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PubblicatoFina Leonardi Modificato 10 anni fa
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INFERMIERISTICA CLINICA APPLICATA ALLA CHIRURGIA GENERALE Assistenza al paziente nel perioperatorio CORSO DI LAUREA INFERMERISTICA
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INTRODUZIONE Come decidiamo la nostre linee assistenziali ? In base alle EBN EBM In base all’esperienza In relazione ai diritti e ai desideri del paziente
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EBN Educazione preoperatoria strutturata Riduzione del dolore, della durata del ricovero del livello di ansia, miglioramento della compliance respiratoria
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EBN La pratica assistenziale basata su interventi di provata efficacia (controllo delle infezioni, gestione del dolore, pianificazione delle dimissioni) Standard assistenziali sviluppati da organismi riconosciuti: CDC (Centers for Disease Control); AHRQ (Agency for Health Care and Quality)
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Il nursing perioperatorio Viene definito come l’insieme delle attività assistenziali praticate dall’infermiere al paziente sottoposto ad intervento chirurgico, nelle fasi: Pre operatoria Intraoperatoria Post operatoria
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Il contesto chirurgico Il paziente chirurgico non è più necessariamente ricoverato La fase preoperatoria è sempre più extraospedaliera, realizzata ambulatoriamente per ridurre la degenza ed i relativi costi La durata di degenza è limitata
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Il contesto chirurgico La possibilità di basarsi su percorsi clinici assistenziali standardizzati da adattare ai singoli pazienti La necessità di continuità assistenziale sia nella fase di preparazione che di dimissione a domicilio o protetta L’esigenza di una collaborazione multidisciplinare La necessità, con le dimissioni precoci, di interventi educativi rivolti al paziente e alla famiglia per gestire a domicilio eventuali problemi o complicanze
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L’evoluzione della chirurgia Scoperta dell’anestesia nel 1840 Alla fine dell’800, il lavaggio delle mani e lo sviluppo delle teoria batterica di Pasteur, ha innescato lo studio dell’asepsi Nel 1956 viene fondata l’associazione degli infermieri di sala operatoria (AORN) che ha sviluppato standard di pratica infermieristica
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L’evoluzione della chirurgia Recentemente l’introduzione della videolaparoscopia, che permette di eseguire alcuni interventi minori (biopsie, colecistectomie) attraverso piccole incisioni, ha ridotto i tempi di ricovero e di convalescenza L’approccio mininvasivo permette una riduzione del dolore e delle complicanze postoperatorie con maggiore soddisfazione da parte del paziente
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La fase preoperatoria.
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Fase preoperatoria Le modalità di ricovero La preparazione diagnostica La classificazione degli interventi chirurgici La valutazione clinica del rischio operatorio La preparazione del paziente all’intervento
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Le modalità di ricovero.
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Modalità di ricovero Ricovero ordinario Day-hospital Chirurgia ambulatoriale Day surgery
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La chirurgia ambulatoriale Offre la possibilità di effettuare piccoli interventi chirurgici o procedure diagnostico terapeutiche invasive in regime ambulatoriale senza ricovero in anestesia locale o analgesia
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Il day surgery Permette di eseguire interventi chirurgici in anestesia locale, loco regionale di ambito oculistico, gastroenterologico, ginecologico, ortopedico, ORL, plastica Il servizio viene fornito da ospedali o da centri chirurgici dedicati I benefici sono la deambulazione precoce, la riduzione dei costi, la riduzione del rischio di infezione nosocomiale
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Il day-surgery Ha una degenza brevissima Settore in espansione negli ultimi anni (più della metà degli interventi chirurgici) Gli infermieri hanno mediamente 2 ore a disposizione per preparare il paziente all’intervento e alla dimissione L’infermiere si trova a gestire un elevato numero di informazioni, attività e domande espresse dal paziente Richiesta all’infermiere capacità di giudizio ed interazione con altri servizi
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La preparazione diagnostica.
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La preprazione diagnostica Indagini a scopo diagnostico in relazione al quadro clinico del paziente Indagini necessarie alla valutazione del rischio anestesiologico
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Preparazione diagnostica Esami ecografici: Non invasivi Indagano gli organi addominali o altri organi (mammella, tiroide) Forniscono informazioni meno precise rispetto ad altri tipi di indagine Non prevedono preparazioni complesse (talvolta il digiuno, o la vescica piena)
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Preparazione diagnostica Esami radiologici: Prevede l’utilizzo di raggi x, potenzialmente nocivi Indagano ogni distretto corporeo Possono essere rappresentati con un singola immagine radiologica (radiografia diretta) o una serie di immagini in sezione (TAC) La radiologia che prevede l’utilizzo di mezzi di contrasto radiopachi prevede l’incannulamento di una via venosa, ed il monitoraggio per il rischio di reazione allergica al mezzo di contrasto)
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Preparazione diagnostica Esami endoscopici: Molto invasivi e con rischio di perforazione Indagano organi cavitari, tramite l’utilizzo di una sonda a fibre ottiche e telecamera sull’estremità distale Prevedono una preparazione articolata
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Preparazione diagnostica Colonscopia: prevede una dieta povera di scorie 3 giorni precedenti l’esame, la pulizia intestinale con un preparato iperosmotico (Selg Esse, Phospho Lax, Klean prep) digiuno da cibi dalla notte precedente Durante l’esame il paziente viene sedato; dopo l’esame è necessario monitorare i parametri per individuare segni di una possibile perforazione (sanguinamento, dolore, febbre)
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Preparazione diagnostica Esogastroduodenoscopia: digiuno per le 6 ore precedenti l’esame, può bere fino a 2 ore prima dell’esame, rimozione delle protesi dentarie; viene applicato un anestetico locale sul faringe posteriore per ridurre il senso di fastidio quindi il paziente non deve alimentarsi fino alla ripresa del riflesso orofaringeo (2-3 ore); misurazione dei parametri vitali per individuare segni di perforazione (dolore, sanguinamento)
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Preparazione diagnostica ERCP: colangiografia endoscopia retrograda. Coniuga la tecnica endoscopica con quella radiologica. Utilizzata per le patologie delle vie biliari. Può avere valenza curativa oltre che diagnostica. Presenta notevoli complicanze (perforazione, pancreatite). Prevede un nursing post esame
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Preparazione diagnostica Esami di laboratorio: emocromo, elettroliti, glicemia, creatininemia, prove di coagulazione, analisi delle urine Gruppo sanguigno e prova crociata Valutazione cardiologica pneumologica ed altre consulenze in relazione alle condizioni del paziente, alla presenza di fattori di rischio e al tipo di intervento chirurgico
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La valutazione anestesiologica Esami strumentali e di laboratorio: nessuna linea guida raccomanda una serie di esami di routine, ma la valutazione del rischio anastesiologico per gli interventi elettivi viene fatta dal medico anestesista in base alle condizioni cliniche del paziente (classificazione ASA), al tipo di procedura e alla realtà locale
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La valutazione anestesiologica Elettrocardiogramma Uomini di età > 45 Donne età > 55 Pazienti a rischio o con anamnesi positiva per malattie cardiovascolari o che ne presentino segni clinici alla visita, comprese le aritmie In terapia con farmaci cardiotossici o nefrotossici A rischio di alterazioni elettrolitiche maggiori
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La valutazione anestesiologica Radiografia al torace Chirurgia elettiva cardiotoracica Età > 60 anni Malattie polmonari acute e croniche Malattie cardiovascolari Fumatori Immunodepressi Inassenza di modificazioni cliniche di rilievo può essere ritenuta valida una radiografia del torace eseguita nei 6 mesi precedenti
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La valutazione anestesiologica Ogni volta che è possibile, identificare e trattare tutte le infezioni distanti dal sito chirurgico prima di un intervento elettivo, rimandare l’intervento elettivo su un paziente con infezioni lontane dal sito chirurgico, fino a quando siano state risolte Controllare adeguatamente il livello di glucosio nel sangue in tutti i pazienti diabetici e soprattutto evitare l’iperglicemia nel periodo preoperatorio Incoraggiare i pazienti ad astenersi per almeno 30 giorni prima del’intervento, dal fumare sigarette, sigari, pipa o di ricorrere a qualsiasi altra forma di consumo di tabacco Ridurre la durata del ricovero preoperatorio al minimo possibile, sufficiente a consentire un’adeguate preparazione preoperatoria del paziente
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La classificazione degli interventi chirurgici
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Scopo della terapia chirurgica Diagnostico o esplorativo: consentono la definizione della diagnosi Costruttivo: ripristino della funzione persa a causa di anomalia genetica Ablativo: rimozione di parti corporee malate Ricostruttivo/riparativo: ripristino di tessuti traumatizzati Palliativo: riduzione dell’intetnsità dei sintomi della malattia; non è curativo Trapianto d’organo Estetico
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Classificazione degli interventi chirurgici In base al grado di urgenza Emergenza: situazione clinica a rischio della vita o di compromissione della funzione di un organo e che richiede l ’ intervento immediato (appendicite perforata, emorragia interna) Urgenza: interventi necessari per la salute del paziente che prevedono una risoluzione entro 24-48 ore (asportazione di un tumore) Elettivo: Condizioni cliniche che consentono un’adeguata preparazione, anche psicologica, all’intervento chirurgico
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Indici di gravità dell’intervento Coinvolgimento di uno o più organi e strutture del corpo Tipo di anestesia e durata Presenza di fattori di rischio Complicanze potenziali
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La classificazione degli interventi Il sistema proposto dal National Reasearch Council è basato sul rischio di contaminazione endogena della ferita durante l’intervento: Classe 1/ferite pulite Classe 2/ferite pulite contaminate Classe 3/ferite contaminate Classe 4/ferite sporche infette
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Classe 1/pulite Ferite operatorie non infette in cui non è presente infiammazione Chiuse per 1^ intenzione, senza interruzione delle manovre asettiche Se necessario, sono drenate con drenaggi a circuito chiuso Non coinvolgono l’apparato respiratorio, alimentare, genitale, urinario
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Classe 2/pulite contaminate Ferite operatorie non infette in cui non è presente infiammazione Chiuse per 1^ intenzione, senza interruzione delle manovre asettiche Coinvolgono l’apparato respiratorio, alimentare, genitale, urinario senza contaminazione rilevante Interventi che interessano il tratto biliare, l’appendice, la vagina e l’orofaringe sono inclusi
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Classe 3/contaminate Ferite traumatiche recenti Interventi con interruzione della sterilità Importante perdita dal tratto gastrointestinale Presenza di infiammazione acuta non purulenta
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Classe 4 /sporche infette Ferite traumatiche non recenti Presenza di tessuto ritenuto devitalizzato Infezioni cliniche in atto Visceri perforati I microorganismi che causano l’infezione nel periodo postoperaorio sono presenti nel campo operatorio prima dell’intervento
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La valutazione clinica del rischio operatorio
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La valutazione clinica preoperatoria Definizione del rischio operatorio: Rappresenta il pericolo di vita del malato che deriva dall’intervento chirurgico e da diversi fattori che sommatisi aggravano la situazione
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Il rischio legato all’intervento Tipo di intervento Tipo di anestesia Gravità della malattia per cui è indicato l’intervento chirurgico Possibilità o meno di un’adeguata preparazione all’intervento chirurgico
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Rischio infettivo legato a fattori individuali Età (avanzata o pediatrica) Stato nutrizionale (malnutrizione/obesità) Uso di tabacco o alcol Uso di steroidi Diabete mellito Infezioni coesistenti in siti corporei diversi Colonizzazione con microorganismi (narici) Alterata risposta immunitaria Durata della degenza preoperatoria
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Rischio legato a fattori individuali Alterazioni metaboliche (squilibrio idroelettrolitico, alterazioni della crasi ematica, deficit coagulativi, ipoalbuminemia, iperglicemia) Alterazioni respiratorie (BPCO, enfisema polmonare, malformazioni della gabbia toracica) Alterazioni cardiovascolari (ipertensione arteriosa, pregresso infarto/coronaropatie, cardiopatia valvolare o dilatativa, aritmie) Alterazioni renali (insufficienza renale con alterata produzione di urine, riduzione della clearance della creatinina)
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Rischio tromboembolico Età > 45 anni Durata dell’intervento > 3 ore Poliglobulia (ematocrito > 50%) Obesità Immobilità Varici arti inferiori Pregressa trombosi venosa e/o embolia polmonare Uso di contraccettivi orali Deficit di produzione di antitrombina III
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Rischio emorragico Storia familiare di sanguinamenti Pregresso sanguinamento spontaneo in concomitanza di interventi chirurgici Fenomeni emorragici dopo assunzione di aspirina o altri FANS Assunzione di farmaci anticoagulanti o antipiastrinici Insufficienza epatica Malattie ematologiche (deficit emocoagulativi)
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La classificazione ASA Classificazione della condizione clinica nel preoperatorio del paziente secondo l’American Society of Anesthesiologist Classe I: nessuna alterazione organica, biochimica, psichiatrica Classe II: malattia sistemica lieve correlata o meno alla regione dell’intervento chirurgico Classe III: malattia sistemica severa, ma non invalidante correlata o meno alla regione dell’intervento chirurgico
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Classe IV: malattia sistemica grave con prognosi severa che pregiudica la sopravvivenza indipendentemente dall’intervento chirurgico Classe V. paziente moribondo che si prevede non sopravviverà nelle successive 24 ore, che viene sottoposto all’intervento chirurgico come ultima possibilità Classe E: ogni intervento chirurgico non dilazionabile che non consente una completa valutazione del paziente e la correzione di ogni alterazione. La lettera E viene aggiunta alla corrispettiva classe ASA
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La preparazione del paziente all’intervento
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Accertamento di base Valutazione della terapia farmacologica domiciliare Igiene Tricotomia Digiuno Preparazione intestinale Prevenzione TVP Profilassi antibiotica Consenso all’intervento Informazione perioperatoria Preparazione psicologica del paziente e persone significative Richiesta di emocomponenti Preparazione della documentazione clinica
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Accertamento di base Il paziente che viene accolto nel reparto di chirurgia viene sottoposto all’accertamento di base da parte del medico, dell’infermiere e dell’anestesista con un approccio multidisciplinare Nella cartella infermieristica vengono registrati: i dati anagrafici il motivo del ricovero l’anamnesi patologica remota (patologie concomitanti e pregresse) la valutazione dei modelli funzionali (alimentazione, eliminazione, attività/esercizio, sonno, percezione della salute, autostima, …) i parametri vitali di base (per un confronto nel postoperatorio) fattori di rischio che possono incidere durante la degenza postoperatoria
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Accertamento di base L’esame obiettivo: altezza e peso corporeo (BMI) colorito e turgore della cute (secchezza o presenza di edemi) tipo di respirazione postura, deambulazione e mobilità degli arti livello di orientamento, vigilanza ed umore del paziente, memoria nel ricordare gli eventi La terapia domiciliare ed eventuali allergie.
