolo 186; la presentazione della suddetta documentazione non interferisce in alcun modo con le procedure di rilascio (e/o di formazione del silenzio assenso) dei provvedimenti autorizzativi in materia edilizio/urbanistica relativi a opere o interventi dai quali deriva la produzione di terre e rocce di scavo, che tendono alla verifica di tali aspetti; nessuna prescrizione riguardante l'utilizzo del materiale di scavo può essere contenuta nei provvedimenti amministrativi in materia edilizio/urbanistica del punto precedente.
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segue Inoltre, è opportuno precisare che: le disposizioni relative alle terre e rocce da scavo si applicano ai materiali di scavo naturali e non ai materiali di origine antropica quali ad esempio: detriti da demolizione, residui di scarifica stradale, calcestruzzi, ecc.; per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati, anche con l'utilizzo di terre e rocce provenienti da altri siti, deve essere comunque acquisito lo specifico provvedimento amministrativo che la legge, a seconda della tipologia di intervento, prevede per consentirne la realizzazione; i provvedimenti relativi alle opere dalle quali derivano i suddetti materiali, infatti, non costituiscono titolo abilitativo per la realizzazione delle opere ove possano essere utilizzati; le eventuali lavorazioni effettuate sui materiali di scavo finalizzate ad ottimizzarne l'utilizzo (quali, ad esempio: la vagliatura, il lavaggio, la riduzione volumetrica, l'essiccazione mediante stendimento al suolo ed evaporazione e la stabilizzazione geotecnica mediante trattamento a calce o cemento) non incidono sulla classificazione come sottoprodotto degli stessi in quanto non costituiscono "trattamenti o trasformazioni preliminari" indicati all'art. 186, comma 1, lett. c), bensì lavorazioni che consentono di rendere maggiormente produttivo e tecnicamente efficace l'utilizzo di tali materiali (in sostanza si tratta delle stesse lavorazioni che si praticano sui materiali di cava proprio per ottimizzarne l'utilizzo), ferma restando la compatibilità delle frazioni ottenute con i siti di destinazione e l'integrale utilizzo della parte dei materiali destinati a riutilizzo.
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segue Infine, è necessario sottolineare che: i miglioramenti fondiari che: determinano esportazione di materiali a scopo industriale ed edilizio o per opere stradali o idrauliche, e sono quindi soggetti alla legge regionale 7 settembre 1982, n. 44 sulle attività di cava; non determinano esportazione di materiale, e, quindi, si sostanziano solo in movimentazione di terreno, ai fini agronomici, nell'ambito dello stesso fondo, non sono soggetti alla normativa in materia di terre e rocce da scavi disciplinata dall'articolo 186 del d.lgs. n. 152/2006; non sono parimenti soggetti alla disciplina dell'art. 186 del d.lgs. n. 152/2006 i materiali litoidi provenienti da escavazioni effettuate negli alvei e nelle zone golenali dei corsi d'acqua e nelle spiagge e nei fondali lacuali, per l'effettuazione delle quali il quinto comma dell'articolo 2 della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44, prevede il rilascio delle autorizzazioni e/o concessioni da parte dell'autorità idraulica. Tali autorizzazioni e/o concessioni, rilasciate dalle autorità idrauliche competenti in conformità alla legge regionale 9 agosto 1988, n. 41 ed alle successive deliberazioni della Giunta Regionale n. 999/2003, n. 918/2004 e n. 3163/2005, surrogano infatti i provvedimenti autorizzativi previsti dalla citata Iegge quadro sulle attività estrattive, n. 44 del 1982, consentendo che l'esercizio di questa particolare attività di estrazione di materiali litoidi nei corsi d'acqua sia teso ad assicurare la funzionalità idraulica della rete idrografica regionale. [omissis]
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segue La Giunta Regionale delibera Di dare atto che le premesse si intendono qui integralmente riportate e trascritte e formano parte integrante e sostanziale del presente deliberato; di approvare le procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo di cui all'art. 186 del Decreto Legislativo n. 152/2006 come modificato dall'art. 2, comma 23, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 contenute nell'Allegato A che costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto; di revocare, per le ragioni addotte in premessa, la DGRV n. 80/2005, ed i suoi allegati; [omissis]
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PROCEDURE OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ALLEGATO A Dgr n. 2424/2008
