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Stili di vita pericolosi
L’aumentata assunzione di calorie, di carboidrati raffinati e la diminuzione dell’attività fisica hanno portato all’esplosione nel mondo dell’adiposità addominale e dell’insulina resistenza.
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Dalla rivoluzione industriale dell’800 una continua evoluzione….
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1885: prima automobile (Karl Benz)
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1912: primo ingorgo di traffico
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1929: primi problemi di parcheggio
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Da una società dei colletti blu….
Stile di vita Nutrizione 10 ore di lavoro/die, ,5-6 giorni/settimana 10 km/die di cammino per raggiungere il posto di lavoro 5-6 ore settimanali di svago 60–75 ore settimanali di attività fisica Elevata assunzione calorica (> 4000 cals/die) Basso consumo di : sale, tabacco, alcol e cibi processati Alto consumo di frutta e vegetali freschi, noci, cereali e legumi Elevato consumo di pesce azzurro, aringhe Basso consumo di carne rosse
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…ad una società dei colletti bianchi
Stile di vita Nutrizione 8 ore di lavoro/die, giorni/settimana <1 km/die di cammino per raggiungere il posto di lavoro 16 ore settimanali di svago < ore settimanali di attività fisica Ridotta assunzione calorica (> 2600 cals/die) Alto consumo di : sale, tabacco, alcol e cibi processati Basso consumo di frutta e vegetali freschi, noci, cereali e legumi Basso consumo di pesce azzurro, aringhe Alto consumo di carne rosse
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Avge US adult sedentary 8 hours / day, < 2,000 steps / day (NYS Public Health Assocn ‘05)
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Sindrome Metabolica
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Sindrome Metabolica Malgrado la controversia sulla sua esatta definizione, non c’è dubbio che la sindrome metabolica rappresenti il più importante fenotipo clinico del 21º secolo. Le malattie correlate a questa sindrome sono molteplici e la sua complessità attrae l’interesse di studiosi di varie discipline che spaziano dalla sociologia alla biologia molecolare, dalla farmacologia clinica alla nutrizione, dalla economia alla politica. Per il clinico la sindrome metabolica è un valido strumento per comunicare con il paziente e per indurlo ad un radicale cambiamento dello stile di vita e delle proprie abitudine alimentari, cambiamento che, ove necessario, può essere accompagnato da un trattamento farmacologico più adeguato.
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Sindrome Metabolica La sindrome metabolica è un fattore di rischio per la malattia cardiovascolare ed il diabete di tipo 2 che riflette un insieme di fattori di rischio derivanti dalla adiposità addominale e l’insulino resistenza.
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Sindrome Metabolica Le condizioni di rischio metabolico quali:
dislipemia aterogenica, intolleranza al glucosio, ipertensione, stato proinfiammatorio, stato protrombotico, Pongono il paziente a rischio di: malattia coronarica, malattia cerebrovascolare fibrillazione atriale, diabete di tipo, steatosi epatica, apnea notturna disfunzione sessuale declino cognitivo cancro
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14 milioni di persone con SM
Sindrome Metabolica La sindrome metabolica è una situazione clinica ad alto rischio cardiovascolare. I fattori di rischio sono spesso correlati allo stile di vita della persona (dieta errata, peso eccessivo, vita sedentaria) o a situazioni patologiche preesistenti quali obesità, ipercolesterolemia, infiltrazioni adipose nel fegato. Questi soggetti presentano un’aumentata resistenza all’insulina. 14 milioni di persone con SM In Italia, la sindrome metabolica colpisce il 25% degli uomini ed il 27% delle donne. Sono dei numeri altissimi, che equivalgono a circa 14 milioni di individui.
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Cause e componenti della Sindrome Metabolica
Genetiche Nutrizionali Stress cronico Attività fisica Obesità addominale Insulina resistenza Infiammazione Dislipidemia Ipertensione Iperglicemia Steatosi Epatica
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Gestione della Sindrome Metabolica
Aspetto Trattamento Componenti Essenziale Stile di vita Dieta Esercizio fisico Complementari Protettori vascolari Antipertensivi Ipolipidemizzanti Antiglimecici Antitrombotici Complicazioni Anti-ischemici Calcioantagonisti Nitrati altri La dieta ha un ruolo determinate nella gestione del paziente con sindrome metabolica. Una dieta ricca di acidi grassi omega-3 è consigliata dai nutrizionisti. L’integrazione dietetica con acidi grassi omega-3 e vitamina D è fortemente raccomandata.
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L’INTEGRAZIONE DIETETICA RAZIONALE NEL PAZIENTE CON SINDROME METABOLICA
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Perché l'omega-3 di Krill e non l’olio di pesce?
