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PubblicatoFiorella D alessio Modificato 10 anni fa
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La figura del caregiver e il ruolo della famiglia
“Caso clinico transprofessionale” Dott.ssa Valentina Pavino Psicologa Clinica Psicoterapeuta Cognitiva Esperta nella valutazione e trattamento disturbi emotivo- comportamentali acquisiti Lumsa 2014
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MODELLO BIOPSICOSOCIALE La famiglia come rete di cura:
Tutta la famiglia e non solo il singolo paziente è coinvolta nei processi di salute e malattia. La famiglia come target legittimo dell’intervento.
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Caregiver familiare È un familiare che per disponibilità, ruolo e/o scelta presta cure, assistenza personale e psicologica al proprio caro non più autosufficiente …si parla di Caregiver Naturale o Primary Caregiver. (Scabini, Donati, 1995).
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Per essere caregiver occorre non solo l’affetto legato alla parentela ma occorre avere anche un bagaglio culturale, una buona solidità emotiva e il sostegno esterno per affrontare impegni gravosi e le tensioni emotive connesse al compito assistenziale
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Cosa succede ai familiari da un punto di vista psicologico e relazionale
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Malattia come m0mento di crisi Disorientamento e paura
Solitudine e rottura del precedente equilibrio Illusione di mantenere inalterata la struttuia della famiglia Necessita di modificare schemi consueti di comportamento che spesso si rivelano inadeguati alla situazione critica La malattia obbliga il pz e la sua famiglia ad un processo di cambiamento Modalità di funzionamento più efficaci Modifica dinamiche interne e ruoli prestabiliti
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Le principali reazioni emotive dei familiari all’evento malattia
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Depressione e angoscia
Sentimento legato all’esperienza di perdita . Tentativo di recuperare la persona per come “era prima” Senso di Colpa Legato all’imbarazzo per i comp. Del pz., rabbia nei suoi confronti, poiché pensa di non essere in grado di assisterlo adeguatamente. Rabbia Verso di sé, verso il pz, verso i medici, legata all’aumento di stress per la crescente responsabilità. Imp distinguere la rabbia verso il pz dalla rabbia verso il comp. Del pz imbarazzo Per i comp. Del pz per quello che gli altri possono pensare. Imp informare l’ambiente sociale circostante. solitudine Tendenza all’isolamento alla perdita dei rapporti sociali che rendono l’assistenza ancora più gravosa
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Il duplice ruolo della famiglia
Di supporto e di stimolo per l’equipe nel processo di assistenza e recupero del pz Anello di congiunzione tra la “dimensione di cura “ (ambiente riabilitativo) e la “dimensione del sociale” in cui il pz vive.
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Duplice scopo degli interventi dedicati ai caregivers
Lavoro diretto sul BENESSERE DEL CAREGIVER che ha bisogno dell’equipe per affrontare l’evento malattia e le sue ripercussioni Lavoro indiretto sul BEN ESSERE DEL PZ creando un ambiente relazionale supportivo e protesico in grado di contenere i disturbi emotivo- comportamentali del pz.
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Finalità degli interventi dedicati ai caregivers
Trasmettere conoscenze e competenze specifiche sulla malattia per prendersi cura contemporaneamente di se stessi e del pz Fornire strumenti per poter comprendere e gestire situazioni critiche Insegnare a cogliere il significato dei cambiamenti in atto Dare spazio all’elaborazione dei vissuti e delle emozioni connesse al caregiving
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Principali interventi per i caregivers
Incontri di equipe per dare e ricevere informazioni specifiche Fare domande aperte Pianificare consulenze Momenti di informazione e d educazione Distribuzione materiale divulgativo scritto Compilazione diari di autosservazione Suggerimenti biblioterapici
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Il contenuto degli interventi
Deve trasmettere informazioni sulla natura del danno e sulle conseguenze Deve trasmettere informazioni e spiegazioni sulla diagnosi Strategie legate ai disturbi del comportamento del pz Il ruolo della famiglia e degli operatori nel progetto riabilitativo Risorse sociali e comunitarie presenti sul territorio
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Scopo degli interventi
Indurre cambiamenti emotivi e cognitivi che consentano una riorganizzazione degli atteggiamenti e delle funzioni all’interno del sistema familiare stesso.
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L’importanza del cambiamento
Evitare una crisi del sistema familiare che comporterebbe un incremento del livello di disagio e di stress nei caregivers oltre alla comparsa di modalità disfunzionali di relazionarsi con il pz che influenzerebbero negativamente i suoi problemi comportamentali.
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Un caso transprofessionale
Il supporto psicologico ai caregivers di pazienti con distrurbi emotivo-comportamentalia acquisiti Un caso transprofessionale
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PRINCIPALI DISTURBI EMOTIVI E COMPORTAMENTALI DEL PAZIENTE:
Disautonomie in tutte le attività di vita quotidiana demotivazione indifferenza emotiva grave perdita d’interesse Tono dell’umore depresso
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Individuazione dei bisogni:
DEL PAZIENTE: quelli legati all’autonomia personale , il bisogno di riconoscimento sociale e di essere una persona degna di stima. DEL CAREGIVER: bisogno di sicurezza, supporto emotivo.
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Dati informativi sulla famiglia del paziente
Figlio: F. P., età 28 anni, ingegnere, celibe. Moglie: C. P., età 51 anni, casalinga, SCL-90-R = IG 1,15 al 23/11/2009. Sintomi presenti: attivazione somatica, ipersensibilità, sintomi depressivi, ansia generale, ostilità, paranoia, stati alterati psicotici.