PROCEDURE OPERATIVE DA UTILIZZARE IN FUNZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO DI ORIGINE Interventi sottoposti a V.I.A. e/o A.I.A. il proponente deve allegare al progetto dell'opera dalla quale derivano i materiali di scavo "un apposito progetto" contenente la seguente documentazione: dichiarazione che il sito non sia contaminato(1) o sottoposto ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006; indagine ambientale del sito effettuata in conformità a quanto di seguito previsto; indicazione dei processi industriali e/o dei siti di destinazione del materiale e dei tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (massimo un anno per i materiali che vengono esportati, massimo tre anni per quelli utilizzati nell'ambito del progetto). (1) Non rientrano in tale casistica le porzioni di territorio ove, pur a fronte di superamenti nelle acque sotterranee delle Concentrazioni di cui alla tabella 2, dell'allegato 5 alla parte IV, Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, i terreni presentino concentrazioni inferiori a quelle previste dalla tabella 1, dell'allegato 5 alla parte IV, Titolo V del d.lgs. n. 152/2006 e non siano soggetti alle procedure dei siti contaminati di cui al Titolo V, Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006
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segue Tale documentazione dovrà essere allegata sia al progetto da sottoporre a VIA e sia al progetto che si presenta all'Autorità competente all'approvazione definitiva, qualora quest'ultima sia diversa dall'Ente che svolge la procedura di VIA. Nei casi in cui, prima dell'inizio dei lavori di scavo o nel corso degli stessi, emerga l'opportunità di utilizzare il materiale in processi industriali e/o in siti idonei, ma diversi da quelli indicati nella documentazione sopraindicata (progetto), deve essere presentata, all'Autorità che ha approvato il progetto, da parte dell'appaltatore, una dichiarazione (vedi MOD 2) che individui i processi industriali e/o i siti idonei ove il materiale verrà effettivamente utilizzato; alla fine dei lavori il Direttore dei Lavori deve presentare all'Autorità competente all'approvazione del progetto: una dichiarazione (vedi MOD 3) che attesti i processi industriali e/o i siti idonei nei quali il materiale è stato effettivamente utilizzato individuandone per ciascuno la tipologia e la quantità.
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PROCEDURE OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ALLEGATO A Dgr n. 2424 /2008
segue Interventi sottoposti a permesso a costruire Il richiedente, all'atto della richiesta di permesso a costruire, deve allegare al progetto relativo all'opera che determina lo scavo: l'indagine ambientale del sito effettuata in conformità a quanto di seguito previsto; una dichiarazione (vedi MOD 1) attestante: che il sito non é contaminato o sottoposto ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006; i processi industriali e/o i siti di possibile destinazione del materiale; prima dell'inizio dei lavori di scavo (... sin dalla fase di produzione...) l'appaltatore deve presentare all'Autorità competente all'approvazione del progetto: una dichiarazione (vedi MOD 2) che individui i processi industriali e/o i siti idonei ove il materiale verrà effettivamente utilizzato ed il luogo dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (massimo un anno); alla fine dei lavori il Direttore dei Lavori deve presentare alla medesima autorità: una dichiarazione (vedi MOD 3) che attesti i processi industriali e/o i siti idonei nei quali il materiale è stato effettivamente utilizzato individuandone per ciascuno la tipologia e la quantità.
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PROCEDURE OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ALLEGATO A Dgr n. 2424/2008
segue Interventi sottoposti a denuncia di inizio attività (D.I.A.) Il denunciante, all'atto della presentazione della denuncia di inizio attività, deve allegare al progetto relativo all'opera che determina lo scavo: l'indagine ambientale del sito effettuata in conformità a quanto di seguito previsto; una dichiarazione (vedi MOD 1) attestante: che il sito non é contaminato o sottoposto ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del D.Lgs. n. 152/2006; i processi industriali e/o i siti di possibile destinazione del materiale; prima dell'inizio dei lavori di scavo (...sin dalla fase di produzione...) l'appaltatore deve presentare all'Autorità competente all'approvazione del progetto: una dichiarazione (vedi MOD 2) che individui i processi industriali e/o i siti idonei ove il materiale verrà effettivamente utilizzato ed il luogo dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (massimo un anno); alla fine dei lavori il Direttore dei Lavori deve presentare alla medesima autorità: una dichiarazione (vedi MOD 3) che attesti i processi industriali e/o i siti idonei nei quali il materiale è stato effettivamente utilizzato individuandone per ciascuno la tipologia e la quantità.
