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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
In alcuni casi, come abbiamo visto, non è solo l’attenzione a mantenere in vita il comportamento negativo. Talvolta, la gratificazione (cioè il rinforzo) è presente nella situazione stessa
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE - ESEMPIO N. 1
Mariella è una bimba che ama molto disegnare con i pennarelli. Tuttavia, certi giorni si diverte particolarmente a colorare e a scarabocchiare fuori dal foglio, sul piano del tavolo. La mamma può fare, in questo caso, una cosa molto semplice: può dirle con fermezza: “No, non sporcare la tavola!”, e toglierle la carta ed i pennarelli. Se il colorare è davvero gratificante per Mariella, questa perdita temporanea può farle capire che il colorare la tavola è una cosa da non fare.
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE - ESEMPIO N. 1
La mamma, dopo qualche minuto, riproporrà alla bambina la carta e i pennarelli, magari dicendole: “Adesso disegna, ma solo sul foglio. Se sporchi il tavolo, mi riprendo il pennarello”. Può essere necessario ripetere questa operazione più volte nel corso del pomeriggio; forse per qualche giorno Mariella disegnerà ben poco. È molto probabile, però, che dopo qualche tempo la bambina modifichi il proprio comportamento, evitando di sporcare il tavolo. Ovviamente, a questo punto la mamma avrà moltissime occasioni per lodare la bimba e per dirle “Vedi che brava, come disegni bene sul foglio!”, e per farle altri complimenti.
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
Come si può capire da questo esempio, è molto importante che il comportamento problematico non sia mai seguito da eventi o da conseguenze gratificanti.
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
Per ottenere questo risultato (cioè: perché un comportamento problematico non venga mai gratificato), particolarmente se il comportamento in questione rischia di avere conseguenze gravi, alcuni genitori ricorrono allo stratagemma di allontanare il bambino per qualche minuto, isolandolo, per così dire, da ogni possibile fonte di rinforzo Questa tecnica, che nei paesi di lingua inglese si chiama “Time out ” (si pronuncia “taim aut”; che significa “tempo ad di fuori”, “pausa”, cioè tempo di allontanamento dai rinforzi) può produrre risultati molto buoni, purché si seguano con attenzione alcune regole. Vediamo un esempio
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TIME OUT - ESEMPIO N. 1 I genitori di Edoardo sono molto preoccupati. Il loro bambino, infatti, ha iniziato a sviluppare una abitudine piuttosto problematica. Quando non riesce a ottenere quello che vuole, diventa fisicamente aggressivo. Oltre a gridare e a pestare i piedi, dà calci a chi gli sta intorno, e spesso si lancia di peso dando testate nello stomaco di chi gli è a tiro. L’analisi condotta con un esperto ha evidenziato, con ogni probabilità, che questi comportamenti problematici sono mantenuti da varie conseguenze positive. In primo luogo, capita sovente che i genitori cedano e, per calmarlo, gli diano quello che vuole. In secondo luogo, vi è l’attenzione che, immancabilmente, Edoardo ottiene grazie a questi comportamenti. D’altra parte, sottolineano giustamente i genitori, non è sempre possibile ignorare un comportamento così violento. Ci vorrebbe un intervento più incisivo.
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TIME OUT - ESEMPIO N. 1 Lo psicologo spiega loro come, in questo caso, potrebbe dare buoni risultati la tecnica del time out. “Vedete – spiega lo psicologo – se vogliamo che Edoardo modifichi il suo comportamento, dobbiamo fargli capire attraverso i fatti che questo modo di agire non gli procura nessun vantaggio”. “Fate come vi dico – prosegue lo psicologo - : quando Edoardo inizia ad essere aggressivo, allontanatelo da voi per un po’. Ad esempio, potete prenderlo per le spalle e guidarlo nella sua stanza per 5 minuti. Badate bene: non deve essere una punizione vera e propria, quindi non c’è motivo di essere troppo duri con lui. Non bisogna fare l’errore di discutere e di spiegargli le cose quando lui si comporta in modo aggressivo, perché questo non farebbe altro che aumentare l’attenzione che gli diamo. Rimanete, per quanto potete, impassibili; limitatevi a dire, con tono fermo: Hai dato un pugno alla mamma, adesso vai nella tua stanza per 5 minuti. Quando è passato il tempo, andate a riprenderlo. Se, dopo qualche, notate che si sta comportando in modo non aggressivo, non perdete l’occasione per dirgli quanto è bravo quando dice le cose con gentilezza”.
