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PubblicatoSelvaggia Bevilacqua Modificato 10 anni fa
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1° Corso promosso dalla Scuola centrale di formazione dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia I principi generali del diritto di famiglia e il ruolo dell'avvocato 1 Lezione Il processo camerale nel diritto di famiglia
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Il processo camerale nel diritto di famiglia casi e questioni
Claudio Cecchella Roma, 22 settembre 2014
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metodo Nella prospettiva di una didattica che superi il modello della lezione “frontale” di matrice accademica, si è pensato ad una lezione “interattiva” tra un docente, che docente non è perché è solo un promotore di problemi e questioni, e il gruppo dei discenti, che sono invece un po’ docenti, in quanto veri protagonisti del corso, i quali dovranno risolvere i problemi e le questioni.
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La relazione iniziale e le relazioni finali
La relazione iniziale avrà il solo scopo di precisare i problemi e le questioni sollevate dal caso che il tema suggerisce, mentre le relazioni finali in plenaria avranno il compito di esporre le soluzioni che saranno emerse nella discussione, eventualmente evidenziando orientamenti diversi in base all’esperienza di ognuno, anche e soprattutto alla luce della giurisprudenza del proprio tribunale.
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I gruppi di lavoro I frequentanti saranno suddivisi in gruppi di lavoro, esattamente tre gruppi di lavoro che si riuniranno in tre aule del centro congressi; ogni gruppo di lavoro avrà uno o più temi assegnati e darà sulla base della esperienza di ognuno una soluzione al caso o questione anche in maniera ulteriormente problematica. Il gruppo sarà coordinato da un relatore e un componente dovrà in estrema sintesi riassumere gli interventi o le soluzione offerte.
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I casi e le questioni
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1° gruppo coordinato dal Prof. Romolo Donzelli
1. "Costituzionalità di una risoluzione delle controversie di famiglia su diritti soggettivi mediante forme di rito camerale "puro" ovvero che rinvia esclusivamente agli artt. 737 e ss. c.p.c.: problemi e prospettive” 2. "Rito camerale, misure cautelari e provvedimenti anticipatori nelle controversie di famiglia”
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2° gruppo coordinato dall’Avv. Rita Prinzi
3. "Profili di rito e competenza; connessione di domande avviate con il rito camerale e domande avviate con il rito ordinario, in particolare in relazione alla disciplina dell'art. 38 disp. att. c.c.” 4. "Il rito camerale sui diritti indisponibili, modifiche alla disciplina delle forme processuali dedicate alle controversie sui diritti disponibili".
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3° gruppo coordinato dal Prof. Claudio Cecchella
5. "L'appello camerale nelle controversie di famiglia, incompatibilità con l'appello comune e prospettive”
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"Costituzionalità di una risoluzione delle controversie di famiglia su diritti soggettivi mediante forme di rito camerale "puro" ovvero che rinvia esclusivamente agli artt. 737 e ss. c.p.c.: problemi e prospettive”
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La mancanza di disciplina
Il rito camerale è regolato dagli artt. 737 e ss. c.p.c., ovvero da pochissimi articoli, sulle forme dell’atto introduttivo (ricorso), art 737; sulla delega ad un giudice per l’assunzione della prova e sull’assunzione di sommarie informazioni (738); sulla impugnazione (art. 739); sul regime e gli effetti del provvedimento conclusivo (artt. 741, 742 e 742 – bis, c.p.c.)
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I poteri del giudice E’ un rito che abbandona alla discrezionalità del giudice, se non addirittura alla sua libertà le forme del processo.
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Il problema dell’adozione al rito contenzioso
La discrezionalità delle forme si spiega nell’adozione originaria (probabilmente neppure in linea con le garanzie del procedimento amministrativo) quale strumento della volontaria giurisdizione, quando il giudice è esclusivamente investito di una funzione amministrativa di gestione di interessi generali: le tutele e la omologa di negozi giuridici, in ambiti in cui sono coinvolti gli interessi della generalità accanto a quelli del privato.
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segue Tuttavia la semplificazione delle forme, nel segno della celerità e del maggior controllo giudiziale, viene presto posta al servizio della tutela giurisdizionale dei diritti, particolarmente nell’ambito delle controversie di famiglia e fallimentari, per ovviare ai tempi del processo a cognizione piena.