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segue Lavori pubblici non soggetti né a V.I.A. o A.I.A., né a permesso a costruire, né a denuncia di inizio attività (DIA.) Il progetto esecutivo dell'opera dalla quale derivano i materiali di scavo deve essere corredato da un apposito allegato, sottoscritto dal progettista, recante: dichiarazione che il sito non sia contaminato o sottoposto ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del D.Lgs. n. 152/2006; indagine ambientale del sito effettuata in conformità a quanto di seguito previsto; indicazione dei processi industriali e/o dei siti di destinazione del materiale e dei tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo (massimo un anno per i materiali che vengono esportati, massimo tre anni per quelli utilizzati nell'ambito del progetto). Nei casi in cui, prima dell'inizio dei lavori di scavo, emerga la necessità di utilizzare il materiale in processi industriali e/o in siti idonei ma diversi da quelli indicati nella documentazione sopraindicata (progetto) deve essere presentata all'Autorità che ha approvato il progetto, da parte dell'appaltatore, una dichiarazione (vedi MOD 2) che individui i processi industriali e/o i siti idonei ove il materiale verrà effettivamente utilizzato. alla fine dei lavori il Direttore dei Lavori deve presentare alla medesima autorità: una dichiarazione (vedi MOD 3) che attesti i processi industriali e/o i siti idonei nei quali il materiale è stato effettivamente utilizzato individuandone per ciascuno la tipologia e la quantità.
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segue Interventi non sottoposti né a V.I.A., né a A.I.A., né a permesso a costruire, né a denuncia di inizio attività (DIA.) Si tratta di modesti lavori di manutenzione e/o di riparazione, spesso eseguiti in via d'urgenza, che producono quantità poco significative di materiale di scavo, spesso quasi del tutto riutilizzato in cantiere e che, per le loro particolari caratteristiche, non hanno alcuna incidenza urbanistico/edilizia sul territorio e, quindi, non sono sottoposti ad alcun provvedimento autorizzativo, né espresso né tacito. In questi casi i materiali di scavo derivanti da tali attività, se riutilizzati in sito non necessitano di alcuna procedura di verifica, mentre quelli esportati, in quanto esuberanti le necessità di riuso in cantiere, possono essere gestiti come sottoprodotti nei rispetto delle seguente modalità: attività di manutenzione e/o di riparazione alle infrastrutture (reti viarie, ferroviarie) e ai sottoservizi (fognature, acquedotti, gas, elettricità, telefoniche, ecc.): per queste attività trova applicazione l'art. 230, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006 e quanto previsto agli ultimi due paragrafi del punto ed ai seguenti capitoli 2 e 3;
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PROCEDURE OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ALLEGATO A Dgr n dell' segue attività di florivivaismo (manutenzione aree verdi, a parco, a giardino, ecc.) i materiali di scavo derivanti da tali attività non necessitano di alcuna procedura di verifica purché, anche dopo essere stati accumulati presso aree in disponibilità dell'impresa che ha effettuato l'intervento, siano riutilizzati nelle normali pratiche florivivaistiche; c) attività di manutenzione ordinaria, ecc.: è opportuno ribadire che deve trattarsi dei soli materiali naturali indicati; per queste attività non necessita alcuna procedura di verifica purché: il materiale complessivamente scavato nell'ambito del cantiere non superi la quantità di 200/mc; il sito non rientri fra quelli indicati ai punti seguenti e In caso contrario dovranno essere inviati al Comune interessato dall'intervento le dichiarazioni MOD 2, con allegata l'indagine ambientale, ed il MOD 3.