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TIME OUT - ESEMPIO N. 1 I genitori di Edoardo organizzano il proprio intervento. Tolgono dalla stanza del bambino tutti i giocattoli e gli oggetti che potrebbero rendere divertente il periodo trascorso in camera, iniziano a seguire i suggerimenti dello psicologo. Nel giro di alcune settimane, si rendono conto che il comportamento aggressivo di Edoardo è sotto controllo, e perciò possono tornare a metodi di intervento meno rigidi.
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
Attenzione: nonostante l’apparente somiglianza, il time out non è una punizione come il mandare fuori dalla porta o nello stanzino buio. Qui, lo ripetiamo, lo scopo dell’allontanamento è solo quello di impedire che un comportamento problematico venga in qualche modo rinforzato. La componente punitiva (sgridate, grida, sculacciate, scapaccioni ecc.) è completamente assente, oltre che essere caldamente sconsigliata in generale Si è visto, infatti, che l’uso della punizione difficilmente riduce in modo stabile il comportamento problematico, e per di più aumenta il livello di ansia, di nervosismo e spesso di aggressività, nel bambino punito
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
È invece importante, nell’uso del time out, tenere presenti alcune regole-chiave: Si spiega al bambino cosa non deve fare, e quale sarà la conseguenza delle sue azioni. Una spiegazione adeguata può essere: “Non devi picchiare la mamma; se la picchi, vai in camera tua per 5 minuti”. Il tutto va esposto in modo semplice e chiaro, come un dato di fatto, senza recrimizioni né lamentele. Può essere utile ricordare al bambino (sempre in modo conciso) che cosa succederà se lui si comporta male, prima che egli abbia l’occasione di dare un pugno o una testata.
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
È invece importante, nell’uso del time out, tenere presenti alcune regole-chiave: Nel momento in cui si presenta il comportamento problematico, è importante limitarsi a dire : “Hai dato un pugno alla mamma: vai in camera tua”. A questo seguirà un’azione “neutra” e decisa al tempo stesso: se necessario il bambino verrà accompagnato in camera sua, senza discutere con lui, guardando fisso in avanti e usando solo quel tanto di contatto fisico necessario perché il bambino obbedisca. Se il bambino protesta, fa i capricci o cerca di scappare, bisognerà ignorarlo per quanto possibile, o guidarlo nuovamente nella sua stanza (o in un altro posto dove non può essere rinforzato
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TOGLIERE LE CONSEGUENZE POSITIVE
È invece importante, nell’uso del time out, tenere presenti alcune regole-chiave: Quando è scaduto il periodo stabilito, è sufficiente dirgli: “Adesso puoi uscire”. Dopo di che, ogni comportamento adeguato deve diventare motivo di gratificazione da parte dei genitori o degli educatori. Non dimenticate!: la tecnica del time out richiede in ogni caso un certo grado di restrizione fisica. Per questo motivo va usata solo per comportamenti realmente gravi, particolarmente se questi risultano pericolosi per il bambino e per le persone che gli stanno intorno. Per lo stesso tipo di ragione, il time out va usato in modo molto controllato, cioè verificando con grande cura se con il tempo avviene una diminuzione del comportamento problematico; in caso contrario la procedura va sostituita con un’altra, o con una combinazione di diversi interventi
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