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Il cibo: nutrimento del corpo e della mente

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Presentazione sul tema: "Il cibo: nutrimento del corpo e della mente"— Transcript della presentazione:

1 Il cibo: nutrimento del corpo e della mente

2 noi siamo quello che mangiamo
..noi siamo quello che mangiamo.. Il cibo che introduciamo, le sostanze di cui è fatto e il modo nel quale è cucinato andranno a formare nuove cellule del nostro organismo, che costituiranno gli organi, i tessuti, gli apparati. Ma questo non accade solo a livello fisico. Il cibo è nutrimento della mente e dello spirito rivestendo molti significati affettivi, emotivi, sociali e simbolici.

3 Cibarsi quindi è un atto dotato di grande potere comunicativo e relazionale… molto spesso sottovalutato. C’è chi mangia per stare in compagnia ed essere accettato, chi non mangia per ripicca, chi usa una cena per sedurre, chi fa della distribuzione del cibo un atto di controllo sugli altri, chi mangia per noia, chi per punizione e chi, spero per la maggior parte, per il piacere di farlo………….!

4 PRIMO PIACERE Cibarsi è la primissima esperienza piacevole che l’uomo prova appena nato. Questa esperienza è legata ad una profonda sensazione di benessere, di pace, di abbandono che ognuno di noi ha provato ed è rimasta impressa profondamente nella nostra mente. Il piacere di cibarsi è legato a sensazioni fisiche, quali il portare dentro, l’incorporare, il riempire il vuoto, il possedere. La bocca poi grazie alle innumerevoli terminazioni nervose e sensoriali è una delle parti più erotogene del corpo.

5 FORMA D’AM0RE Nel momento della poppata, archetipo di tutte le esperienze di nutrimento, si differenzia anche un’altra esperienza:quella affettiva. E’ una sensazione unica, indefinita, fisica e psichica contemporaneamente, favorita dal comportamento della madre che avvolge, nutre, protegge, coccola; il movimento della poppata al seno rappresenta la prima importante occasione per la costruzione dello SCHEMA CORPOREO

6 . RIUNISCE LA FAMIGLIA Il cibo è legato anche al concetto generale della famiglia, l’ora di pranzo, infatti, è il momento in cui la famiglia si ritrova, rilevando gli aspetti più profondi di essa:la comunicazione si apre facendosi più vivace o si chiude del tutto. All’interno del nucleo familiare, inoltre, si possono spesso riconoscere legami fra determinati cibi e persone: (la carne che piace tanto alla mamma,il salame che papà taglia così bene..gli agnolotti della domenica..).

7 OCCASIONE DI INCONTRO Il solo fatto di essere posizionati nello spazio intorno alla tavola in cui tutti, bene o male, si guardano in viso è condividere un momento molto forte… LEGATO ALLA SESSUALITA’ Cibo e sesso sono fonti prioritarie per la sopravvivenza umana: senza nutrirsi e riprodursi l’uomo non esisterebbe. Entrambe queste azioni permettono la circolazione dell’energia vitale nell’organismo.

8 DIPENDE DALLA SOCIETA’ Cibo e società sono legati a doppio filo
DIPENDE DALLA SOCIETA’ Cibo e società sono legati a doppio filo. Esiste un legame particolare specifico fra gruppi etnici e cibo: gli italiani identificati con gli spaghetti, gli americani con gli hot dog … gli inglesi con il the.. Ma questo è solo un aspetto marginale l’influenza più consistente della società sull’alimentazione è negli standard del peso forma che variano a seconda del tempo storico e delle condizioni socio-culturali. Nelle culture povere magro significa fame, mentre nel ricco occidente magro vive nell’agio.

9 La femminilità è l’altro aspetto pesantemente influenzato dalla società: nelle culture tribali e fino alla fine dell’800, femminile era il corpo con i fianchi larghi e rotondità in tutto il corpo.. simbolo della fecondità. Oggi in occidente dove la natalità è ridotta ai minimi storici i fianchi larghi non hanno più senso e cedono il passo a corpi lineari e filiformi.

10 VEICOLO DI EMOZIONI Ognuno di noi associa delle emozioni a particolare cibi; evochiamo ricordi di cibi e situazioni che derivano dalla nostro storia (..sapore del pane..dei mandarini..) GRANDE NEMICO Il cibo è naturalmente l’elemento centrale dei disturbi alimentari il co-protagonista attorno al quale ruotano gli attori che interpretano questo dramma familiare.

11 Il cibo: oggetto polisemico
Il cibo rappresenta oggetti, funzioni e dimensioni capaci di attrarre a sé e dunque evocare una serie pressoché infinita di domini e di valenze: Materia Istinto Fisiologia Emozioni Cultura

12 Da una concretezza che allude alla materia, alle sue caratteristiche organolettiche e alle trasformazioni chimiche, alla dimensione istintuale che richiama i regni biologici, a quella fisiologica nella quale i dinamismi corporei assumono pregnanza all’interno della dinamica vita/morte, a quella psichica, nella quale è la componente emozionale a dominare la scena e a incidere sul comportamento attraverso una ampissima gamma di tonalità e coloriture affettive,

13 sino alla sfera culturale e simbolica,
che consente di astrarre dall’oggetto cibo le sue qualità più nascoste e potenti, al punto che la distanza seppure notevole tra il significante cibo e il significato profondo che da esso promana, rende però possibile ricomprendere e valorizzare le innumerevoli sfumature di senso del cibo e del nutrirsi all’interno di un vero e proprio microcosmo immaginale.