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segue d) Attività di manutenzione alvei di scolo ed irrigui: Per queste attività l'articolo 185 del d.lgs. 152/2006 esclude "í materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui" dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto. Con la dicitura "materiali vegetali, terre e pietrame" si intende la commistione di tali materiali che è di difficile separazione e che costituisce il tipico risultato dell'espurgo di fossati irrigui o di scolo, normalmente eseguito dagli Uffici del Genio Civile e dai Consorzi di Bonifica. Eventuali altri materiali estranei (oggetti in plastica, vetro, metallo, legno non naturale, ecc.) dovranno essere raccolti preventivamente e consegnati al servizio di raccolta loro destinato. L'Ente gestore dovrà valutare caso per caso se l'eventuale vicinanza di fonti di pressione (abitati, scarichi, tipi di concimazioni e/o spandimenti praticati in zona, infrastrutture, ecc....) possa costituire indizio per consigliare l'effettuazione di preventive analisi. In tal caso, le modalità di campionamento saranno quelle indicate al capitolo 2 e le verifiche analitiche dovranno essere effettuate su un campione medio del fango contenente terra, materiale vegetale e pietrame.
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segue 1.2. Variazioni della destinazione di utilizzo. E' ammesso variare la destinazione delle terre da scavo in corso d'opera a condizione che il nuovo sito di utilizzo venga comunicato prima dell'inizio dei lavori relativi ai singoli lotti di scavo ovvero, nel caso di materiale depositato in conformità al successivo punto 1.3, prima del trasporto dal sito di deposito a quello di effettivo utilizzo. In questi casi verrà utilizzato nuovamente il MOD 2, aggiornato con i nuovi dati, che sostituirà integralmente quello precedentemente presentato. 1.3. Modalità per il deposito delle terre in attesa di definitivo utilizzo. Il deposito di terre da scavo, in attesa del loro definitivo utilizzo, così come individuato nel MOD 2, può essere effettuato nel luogo di produzione, in un'area esterna allo stesso appositamente individuata e, ove necessario, autorizzata, ovvero presso la sede della ditta che effettua lo scavo. In ogni caso devono essere rispettati i tempi massimi della durata del deposito previsti dall'articolo 186 e le normative tecniche, edilizie ed urbanistiche vigenti. Nel caso di deposito in attesa di definitivo utilizzo delle terre da scavo all'esterno del cantiere di produzione, i cumuli di terra da scavo vanno tenuti distinti per cantiere di provenienza e su ciascun cumulo dovrà essere posizionato in modo ben visibile un cartello riportante le informazioni relative al cantiere di provenienza e alla quantità di materiale depositato. Il trasporto delle terre di scavo al sito di deposito e dal deposito al sito di utilizzo è accompagnato dalla documentazione contenuta nel successivo punto 1.4.
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PROCEDURE OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ALLEGATO A Dgr n dell' segue 1.4. Documentazione attestante la destinazione e la quantità esportata dei materiali di scavo. Al fine di consentire una verifica delle quantità utilizzate nei vari siti di destinazione, durante il trasporto i materiali di scavo dovranno essere accompagnati da una documentazione, redatta in conformità al MOD 4, attestante: generalità della Stazione Appaltante dell'opera pubblica generalità della ditta appaltatrice dei lavori di scavo generalità della Ditta che trasporta il materiale di scavo generalità della Ditta che riceve il materiale di scavo sito di provenienza (con estremi dell'atto abilitativo all'intervento o del luogo di deposito) data ed orario di carico sito di utilizzo (con estremi dell'atto abilitativo all'intervento) o impianto in cui viene svolto il processo industriale di utilizzo ovvero sito di deposito data ed orario di scarico quantità e tipologia di materiale trasportato. La documentazione deve essere predisposta in triplice copia, una per la ditta appaltatrice, una per la ditta destinataria ed una per la ditta trasportatrice. Copia della documentazione deve essere conservata dalla ditta appaltatrice che ne dovrà fornire copia al Direttore dei Lavori ai fini della compilazione della dichiarazione da presentare alla fine dei lavori (MOD. 3).