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Valutazione della terapia farmacologica domiciliare Antipertensivi, antiaritmici, antianginosi, digitalici, broncodilatatori, antiepilettici, antiparkinson: si continua l’assunzione, fino al giorno precedente l’intervento; l’anestesista darà indicazioni rispetto all’eventuale somministrazione il giorno dell’intervento Anticoagulanti : gli anticoagulanti orali (Warfarin) ed antiaggreganti (acidoacetilsalicilico) devono essere sospesi almeno 3 giorni prima dell’intervento
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Valutazione della terapia farmacologica domiciliare Antidiabetici: vanno sospesi dal momento del digiuno, va controllata la glicemia, ed un’eventuale iperglicemia va corretta con insulina pronta Diuretici: si consulta il medico responsabile sull’oppotunità di somministrarli (rischio di disidratazione, deplezione elettrolitica ed ipotensione in relazione anche alla preparazione intestinale ) Pace maker: può essere disincronizzato dal bisturi elettrico Pillola contraccettiva: sospendere l’assunzione 4 settimane prima dell’intervento (rischio di TVP)
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Valutazione della terapia farmacologica domiciliare Corticosteroidi: riducono la capacità dell’organismo di resistere allo stress, se utilizzati per un lungo periodo determinano immunosopressione FANS: inibiscono l’aggregazione piastrinica e possono prolungare il tempo di coagulazione. Devono essere sospesi per tempo per consentire il ripristino delle piastrine (1-3 giorni)
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Misure legate alla riduzione del rischio di infezione dell’incisione chirurgca La doccia preoperatoria La tricotomia La profilassi antibiotica
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La doccia preoperatoria Esigere che i pazienti facciano la doccia o il bagno utilizzando un agente antisettico a base di clorexidina gluconato, almeno la sera prima dell’intervento, per ridurre la carica microbica della cute Comunque, anche se la doccia preoperatoria con antisettico riduce la conta delle colonie microbiche,ciò non è stato definitivamente associato ad una riduzione dei tassi di infezioni del sito chirurgico (SSI)
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La tricotomia La rasatura preoperatoria del sito chirurgico, la sera prima dell’intervento, è associata ad un rischio di infezioni del sito chirurgico significativamente maggiore se confrontata con l’impiego di agenti depilatori o con la rinuncia della tricotomia Non praticare la tricotomia nel preoperatorio, a meno che i peli in corrispondenza o attorno al sito chirurgico interferiscano con l’intervento Se si effettua la tricotomia, praticarla immediatamente prima dell’intervento, preferibilmente con un rasoio elettrico
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La profilassi antibiotica Somministrare una profilassi antibiotica solo quando indicato (interventi addominali, intervento di durata > 2 ore, una ferita chirurgica classificata come contaminata o infetta) Selezionare i tipi di antibiotici in base alla loro efficacia contro i patogeni più comunemente causa di infezioni del sito chirurgico, per lo specifico intervento Somministrare la dose iniziale di antibiotico per via venosa, in modo tale che ci sia una concentrazione battericida nel siero e nei tessuti del paziente nel momento in cui viene eseguita l’incisione. Mantenere nel siero e nei tessuti, concentrazioni terapeutiche del farmaco durante tutto l’intervento ed al massimo poche ore dopo che la ferita è stata chiusa in sala operatoria Somministrare per via orale antimicrobici non assorbibili, in dosi frazionate, durante il giorno prima dell’intervento I pazienti che presentano un’infezione localizzata alla zona dell’intervento continuano la terapia antibiotica in atto
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Digiuno Il significato del digiuno è legato ai rischi di polmonite ab ingestis che si può verificare durante l’anestesia, in seguito al rilassamento degli sfinteri e alla posizione sul lettino operatorio. Il digiuno prolungato determina comunque una produzione di succo gastrico (50 ml/h) e diminuisce il PH In base a studi randomizzati, la società degli anestesisti canadesi ha prodotto delle linee guida in cui si specifica che “nei pazienti sani sottoposti ad anestesia generale, un digiuno da liquidi superiore alle 3 ore è una pratica non necessaria” Si può consumare un pasto leggero (liquidi e fette biscottate) fino a 6 ore prima dell’intervento A giudizio dell’anestesista, possono essere necessarie delle intergrazioni di liquidi e/o elettroliti poco prima dell’intervento
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Preparazione intestinale L’efficacia di un enteroclisma dipende dal VOLUME (la distensione delle anse stimola la propulsione) dalla TONICITA’ della soluzione (richiama liquido nel colon per osmosi) e per la presenza di sostanze IRRITANTI per la mucosa intestinale (stimola la contrazione) Il retto di un adulto contiene generalmente 400 ml, quantità superiori raggiungono il sigma ed il colon Gli enteroclismi con acqua e sapone sono più efficaci di quelli con acqua di rubinetto in quanto con l’acqua di rubinetto viene trattenuta una maggiore quantità di liquido nel colon, quindi riassorbita con il rischio di sovraccarico di liquidi, da rivedere le indicazioni sul consiglio di trattenere il liquido il più a lungo possibile
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Preparazione intestinale La preparazione intestinale va sicuramente eseguita per i pazienti che vengono operati sul tubo digerente e per quelli per cui si prevede un lungo periodo di immobilità Tale preparazione su indicazione del chirurgo può prevedere, il giorno precedente all’intervento, l’applicazione di enteroclisma, la somministrazione orale di sostanze osmotiche diluite in acqua (Selg Esse), lassativi Per tutti gli altri pazienti devono essere valutati l’utilizzo pesante di farmaci durante l’anestesia (barbiturici, morfinici) e le abitudini intestinali del paziente Sono disponibili in commercio i clisteri preconfezionati, di volume ridotto
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Prevenzione TVP Ha lo scopo di favorire il ritorno venoso dagli arti inferiori e ridurre la stasi venosa che potrebbe determinare la formazione di trombosi Utilizzo di calze a compressione graduata o bendaggio elastico sugli arti inferiori per pazienti a medio-alto rischio che non abbiano controindicazioni specifiche (edema, ischemia, chirurgia vascolare a carico degli arti inferiori); non vi sono evidenze se sia preferibile bendare tutto l’arto o solo la gamba Profilassi preoperatoria con eparina a basso peso molecolare, sottocute, dosaggio in base al peso del paziente ed al rischio definito (controindicata per pazienti con insuff. epatica severa, diatesi emorragica, ulcera peptica attiva, ipertensione arteriosa grave, ipersensibilità al farmaco)
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Il consenso informato Significato del consenso informato: un documento scritto ? Quali procedure sono sottoposte al consenso? Solo il chirurgo è tenuto al consenso? Il diritto del paziente all’informazione: deve essere chiara comprensibile ed essenziale; un atto di volontà del paziente
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L’informazione perioperatoria Un diritto dell’utente L’informazione sanitaria preoperatoria riduce l’ansia, il distress, migliora la compliance e la soddisfazione Meno evidenti anche se positivi i risultati su altri esiti: dolore, benessere, conoscenze,lunghezza della degenza Informare su: il percorso clinico, la preparazione preoperatoria, a cosa andrà incontro con l’intervento, quello che proveranno (sete, dolore, nausea, rumori, sensazioni), come potrà collaborare per prevenire le complicanze postoperatorie (mobilizzazione precoce, esercizi respiratori) L’informazione dovrebbe essere stutturata e durare anche 30 minuti, informare singolarmente e non in gruppo. Chi deve informare? dove e quando?