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15 Aspetti fondanti sia dello psichismo che della corporeità, il cibo e le funzioni digestive improntano in modo indelebile il rapporto del neonato con il mondo circostante e assumono immediatamente il valore di elementi privilegiati della relazione madre/bambino, sia come effettori e mediatori relazionali sia, all’interno di una logica circolare e biunivoca, come funzioni a loro volta agite e orientate dalla qualità della relazione stessa.

16 In queste prime esperienze alimentari il cibo come oggetto fisico può risultare altrettanto significativo del cibo come substrato affettivo-emozionale, nel determinare non solo il comportamento alimentare del piccolo bambino ma anche la successiva qualità e lo stile delle sue interazioni con l’ambiente.

17 Sin dalle prime fasi di vita dell’individuo quindi, si producono associazioni mentali, configurazioni cognitivo-emotive che continueranno a incidere per tutta la sua esistenza.

18 Il piacere che il neonato prova con l’assunzione di cibo e ad un tempo la consapevolezza della totale dipendenza di tale piacere dalla volontà della madre, segna profondamente e indelebilmente il suo psichismo e modella inoltre le sue prime esperienze di rapporto con la realtà, con “gli altri” e con il loro “potere”.

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20 Già nelle prime tappe dello sviluppo psicologico il rapporto con l’alimentazione
assume una funzione centrale nello strutturarsi dei meccanismi psichici di sicurezza/insicurezza, separazione/appartenenza.

21 Così, attraverso processi in larga misura inconsci, si vanno strutturando sin dai primi anni di vita le determinanti psicologiche dell’alimentazione che si manifestano in differenti modi lungo l’intero arco dell’esistenza: spostamenti del desiderio di cibo nella tematica dei sogni, o in oggetti e funzioni sostitutivi, oppure ancora canalizzazioni di altri desideri o di tensioni emotive di vario tipo verso la pratica stessa del mangiare.

22 E’ in questo modo che problemi di insicurezza e di autosvalutazione, reazioni di protesta e istanze di ribellione, sensi di colpa, delusioni, carenze affettive, spesso emerse nel quadro dei rapporti familiari, si spostano e si esprimono simbolicamente sul terreno dell’alimentazione.

23 È attraverso la bocca che il bambino stabilisce il contatto con il mondo, e queste prime esperienze piacevoli o spiacevoli lasceranno un'impronta fondamentale nel modo in cui si relazionerà a se stesso e agli altri.

24 “Il cibo ha assunto da sempre un significato simbolico ed una speciale carica emotiva di calore, rifugio, accoglimento, identificazione, rispecchiamento. Mangiare vuol dire incorporare, assimilare, anche in senso ideale, le caratteristiche proprie degli alimenti che diventano parte dell’individuo, ma anche ‘mordere la vita’, ‘assaggiare il mondo’ ”.

25 Gli uomini diventano “forti” o “deboli” a seconda del cibo forte - debole che assumono; e la tendenza ad attribuire poteri magici a parti del corpo di cui ci si nutre è una delle caratteristiche più diffuse della mente primitiva , secondo il principio di analogia che ritroviamo per altro in molte medicine tradizionali e naturali: il cannibale mangia il cervello o il cuore del nemico per assimilarne a forza o il coraggio.

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27 LO  SVILUPPO  PSICOLOGICO DEL BAMBINO SECONDO  FREUD : L’ASPETTO GENETICO

28 Lo esaminiamo sotto due aspetti. SVILUPPO PSICOSESSUALE
STADIO  ORALE Lo esaminiamo sotto due aspetti. SVILUPPO PSICOSESSUALE Lo stadio orale dura dalla nascita allo svezzamento, dunque verso i 12 mesi di età, e viene così chiamato perché la zona più importante del nostro corpo (zona erogena), quella che determina il compito principale in questa fase dello sviluppo, ciò che è più importante fare ed imparare, riguarda la bocca e l’apparato digestivo, ma anche tutti gli organi di senso e la pelle. Particolarmente importante in questa fase è sapere che tutto provoca degli stimoli che devono essere immagazzinati e rielaborati dal bambino.

29 Lo scopo del desiderio orale è duplice.
Da una parte vi è il desiderio di succhiare, autoerotico e non legato ad una relazione affettiva (desiderio anoggettuale) perché nel bambino non vi è ancora una differenziazione tra l’Io e ciò-che-non-è-io (in senso generale: l’altro). Dall’altra il desiderio di incorporare dentro di sé gli oggetti che vengono visti come un prolungamento del bambino stesso: per il bambino “avere” il seno della madre è come “essere” strettamente unito alla madre. Da notare che secondo alcuni autori è presente in questa fase anche la paura di essere divorato, esattamente come il bambino fa con il cibo.