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segue 1.5. Utilizzo di terre e rocce provenienti da aree oggetto di procedure di bonifica L'utilizzo di terre e rocce provenienti da aree soggette alle procedure dei siti contaminati di cui al Titolo V, Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006, è disciplinato dal progetto di bonifica redatto ed approvato secondo le modalità previste dalla disciplina di cui allo stesso Titolo V, Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006. 1.6. Esclusioni delle discipline di cui all'art. 186 del D.Lgs. 152/06 Oltre a quanto già previsto per "l'Attività di manutenzione alvei di scolo ed irrigui", come già descritto al paragrafo 1.5, lettera d) del presente allegato, non sono soggetti alla normativa in materia di terre e rocce da scavo disciplinate dall'art. 186 del D.Lgs. n.152/06: - i miglioramenti fondiari che: determinano esportazione di materiali a scopo industriale ed edilizio o per opere stradali o idrauliche, e sono quindi soggetti alla legge regionale 7 settembre 1982, n. 44 sulle attività di cava;
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segue non determinano esportazione di materiale, e, quindi, si sostanziano solo in movimentazione di terreno, ai fini agronomici, nell'ambito dello stesso fondo; i materiali litoidi provenienti da escavazioni effettuate negli alvei e nelle zone golenali dei corsi d'acqua e nelle spiagge e nei fondali lacuali, per l'effettuazione delle quali il quinto comma dell'articolo 2 della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44, prevede il rilascio delle autorizzazioni e/o concessioni da parte dell'autorità idraulica. Tali autorizzazioni e/o concessioni, rilasciate dalle autorità idrauliche competenti in conformità alla legge regionale 9 agosto 1988, n. 41 ed alle successive deliberazioni della Giunta Regionale n. 999/2003, n. 918/2004 e n. 3163/2005, surrogano infatti i provvedimenti autorizzativi previsti dalla citata legge quadro sulle attività estrattive, n. 44 del 1982, consentendo che l'esercizio di questa particolare attività di estrazione di materiali litoidi nei corsi d'acqua sia teso ad assicurare la funzionalità idraulica della rete idrografica regionale.
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segue 2. MODALITÀ OPERATIVE PER LO SVOLGIMENTO DELL'INDAGINE AMBIENTALE 2.1 Per qualsiasi tipologia di sito in cui si debba realizzare un intervento che comporti l'effettuazione di scavi con la conseguente produzione di terre e rocce, deve essere svolta un'indagine ambientale al fine di rappresentare in modo adeguato le caratteristiche del terreno da scavare. A tal fine è pertanto necessario effettuare preliminarmente: un inquadramento geologico dell'area, in particolare per gli aspetti relativi alla stratigrafia del sottosuolo; un'analisi storica delle attività umane svolte nel sito, in particolare degli insediamenti e/o delle antropizzazioni che lo hanno interessato; una verifica delle fonti di pressione ambientale eventualmente presenti.
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segue Opere/interventi da svolgere in aree pubbliche o private interessate dalla presenza di: attività industriali o artigianali (in essere o dismesse), serbatoi o cisterne interrate, sia dismesse che rimosse che in uso e che contengono o hanno contenuto idrocarburi e/o sostanze etichettate ai sensi della direttiva 67/548/CE e successive modifiche e integrazioni. In base alla superficie interessata dallo scavo, dovrà essere eseguito almeno il seguente numero di campionamenti: < m2: almeno 5 punti; m2 : da 5 a 15 punti; m2 : da 15 a 60 punti; m2 : da 60 a 120 punti; > m2 : almeno 2 punti ogni m2. Per quanto riguarda le sostanze da verificare, queste vanno definite in funzione dei risultati dell'analisi storica condotta, e comunque è necessario verificare i parametri relativi a: Arsenico, Cadmio, Cromo totale, Cromo VI, Nichel, Piombo, Rame e Zinco. Idrocarburi pesanti (C>12). Idrocarburi Policiclici Aromatici indicati nella tabella 1, allegato 5, alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006. PCB
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segue Opere/interventi da realizzare in aree pubbliche o private interessate da procedimenti di bonifica conclusi. Nelle aree dove la Provincia ha provveduto al rilascio del certificato previsto dall'art del d.lgs. n. 152/2006, non è necessaria a priori l'esecuzione di ulteriori indagini. Resta comunque salva la necessità di eseguire indagini analitiche qualora si accerti che, successivamente al rilascio del suddetto certificato, si siano svolte attività o si sono verificati eventi che possono aver modificato le caratteristiche delle matrici ambientali del sito. Resta inoltre salvo il rispetto delle condizioni previste al punto 4 in merito ai siti di possibile destinazione.