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Preparazione psicologica Ansia elevata Paura dell’ignoto/di morire (stt legato all’anestesia) Senso di impotenza (legato alla paura di diventare dipendenti dagli altri o di perdere funzioni fisiche o mentali) Deficit di conoscenze (rispetto al prima ed al dopo intervento) Disturbi dell’autostima (incapacità di adattarsi allo stress chirurgico, senso di inadeguatezza) Disturbo dell’immagine corporea (per la rimozione di una parte del corpo, deturpazione) Isolamento
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Preparazione psicologica Interventi: Rivolgersi ai pazienti chiamandoli per nome ed ascoltare le loro richieste e le preoccupazioni Permettere ai pazienti di esprimere le loro preoccupazioni e spiegare che è normale avere paura I pazienti vogliono sapere che l’infermiere è realmente presente per loro sia da un punto di vista fisico che di supporto emotivo Fornire informazioni chiare e dettagliate rispetto a cosa deve aspettarsi il paziente prima e dopo l’intervento Coinvolgere attivamente i familiari o altre persone significative, se il paziente lo desidera, nel processo di informazione e nel sostegno psicologico Rispettare la cultura e le abitudini del paziente
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Richiesta di emocomponenti In relazione all’intervento, il chirurgo potrà decidere di richiedere unità di emocomponenti da trasfondere per eventuali complicanze emorragiche intraoperatorie: eritrociti concentrati plasma piastrine Il consenso informato alla trasfusione
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Richiesta emotrasfusionale La richiesta di gruppo sanguigno: Il sistema antigenico AB0 Rh L’esecuzione del prelievo (riconoscimento attivo del paziente) La richiesta di prova crociata: Il concetto di compatibilità degli emocomponenti La responsabilità nel prelievo (distinta dal gruppo intermini temporali e di operatori); la firma dell’esecutore; il prelievo da una vena pulita (non con infusione)
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L’emotrasfusione L’atto della trasfusione: Interpretare i dati di laboratorio Il trasporto degli emocomponenti (mantenimento della temperatura) L’identificazione attiva del paziente e delle unità da parte del medico e infermiere Le responsabilità del medico nell’infusione La scelta del sito di infusione, la velocità (150-200 ml/h GR e plasma), le interazioni con altre infusioni Il monitoraggio nei primi 15 minuti: rush cutaneo in zona inguinale ed ascellare, brivido, ipertermia, nausea e vomito, segni di shock
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Preanastesia Può essere richiesta la somministrazione di farmaci preanestetici poco prima dell’ingresso in sala operatoria: Diazepam : sedativo, ha lo scopo di ridurre l’ansia; può causare vertigini e confusione mentale Atropina: anticolinergico, viene utilizzato per la riduzione delle secrezioni bronchiali; può dare tachicardia, non deve essere somministrato a pazienti con glaucoma (ipertensione endoculare)
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Il giorno dell’intervento L’infermiere e l’OSS completano alcune procedure standard: Far indossare al paziente un camice pulito fornito dal servizio Far eseguire la pulizia del cavo orale Far svuotare la vescica Far togliere al paziente tutte le suppellettili (forcine, collane, anelli), le protesi (dentarie, auditive, occhiali, lenti a contatto) e consegnarle ai familiari Rimuovere il trucco e lo smalto per le unghie
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Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 33, assistenza chirurgica, pagg. 1524-1566 Redazione, L’assistenza al paziente nel pre e postperatorio. Parte I; Assistenza Infermieristica e ricerca, 2001, 19, 4 P. Di Giulio, et al., L’assistenza al paziente nel pre e postperatorio. Parte II; Assistenza Infermieristica e ricerca, 2001, 20, 1 Linee guida per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico, 1999
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La fase intraoperatoria
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Fase intraoperatoria L’infermiere di reparto verifica la completezza della documentazione clinica e la preparazione del paziente e lo accompagna in sala operatoria L’infermiere di sala accoglie il paziente, verifica l’identità, raccoglie le informazioni dell’infermiere di reparto sugli accadimenti delle ultime ore (rialzo termico, esami ematochimici alterati, insorgenza di segni o sintomi significativi) e rivede la documentazione clinica
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Il ruolo dell’infermiere in sala operatoria L’infermiere di sala (pulito): Accertamento preoperatorio Preparazione preoperatoria Sorveglianza intraoperatoria Continuità assistenziale nel postoperatorio L’infermiere strumentista (sterile): Affianca il chirurgo durante tutto l’intervento E’ responsabile dell’asepsi del campo operatorio Prepara e dispone tutto il materiale necessario all’intervento Collabora alla preparazione del campo chirurgico Passa gli strumenti chirurgici ed altro materiale al chirurgo)
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Fase intraoperatoria Supporto psicologico al paziente Posizioni sul letto operatorio Tipo di anestesia Monitoraggio intensivo Codici comportamentali per la prevenzioni delle infezioni Passaggio di informazioni tra equipe
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Supporto psicologico Il paziente, nel momento dell’ingresso in sala, generalmente appare impaurito e disorientato Compito di chi lo accoglie è quello di fargli sentire che ci si sta occupando di lui, descrive tutte le procedure che si stanno per fare, con tono della voce basso e tranquillo, risponde alle domande e ai dubbi
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Posizioni del paziente sul lettino operatorio L’infermiere verifica con il paziente il tipo di intervento chirurgico ed il sito dove si deve eseguire l’intervento prima di iniziare l’anestesia; la scelta della posizione è indicata dall’approccio chirurgico: Posizione supina (interventi all’addome) Posizione laterale (interventi al torace, loggia renale) Posizione prona (interventi sulla colonna) Posizione litotomica (interventi perianali)
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Obiettivi dell’infermiere Il posizionamente sul lettino, in relazione al tempo in cui il paziente viene lasciato nella stessa posizione, deve rispondere ai criteri di : Garantire un facile accesso al sito chirurgico, ma anche favorire una adeguata funzione cardiocircolatoria Mantenere l’integrità cutanea Evitare ustioni (da elettrobisturi) Evitare compressione di nervi Prevenire o ridurre lesioni articolari e stiramenti muscolo scheletrici
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Tipo di anestesia Sedazione Regionale Generale
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Tipo di anestesia Sedazione conscia Riduce il livello di coscienza Viene conservata la respirazione autonoma ed i riflessi delle vie aeree Il paziente è in grado di rispondere a stimoli fisici e verbali Si somministrano sedativi endovenosi a breve durata di azione (Midazolam) I vantaggi sono: riduzione della paura e dell’ansia con segni vitali stabili, amnesia, riduzione del dolore, migliore collaborazione da parte del paziente
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Tipo di anestesia Sedazione conscia: E’ indicata per interventi di chirurgia plastica, biopsia polmonare, broncoscopie colonscopie Usata spesso in associazione ad anestesia loco- regionale Prevede una conoscenza approfondita da parte dell’infermiere dei farmaci utilizzati per la sedazione per individuare precocemente effetti indesiderati e per il trattamento delle vie respiratorie (materiale per la rianimazione)
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Tipo di anestesia Anestesia regionale : Causa perdita di sensibilità in una zona del corpo, non vi è perdita di coscienza (non è necessario intubare il paziente), ma può essere necessario sedare il paziente; l’anestetico viene somministrato per infiltrazione o applicazione locale L’anestesia regionale può essere: Subaracnoidea o spinale Epidurale Dei nervi (plesso brachiale) Locale
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Tipo di anestesia Subaracnoidea o spinale: Il paziente è sveglio Si esegue la puntura del rachide per l’iniezione dell’anestetico nello spazio subaracnoideo Di rapida esecuzione, con pronta realizzazione del blocco neuromuscolare Presenta rischio di liquorrea attraverso il foro della dura madre, con cefalea postoperatoria e rischio di contaminazione del liquor Importante valutare il rischio di migrazione dell’anestetico verso l’alto nel midollo spinale (dipendente dalla posizione, dalla quantità e dal tipo di farmaco) che può determinare paralisi respiratoria ed ipotensione (per vasodilatazione da blocco dei nervi vasomotori simpatici)
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Tipo di anestesia Epidurale Il paziente è sveglio, Si esegue la puntura del rachide per l’iniezione dell’anestetico nello spazio sottodurale La tecnica presenta minori complicanze rispetto alla spinale ma è più indaginosa, Le complicanze sono legate alla capacità dell’anestesista
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Tipo di anestesia Locale: Si ha perdita di sensibilità a livello dell’area da sottoporre ad intervento per blocco delle terminazioni periferiche Viene iniettato localmente o applicato per via topica e non raggiunge i piani muscolari Usata per interventi di chirurgia ambulatoriale di minore estensione e per tempi limitati (20-30 minuti)
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Tipo di anestesia Anestesia generale: i farmaci anestetici determinano la depressione del sistema nervoso centrale, il blocco neuromuscolare, l’analgesia; consentono l’accesso chirurgico a tutti gli organi, tempi chirurgici lunghi e l’amnesia del paziente. il paziente viene completamente addormentato, con perdita di coscienza, e rilascio muscolare; viene intubato e collegato a ventilatore automatico
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Tipo di anestesia L’anestesia generale prevede 3 fasi: induzione, mantenimento e risveglio Per l’induzione all’anestesia, vengono somministrati un farmaco ipnoinducente per via endovenosa o inalatoria (propofol, tiopentale, midazolam, alotano); un farmaco miorilassante (curarizzazione con succinilcolina), un farmaco analgesico (oppioidi come il Fentanyl) La fase di mantenimento segue l’evoluzione dell’atto chirurgico Durante il risveglio si riducono gli anestetici ed il paziente inizia a risvegliarsi; si ripristinano le condizioni di base (coscienza, ventilazione, controllo muscolare). Il risveglio avviene spesso in sala operatoria
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Tipo di anestesia Complicanze dell’anestesia generale: Pneumopatia ab ingestis, Lesioni alle alte vie respiratorie create durante la manovra di intubazione, Ipossiemia da ventilazione intraoperatoria inadeguata Depressione respiratoria postoperatoria (oppioidi, curari) Depressione cardiocircolatoria da sovradosaggio di anestetici Ipotermia, ipertermia maligna Reinfarto del miocardio (pregresso < a 6 mesi) Lesioni epatiche e renali
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Monitoraggio intensivo Il paziente sottoposto ad anestesia generale è incosciente e non respira L’anestesista in collaborazione con il nurse d’anestesia eseguirà il monitoraggio continuo della pressione arteriosa, tracciato ECGrafico, saturazione, PVC (se presente CVC), temperatura corporea con sonda esofagea Il nursa inoltre valuterà in base alla situazione il riempimento capillare, il bilancio idrico, le perdite intraoperatorie Si applica sulla cute una placca (elettrodo neutro) per scarica la corrente elettrica dell’elettrobisturi Si controllano: emogasanalisi, emocromo
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Codici comportamentali per la prevenzione delle infezioni Antisepsi mani ed avambracci Preparazione della cute Ventilazione delle sale operatorie Tecniche asettiche Drenaggi chirurgici Tecnica chirurgica
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Antisespi mani ed avambracci Pulire lo spazio sottoungueale Eseguire un lavaggio preoperatorio delle mani e degli avambracci fino al gomito per almeno 2-5 minuti, con appropriato antisettico Tenere le mani sollevate e distanti dal corpo Asciugare le mani con teli sterili e quindi indossare prima il camice e poi i guanti sterili
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Preparazione della cute Lavare scrupolosamente e pulire la cute attorno al sito chirurgico per rimuovere le macrocontaminazioni, prima di applicare le preparazioni antisettiche cutanee Utilizzare un’appropriata preparazione antisettica per la cute Applicare la preparazione antisettica sulla cute con movimenti circolari e centrifughi. L’area così preparata deve essere sufficientemente ampia da permettere l’eventuale estensione dell’incisione o, se necessario nuove incisioni o posizionamenti di drenaggi
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Ventilazione delle sale operatorie Mantenere nella sala operatoria una pressione dell’aria positiva, rispetto ai corridoi ed ai locali adiacenti Tenere le porte della sala chiuse eccetto che il tempo necessario per il passaggio, di personale, attrezzature e pazienti Limitare allo stretto necessario il numero di persone che entra in sala Educare ed incoraggiare il personale chirurgico, che abbia segni e sintomi di un’infezione trasmissibile, ad astenersi dall’ingresso in sala
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Tecniche asettiche Decontaminare (fenoli), lavare (proteolitico), asciugare, confezionare e sterilizzare i ferri chirurgici (autoclave) Montare i dispositivi sterili e preparare le soluzioni immediatamente prima dell’utilizzo Rispettare i principi di asepsi quando si posizionano i dispositivi intravascolari, i cateteri spinali o epidurali, quando si somministra la terapia endovenosa Indossare, per tutta la durata dell’intervento, una maschera chirurgica che copra completamente la bocca ed il naso Indossare un copricapo per coprire completamente la capigliatura Gli studi dimostrano l’inutilità dell’utilizzo delle soprascarpe e delle stuoie adesive all’entrata della sala
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Drenaggi chirurgici Se è necessario un drenaggio, utilizzare un sistema ad aspirazione chiuso Posizionare il drenaggio attraverso un’incisione separata e distante dall’incisione chirurgica Rimuovere il drenaggio appena possibile
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Tecniche chirurgiche Trattare i tessuti in modo non traumatico Mantenere un’emostasi efficace Minimizzare la presenza di tessuti devitalizzati (necrotici, coagulati) Prevedere una guarigione per seconda intenzione se la ferita è fortemente contaminata
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Il passaggio di informazioni tra equipe Il passaggio di informazioni tra l’equipe di reparto e quella di sala operatoria è fondamentale per garantire sicurezza e competenza al paziente L’infermiere di sala informerà rispetto ad eventi accaduti in sala (emorragie ed eventuali trasfusioni, complicanze verificatesi durante l’intervento, interruzione accidentale delle tecniche asettiche) oltre che al tipo di intervento e alle prescrizioni terapeutiche dell’anestesista
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Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 33, assistenza chirurgica, pagg. 1566-1569 Linee guida per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico, 1999
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Fase postoperatoria.