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Violazione della riserva di legge?
La mancanza di disciplina e l’abbandono delle forme del processo alla discrezionalità del giudice:nell’ambito della tutela giurisdizionale dei diritti contrasta con la riserva di legge nella regolamentazione del processo, imposta dalla costituzione art. 111 Cost.?
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violazione della regola del giusto processo?
Oltre alla mancanza di regolamentazione legislativa, il rito camerale si presenza come autosufficiente, ovvero non tollera alternative a sé stesso: la tutela cautelare o sommaria e la tutela a cognizione piena non sono ammesse nelle materie devolute al rito camerale. La tutela dei diritti sino al giudicato si riduce ad una cognizione sommaria, mai seguita da una cognizione piena e priva di strumenti di tutela cautelare.
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L’inammissibilità delle tutele cautelari e comuni a cognizione piena
La introduzione di mezzi di tutela cautelare (costituzionalizzate dall’art. 24 Cost.) o di mezzi comuni a cognizione piena, si risolve in una declaratoria di inammissibilità, non essendo gli errori di rito destinati ad una tecnica di conversione (artt. 426 e 427 c.p.c. o 4 del d. lgs n. 150 del 2011) e di conservazione degli effetti della domanda. Tutto ciò è costituzionale in relazione all’art. 3 Cost.?
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Le reazioni del sistema
Le possibili reazione del sistema: la incostituzionalità della adozione del rito nella tutela giurisdizionale dei diritti; l’adattamento, in via interpretativa, alle garanzie processuali della tutela giurisdizionale dei diritti; Il giudice di legittimità, ha seguito la seconda alternativa,seguito dopo qualche iniziale esitazione dal giudice della costituzionalità delle leggi.
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Le garanzie Come Andrea Proto Pisani ha evidenziato (“La giurisdizionalizzazione dei processi minorili c.d. de potestate”, in Foro it., 2013, V….. ) il carattere giurisdizionale dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale , come anche delle controversie sull’ affidamento, non tollera l’applicazione di norme inesistenti come quelle del rito camerale (per l’incostituzionalità: ordinanza Dogliotti, App. Genova, 4 gennaio 2001, e ordinanza Pazzè , App. Torino, 3 gennaio 2001) per violazione dell’art. 111 Cost. sulla riserva di legge e sulle regole del giusto processo.
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La risposta della Corte Costituzionale
La sentenza n. 1 del 2002 della Corte cost. ha risolto salomonicamente con una declaratoria di inammissibilità che lascia aperto il contrasto, ma anche incidentalmente ha suggerito l’applicazione al procedimento di cui all’art. 336 c.c.: - del principio del contraddittorio, anche quando la misura viene data inaudita altera parte, e di alcuni fondamentali garanzie previste dal processo cautelare uniforme, particolarmente in ordine al reclamo, come adeguamento costituzionale della normativa.
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La interpretazione giurisprudenziale
In questo modo penetra nel sistema un “diritto vivente” giurisprudenziale, meno evidente lo si deve dire nell’esperienza innanzi al tribunale per i minorenni, così regolato: attenzione al contraddittorio e al diritto di difesa, nello spiegamento di tutte le sue potenzialità; attenzione all’esercizio di un diritto alla prova; motivazione del decreto conclusivo e suo controllo di legittimità innanzi alla Suprema Corte.
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il diritto vivente innanzi al giudice minorile
Questa evoluzione è alcune volte meno evidente nella pratica del rito camerale innanzi al tribunale dei minorenni, dove la parte apprende della pendenza del procedimento assai spesso quando un atto istruttorio è già compiuto e viene convocata con modalità che non assicurano alcuna garanzia di conoscenza non solo della pendenza ma delle ragioni del procedimento.
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L’ultima esperienza legislativa
Nell’ultima esperienza legislativa – la riforma del processo fallimentare – il legislatore ha preferito riscrivere le forme camerali offrendo forme ormai aliene da quelle primordiali camerali: veri propri processi ibridi ormai aperti alla cognizione piena: il processo per la dichiarazione di fallimento (art. 18 ), per la verifica dello stato passivo (artt. 95 ss.), per l’impugnativa degli atti degli organi giurisdizionali del fallimento (art. 26).