30 L’oggetto relazionale più importante in questa fase è il seno materno, che il bambino succhia. La suzione non è solo alimentazione ma anche un grosso piacere. Gradualmente si instaura una relazione simbiotica madre-bambino basata inizialmente sulla nutrizione ma da cui il piacere della suzione si separa assai presto; diventa così importante anche il piacere di essere accudito. Secondo alcuni autori esiste anche un piacere orale primario, come dimostra il fatto che il bambino si succhia il pollice in utero.

31 Harry F. Harlow, Monkey Love Experiments
The famous experiments that psychologist Harry Harlow conducted in the 1950s on maternal deprivation in rhesus monkeys were landmarks not only in primatology, but in the evolving science of attachment and loss. Harlow himself repeatedly compared his experimental subjects to children and press reports universally treated his findings as major statements about love and development in human beings. These monkey love experiments had powerful implications for any and all separations of mothers and infants, including adoption, as well as childrearing in general.

32 Harry F. Harlow, Monkey Love Experiments

33 Harry F. Harlow, Monkey Love Experiments

34 Harry F. Harlow, Monkey Love Experiments

35 Come dice Lowen : "Si può paragonare il lattante al frutto che matura sull'albero; il capezzolo è l'equivalente del gambo. La naturale separazione del frutto avviene quando è giunto a perfetta maturazione: allora cade al suolo per iniziare un'esistenza indipendente radicandosi alla "madre" terra. È solo il frutto immaturo che presenta una resistenza alla separazione dall'albero... 

36 Il neonato attraverso l'allattamento appaga il suo bisogno di essere amato, rassicurato, accettato e di potersi abbandonare a questa esperienza in modo fiducioso. Un allattamento insufficiente o uno svezzamento brusco si sposterà poi, psicologicamente, oltre che nella fame anche nella pulsione di essere riconosciuti o nella sete di giustizia, tutti aspetti che derivano da un forte senso d'inadeguatezza e vuoto. 1

37  Nel caso del frutto, più è maturo prima della separazione dall'albero, più contiene zucchero naturale ed è dolce. Il frutto immaturo è aspro come l'organismo immaturo che troppo presto perde la connessione vitale con la madre. Il carattere orale è aspro e questa asprezza si scopre in tutti gli individui la cui struttura contiene un forte elemento orale".

38 Karl Abraham,uno dei primi grandi autori della scuola psicanalitica, divide a sua volta lo stadio orale in due sottofasi, da lui chiamate Stadio orale primitivo e Stadio orale tardivo. a. Stadio orale primitivo (o stadio pre-ambivalente). Freud lo definì anche Stadio narci-  sistico primario e fu definito anche  Stadio  anaclitico.  Si estende  dalla  nascita  ai  sei mesi  ed  è  caratterizzato  dalla  suzione  in  quanto  assorbimento  ed   incorporazione dall’esterno di oggetti buoni; dalla indifferenziazione tra  l’Io  e  l’oggetto  d’amore  (il seno materno); dall’assenza di ambivalenza tra l’amore e l’odio. Si tenga presenta  che Melanie Klein non condivide assolutamente l’assenza di ambivalenza affettiva in questo  stadio.  In  questa  fase  si  struttura  un’identificazione  primaria,  legata  all’incorporazione del cibo, che assicura il senso di identità di base, la fiducia basale di sé.

39 b. Stadio orale tardivo ( o stadio sadico orale)
b. Stadio orale tardivo ( o stadio sadico orale). Si estende dai 6 ai 12 mesi ed è caratterizzato da pulsioni cannibaliche legate allo spuntare dei denti. Mordere significa mettere in atto una pulsione aggressiva ma anche una rivincita contro le frustrazioni. L’incorporazione dentro di sé diventa quindi sadica, si esercita su un oggetto, il cibo,  il seno materno, distrutto e poi sputato perché cattivo.

40 Nell’era della globalizzazione il rapporto con il cibo appare contraddittorio e sempre più condizionato dalla cultura

41 Tale contraddizione appare esplicitarsi a livello individuale tra autocontrollo e consumo, tra diete e ricerca di godimento nel cibo, tra corpo come costruzione e corpo come destino. Si fa strada la meta-fora di una "società dell'incertezza" in cui all'apparente esplosione delle opportunità , corrisponde la difficoltà ed a volte l'incapa-cità di selezionare mete dotate di senso.

42 •Nelle culture tradizionali il corpo è luogo simbolico fra l’individuo e il contesto comunitario.

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terapeutico potrà restituire a questi soggetti la capacità di recuperare la polivalenza simbolica che il prender cibo porta con sé, abbandonando le rigide e costrittive autorappresentazioni e le mortificanti autorestrizioni che impediscono loro di amare, senza distruggere, il cibo, se stessi, il corpo e il mondo


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