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Prevede l’accoglimento del paziente in reparto (o in terapia intensiva ove è previsto) ed il monitoraggio di alcuni parametri che permettono all’infermiere di valutare l’evoluzione clinica del paziente e l’individuazione precoce delle complicanze precoci, nelle prime 24 – 48 ore, e tardive Ha lo scopo di ristabilire l’equilibrio fisiologico ed alleviare il dolore
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Accertamento infermieristico all’ingresso Prevede la raccolta dei dati di sala operatoria: tipo ed estensione dell’intervento chirurgico, tipo di anestesia, farmaci somministati, quantità di sangue perso e liquidi/emotrasfusioni somministrate durante l’intervento, complicanze avvenute in sala operatoria, prescrizioni dell’anestesista La valutazione delle funzioni vitali eseguita ogni 15 minuti fino alla stabilizzazione del paziente, ogni ora per le successive 4 ore ed ogni 4 ore per i 2 giorni successivi e comunque ogni volta che le condizioni del paziente lo richiedono
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Accertamento infermieristico all’ingresso Eseguire una valutazione sulla presenza e sulle caratteristiche dei presidi : linee infusionali e tipo di infusioni in corso catetere vescicale e quantità di urina presente drenaggi e quantità e tipo di materiale drenato estensione e caratteristiche delle medicazioni Valutare il livello di dolore, ed il comfort (posizione e nausea), lo stato emotivo REGISTRARE TUTTI QUESTI DATI !
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Il monitoraggio postoperatorio Livello di coscienza Funzione respiratoria (vie aeree e ventilazione) Funzione cardiocircolatoria Funzione neurologica centrale e periferica La temperatura corporea Colorito cute Funzione renale Equilibrio idroelettrolitico Valutazione e gestione del drenaggio Valutazione e gestione della ferita chirurgica Valutazione e gestione del SNG Valutazione del dolore Valutazione e gestione degli accessi vascolari
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Cosa devo valutare nel periodo post operatorio? Insorgenza di complicanze precoci Insorgenza di complicanze tardive
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Funzione neurologica Valutare Stato di coscienza Mobilità degli arti
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Stato di coscienza Valutare il livello di coscienza: vigile, disorientato, confuso, assopito, incosciente Problema: può essere correlato agli effetti collaterali dei farmaci anestetici (sedazione) o ad un’alterazione delle funzioni vitali (ipotensione, anossia cerebrale) Interventi: se il paziente è assopito deve essere stimolato ogni 15 minuti per valutare il risveglio; se il paziente è incosciente e non risponde se sollecitato, far partire il BLS
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BLS Basic life support: è il primo grado di soccorso al paziente con perdita di coscienza Prevede la verifica della perdita di coscienza attraverso la sollecitazione verbale e fisica del paziente Allertare immediatamente un altro collega/operatore della situazione In attesa dei soccorsi, verificare la funzione respiratoria Se presente la funzione respiratoria mettere il paziente in posizione di sicurezza SIMS (evitare la caduta della lingua) Se non è presente la funzione respiratoria valutare la funzione cardiocircolatoria (polso centrale) Se assente partire con la ventilazione in maschera ed il massaggio cardiaco (o defibrillazione)
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Mobilità degli arti Valutare: la mobilità dei 4 arti, la forza muscolare (presa della mano), la sensibilità (lieve pizzico alla cute) Problema : può essere indice di una lesione dei nervi periferici nel caso di un’anestesia regionale; se la diminuzione/assenza di movimento riguarda l’emisoma può essere indice di danno cerebrale perioperatorio a seguito di anestesia generale; Interventi: nel caso di assenza di movimento all’emisoma avvisare immediatamente il medico; generalmente vi sono altri sintomi correlati come anisocoria, alterazione del riflesso pupillare, alterazione dello stato di coscienza
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Funzione respiratoria Valutare: la frequenza e caratteristiche del respiro la presenza di rumori respiratori l’espansione toracica l’utilizzo dei muscoli accessori il riflesso della tosse la saturazione dell’ossigeno (97-99%) il colorito della cute la presenza di fattori di rischio (BPCO, obesità, età,…)
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Funzione respiratoria Problema ventilatorio con difficoltà a sostenere la ventilazione spontanea dovuto a: Accumulo di farmaci anestetici : la sedazione centrale con farmaci oppioidi diminuisce la frequenza respiratoria, fino all’arresto; i farmaci miorilassanti indebolendo il tono muscolare faringeo determinano la caduta all’indietro della lingua e l’ostruzione delle alte vie aeree Pneumopatia ab ingestis: presenza di secrezioni abbondanti o liquidi nelle vie aeree a causa di tosse inefficace per assenza del riflesso faringeo (miorilassanti) Pneumotorace: perforazione accidentale della pleura a seguito del posizionamento di CVC, rottura di sacche enfisematose da ventilazione forzata (anestesia generale)
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Funzione respiratoria Interventi: valutazione continua delle caratteristiche del respiro, della saturazione e del colorito cute stimolazione del paziente a respirare e a tossire somministrazione dell’ossigeno mantenimento del digiuno aspirazione delle secrezioni ventilazione non invasiva o intubazione tracheale con ventilazione meccanica fino allo smaltimento dei farmaci anestetici Posizionamento di drenaggio pleurico in caso di pneumotorace
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Funzione respiratoria Problema ipossiemico con compromissione degli scambi gassosi; può presentarsi tardivamente, ma anche precocemente Infezione polmonare da stasi stt in pazienti con BPCO ( in cui abbiamo un accumulo di secrezioni per inefficace clearance muco-ciliare e per broncospasmo) o immunologicamente compromessi Atelettasia causati da tappi di muco nelle vie respiratorie Embolia polmonare
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Funzione respiratoria Interventi: ossigeno terapia (sondino nasale, nasofaringeo; maschera facciale) Aerosolterapia (farmaci fluidificanti e broncodilatatori) favorire l’espansione polmonare attraverso la corretta postura, la stimolazione verbale ad effettuare esercizi di respirazione profonda, tosse efficace e spirometria incentivante (pagg 1553-1556 Potter-Perry) Stimolare ed agevolare la deambulazione precoce anche con strumenti di supporto (treppiede, girello)
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Embolia polmonare Quadro clinico: dispnea tosse emoftoe tachicardia stato ansioso/senso di morte confusione mentale fino alla perdita di coscienza dolore toracico segni di shock (ipotensione, pallore, sudorazione fredda) scintigrafia perfusionale positiva D-Dimeri elevati
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Embolia polmonare Interventi: Embolia di grado semplice somministrazione di eparina in infusione continua PTT ogni 6 ore con valori 1,5-2,3 volte il valore normale iniziare l’anticoagulante orale (Warfarin) e proseguire per almeno 3 mesi Embolia di grado elevato terapia trombolitica (Actilise 100 mg in 2 ore) morfina (per dispnea, agitazione, dolore) ossigeno terapia con sondino nasale a 4-8 litri terapia antishock antibioticoterapia (per prevenire infezioni polmonari)
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Funzione cardiocircolatoria Valutare: pressione arteriosa frequenza e ritmo cardiaco PVC (se presente CVC) presenza di edemi periferici presenza di dispnea colorito e temperatura della cute diuresi riempimento capillare dolore toracico costrittivo presenza di fattori di rischio (cardiopatia, pregresso infarto)
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Funzione cardiocircolatoria Problema ipovolemco correlato a: emorragia esterna attraverso il drenaggio o interna (con shock emoragico) disidratazione (perdita di liquidi in sala ed esposizione durante l’intervento) Interventi: reintegro di liquidi con plasma expanders valutazione dell’emocromo ed eventuali emotrasfusioni valutazione del bilancio idrico valutazione dei paramentri coagulativi e degli elettroliti Se la perdita non si riduce il chirurgo riporta il paziente in sala operatoria per cauterizzate la fonte dell’emorragia
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Funzione cardiocircolatoria Problema legato alla funzione cardiaca: scompenso cardiaco da sovraccarico (con shock cardiogeno) Aritmie fino alla fibrillazione ventricolare e all’arresto cardiocircolatorio IMA (infarto del miocardio acuto) Interventi: monitoraggio continuo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa valutazione del bilancio idroelettrolitico (K, NA) somministrazione di farmaci che sostengono la funzione cardiovascolare (inotropi-Dopamina, antiaritmici-Isoptin, diuretici-Furosemide, digitale-Lanoxin, vasodilatatori- Carvasin) massaggio cardiaco, defibrillazione
120
Shock E’ una complicanza precoce, ma può presentarsi anche alcuni giorni dopo l’intervento; può portare al decesso Segni e sintomi Ipotensione (sistolica < 80 mmHg) Sudorazione fredda e pallore Polso debole e filiforme Tachicardia Tachipnea Ansia, agitazione, confusione mentale Riduzione della diuresi
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Shock Interventi: I° livello: decubito supino, su superficie rigida, con arti inferiori sollevati, paziente al caldo, controllo dell’emorragia se presente, ossigenoterapia, assistenza cardiorespiratoria se necessaria (BLS) II° livello: incannulare una grossa vena, infondere rapidamente soluzioni fisiologiche clorurate e plasma expanders (Emagel) III livello: monitoraggio della pressione arteriosa, ECG continuo, PVC, diuresi oraria, temperatura e colore cutaneo, emogasanalisi, emocromo, elettroliti plasmatici, creatininemia, glicemia.
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SHOCK Interventi specifici Shock ipovolemico: somministrazione di sangue fino alla normalizzazione dell’ematocrito Shock settico: antibioticoterapia mirata per via venosa ad alte dosi, in attesa dell’antibiogramma associare Tobramicina ed Acido Clavulonico, idrocortisone 1 gr, ringer lattato e bicarbonati (per bilanciare l’acidosi), eparina (per contrastare l’attivazione della cascata emocoagulativa nella DIC) Shock cardiogeno: diminuzione del precarico (nitroglicerina in infusione continua), stimolatori cardiaci (Dopamina, Dobutamina in infusione continua) Shock anafilattico: rimuovere o allontanare l’allergene, somministrazione di Adrenalina, Farganesse (Antistaminico), Idrocortisone 1 gr EV (preparare l’occorrente per intubazione orotracheale per pericolo di edema della glottide), Aminofillina o Teofillina ( per broncospasmo)
123
PVC Pressione venosa centrale Rappresenta la misura della pressione a livello dell’atrio destro Necessita della presenza di un CVC Fornisce informazioni sull’emodinamica (volume circolante, precarico) Valori normali: 4 – 10 cm H2O Può essere misurato manualmente con deflussore ed asticella o elettronicamente con monitor in misura continua
124
Temperatura corporea Ipotermia: determinata da diminuzione del tono muscolare e vasodilatazione cutanea (curari); diminuzione del metabolismo, esposizione dei visceri, lavaggi con soluzioni fresche, flusso laminare della sala operatoria Interventi: coperte termiche, infusioni di soluzioni calde
125
Temperatura corporea Ipertermia Maligna: da reazione agli anestetici, compare di solito all’induzione dell’anestesia, con segni di grave squilibrio emodimamico; ma può presentarsi anche 48-72 ore dopo l’intervento; se non identificata precocemente può essere letale Da reazione emotrasfusionale
126
Temperatura corporea Più tardivamente come segno di possibile infezione Interventi: Si scopre il paziente si identificano le eventuali fonti infettive: incisione della ferita chirurgica sito di inserzione della via endovenosa centrale o periferica apparati respiratorio ed urinario Si monitorizzano la temperatura e globuli bianchi Si eseguono colture di sangue, urine ed espettorato
127
Colorito cute Roseo: normale Rosso: ipertermia, vasodilatazione farmacologica, reazione allergica Cianotico: difficoltà ad eliminare l’anidride carbonica (problemi respiratori o cardiovascolari) Pallido: intensa vasocostrizione, emorragia Itterico: disfunzione epatica o delle vie biliari Rush, petecchie: sensibilità o allergia a farmaci, patologie della coagulazione (DIC)
128
Funzione renale Valutazione: eventi di pressione sistolica < 80 mm Hg per oltre 30 minuti durante l’intervento diuresi ( < 0,5 ml/kg/h) bilancio idrico caratteristiche delle urine esame urine clearance della creatinina ed elettroliti sierici peso del paziente presenza di edemi utilizzo di farmaci nefrotossici presenza di fattori di rischio
129
Funzione renale Problema: rischio di insuff. renale, squilibrio idroelettrlitico Interventi: reidratare con infusioni di liquidi mantenere i valori delle natremia nel range mantenere un adeguato regime pressorio posizionare un catetere vescicale per la monitorizzazione oraria della diuresi sospendere i farmaci nefrotossici somministrazione di farmaci diuretici o di Dopamina a basse dosi (vasodilatazione del circolo corticale renale)
130
Funzione urinaria Valutazione: Difficoltà ad iniziare la minzione (il controllo della funzione urinaria deve avvenire entro 6-8 ore dall’anestesia stt nella peridurale o spinale) Palpare ed ispezionare l’addome inferiore appena sopra della sinfisi pubica Se il paziente ha un catetere vescicale verificare il flusso di urine Verificare la qualità delle urine negli interventi che coinvolgono l’apparato urinario
131
Funzione urinaria Interventi: Stimolare la minzione (mobilizzazione, applicazioni calde o fredde) Se il paziente non effettua la prima minzione entro 12 ore potrebbe essere necessario inserire un catetere estemporaneo Se il paziente ha un catetere vescicale a permanenza, rimuovere il più presto possibile (rischio di infezione)
132
Funzione intestinale Valutazione: Presenza di nausea Distensione addominale (accumulo di gas) Valutare l’ileo paralitico (irritazione da manipolazione dei visceri) e la ripresa dell’attività motoria intestinale (peristalsi): dopo poche ore nel piccolo intestino dopo 2 giorni nello stomaco dopo 3-5 giorni nel colon canalizzazione a gas e feci Ritorno di suoni intestinali: 5-30 gorgoglii forti al minuto su ogni quadrante Valutare la pervietà del sondino naso gastrico
133
Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 33, assistenza chirurgica, pagg. 1570-1575
134
Interventi infermieristici.