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La soluzione di continuità nel diritto familiare
Al contrario dell’esperienza del fallimento, il diritto di famiglia prosegue nel richiamo puro e semplice delle forme degli artt. 38 disp. att. c.c. (adozione del c.d. camerale puro) <<Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile>>
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Le “vendette” del sistema
Dopo una stagione di polemiche sull’adozione delle forme camerali “pure”alla tutela dei diritti, la “creazione” di un nuovo rito giurisprudenziale e la riforma legislativa del rito in alcuni materie (appello), il rito camerale sta vivendo una stagione prolifica, aprendosi alle garanzie molto più del processo ordinario: dopo le recenti riforme della cognizione ordinaria di primo grado e delle sue impugnazioni.
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"Profili di rito e competenza e di connessione di domande avviate con il rito camerale e domande avviate con il rito ordinario, in particolare in relazione alla disciplina dell'art. 38 disp. att. c.c.”
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Il rito
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Il principio di tipicità
La delicatezza della scelta, sta tutta nell’esito dell’errore: l’inammissibilità della domanda con conseguente perdita dei suoi effetti, in mancanza di una sanatoria con conversione del rito. La scelta è guidata dal principio di tipicità?: solo nelle materie in cui espressamente il legislatore richiama il rito, esso è applicabile, ogni altra controversia è assoggettata al rito comune.
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Il rito minorile Nei procedimenti in materia di responsabilità genitoriale di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ex art. 38 delle disp. att. c.p.c. La regola riguarda il rito e non la competenza.
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il rito dell’appello Il rito camerale è ormai il rito generalizzato dell’appello nel controversie di famiglia, siano essere precedute da un primo grado che si è svolto in forme camerali, sia che sia preceduto da un primo grado che si è svolto in forme ordinarie (separazione e divorzio).
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La competenza
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La sopravvivenza del riparto di competenze
Anche dopo la legge n. 219 del 2012 sulla filiazione, sopravvive all’intervento della riforma la ripartizione delle competenze, avendo il legislatore riproposto – nonostante la presenza di numerosi disegni di legge verso l’unificazione delle competenze con la creazione di una competenza unica per materia funzionale del tribunale ordinario sezione specializzata della famiglia – l’applicazione dell’art. 38 delle disp. att. cod. civ.?
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le competenze <<Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile>> <<Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria>>
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Le controversie sulla responsabilità genitoriale
Sono in particolare rimaste nella competenza del tribunale per i minorenni le controversie sulla responsabilità genitoriale, sulla sua decadenza (artt. 330 e 332 c.c.); sui provvedimenti convenienti meno gravosi della decadenza, come l’allontanamento (art. 333 c.c.); sulla rimozione e riammissione nell’esercizio dell’amministrazione (art. 334 e 335).
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incrementi L’autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso ex art. 251 c.c. sono attribuite al tribunale per i minorenni (nuova formulazione dell’art. 38 disp. att. c.c.)
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Segue. L’azione degli ascendenti
L’azione degli ascendenti a tutela del diritto di mantenere rapporti significativi con nipoti minorenni, ai sensi dell’art. 317-bis, introdotto dal d.lgs. n. 154 del 2013, è “incomprensibilmente” affidato alla competenza del tribunale per i minorenni, in forza della modifica apportata all’art. 38 delle disp.att. c.c.”.
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L’incremento della competenza del tribunale ordinario
Poiché l’art. 38, al secondo comma, ripropone la regola di chiusura secondo la quale ogni altra controversia è attribuita alla competenza del tribunale ordinario, ne risulta significativamente incrementata la competenza di questo organo.
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Segue. Controversie sull’ esercizio della responsabilità genitoriale
Sono affidate alla competenza del tribunale ordinario, alcune controversie sulla responsabilità genitoriale: art. 316, risoluzione dei contrasti sull’esercizio della responsabilità genitoriale dei figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio; la disciplina separata per i figli nati fuori dal matrimonio è stata abrogata con la novellazione dell’art. 317-bis, oggi tutto è ricompreso nell’art. 316 (d. lgs n. 154 del 2013)
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La connessione
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La competenza attrattiva per connessione del tribunale ordinario
All’attribuzione di affidamento e mantenimento integralmente al tribunale ordinario, la legge n. 219 pone l’ulteriore competenza per attrazione - dovuta alla pendenza del procedimento per separazione e divorzio o del giudizio sulla controversia inerente l’esercizio della responsabilità genitoriale ex art. 316 c.c. -, delle controversie sulla responsabilità genitoriale.
