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PubblicatoGina Vecchio Modificato 11 anni fa
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PSICOLOGIA CLINICA Teoria e tecnica del colloquio clinico e Laboratorio Prof. Daniela Cantone a.a. 2012/2013
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Definizione La Psicologia clinica procede allo studio approfondito di casi individuali, al fine di evidenziare le particolarità o le alterazioni del funzionamento psicologico di una persona. Doron R., Parot F., Del Miglio C., 2001
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Oggetti di studio la varietà e la specificità delle situazioni soggettive e dei bisogni dei pazienti, piuttosto che un tipo personologico prevalente o un particolare insieme di abilità e di tratti; la diagnosi dei diversi livelli evolutivi e delle differenti organizzazioni intra e interpersonali, piuttosto che la diagnosi fenomenologica basata sulla presenza di segni e sintomi.
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Le connotazioni salienti dell’intervento psicologico clinico:
a – l’intervento risponde ad una domanda che viene rivolta allo psicologo clinico in base ad un problema, “vissuto” da chi pone la domanda stessa; non ad una diagnosi di un qualche disturbo o disagio b – l’intervento non ha funzioni ortopediche (guarigione del disturbo, riduzione alla retta via, riconduzione al conformismo delle regole sociali, correzione di deficit), quanto la funzione di facilitare una analisi della domanda ed un processo di conoscenza della relazione che si istituisce con lo psicologo clinico c – l’intervento è volto a promuovere lo sviluppo del sistema che ha posto la domanda, rimuovendo quelle dimensioni relazionali difensive che allo sviluppo si oppongono.
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d - l’intervento ̀può avere quali committenti singoli individui, gruppi sociali, organizzazioni ed istituzioni. e - le persone o i gruppi sociali si rivolgono allo psicologo clinico perché questi esiste ed è possibile attribuirgli una qualche funzione, sulla base di conoscenze stereotipali, imprecise, fondate su attese fantasmatiche. E’ l’analisi della domanda che consente di elaborare la domanda stessa e di dare senso all’intervento, una volta riorganizzata la comprensione del problema. f – l’intervento si fonda sull’analisi della relazione tra chi pone il problema e lo psicologo clinico (Carli R., 2006).
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Il lavoro diagnostico è il luogo nel quale confluiscono gran parte delle conoscenze di cui dispone la psicologia clinica e, la capacità di effettuare una diagnosi del funzionamento del paziente (diagnosi funzionale) è identificata come il requisito professionale che definisce il ruolo e il compito dello psicologo clinico.
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DIAGNOSI FUNZIONALE La valutazione di come l’individuo tende a funzionare dal punto di vista cognitivo, affettivo e comportamentale. Significa valutare sia le aree patologiche che quelle sane della personalità, poiché per aiutare qualcuno occorre conoscere sia le sue capacità adattive sia le sue aree disfunzionali.
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Per arrivare a una diagnosi valida e utile, i comportamenti dell’utente/cliente (che possono essere simili a quelli di altri individui) devono essere compresi nella specificità del suo contesto e della sua storia di vita. Anche se i comportamenti osservabili di individui diversi possono sembrare molto simili tra loro, i loro significati e le loro motivazioni possono essere piuttosto diversi e, quando vengono presi in considerazione, possono produrre diagnosi differenti, o persino nessuna diagnosi.
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Molti aspetti normali del funzionamento, che vanno dagli eventi avvenuti nell’infanzia alla normale gamma di strutture caratterologiche che interagiscono con le esperienze nel produrre la patologia, dovrebbero entrare a far parte dell’intero processo diagnostico. Wakefield J.C. (2005), definisce assessment una diagnosi intesa in questo senso ampio mentre usa il termine “diagnosi” per riferirsi esclusivamente al ristretto compito dell’identificazione del disturbo del paziente.
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L’assessment deve essere unico per ogni individuo poiché i disturbi di due persone non si verificano a causa della stessa identica sequenza di eventi; molti individui, invece, possono avere lo stesso disturbo. L’assessment così inteso, permette di identificare non solo ciò che va male nel funzionamento mentale di un certo paziente ma anche quali fattori hanno fatto sì che qualcosa sia andato male.
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“Un esame psicologico è ben condotto soltanto se il clinico si orienta costantemente attraverso la formulazione di ipotesi relative a questo o a quell’aspetto del funzionamento del paziente”. Perron R. et al., La pratique de la psychologie clinique. Dunod, Paris, 1997
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Westen chiarisce il concetto di “funzionamento” quando invita il clinico a domandarsi: “In quali circostanze i pattern cognitivi, affettivi, motivazionali, comportamentali del paziente e le loro interazioni si attivano in modo tale da produrre stress per lui/lei o per le persone che gli/le sono vicine?” Westen D. (1998), “Diagnosi di personalità e formulazione del caso: due processi o uno?. Tr. It. In Barron J. W., Dare un senso alla diagnosi. Cortina, Milano, 2005
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DOMANDE PER UNA DIAGNOSI FUNZIONALE
Quali sono i desideri, le paure, le cose a cui il soggetto dà valore, e in che modo queste motivazioni sono consce e compatibili tra loro? Quali sono le risorse psicologiche di cui il soggetto dispone per adattarsi alle richieste del mondo interno ed esterno? Quali sono le capacità del soggetto di instaurare relazioni intime e qual è la sua esperienza del sé, dell’altro e delle relazioni?
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Nella pratica clinica sono molti gli strumenti che consentono di fornire risposte affidabili a questi interrogativi: Il colloquio clinico; La raccolta di dati significativi dagli informants (parenti più o meno prossimi, amici, colleghi); I test psicodiagnostici.
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