135
Hanno lo scopo di accertare e valutare continuamente le funzioni vitali per prevenire le complicanze permettere il recupero delle attività del paziente ad un livello pari a quello precedente all’intervento
136
Gli interventi infermieristici Che favoriscono l’espansione polmonare Che favoriscono la prevenzione della stasi venosa Che favoriscono il ripristino dell’eliminazione fecale Che favoriscono la ripresa dell’alimentezione Che favoriscono la riduzione degli stati d’ansia Che favoriscono il riposo
137
Interventi infermieristici …. Che favoriscono l’espansione polmonare: Sospensione del fumo 30 giorni prima dell’intervento Incoraggiare esercizi di respirazione profonda (diaframmatica) ogni 2 ore Spirometria incentivante per ripristinare il volume inspiratorio preoperatorio Educazione all’espettorazione efficace delle secrezioni bronchiali Favorire una mobilizzazione precoce Ridurre la pressione addominale sul diaframma Controllo del dolore Aiutare i pazienti costretti a letto a girarsi di lato ogni 1-2 ore e stare seduti quanto possibile Collaborazione con la terapista della riabilitazione
138
Interventi infermieristici …. Per la prevenzione della stasi venosa Valutare la presenza di edema, rossore, turgore, calore monolaterale agli arti inferiori Favorire la mobilizzazione precoce Evitare modalità di compressione degli arti inferiori (presidi, cuscini) Far eseguire esercizi per le gambe almeno ogni ora quando svegli Eseguire la terapia con anticoagulanti (eparina) Mantenere le calze antitrombo fino alla completa mobilizzazione Garantire un adeguato apporto di liquidi (evita l’emoconcentrazione e la formazione di coaguli)
139
Interventi infermieristici…. La prima alzata: Può avvenire il giorno dell’intervento o 1-2 giorni dopo Accertare i parametri vitali e la loro stabilità Se i parametri sono simili a quelli di base, aiutare il paziente a stare seduto sul bordo del letto Se il paziente accusa vertigini, far stendere il paziente e rivalutare i parametri Se reagisce bene far scendere dal letto il paziente e farlo deambulare per alcuni metri Se il paziente tollera l’attività ed i parametri rimangono stabili può rimanere seduto in poltrona per alcuni minuti
140
Interventi infermieristici…. Che favoriscono il ripristino dell’eliminazione fecale Dopo interventi sull’addome la peristalsi intestinale è transitoriamente depressa per lo stimolo irritativo dovuto alla manipolazione dei visceri ed al trauma operatorio; inoltre la somministrazione di oppioidi e di miorilassanti riduce la motilità intestinale Valutare giornalmente l’alvo Mobilizzazione precoce Garantire l’apporto di liquidi Instaurare un corretto regime alimentare (ricco di fibre) Eventuale esecuzione di clisteri (su prescrizione per interventi addominali) Somministrazione di lassativi Valutare la presenza di colon/ileostomie
141
Interventi infermieristici…. Per la gestione della nausea: Sono più a rischio: soggetti anziani, sottoposti ad anestesia generale stt di lunga durata e con l’uso di oppioidi, i non fumatori Aumentano il rischio di nausea il dolore, l’ipotensione e l’alimentazione Sedare il dolore e ridurre l’ansia Per le categorie a rischio è indicata una terapia preventiva con Ondansetron (Zofran) o Metoclopramide (Plasil) Bere dopo un intervento che non ha interessato il tratto gastrointestinale non aumenta necessariamente l’incidenza di nausea e vomito, pertanto la scelta va lasciata al paziente
142
Interventi infermieristici… Che favoriscono la ripresa dell’alimentazione per via naturale : Per i pazienti in cui l’apparato gastrointestinale non è stato coinvolto dall’intervento è possibile riprendere l’apporto dietetico dopo aver smaltito gli effetti dell’anestesia Per i pazienti sottoposti a chirurgia intestinale, dopo intervento di elezione, nella maggior parte dei casi viene tollerata un’alimentazione precoce: dieta liquida a partire dalla I^ giornata e gradualmente dieta regolare entro le successive 24/48 ore se tollerata Se il paziente tollera i liquidi senza nausea passare alla dieta prescritta dal medico (dieta leggera e dieta libera)
143
Interventi infermieristici… Che favoriscono la ripresa dell’alimentazione per via naturale : la pratica tradizionale di alimentare i pazienti sottoposti a chirurgia intestinale solo dopo la ripresa della peristalsi (III – V giornata postoperatoria per presenza di borborigmi), non è sostenuta da motivazioni scientifiche; l’alimentazione precoce favorisce la guarigione delle anastomosi quando alla dieta vengono associate fibre; un’alimentazione precoce non provoca complicanze quali cedimento dell’anastomosi (con possibile peritonite) per prevenire la deiscenza dell’anastomosi è importante presidiare una corretta preparazione del paziente all’intervento, una buona pulizia intestinale, la correzione di uno stato di malnutrizione, tecniche chirurgiche e materiali di sutura che riducano la risposta infiammatoria
144
La nutrizione La ripresa dell’alimentazione può non essere graduale o interrotta a causa del tipo di intervento (gastrectomie totali), della comparsa di complicanze (peritonite) di alimentazione inferiore al fabbisogno (anoressia) di richieste nutrizionali aumentate (traumatismo) Per ciò può essere necessario fornire al paziente un tipo di nutrizione alternativa
145
La nutrizione Nutrizione enterale : introduzione di principi alimentari (zuccheri, protidi, lipidi, sali, vitamine) in soluzione acquosa, attraverso sondino nasogastrico o nasodigiunale o attraverso gastrostomia o digiunostomia. Durante la fase iniziale, cominciare gradualmente l’alimentazione utilizzando pompe pressometriche che garantiscano la somministrazione nelle 24 ore, Valutare il rischio di aspirazione, valutare la tolleranza alla soluzione (diarrea) e modulare la velocità di somministrazione, Correggere alterazioni glicemiche, valutare gli elettroliti sierici, controllare il peso, Garantire il comfort (dolore, nausea, mal di gola )
146
La nutrizione Nutrizione parenterale totale: introduzione di elementi (glucosio, amminoacidi, lipidi, elettroliti, vitamine, insulina) disciolti in acqua sterile attraverso un accesso vascolare di grosso calibro. Prevede una gestione asettica del circuito infusionale per rischio di infezione settica E’ necessaria una accurata valutazione del bilancio idroelettrolitico, della glicemia e di altri parametri metabolici per definire il fabbisogno giornaliero
147
Interventi infermieristici… Che favoriscono il riposo Organizzare le procedure (rilevazione dei parametri, somministrazione d terapie) in modo da disturbare meno possibile durante il periodo di sonno Garantire una posizione confortevole ed eliminare o ridurre il dolore durante le ore serali, prima di dormire Rivedere la posizione dei presidi (medicazioni, gessi, drenaggi, linee infusionali) perché non interferiscano con il comfort Concordare la presenza di una persona significativa accanto che riduca l’ansia Somministrare farmaci che inducono il sonno (Benzodiazepine)
148
Interventi infermieristici… Che favoriscono la riduzione degli stati d’ansia Stare accanto alla persona, ascoltarla, ponendosi di fronte Consentire alla persona di piangere o di parlare Non esprimere giudizi Parlare in modo lento e tranquillo Sottolineare il fatto che tutti, in situazioni particolari si sentono ansiosi o hanno paura Eliminare stimoli eccessivi (rumori, luci, movimento di persone) Concentrare l’attenzione su ciò che può essere fatto, non su cosa non si può fare Distrarre la persona da pensieri negativi ricorrenti
149
Interventi infermieristici…. Che favoriscono la mobilità e la cura di se Assicurare la privacy Cambiare spesso la biancheria (sporche di secrezioni o sangue) Far eseguire l’igiene orale Coinvolgere i familiari
150
L’equilibrio idroelettrolitico
151
Equilibrio idroelettrolitico Valutazione (esame obiettivo): stato di coscienza, orientamento spazio temporale (alterazioni elettrolitiche) disidratazione (plica cutanea, lingua secca, assenza di sudorazione del cavo ascellare, sete) ipotensione (ortostatica), tachicardia edemi periferici (diminuzione dell’osmolarità plasmatica) digiuno ipertermia (perdita di liquidi)
152
Equilibrio idroelettrolitico Valutazione (strumentale): bilancio idrico PVC peso del paziente elettroliti sierici (natremia; kaliemia, calcemia) indici di funzionalità renale (clearance della creatinina, elettroliti urinari)
153
Equilibrio idroeletrolitico Problemi: ipo/ipervolemia, squilibrio elettrolitico Interventi: ripristino della volemia con infusione di liquidi ed elettroliti (fisiologica, bilanciata, ringer), apporto aggiuntivo di elettroliti (NaCl, KCL, CaCl), rivalutazione del bilancio e degli elettroliti sierici
154
Equilibrio idroelettrolitico All’interno dell’organismo l’acqua corporea è ripartita in 2 grandi settori: il settore extracellulare che rappresenta il 45% (plasma,liquido interstiziale, secrezioni mucose e sierose) ed il settore intracellulare che rappresenta il 55% La differenza tra liquido interstiziale e plasma è data dalla presenza di proteine in quest’ultima (albumina) La quantità totale di acqua e soluti dell’organismo rimane pressochè invariata grazie all’intervento di meccanismi neurormonali (ADH, sistema renina angoitensina – aldosterone) che usa il rene come organo effettore e all’ormone ANP (Peptide natriuretico atriale) rilasciato dall’atrio cardiaco in risposta ai cambiamenti del volume dei liquidi extracellulari