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Conseguenza interpretativa,i procedimenti di modifica e revisione
Per l’identità di oggetto deve ritenersi che la vis attrattiva vale anche in caso di pendenza dei procedimenti di modifica e di revisione delle condizioni di separazione e divorzio?
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I figli nati fuori dal matrimonio
La unificazione dei procedimenti sulle controversie relative all’esercizio della responsabilità genitoriale dei figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio sotto la disciplina dell’art. 316, dovuto al d.lgs n. 154 del 2013, esclude oggi il problema della attrazione per connessione con le controversie di cui all’art. 317-bis c.c. che non regolano più le controversie relative ai figli nati fuori dal matrimonio.
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Conseguenze in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio: affidamento e mantenimento cumulati innanzi al tribunale ordinario Il riparto di competenze, nonostante la persistente frantumazione e biforcazione, ha il pregio di superare definitivamente la giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass., 3 aprile 2007, n. 8362, in Foro it., 2007, I, 2049), che in caso di domanda congiunta di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio e di mantenimento, quest’ultima in via autonoma attribuita alla competenza del tribunale ordinario, affidava l’intera controversia al tribunale per i minorenni, derogando alle regole sulla competenza per ragioni di connessione?
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….sulle controversie ex art. 709 – ter c.p.c.
L’art. 709 – ter c.p.c., il suo radicarsi sulla competenza per il merito e la possibilità che il giudice in questa sede possa modificare i provvedimenti di affidamento e potestà, offre ragione di una vis attrattiva della controversia sulla responsabilità genitoriale pendente innanzi al tribunale per i minori?
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Il problema, i legittimati diversi delle azioni sulla responsabilità genitoriale
Resta da capire cosa accada nell’eventualità che il legittimato di cui all’art. 336, nelle controversie sulla responsabilità genitoriale , sia un soggetto diverso dai genitori, pur legittimato sulla base di quella disposizione: in pendenza della separazione o del divorzio, resta ferma la competenza del tribunale per i minorenni? Oppure deve ritenersi ampliato soggettivamente il procedimento per separazione e divorzio in virtù della vis attrattiva? Propende per la prima Tribunale Milano 07 maggio Pres. Servetti - Est. Buffone, in
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Inapplicabilità dell’art. 5 c.p.c.?
La vis actrattiva non deve applicarsi soltanto nel caso in cui già penda anticipatamente il procedimento per separazione e divorzio al momento della presentazione della domanda sulla controversia affidata al tribunale per i minorenni, ma per l’ampiezza della formula (“resta esclusa la competenza”) deve ritenersi che la vis attrattiva operi anche quando sia introdotta anteriormente la controversia innanzi al tribunale per i minorenni?
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Tribunale Milano 03 ottobre 2013
“L’innovativo criterio della competenza funzionale per attrazione opera (o può operare) nel senso di ricondurre al giudice ordinario la cognizione anche dei profili inerenti alla limitazione e/o ablazione della responsabilità genitoriale, che in via generale sono attribuiti alla competenza del Tribunale minorile, solo in presenza di una precedente pendenza di un procedimento c.d. ordinario”
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Alcune riflessioni sulla litispendenza
I procedimenti in questione pendono tutti dal deposito del ricorso essendo introdotti in quella forma (art. 39, 4° comma, c.p.c.) e deve ritenersi pendente anche il processo sospeso o interrotto.
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Il problema della compatibilità con i rito ordinario
L’applicazione della competenza per attrazione verso il procedimento per separazione e divorzio codifica per la prima ipotesi un rito camerale che si converte in rito ordinario?
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"Rito camerale, misure cautelari e provvedimenti anticipatori nelle controversie di famiglia”
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Il problema di una tutela provvisoria
Oltre alla mancanza di regole del rito, che apre la prospettiva del processo al baratro della violazione dei più elementari principi del giusto processo, resta la lacuna della mancanza di un provvedimento provvisorio, di natura anticipatoria che costituisce invero indefettibile misura dovuta alla differenziazione della tutela giurisdizionale dei diritti essendo endemicamente implicato dalla controversia familiare il profilo dell’urgenza della tutela.