L’olio di Krill contiene 30% di omega-3 di cui 29,4% sono bioattivi e combinati con fosfolipidi. L’olio di pesce contiene il 30% di omega-3 ma solo il 19,2% è bioattivo. L’olio di Krill ha una proporzione tra omega-3 e omega-6 di 15:1 mentre nell’olio di pesce la proporzione tra omega -3 ed omega-6 è di 3:1. L’olio di Krill integra i fosfolipidi agli acidi grassi omega-3 nella stessa proporzione e con la stessa struttura dell’organismo umano. L’olio di Krill contiene il 40% di fosfolipidi con fosfatidilcolina fondamentale per le cellule celebrali. L'olio di pesce ne è assente. L’olio di Krill è privo di metalli pesanti ed altri contaminanti mentre l'olio di pesce deve essere purificato prima di essere immesso in commercio. L'olio di Krill contiene uno dei più potenti antiossidanti, l'Astaxantina, un carotenoide naturale che dà al crostaceo il caratteristico colore rossastro.
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Perché l'omega-3 di Krill e non l’olio di pesce?
La supplementazione di olio di Krill produce un aumento di EPA e DHA nel plasma del 24% più alto della stessa dose di olio di pesce. Ulven SM et al. Metabolic Effects of Krill Oil are Essentially Similar to Those of Fish Oil but at Lower Dose of EPA and DHA, in Healthy Volunteers. Lipids 2011, 46(1):37-46
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Riduce il colesterolo ed i trigliceridi epatici
Negli studi scientifici sull’uomo, l’olio di Krill ha dimostrato di stabilizzare il metabolismo dei pazienti affetti da Sindrome metabolica, riducendo la glicemia,il colesterolo ed i trigliceridi. L’assunzione dell’olio di Krill migliora la funzione cardiovascolare, la funzione epatica e lo stato infiammatorio presente in questa Sindrome. Riduce la glicemia Riduce il colesterolo ed i trigliceridi epatici Contribuisce alla prevenzione della malattia coronarica e cardiovascolare
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Janet C. Tou, et al. Krill for Human Consumption: Nutritional Value and Potential Health Benefits. February 2007: 63–77.Nutrition Reviews, Vol. 65, No. 2
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
La scoperta della presenza dei recettori nucleari della vitamina D in molti tessuti dell’organismo, ha indirizzato la ricerca clinica sugli effetti della vitamina D in molte patologie e fra queste: · la sindrome metabolica · il diabete · l’obesità · la steatosi epatica · la malattia cardiovascolare Numerosi studi hanno evidenziano che la supplementazione di vitamina D ha effetti benefici in tali condizioni.
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
Esiste l’evidenza, sostenuta da numerosi studi, che la vitamina D3 è coinvolta nelle funzioni cerebrali. I recettori nucleari della vitamina D3 (VDR) e l’idrossilasi, convolti nel metabolismo della vitamina D, sono espressi nei neuroni, nelle cellule della microglia e negli astrociti. Gli effetti della vitamina D3 nel sistema nervoso includono la biosintesi di fattori neurotropici ed enzimi coinvolti nella neurotrasmissione. La vitamina D3 inibisce la sintesi della NO sintetasi inducibile ed aumenta i livelli di glutatione con un effetto detossificante sul cervello svolgendo così un ruolo benefico sui processi degenerativi e neuroimmuni.
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
L’obesità e le sue conseguenze sulla salute sono associate all’alterato segnale del sistema degli endocannabinoidi (EC) che risulta cronicamente attivato. Il legame degli EC endogeni ai recettori dei vari tessuti influenza l’espressione genica intracellulare dei tessuti periferici quali fegato, muscoli scheletrici e tessuto adiposo e modula le attività del sistema nervoso centrale. Pertanto gli EC influenzano non solo le attività enzimatiche ma anche l’appetito, il bilancio energetico, l’umore e la risposta immune. Un sistema EC iperattivo promuove l’aumento della massa grassa e dei vari parametri della sindrome metabolica.
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
Un’aumentata assunzione di omega-3 influenza positivamente il rapporto omega-3/omega-6 nel sangue e negli organi, permettendo che un più basso livello di acido arachidonico venga incorporato nei fosfolipidi. Di conseguenza i livelli di endocannabinoidi (AEA e 2-AG) risultano più bassi con il risultato di un netto miglioramento del metabolismo energetico (assunzione di cibo e processo energetico.) L’effetto positivo dell’olio di krill su livelli di EC nei ratti, un modello di ricerca per l’obesità e le relative disfunzioni metaboliche, è stato evidenziato dopo supplementazione di una bassa dose di olio di krill per 4 settimane. Barbara Batetta et al. Endocannabinoids May Mediate the Ability of (n-3) Fatty Acids to Reduce Ectopic Fat and Inflammatory Mediators in Obese Zucker Rats.
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Perché la vitamina D nella Sindrome Metabolica?
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grazie per l’attenzione !
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