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segue Opere/interventi da realizzare in aree pubbliche o private ubicate: entro una fascia di 20 metri dal bordo stradale di strutture viarie di grande traffico, così come individuate all'articolo 2, comma 2, lettere A e B, del d.lgs. 30/4/1992, n. 285 e successive modifiche; in prossimità di insediamenti che possano aver influenzato le caratteristiche del sito stesso mediante ricaduta delle emissioni in atmosfera. Le operazioni di campionamento dovranno essere eseguite mediante sondaggi o trincee, spinti alla profondità massima di 1,00 m dal piano campagna, secondo una griglia che preveda un punto di indagine ogni metri quadrati di superficie interessata dallo scavo. L'analisi dovrà essere eseguita su un campione medio prelevato alla quota da p.c. 0,00 a - 1,00 m. In particolare i parametri da determinare per i siti collocati in prossimità delle strutture viarie di grande traffico dovranno essere: Arsenico, Cadmio, Cromo totale, Cromo VI, Nichel, Piombo, Rame e Zinco; Policlorobifenili (PCB); Idrocarburi Policiclici Aromatici indicati tabella 1, allegato 5, alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006; Idrocarburi pesanti (C>12). Per i siti collocati in prossimità di insediamenti le cui emissioni in atmosfera possono avere effetto di ricaduta sul suolo, i parametri da ricercare dovranno essere quelli specifici della fonte di pressione individuata.
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segue Opere/interventi da svolgere nei corsi d'acqua (manutenzione, risezionamento, vivificazione, ecc.). Il piano di campionamento dei materiali da scavare dovrà interessare il tratto del corso d'acqua oggetto di intervento, prevedendo in linea generale di prelevare un campione medio, indicativamente per ogni 200 m di corso d'acqua; qualora lo stato ambientale sia "elevato" e "buono" il piano di campionamento dovrà interessare solo il tratto potenzialmente coinvolto dalle fonti di pressione; in presenza di un centro abitato sarà opportuno infittire la maglia di campionamento adottando la linea generale di un campione ogni 100 m di corso d'acqua. In presenza di scarichi di attività produttive, scaricatori di piena di pubbliche fognature, scarichi di acque meteoriche provenienti da piazzali pavimentati sede di attività potenzialmente inquinanti, scarichi di acque meteoriche provenienti da grandi vie di comunicazione (autostrade, superstrade, ecc.), la situazione andrà studiata caso per caso adeguando il numero dei punti di prelievo. Per il campionamento, considerato che per effetto naturale il letto e le sponde possono essere il risultato di deposizioni a strati dei sedimenti trasportati dalla corrente d'acqua nel tempo, si ritiene che possa essere sufficientemente rappresentativo il prelievo in senso verticale su tutta la massa che deve essere rimossa, senza suddivisione, fatto salvo il fatto che, in presenza di significativa eterogeneità stratigrafiche si dovrà procedere al campionamento dei singoli strati. Ad esempio, se Io scavo interessa 40 cm di sedimento e 40 cm di terreno naturale, il campionamento va effettuato sui due strati. Le analisi devono essere eseguite, per ogni punto, sul campione medio ottenuto dall'unione dei tre sondaggi eseguiti (fondo e sponde sotto il pelo dell'acqua).
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segue Opere/interventi da svolgere in aree diverse da quelle indicate ai punti , , e La campionatura dovrà essere eseguita in misura pari ad almeno I campione ogni metri cubi di scavo. Nel caso di scavi lineari (per posa condotte e/o sottoservizi, realizzazione scoli irrigui o di bonifica, ecc.), ogni 500 metri di tracciato, fermo restando che deve essere comunque garantito almeno un campione ogni mc. Per quanto riguarda, invece, le analisi chimiche di laboratorio da effettuare per verificare i parametri, si ritiene che sia almeno necessario verificare i parametri relativi a: Arsenico, Cadmio, Cromo totale, Cromo VI, Nichel, Piombo, Rame e Zinco; - Idrocarburi pesanti (C>12). In aggiunta a tali determinazioni, sarà opportuno eseguire analisi specifiche relativamente alla potenziale presenza di sostanze inquinanti connesse con le attività antropiche eventualmente riscontrate sull'area nel corso dell'analisi storica o con fonti di pressione ambientale eventualmente rilevate. Le metodologie operative di campionamento sono quelle previste al successivo capitolo 3. L'effettuazione di indagini analitiche può essere omessa nei casi in cui esista concomitanza di specifici elementi oggettivi (risultanze dell'indagine storica relativa all'area dalle quali si evidenzia l'assenza di fonti di pressione, possesso di analisi già eseguite su terreni limitrofi aventi stesse caratteristiche geologiche, idrogeologiche ed antropiche, o di analisi già eseguite in sede di lottizzazione, ecc.) che possa determinare nel tecnico che esegue l'indagine ambientale il convincimento di attestare la qualità del sito anche senza ricorrere a verifiche analitiche. In questo caso tali elementi oggettivi dovranno essere ben evidenziati nella relazione dell'indagine ambientale ed il tecnico assume la piena responsabilità di quanto dichiarato.