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Mancanza di una soluzione
Il richiamo al rito camerale, per il carattere autosufficiente ed intollerante a forme di tutela alternativa, come quella ordinaria a cognizione piena, anche quella anticipatoria a cognizione sommaria rende insolubile il problema. Non è risolto neppure dal terzo comma dell’art. 38 il quale sancisce solo l’immediata esecutività dei provvedimenti terminali e non si esprime sui provvedimenti provvisori ed urgenti, sul modello dei provvedimenti presidenziali in sede di separazione e divorzio.
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L’analogia L’interprete può, per dovere costituzionale, dare un’interpretazione della grave lacuna? Applicazione analogica dell’art. 710, 3° comma, c.p.c. il quale introdotto in un caso di rito camerale familiare, potrebbe essere di generale valenza, oppure l’art. 336, 3° comma.
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L’impugnativa dei provvedimenti provvisori
Ammettere anche in via analogica provvedimenti provvisori pone al centro dell’attenzione il tema della loro reclamabilità, solubile: o con l’applicazione analogica del reclamo cautelare; o con l’applicazione del reclamo camerale ex art. 739 c.p.c.
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La giurisprudenza La reclamabilità è stata ritenuta da App. Catania 14 novembre 2012: “E’ ammissibile la autonoma reclamabilità ex art. 739 c.p.c. dei provvedimenti provvisori adottati nel procedimento ex art. 317 bis c.c, anche se non è esplicitamente prevista nel processo camerale minorile una forma di reclamo analoga a quella prevista dal comma IV dell’art. 708 c.p.c. e che i provvedimenti provvisori sono modificabili dal giudice che li ha emessi”
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Tutela d’urgenza Al di là di una tutela anticipatoria è consentita nel rito camerale una tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c., in considerazione della sua costituzionalizzazione come la Corte cost. ha in più occasioni ritenuto?
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"Il rito camerale sui diritti indisponibili, modifiche alla disciplina delle forme processuali dedicate alle controversie sui diritti disponibili”
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La mancanza del principio di preclusione nel rito camerale
La domanda è introdotta con ricorso, all’interno del quale la parte non deve misurarsi con il principio di preclusione, per cui le difese (domande, eccezioni e prove possono essere diluite lungo il corso del procedimento, dovendo coordinarsi solo con la celerità del rito, che può esaurirsi anche in una sola udienza). Lo stesso a valere per la memoria di costituzione del convenuto che può essere depositata alla udienza.
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i protocolli e le prassi
In alcuni protocolli o per alcune prassi, i tribunali fissano alle parti termini per lo svolgimento di un contraddittorio anteriore alla udienza, onde evitare che questa possa subire ulteriori rinvii. E’ opportuno sottolineare che questi termini possono essere perentori?
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Il carattere indisponibile del diritto
La mancanza del principio di preclusione alle difese (neppure la domanda), sta spesso nella peculiarità della materia, essendo il rito per lo più adottato nel processo minorile ove hanno rilievo situazioni indisponibili: la responsabilità genitoriale; l’affidamento; il contributo di mantenimento del minore; l’assegnazione della casa coniugale
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La mancanza di previsione legislativa
Il principio di preclusione, per la ragione che i termini perentori li detta la legge e non il giudice (art. 153 c.p.c.), può essere introdotto solo dal legislatore: in mancanza non esiste?
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la deroga al principio della domanda
Il carattere indisponibile della situazione consente al giudice – in particolare quando oggetto della tutela è un diritto personale ed economico del minore – di assumere determinazioni a prescindere da una domanda di una delle parti o del p.m. (responsabilità genitoriale, affidamento, collocazione, assegnazione della casa coniugale, contributo di mantenimento)?
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il rilievo dell’accordo delle parti
Anche se il giudice deve prestare attenzione all’accordo dei genitori, nel determinarsi per l’accertamento dei diritti del minore ( e solo per questi ) può anche derogarvi, assumendo una decisione contraria?
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"L'appello camerale nelle controversie di famiglia, incompatibilità con l'appello comune e prospettive”
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L’impugnativa dei decreti del tribunale per i minorenni
La norma si esprime invece in modo esplicito per la reclamabilità (da intendersi in sede camerale) alla sezione della Corte di appello per i minorenni, cfr. art. 38 disp att. In tal modo, almeno nella disciplina dell’appello le controversie di famiglia si unificano tutte in un rito che segue le regole della camera di consiglio.