155
Equilibrio idroelettrolitico L’osmolalità del settore extracellulare (plasmatico e terzo spazio) dipende soprattutto dalla natremia Ogni aumento dell’osmolalità plasmatica si accompagna spesso ad un aumento della natremia ed a una disidratazione cellulare (sudorazione profusa, vomito, diarrea, poliuria da diabete insipido, diabete mellito) Il paziente presenta sete intensa, perdita di peso, astenia, secchezza delle mucose Ogni diminuzione dell’osmolalità plasmatica è invece indice di una iponatremia e di una iperidratazione intracellulare (eccessivo apporto idrico, insuff renale oligurica, secrezione eccessiva di ADH); il paziente presenta nausea, vomito, cefalea, confusione mentale Il terzo spazio (interstiziale) può essere più o meno alterato in relazione alla concentrazione di sodio e alla pressione oncotica plasmatica e quindi può infarcirsi determinando l’edema (in caso di insufficienza cardiaca, renale, epatica)
156
Il bilancio idrico L’equilibrio idrico viene mantenuto grazie ad un rapporto ottimale tra liquidi assunti (mediamente 30-40 ml/kg/die) e liquidi eliminati Il fabbisogno può essere aumentato fino a 150 ml/kg/die in seguito a stress chirurgico, diarree non controllabili, ustioni, sepsi
157
Bilancio idrico Entrate idriche: acqua ingerita o infusa (1500 –3000); acqua come componente degli alimenti; acqua metabolica proveniente dall’ossidazione degli alimenti (proteine 100 g/40ml, grassi 100 g/100 ml, carboidrati 100 g/ 60 ml) circa 300 ml nelle 24 ore
158
Bilancio idrico Uscite idriche: via renale (urina) con un flusso di 0,5-1 ml/kg/ora via digestiva: feci (circa 100-200 ml/die), vomito, ristagno gastrico) via polmonare (perspirazio polmonare 400 ml/die) via cutanea (perspirazio insensibilis 0,6 ml/kg/ora), circa 1000 ml/die perdite da drenaggi e dalla ferita Per temperatura corporea > 37.5 C°, si dovrà incrementare la perspiratio insensibilis di 0,2 ml/kg/die per ogni 0,1 C° di incremento della temperatura
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Esercizio In prima giornata postoperatoria la signora Lucia (peso 55 kg) ha eseguito una terapia infusionale di fisiologica 500 x 2, bilanciata 500, glucosata al 5% 500 x 2, ciproxim 100 ml x 3; presenta un catetere vescicale che ha drenato 1300 ml, un SNG che ha drenato 700 ml, un drenaggio addominale che ha drenato 230 ml; la temperatura corporea si è mantenuta su 37-37.5 C; durante la giornata ha bevuto un bicchiere d’acqua (150 ml)
160
Alterazioni elettrolitiche Sodio (136 – 150 mEq/l) Ipernatremia: perdita di acqua (febbre, diuretici) o ridotta introduzione di acqua o eccessiva introduzione di sodio Iponatremia: vomito, diarrea, sudorazione abbondante, perdite dai drenaggi, infusioni di soluzioni povere di sodio, diuretici drastici Le alterazioni della natremia comprendono spasmi muscolari, convulsioni, aumento del peso, edemi, oliguria, ipertensione
161
Alterazioni elettrolitiche Potassio (3,7 – 5,0 mEq/l) Iperkaliemia: insuff renale, acidosi metabolica, danno cellulare (intervento chirurgico) Ipokaliemia: digiuno, perdite enteriche, terapia diuretica, diabete mellito scompensato Le alterazioni della kaliemia comprendono sintomi neuromuscolari (ipotonia muscolare, parestesie), alterazioni del ritmo cardiaco (rilevazioni elettrocardiografiche)
162
Alterazioni elettrolitiche Calcio (4,2 – 5,2 mEq/l) Ipercalcemia: iperpartiroidismo, allettamento prolungato, ipervitaminosi D Ipocalcemia: ipoparatiroidismo, deficit vit D, pancreatite, IRC Le alterazioni della calcemia comprendono crampi muscolari, convulsioni, alterazioni elettrocardiografiche, parestesie a dita e piedi
163
Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 33, assistenza chirurgica, pag. 1576 Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 25, bilancio idrico ed elettrolitico, pagg. 898-994
164
Il drenaggio
165
Permettono la fuoriuscita di sangue e liquidi sierosi che possono diventare coltura di batteri Possono essere connessi ad un sistema di raccolta a caduta o in aspirazione o posti all’interno della medicazione Compito dell’infermiere è la registrazione della quantità di perdite presenti al momento dell’uscita dalla sala e la valutazione continua delle perdite
166
Il drenaggio Viene posizionato in sala operatoria dal chirurgo con tecnica asettica, in posizioni declivi (doccia dolico colica, cavo del Douglas) o attorno alla zona di intervento Al fine della prevenzione delle infezioni è consigliato di posizionare i drenaggi attraverso un’incisione diversa e distante da quella chirurgica, di utilizzare drenaggi a circuito chiuso, di rimuovere il drenaggio appena possibile Il drenaggio deve essere solidale con il paziente
167
Scopo del drenaggio Funzione terapeutica: permettono la fuoriuscita di liquidi che si accumulano nella sede dell’intervento allo scopo di favorire la cicatrizzazione e ridurre il rischio di infezione Funzione curativa: è possibile l’instillazione di farmaci (lavaggi) Funzione diagnostica, preventiva : permette di evidenziare in modo tempestivo il verificarsi di eventuali complicanze (deiscenze, emorragie, infezioni) e nello stesso tempo di risolvere temporaneamente il problema insorto
168
Tipi di drenaggi Drenaggi che agiscono per capillarità: in garza: necessita di sostituzione ogni volta che si impregna di materiale Laminari semplici, ondulati, a tubicini multipli affiancati: è possibile applicare un sistema di raccolta protetto (Minidren) Drenaggi che agiscono per gravità: Tubulari a caduta: con sacchetto di raccolta, possono essere fissati alla cute Muniti di sistema aspirante: Redon; jackson Pratt, Hemovac: munito di mantice, da ricaricare periodicamente e sostituire il sacchetto di raccolta Drenaggi a valvola ad acqua: per drenaggi pleurici, sistema a Bulau
169
La valutazione del drenaggio Valutare la pervietà del sistema Valutare la quantità nel tempo Valutare la qualità del materiale drenato Valutare le variazioni registrate nel tempo Registrare accuratamente nella documentazione infermieristica
170
Cosa si può drenare? Essudato sieroso o sieroematico Trasudato Contenuto intestinale Sangue Pus Urina Bile
171
Problemi correlati al drenaggio Rischio di infezione Dolore Compromissione dell’integrità cutanea Emorragia Peritonite Dislocazione/incarceramento Deiscenza
172
Interventi correlati al drenaggio Controllo periodico del materiale drenato e registrazione su termografica e/o diario infermieristico Valutazione del sito di inserzione del drenaggio Gestione asettica della medicazione o del sistema di drenaggio Rimozione del drenaggio
177
Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 32, cura delle ferite, pagg. 1458-61
178
La ferita chirurgica.
179
La valutazione della ferita chirurgica Valutazione della classificazione dell’intervento (deve essere fatta da un membro dell’equipe chirurgica) Valutazione dei fattori di rischio Valutazione obiettiva della ferita per individuare precocemente i segni di infezione Valutazione delle modalità operative del personale sanitario
180
Guarigione della ferita Che guarisce per 1^ intenzione: minima perdita tissutale; i bordi della ferita sono ravvicinati, il tessuto di granulazione non è visibile Che guarisce per 2^ intenzione: ferite con perdita tissutale; i bordi della ferita non sono ravvicinati e sono visibili lacerazioni profonde, il tessuto di granulazione è visibile Che guarisce per 3^ intenzione
187
Le infezioni della ferita Infezioni del sito chirurgico incisionali superficiali: si verificano entro i 30 giorni successivi all’intervento e riguarda solo il tessuto cutaneo o sottocutaneo dell’incisione; possono presentare i segni dell’infiammazione, drenaggio purulento dalla superficie dell’incisione, coltura positiva a microorganismi Infezioni del sito chirurgico incisionali profonde: possono verificarsi fino ad un anno dall’intervento se è presente una protesi e coinvolge i tessuti molli sottostanti l’incisione; possono presentare un drenaggio purulento da un’incisione profonda, una incisione profonda spontaneamente deiscente o aperta dal chirurgo, coltura positiva a microorganismi, febbre, dolore localizzato, leucocitosi, ascesso individuabile dall’osservazione diretta o tramite esame stumentale (radiologico, istopatologico)
188
Fattori che influiscono sulla guarigione delle ferite Fattori sistemici: nutrizione, ossigenazione dei tessuti, funzione cellulare immunitaria Fattori individuali: età, fumo e stress, malnutrizione/obesità, uso di farmaci (steroidi), diabete Fattori locali: tipo di intervento, presenza di infezione, cura della ferita
189
Valutazione delle complicanze di una ferita Presenza di segni di infiammazione: tumor, rubor, calor, dolor, functio laesa Presenza di secrezioni di materiale purulento (infezione) Presenza di sanguinamento (emorragia) Presenza di ematoma sottocutaneo Presenza di deiscenza della ferita e/o eviscerazione
190
Le domande da porsi La cute è calda ed arrossata? (infiammazione) La cute è sollevata e tumefatta? (raccolta di pus, ematoma) I margini della ferita sono aderenti e regolari o separate ed irregolari? (deiscenza della ferita, punti allentati) La ferita è asciutta o secerne materiale anomalo (pus, bile, materiale intestinale) La ferita è sanguinante? Quale colore presenta il sangue? (rosso vivo o marrone?) Con quale intensità sanguina?