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segue 3. METODOLOGIE OPERATIVE DI CAMPIONAMENTO, ANALISI CHIMICHE DEL TERRENO E TEST DI CESSIONE 3.1. Per le metodologie operative di campionamento ed analisi del terreno, si deve fare riferimento all'Allegato 2 "Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati" alla Parte Quarta - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, avendo cura di valutare, nella scelta del numero di campioni da formare per ciascun punto di campionamento, la stratigrafia del terreno. In particolare, per quanto concerne le metodiche analitiche, "Ai fini di ottenere l'obiettivo di ricostruire il profilo verticale della concentrazione degli inquinanti nel terreno, i campioni da portare in laboratorio dovranno essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche in laboratorio dovranno essere condotte sull'aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro. Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite."
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segue Ove si renda necessario valutare la cedibilità di contaminati da parte delle terre e rocce da scavo al fine, in particolare, di salvaguardare le acque sotterranee o superficiali in ossequio alle condizioni di cui alle lettere c), d) ed f) del comma 1 dell'art. 186 del d.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. si potrà procedere in tal senso mediante esecuzione di un test di cessione, stimando la concentrazione di contaminanti nell'eluato. Il test di cessione deve essere eseguito sul tal quale secondo la metodica prevista dalla norma UNI EN Per quanto riguarda le procedure e le modalità operative di campionamento e di formazione dei campioni da avviare ad analisi, si dovrà fare riferimento a quelle definite nella DGRV n. 2922/2003, opportunamente adattate alla specificità dei casi concreti. Restano evidentemente escluse le procedure previste da tale DGRV relative al coinvolgimento degli enti di controllo in tali fasi. In ogni caso, per assicurare certezza di rappresentatività degli esiti analitici, il prelievo dei campioni deve essere effettuato dal personale tecnico del laboratorio incaricato dall'analisi.
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segue 4. TABELLE DI RIFERIMENTO-SITI DI POSSIBILE DESTINAZIONE IN RIFERIMENTO Al LIMITI DI CONCENTRAZIONE DEGLI INQUINANTI 4.1. Tabelle di riferimento La tabella di riferimento per verificare se la concentrazione di inquinanti supera i valori di legge che ne permettono l'utilizzo in determinate aree è la tabella 1, dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006. La tabella di riferimento per verificare se il test di cessione supera i valori di legge è la tabella 2, dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006. Nel caso in cui le terre e rocce da scavo indagate abbiano una concentrazione di inquinanti che supera i limiti della tabella I dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, devono essere attivate le procedure previste nel medesimo Titolo V (fatti salvi i casi in cui tale superamento sia determinato da fenomeni naturali o dovuto alla presenza di inquinamento diffuso). Qualora si rilevi il superamento di uno o più limiti tabellari, è fatta salva la possibilità di dimostrare che il superamento dei citati limiti: - sia determinato da fenomeni naturali; - sia dovuto alla presenza di inquinamento diffuso, imputabile alla collettività indifferenziata e determinato da plurime fonti distribuite sul territorio.
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segue 4.2. Siti di possibile destinazione in riferimento ai limiti di concentrazione degli inquinanti Sono utilizzabili per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati: Le terre e rocce da scavo la cui concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A della tabella I dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, possono essere utilizzate in qualsiasi sito, a prescindere dalla sua destinazione; Le terre e rocce da scavo la cui concentrazione di inquinanti è compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, limitatamente a: realizzazione di sottofondi e rilevati stradali e ferroviari, arginature di corsi d'acqua; siti a destinazione produttiva (artigianale, industriale e commerciale), purché i test di cessione rispettino i valori della tabella di riferimento indicata al punto 4.1. Nei casi in cui è dimostrato che il superamento dei limiti tabellari è stato determinato da fenomeni naturali o sia dovuto alla presenza di inquinamento diffuso di cui al punto 4.1, l'utilizzo delle terre e rocce di scavo è consentito nel rispetto della compatibilità dei maggiori valori rilevati con i corrispondenti valori riscontrabili nel sito di destinazione.