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gli appelli di rito camerale nelle controversie di famiglia
Il rito camerale è irriducibile alle regole della cognizione piena e il sistema è colmo di episodi di rito camerale al quale viene affidata la tutela dei diritti in appello, particolarmente nel diritto di famiglia: i reclami avverso i decreti del tribunale per i minori (nuovo art. 38 disp att. c.c.); i reclami avverso le controversie di famiglia affidate al tribunale ordinario con rito camerale (modifica e revoca delle sentenza di sep e div. ; le competenze ereditate dal tribunale per i minorenni, dopo la legge n. 219 del 2012) gli appelli in forma camerale delle sentenze di separazione e divorzio (art. 709 – bis c.p.c. e art. 4, c. 15, legge n. 292 del 1970).
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la tendenza verso una cameralizzazione dell’appello nel diritto di famiglia, conseguenze
Per quanto il legislatore non sia sempre preciso (nel procedimento per separazione si ipotizza il rito camerale solo per la impugnazione delle sentenze non definitive art. 709 – bis, c.p.c.), la tendenza è verso appelli che seguono rigorosamente il rito camerale, ispirati alla non-disciplina dell’art. 739 c.p.c.
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Il rito camerale apre alla tutela giurisdizionale dei diritti
Quasi paradossalmente, avere affidato l’appello nelle controversie di famiglia al rito camerale vuole dire: avere conquistato una tempistica di esaurimento del procedimento non comparabile con la lentezza dell’appello comune; avere conquistato un gravame pieno, godendo della pienezza delle forme della tutela giurisdizionale dei diritti, per tre ragioni positive.
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1) irriducibilità de rito camerale alle regole del processo di cognizione piena
La riconquista delle garanzia, attraverso il reclamo camerale, è dovuta all’irriducibilità del relativo rito alle regole del processo a cognzione piena e particolarmente alle regole dell’appello comune: divieto dei nova (art. 345 c.p.c.) esasperazione del motivo di appello (artt. 342 e 348 – bis c.p.c.)
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2) l’indisponibilità del diritto
Peraltro un processo prevaso da decadenze com’è l’attuale processo a cognizione piena presenta anche l’ostacolo del carattere indisponibile dei diritti tutelati: particolarmente i diritto del minore, la cui conseguenza è la partecipazione al processo del p.m. e la conseguente inapplicabilità dell’art. 348 – bis c.p.c.
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3) la motivazione del decreto
Il rito camerale, poi, si conclude con provvedimenti, che hanno la forma del decreto, per i quali il dovere di motivazione del giudice è attenuato, ciò che ha evidenti implicazioni sul corrispondente onere dell’appellante di specificare la motivazione.
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I rischi di una giurisprudenza sull’art. 708, c.c., c.p.c.
Nonostante la semplicità del ragionamento, il timore è che la giurisprudenza possa riproporre la disciplina eversiva rispetto al dato positivo dei reclami avverso le ordinanze presidenziali: costruiti rigorosamente come revisio priori istantiae, ove non semplicemente non si possono dedurre nuove prove ma si ipotizza addirittura un insensibilità ai fatti sopravvenuti deducibili solo davanti al g.i.; sino ad inventare un’inammissibilità del reclamo dopo lo svolgimento nel procedimento della udienza innanzi al giudice istruttore. Ma qui si pone la lacuna legislativa nel coordinamento con il giudizio di merito, che non esiste nell’appello.
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..e nelle controversie fallimentari
Nell’ambito invece dei riti fallimentari caratterizzati dal c.d. modello camerale spurio (perché cela in realtà un processo a cognizione piena di rito speciale) il concetto della liberalità della specificazione del motivo e della libertà della prova in appello è codificato, cfr. artt. 18, 19 per il processo per la dichiarazione di fallimento; art. 99 per il processo di accertamento del passivo; art. 26 per i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato e del tribunale.
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L’appello camerale, conclusioni
Il richiamo generalizzato al rito camerale per l’appello, apre la prospettiva di un gravame più garantistico, per la inapplicabilità al rito camerale dell’art. 342 sul motivo specifico in appello e dell’art. 348-bis sulla necessità a pena di inammissibilità dell’appello di una ragionevole probabilità di accoglimento; dell’art. 345 sui limiti alla deducibilità di nuove difese in appello?
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