191
Scopo di una medicazione Proteggere da aggressioni microbiche esterne Valutare la comparsa di emorragie, deiscenze, eviscerazioni Valutare l’andamento dei processi di cicatrizzazione di una ferita chirurgica di 1^ intenzione Valutare i processi di riparazione di una ferita che guarisce per 2^ intenzione Controllare l’incisione cutanea attorno al drenaggio e la tenuta dei sistemi di fissaggio Favorire il drenaggio di ferite infette Controllare e proteggere la cute da fenomeni irritativi attorno all’orifizio di fistole secernenti o stomie Rimuovere i drenaggi ed i punti di sutura
192
Tecnica di medicazione Medicazione di 1^ intenzione (linee guida) Proteggere una ferita che è stata chiusa per 1^ intenzione con una medicazione sterile ed asciutta per 24 – 48 ore dopo l’intervento Lavarsi le mani prima e dopo aver cambiato medicazioni e ad ogni contatto con la ferita chirurgica Quando bisogna cambiare una medicazione, usare la tecnica sterile (ferri chirurgici o guanti sterili), appoggiarsi su piani puliti e ridurre i movimenti d’aria (le operazioni di pulizia dovrebbero terminare almeno 30 minuti prima dell’esecuzione della medicazione) Utilizzare disinfettanti di comprovata efficacia e a bassa tossicità (Iodofori, Clorexidina in soluzioni acquose) Assenza di raccomandazioni riguardo la copertura, dopo le 48 ore, di una ferita chiusa per 1^ intenzione e riguardo il tempo appropriato per farsi una doccia o il bagno avendo una ferita non coperta
194
Tecnica di medicazione Eseguire il lavaggio sociale delle mani Indossare i guanti in lattice Rimuovere la vecchia medicazione staccando il cerotto e facendo attenzione a non creare lesioni della cute Cambiare i guanti Disinfettare procedendo dall’alto verso il basso Usare un tampone per ogni applicazione per prevenire la trasmissione di microrganismi Applicare sterilmente garze pulite e chiudere con il cerotto
195
Tecnica di medicazione Medicazione di 2^ intenzione Prevede la rimozione dei materiali infetti e la gestione con medicazioni avanzate che presentino i seguenti criteri: Mantenere la superficie della ferita umida e non bagnata Creare isolamento termico Creare una barriera antibatterica Non aderire alla ferita Ridurre/assorbire l’essudato infiammatorio Non lasciare residui sulla ferita Permettere gli scambi gassosi Alleviare il dolore
196
Materiale di medicazione Garze sterili, cerotti, guanti (lattice, polietilene, sterili), teli sterili Filo di sutura, steristrip Disinfettanti Ferri chirurgici Medicazioni alginate Medicazioni idrocolloidi Idrogel Schiuma di poliuretano Medicazione adesiva trasparente semipermeabile
197
Lo zaffo Uno zaffo sterile può essere inserito in una ferita infetta o aperta Evita che la ferita si chiuda prematuramente, diminuisce il rischio di proliferazione di microrganismi e formazione di ascessi
198
Disinfettanti Clorexidina Bassa tossicità Elevata efficacia germicida Attività batteriostatica e battericida Antisepsi della cute integra, lesa e mucose
199
Disinfettanti Acqua ossigenata Azione debolmente battericida Ottimo potere detergente Proprietà di liberare ossigeno che favorisce la rimozione meccanica dei tessuti necrotici Sensibile alla luce
200
Disinfettanti Amuchina® (composti del cloro) Elevato potere battericida Indicato per cute integra, lesa e mucose Dissoluzione tessuti necrotici Recenti studi riportano un effetto irritante e ritardante la formazione del tessuto di granulazione Azione dissolvente dei coaguli,rischio di sanguinamento
201
Disinfettanti Iodio e iodofori Ottimo potere battericida Inattivato da materiale organico Iodio in soluzione alcolica per cute integra Iodio in soluzione acquosa per antisepsi piccole ferite e mucose
202
La pulizia dei ferri chirurgici Decontaminazione: dopo l’uso i ferri devono essere immediatamente immersi in un decontaminante chimico di riconosciuta efficacia sul virus dell’HIV (DM 1990) Pulizia: possono essere immersi in un proteolitico per favorire la rimozione dei residui, prima di effetture la pulizia manuale Asciugatura Sterilizzazione: possibilmente in confezioni singole con data di scadenza ben identificabile
203
Strumenti chirurgici
204
Bibliografia Linee guida per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico, 1999, Center for Disease Control, Atlanta U.S.A. Dispensa fornita dal docente o reperibili sul sito: www.regione.piemonte.it/sanita/sanpub/dwd/infezioni.pdf Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 32, cura delle ferite, pagg. 1483-1502
205
La valutazione del SNG Conoscere lo scopo della presenza del SNG Valutare i rischi legati alla permanenza del SNG
206
Scopi del SNG Diagnotico: in caso di emorragie digestive superiori Detensione e svuotamento gastrico : nell’ileo paralitico postoperatorio o da fenomeni infiammatori addominali (pancreatite) Aspirazione di sostanze (intossicazioni) Nutrizione enterale (pazienti intubati, disfagici, traumi cranio facciali, lesioni esogagee)
207
Rischi del SNG Durante il posizionamento : errato posizionamento in trachea o in bocca (arrotolato), epistassi, traumi alle vie aeree superiori, perforazione esofagea, aspirazione polmonare per vomito o reflusso gastroesofageo Dislocazione: molto pericoloso nei pazienti sottoposti a nutrizione enterale (polmonite ab ingestis) Difficoltà di respirazione Difficoltà di deglutizione Lesioni da decubito Polmonite Alterazione della mucosa del cavo orale
208
La rimozione del SNG E’ pratca comune rimuovere il SNG quando il paziente riprende la peristalsi Numerosi studi hanno ormai dimostrato che non è necessario tenere in sede il SNG in tutti i pazienti dopo una laparotomia elettiva, mentre il mantenimento può determinare gravi complicanze Il SNG dovrebbe essere messo solo ai pazienti che hanno bisogno di decompressione gastrica o intestinale (sondino gastro digiunale), nel postoperatorio La rimozione al termine dell’intervento rispetto a quella decisa alla ripresa della peristalsi (3 – 4 giornata), non ha evidenziato significative differenze rispetto a nausea, vomito, distensione gastica, infezioni, deiscenza della ferita, mentre risultano significativamente minori le complicanze polmonari nei pazienti con rimozione precoce
215
Introduzione della sonda o Definire la lunghezza della parte del sondino da introdurre (naso- orecchio- apofisi xifoidea) o Posizione del paziente durante l'introduzione o paziente seduto con colonna vertebrale in estensione, capo orientato in avanti, in posizione assiale oppure o paziente supino senza cuscino, capo orientato in avanti in posizione assiale. o Mano dell'operatore dietro la nuca del paziente in modo da controllare la posizione della testa. o Preparazione all'introduzione del sondino o mettere un panno pulito sulle gambe (paziente seduto) o sul petto (paziente supino) o ungere con luan i primi 20 cm della sonda
216
Introduzione della sonda o Introduzione del sondino o introdurre la sonda puntando verso le vertebre cervicali fino a sentire lo stop della parete posteriore del faringe. o spingere ancora e si deve avvertire il cedere di questo ostacolo( il sondino si e' incurvato verso il basso). Se l'ostacolo non cede far piegare indietro il capo e riprovare. o superato l'ostacolo dire al paziente di piegare il capo in avanti il più possibile e di respirare con la bocca o spingere il sondino in faringe e in esofago o progredire lentamente eventualmente sollecitando il paziente ad ingoiare. o se si avverte uno stop ritirare il sondino di un cm e controllare la posizione del capo che deve restare piegata o arrivati a 30 cm si puo' far raddrizzare il capo e si continua ad introdurre molto lentamente.
217
Controllo del posizionamento o Aspirare il sondino eliminando quanto possibile il contenuto gassoso dello stomaco. Non rimuovere il contenuto liquido. o Insufflare 20 cc di aria nel sondino e contemporaneamente auscultare in sede epigastrica. Se immediatamente dopo l'insufflazione si avverte un rumore di gorgoglio oppure semplicemente di soffio si puo' avere la certezza di aver posizionato la punta del sondino oltre l'esofago (nello stomaco ).
218
Bibliografia Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 28, alimentazione, pagg. 1220-1229
219
Il dolore
220
La valutazione del dolore Caratteristiche del dolore: urente, puntorio, irradiato, continuo, intermittente Sede del dolore: riferibile alla sede dell’incisione o altra sede Modalità di insorgenza: gradualmente, improvvisamente, dopo uno sforzo, a riposo Intensità del dolore Fattori che aumentano o riducono il dolore: la posizione, il rumore, l’illuminazione della stanza, la paura, la presenza del familiare, i farmaci Riconoscimento del dolore riferibile ad altre situazioni: dolore nuovo o già provato Nei pazienti con deficit cognitivi e nei pazienti pediatrici, il coinvolgimento delle persone significative può risultare fondamentale per un’adeguata valutazione del dolore
221
La valutazione del dolore Valutazione soggettiva dell’intensità del dolore: utilizzando delle scale semplici quali la VAS (scala visiva analogica) la NRS (scala di valutazione numerica), espressioni facciali (pz pediatrici) o scale più articolate come Pain Rating Index o McGill Pain Questionnaire E’ fondamentale credere al paziente, non sono consentiti altre modalità di valutazione del dolore oggettivo (il giudizio dell’operatore) per determinare il grado e l’importanza del dolore provato dal paziente (codice deontolgico) L’infermiere raccoglierà altri dati oggettivi per dare una interpretazione di gravità clinica del dolore (dolore anginoso)
222
Il dolore postoperatorio Ha dolore? Per forza è stato appena operato! Deve avere pazienza!” Il dolore postoperatorio è sempre stato considerato, erroneamente un evento inevitabile Recenti studi continuano a dimostrare che il dolore o non viene adeguatamente trattato o non viene trattato affatto
223
Il dolore postoperatorio Fattori che influenzano l’esperienza del dolore postoperatorio: Il livello di tolleranza del dolore del paziente dipende da: fattori affettivi, cognitivi ed emotivi, personalità, fattori etnici, culturali, ambientali, preparazione fisica, psicologica e farmacologica, esperienze precedenti
224
Il dolore postoperatorio Un dolore intenso stimola la risposta allo stress che influenza negativamente il sistema cardiovascolare, respiratorio e immunitario L’incidenza di infezioni aumenta nel paziente con scarso controllo del dolore postoperatorio L’infermiere accerta il livello del dolore usando le scale e valutando le caratteristiche L’infermiere accerta l’efficacia del trattamento
225
Il trattamento del dolore – Informazione preoperatoria – Trattamento analgesico prima, durante e dopo l’intervento – Qualità dell’assistenza postoperatoria Molti studi dimostrano che i soggetti che hanno ricevuto sufficienti informazioni (istruzioni sulla tosse, respirazione profonda, postura, movimento…) riportano una minore intensità percepita di dolore. (Fortin, Kirouac 1976)
226
Trattamento del dolore Gli effetti avversi più importanti del dolore severo derivano dal mancato trattamento del dolore stesso; Un approccio adeguato al dolore prevede il coinvolgimento del paziente, un triage del dolore e una documentazione accurata della terapia analgesica praticata Il dolore dovrebbe essere considerato come un parametro vitale e registrato sulla documentazione clinica attraverso l’uso di scale Nei casi in cui non sia possibile alleviare completamente il dolore, l’obiettivo dovrebbe essere di ridurlo ad un livello accettabile per il paziente
227
Trattamento del dolore L’intensità del dolore dovrebbe essere valutata ogni 4 ore nelle prime 48 ore dall’ingresso o dall’intervento La valutazione del dolore dopo trattamento farmacologico, deve essere eseguita 1 ora dopo la somministrazione parenterale e 2 ore dopo quella orale Il trattamento del dolore per essere efficace richiede flessibilità e deve essere tarato sulle caratteristiche e sulle esigenze del singolo paziente L’utilizzo del placebo per il controllo del dolore non è sostenibile né da un punto di vista etico né scientifico Gli interventi non farmacologici sono utili se il paziente li desidera, ma non devono essere utilizzati in alternativa, ma associate alle altre tecniche analgesiche, potenziando gli effetti e riducendo ad esempio il fabbisogno di farmaci Tutti gli operatori dovrebbero essere adeguatamente preparati a gestire il dolore
228
Errori comuni sul dolore L’idea comune che il dolore è solo un sintomo e non è dannoso in se stesso Prescrizioni inadeguate dei farmaci analgesici relative sia alla scelta del farmaco che del dosaggio Carenze nelle conoscenze e nella comprensione della farmacocinetica dei vari farmaci analgesici La credenza erronea che gli oppioidi non possano essere somministrati ad intervalli inferiori alle 4 ore Tendenza da parte degli infermieri di sottostimare o interpretare la valutazione del paziente rispetto al dolore Resistenza da parte degli infermieri alle prescrizioni mediche che si traducono in dosaggi inferiori o in ritardi nella somministrazione rispetto alla prescrizione Timore per la potenziale dipendenza da oppioidi
229
Terapia analgesica Un approccio preventivo (prescrizione oraria) piuttosto che l’approccio al bisogno risulta più efficace nell’alleviare il dolore postopetatorio Vie di somministrazione Via orale: compresse di oppioidi o di FANS Via parenterale: iniezioni intramuscolari di FANS Via endovenosa: somministrazione di oppioidi anche controllata dal paziente (elastomero) Via transdermica: cerotto a base di oppioidi a lento rilascio Via peridurale: infusione continua con elastomero
230
Terapia analgesica FANS: esplicano un azione antinfiammatoria: possono dare fenomeni allergici, ulcera gastrica, fenomeni emorragici Oppioidi: agiscono a livello del SNC, determinano sedazione e a dosaggi molto elevati il rischio di depressione respiratoria La combinazione di diverse classi di analgesici, migliora l’efficacia della terapia farmacologica e riduce il rischio di effetti collaterali
231
Bibliografia Di Giulio P., Saiani L., Brugnolli A, Clementi R., Laquintana D., Palese A., Assistenza al paziente nel pre e postoperatorio, in Assistenza Infermieristica e Ricerca, 2001; (1): 27-33. Potter-Perry, Infermieristica generale clinica, ed. Sorbona, 2006; cap. 27, gestione assistenziale del dolore, pagg. 1150- 1154, tab 27.17 pag 1162
232
La terapia endovenosa.