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segue Sono utilizzabili nei processi industriali in sostituzione dei materiali di cava: Le terre e rocce da scavo la cui concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, possono essere utilizzate, in qualsiasi processo industriale, in sostituzione dei materiali di cava, a prescindere dalla sua tipologia. Le terre e rocce da scavo la cui concentrazione di inquinanti è compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, possono essere utilizzate solo negli impianti industriali nei quali le loro caratteristiche fisiche e chimiche vengono sostanzialmente modificate nell'ambito del processo produttivo per la realizzazione di prodotti o manufatti merceologicamente ben distinti dalle terre e rocce di partenza o da loro frazioni (ad es. processi termici per la produzione di cemento, cottura di laterizi, ecc.). Le terre e rocce da scavo la cui concentrazione di inquinanti supera i limiti di cui alla colonna B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV - Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, non possono essere utilizzate in alcun impianto tranne nel caso in cui tale utilizzo sia disciplinato dal progetto di bonifica redatto ed approvato secondo le modalità previste dalla disciplina di cui allo stesso Titolo V, Parte IV del d.lgs. n. 152/2006.
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Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n
Regione del Veneto Deliberazione della Giunta n. 794 del 31/03/2009 Procedure operative per la gestione delle terre e rocce - Integrazioni alla DGR 2424/08 – L. n. 2/2009 [omissis] Dalla nuova disposizione emerge che la non applicazione ai materiali di scavo della disciplina relativa ai rifiuti è subordinata alla dimostrazione della coesistenza di due condizioni: il materiale di scavo non deve essere contaminato (con riferimento alla destinazione d'uso dell'area interessata); deve essere certa la sua utilizzazione "nello stesso sito in cui è stato scavato". La verifica e la dimostrazione delle succitate condizioni può avvenire utilizzando le procedure già previste dalla DGR n in data 8/8/2008. Ne consegue che chi intendesse avvalersi dell'esclusione prevista dall'art. 185 deve allegare al progetto dell'opera che comporta lo scavo la seguente documentazione: ai fini della dimostrazione che il materiale di scavo non è contaminato: l'indagine ambientale condotta con le modalità previste al punto 2 dell'allegato A della DGR n in data 8/8/2008; ai fini della dimostrazione che il materiale di scavo sarà utilizzato "nello stesso sito in cui è stato scavato": una dichiarazione sottoscritta dal proponente il progetto dell'opera ove, a fronte dell'individuazione della quantità di materiale che sarà oggetto dello scavo, si attesti che tutto lo stesso materiale sarà riutilizzato nel sito di scavo (a tal fine è utilizzabile il Modello l allegato alla d.g.r. n. 2424/2008 con le opportune modifiche al caso specifico).
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Deliberazione della Giunta n
Deliberazione della Giunta n. 794/2009 Procedure operative per la gestione delle terre e rocce Integrazioni alla DGR 2424/08 – L. n. 2/2009 segue Va altresì sottolineato che i succitati materiali naturali di scavo, depositati in attesa di utilizzo nello stesso sito, non scontano la necessità di rispettare le temporalità massime indicate ai commi 2, 3 e 4 del medesimo articolo 186, ma possono permanere per tutta la durata del cantiere, fino al loro integrale riutilizzo in sito in ragione del fatto che, rispettate tutte le condizioni, a detto materiale si applicano le conseguenze dell'art. 185 del D. Lgs. n. 152/2006. Si rimarca da ultimo che qualora i materiali di scavo non possano essere completamente riutilizzati nel medesimo sito nel quale sono stati scavati, per la quota parte esportata possono comunque essere seguite le procedure previste dall'art. 186 del D. Lgs. n. 152/2006 e dalla DGR n. 2424/2008 al fine di per poterla utilizzare come sottoprodotto. [omissis]
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