233
Terapia endovenosa Consiste nell’infusione di un liquido sterile in una vena allo scopo di: Mantenere o ripristinare liquidi per il fabbisogno giornaliero Prevenire o trattare squilibri elettrolitici Fornire elementi energetici e nutritivi Somministrare farmaci o emocomponenti
234
Terapia infusionale Soluzioni cristalloidi: liquidi chiari che contengono elettroliti e zuccheri Soluzioni colloidi: liquidi che contengono proteine o lipidi
235
Terapia infusionale Le soluzioni devono essere valutate in base all’osmolarità che presentano e vanno messe in relazione all’osmolarità sierica (275 – 295 m Osm/l). Possono essere classificate: Isotoniche: ringer, ringer lattato, fisiologica 0,9 % (308 mOsm/l), glucosio 5% ( 260 mOsm/l), elettrolitica reidratante, emagel ( 280 mOsm/l), albumina 5% Indicazioni: vengono utilizzate per il ripristino del volume circolante Problemi: rischio di sovraccarico del circolo in pazienti con ipertensione arteriosa e scompenso cardiaco
236
Terapia infusionale Ipotoniche: fisiologica 0,45% (154 mOsm/l), cloruro di sodio 0,33%, glucosio 2,5% Indicazioni: vengono utilizzate per ridurre la concentrazione ematica (iperglicemia) Problemi: rischio di collasso cardiovascolare per passaggio di liquidi nel comparto extravascolare ed aumento della pressione inrtacranica
237
Terapia infusionale Ipertoniche: glucosio 5% in fisiologica 0,9% (560 mOsm/l), glucosio 10% (520 mOsm/l), glucosio 20%, albumina 25% (1500 mOsm/l) Indicazioni: vengono utilizzate per stabilizzare la pressione arteriosa Problemi: rischio di sovraccarico del circolo con disidratazione cellulare, edema polmonare acuto (EPA) in pazienti cardiopatici e nefropatici
238
Terapia infusionale Soluzioni elettrolitiche reidratanti per pazienti per cui si prevede un breve periodo di digiuno Soluzioni di amminoacidi ed emulsioni lipidiche per pazienti per cui si prevede un digiuni prolungato o un’alimentezione insufficiente al fabbisogno metabolico (catabolismo). Il farmacista può preparare delle soluzioni complete di tutti gli elementi nutrizionali (nutrizione parenterale totale) in relazione ai parametri ematochimici del paziente e all’obiettività clinica Soluzioni contenenti farmaci (antibiotici, gastroprottetori, antidolorifici, antiemetici) ed integrazioni elettrolitiche (potassio cloruro, sodio cloruro, calcio gluconato) Trasfusione di emocomponenti (eritrociti concentrati, plasma) o emoderivati (albumina)
239
Terapia infusionale Infusione continua, nelle 24 ore, intermittente, in bolo La scelta dipende da: Scopo della terapia Durata della terapia Situazione clinica del paziente Età e grado di collaborazione del paziente
240
Terapia infusionale Responsabilità infermieristiche Correttezza nella somministrazione nel rispetto delle 7 G (G paziente, G farmaco, G via di somministrazione, G dosaggio, G orario, G registrazione, G approccio con il paziente) Preparazione del paziente Corretto utilizzo dei presidi infusionali (cateteri vascolari, deflussori, regolatori di flusso, porte d’ingresso) Rispetto dell’asepsi Corretta modalità di diluizione dei farmaci
241
Terapia infusionale Conoscenza dell’interazione tra farmaci (diluiti assieme o somministrati attraverso la stessa via di infusione) Determinazione della velocità di infusione in relazione al tipo accesso vascolare ed al tipo di infusione Sorveglianza delle infusioni e del sito di ingresso del catetere vascolare (flebite, occlusione, dislocazione) Valutazione degli effetti desiderati della terapia (attraverso la semeiotica, gli esami ematochimici) Individuazione precoce di reazioni avverse e/o di complicanze
242
Bibliografia Terapia endovenosa, ed. it. Rizzo Maria, McGrow-Hill, 1999, pagg. 10-23
243
L’accesso vascolare
244
Inserzione percutanea di un ago all’interno di una vena: Periferica Centrale
245
L’accesso vascolare centrale Posizionamento di un catetere in una vena centrale di grosso calibro Sedi maggiormente utilizzate: vena succlavia e giugulare interna; ma all’’occorrenza possono essere utilizzate anche la vena giugulare esterna e la vena femorale La punta del catetere si posiziona a livello della vena cava superiore fino all’atrio destro o in vena cava inferiore (accesso femorale)
251
Cateteri venosi centrali Cateteri a 1 o 2 o 3 vie di accesso (multilume) Cateteri venosi tunnellizzati Cateteri venosi centrali inseriti perifericamente Cateteri impiantati Cateteri ad uso particolare (tipo Quinton per dialisi)
252
Catetere di Hickman
254
Catetere di Groshong
255
Catetere lungo
256
Terapia venosa centrale Infusione di farmaci ad elevata concentrazione o citotossici (chemioterapici) Nutrizione parenterale totale (ad elevata osmolarità) Terapia a lungo termine Limitati accessi venosi periferici Condizioni di gravità clinica del paziente
257
Valutazione dell’accesso vascolare Valutare la scelta della sede di inserzione in relazione all’obiettivo infusionale, al tipo e durata dell’intervento, alle possibili complicanze postoperatorie E’ possibile eseguire un’infusione in una arteria?
258
Presidi per la terapia infusionale Bottiglia o sacca che contiene la soluzione Set di somministrazione: deflussori, rubinetti, connettori antireflusso Cateteri vascolari Dispositivi del controllo di flusso
259
Velocità di infusione Fattori che influenzano la velocità di infusione: Altezza del contenitore della soluzione Posizione delle estremità Ostruzione del set Posizione dell’accesso vascolare (piega del collo) Pervietà del catetere Occlusione del lume per bolla d’aria Regolazione velocità di infusione
260
Terapia infusionale Come si calcola la velocità di infusione di una soluzione? Gocce al minuto: gtt/min Millilitri all’ora: ml/h Fattore di conversione: 1 ml = 15-18-20 gtt/min Con quali strumenti? Deflussore standard Regolatore di flusso Pompe di infusione volumetriche Pompe siringa
261
Complicanze della terapia endovenosa Sistemiche: Pneumotorace (posizionamento di CVC in giugulare interna e succlavia) Sovraccarico di liquidi Embolia gassosa (CVC) Infezioni fino alla setticemia Locali: Infiltrazioni e stravaso Flebiti e tromboflebiti (CVP) Ematoma Coaguli ed ostruzione del catetere
262
Cute integra
263
Cute arrossata
264
Segni di flogosi
265
Terapia infusionale Ci sono farmaci che prevedono una particolare attenzione rispetto alla velocità di infusione? Soluzioni contenenti potassio (K) per rischio di aritmie e complicanze cardiologiche Soluzioni lipidiche per rischio di embolie grassose Soluzioni contenenti farmaci cardiovascolari o salvavita ad infusione continua Emocomponenti ed emoderivati (albumina)
266
Linee guida per la prevenzione delle infezioni associate a catetere vascolare CDC 2002 Categoria IA: fortemente raccomandate e supportate da studi sperimentali ben disegnati, clinici o epidemiologici Categoria IB: fortemente raccomandate per l’implementazione e supportate da studi sperimentali, clinici o epidemiologici e da un forte razionale teorico Categoria IC: richieste da standard, regole, leggi statali o federali Categoria II: suggerite per l’implementazione e supportate da studi clinici o epidemiologici suggestivi o da un forte razionale teorico Problema irrisolto: rappresentano un problema per il quale l’evidenza è insufficiente o non esiste alcun consenso riguardo l’efficacia
267
Cateteri venosi periferici Negli adulti cambiare il catetere e ruotare il sito ogni 72-96 ore Cambiare i cateteri inseriti in condizioni di emergenza ed inserire un nuovo catetere in un sito differente entro 48 ore Cambiare la medicazione quando il catetere viene rimosso o cambiato o quando la medicazione è umida, staccata o sporca Cambiare i dispositivi per l’infusione non più frequentemente di intervalli di 72 ore Cambiare le linee usate per la somministrazione di sangue o emulsione di lipidi entro 12 ore dall’attacco dei liquidi Completare le infusioni di sangue entro 4 ore
268
Cateteri venosi centrali Cambiare la medicazione in garza ogni 2 giorni e quelle trasparenti ogni 7 giorni sui cateteri a breve termine Cambiare la medicazione quando il catetere viene cambiato o quando la medicazione si inumidisce, si stacca o si sporca o quando è necessaria l’ispezione del sito Cambiare la linea endovenosa ad intervalli di 72 ore Cambiare le linee di infusione per somministrazione di emulsioni di lipidi entro 24 ore dall’attacco dell’infusione Completare l’infusione di lipidi entro 24 ore dall’attacco dell’infusione
269
Linee guida per la prevenzione delle infezioni associate a catetere vascolare CDC 2002 Lavaggio delle mani prima di ogni contatto con qualsiasi parte del sistema di infusione e con il paziente, con saponi contenenti antisettici ed acqua o con creme o gel a base di alcol Utilizzo dei guanti in lattice che non sostituisce la necessità del lavaggio delle mani Utilizzare guanti puliti per inserimento e gestione cateteri vascolari periferici Utilizzare guanti sterili per l’inserimento dei cateteri venosi centrali e arteriosi
270
Linee guida per la prevenzione delle infezioni associate a catetere vascolare CDC 2002 Rispettare le tecniche asettiche per l’inserimento e la gestione dei cateteri intravascolari Utilizzare garze sterili o medicazioni semipermeabile, trasparente, sterile Esaminare flaconi e sacche Prima di aver accesso al sistema pulire le porte di iniezione con alcol al 70% o con un iodoforo Mantenere una stretta asepsi
271
Bibliografia Terapia endovenosa, ed. it. Rizzo Maria, McGrow-Hill, 1999, pagg. 65-74, 94-96 Infermieristica medico chirurgica; brunner Suddarth pagg 344, 346, 349, 350, 351 Linee Guida per la prevenzione delle infezioni associate a catetere intravascolare, CDC 2002; Giornale Italiano delle infezioni Ospedaliere vol. 9, n 3, luglio-settembre 2002 (dispensa fornita dal docente)
272
I farmaci in chirurgia.
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Farmaci più comuni in chirurgia Antibiotici: a largo spettro per la profilassi, su esame colturale per la cura delle infezioni postoperatorie Anticoagulanti: eparine a basso peso molecolare Antidolorifici: FANS e oppioidi Antiacidi: bicarbonato di sodio, Idrossido di Magnesio (Maalox) H 2 antagonisti: Ranitidina (Zantac) Inibitori della pompa protonica: Omeprazolo (Losec), Pantoprazolo Procinetici/antiemetici: Metoclopramide (Plasil), Domperidone (Motilium), Ondansetron (Zofran) Lassativi e purganti: Lattulosio (Laevolac), Glicerina
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Farmaci più comuni in chirurgia Ripresa dei farmaci preoperatori: valutare la possibilità di attendere il recupero della capacità alimentare, valutare la ripresa in base ad alcuni parametri (antipertensivi), valutare la somministrazione per altra via se non è possibile la sospensione del farmaco
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Aspetti organizzativi La pianificazione delle attività ordinarie (ingressi in regime ordinario, monitoraggio postoperatorio, dimissioni) La pianificazione delle attività straordinarie (ingressi d’urgenza, emergenze) Il significato della presa in carico dell’utente Le risorse umane: flessibilità, capacità di giudizio clinico, aggiornamento, motivazione, valorizzazione
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Il trattamento delle principali complicanze Peritonite Quadro clinico: dolore a colpo di pugnale, vomito, addome contratto o disteso, febbre e tossiemia fino allo shock settico Interventi: riposo assoluto a letto, sospensione dell’alimentazione, apporto idroelettrolitico endovenoso (polisalina e glucosata 2000ml die), antibioticoterapia a largo spettro; in attesa dell’antibiogramma Cefozidima, Ciprofloxacina (Ciproxim), terapia per lo shock settico (vedi scheda), rimozione della causa con intervento chirurgico ove necessario
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Il trattamento delle principali complicanze Il delirio postoperatorio Infermieristica medico chirurgica; Brunner Suddarth pagg 547
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