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Piano di Trattamento 1.Obiettivo dell’intervento psicologico al caregiver: migliorare la qualità della vita e favorire il processo di adattamento alla condizione attuale. Le strategie che verranno impiegate saranno quelle del counseling centrato sul problema. 2. Obiettivi a breve termine: ridurre gli effetti negativi dello stress causato dalla condizione clinica del marito attraverso interventi di natura psicoeducativa. 3. Setting: Azienda Ospedaliera S. Eugenio, reparto di neurologia, Roma. 4. Contesto: colloqui individuali. 5. Durata e frequenza delle sedute: 45 minuti circa, una volta alla settimana.
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PRINCIPALI TEMI EMERSI DAI COLLOQUI:
il controllo. la paura della perdita. il rischio dell’isolamento. l’importanza di non negare i propri bisogni.
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OSSERVAZIONI C. appare lucida e consapevole dei cambiamenti che la condizione clinica del marito ha determinato nella sua famiglia. Sente la necessità di trovare nuovi modi di vivere la vita. Nella relazione con gli altri si pone in modo ambivalente con aspettative spesso contrastanti: distrarsi, ricevere sostegno emotivo. Mostra strategie di cooping centrate sul problema . Difficoltà a manifestare le proprie emozioni. La rabbia da cui sembra essere attraversata potrebbe essere un modo per reagire alla patologia.
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Chi è il Caregiver Professionale ???
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un esempio di caregiver professionale nella residenza sanitaria assistita San Michele Hospital di Aprilia
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ESSERE CAREGIVR PROFESSIONALE VUOL DIRE
ESSERE FORMATI PER PRENDERSI CURA DI UNA PERSONA NON FAMILIARE CON DISTURBI EMOTIVO-COMPORTAMENTALI ACQUISITI
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Caregiver familiare Caregiver professionale
Proviamo a distinguerre Caregiver familiare Caregiver professionale
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Caregiver professionale
Una persona esterna al contesto familiare, assunta con un contratto di lavoro, che presta assistenza e che si prende cura della persona non autosufficiente. Il caregiver è un responsabile attivo e il suo compito è quello, all'interno del nucleo familiare di appartenenza e non, di farsi carico del benessere della persona che necessita di cure "in una condizione di momentanea o permanente difficoltà" (Rossi, 2006a, p. 152). Si definisce caregiver di un anziano non autosufficiente, anche chi gli fa compagnia o offre una presenza affettiva e non solo chi si occupa materialmente dell'assistenza.
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Difficoltà di gestione
Poca conoscenza delle abitudini della persona Relazione critica con il caregiver familiare Mancanza di collaborazione Disturbi del comportamento Stress, bourden professionale
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soluzioni Raccogliere e condividere informazioni (creare diari)
Chiedere la collaborazione e la compresenza nelle attività problematiche. Promuovere la familiarità Analisi accurata antecedenti Valutazione stress lavoro correlato
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Punti di forza !! Non essere invischiati nelle dinamiche familiari
Prospettiva privilegiata di osservazione Maggiore distanza emotiva Maggiore disponibilità all’ascolto Incontro nel qui ed ora L’ accudimento non necessita del superamento della fase di accettazione della malattia
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
L’AGGRESSIVITA’ VERBALE FISICA
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A CHE COSA PUÒ ESSERE DOVUTA?
La malattia che accentua i tratti negativi del carattere una situazione che gli può provocare uno stato di confusione Un malessere fisico Non vi è alcuna intenzionalità
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CHE COSA FARE RIDURRE AL MINIMO SITUAZIONI CHE POSSONO GENERARE ANSIA E FRUSTRAZIONE (ES.) REAGIRE CON LA MASSIMA CALMA RASSICURANDO CON DOLCEZZA SPOSTARE L’ATTENZIONE SU QUALCOSA DI PIACEVOLE
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CHE COSA FARE NON INSISTERE E RINVIARE LE MANOVRE ASSISTENZIALI
CAMBIARE LA PERSOINA CHE PROPONE L’ATTIVITA’ SENZA SUCCESSO RIFLETTERE SUL PROPRIO ASPETTO SOMATICO
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CHE COSA NON FARE Sgridare il malato per i suoi comportamenti
Fargli la predica sui comportamenti che deve e non deve assumere Domandargli perché si comporta così Chiedergli che non lo faccia più.
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Gestione reazioni emotive
Impariamo a conoscerle !!
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“Se mi sento incapace, significa che lo sono”
Portate all’estremo le emozioni possono venir trattate alla stregua dei fatti
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A cosa servono le emozioni ?
Comunicano qualcosa agli altri e li influenzano Organizzano e motivano l’azione Possono avere azione autovalidante
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Obiettivi della regolazione emotiva
COMPRENDERE LE PROPRIE EMOZIONI: Identificare, osservare e descrivere l’emozione, comprendere cosa le emozioni fanno per te. RIDURRE LA VULNERABILITÀ EMOTIVA: Abbassare la vulnerabilità negativa (vulnerabilità della “mente emotiva”), incrementare le emozioni positive. RIDURRE LA SOFFERENZA EMOTIVA: Lasciare libero corso alle emozioni dolorose attraverso atteggiamento di osservazione non giudicante (“mente saggia”), modificare gli stati emotivi negativi attraverso azioni di segno opposto.
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- espressioni di: Gradimento Ammirazione Consenso Rispetto Amore Ascolto
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Rafforzano l'autostima nel caregiver !
lo gratificano ! gli infondono fiducia ! E DETERMINANO ULTERIORE IMPEGNO
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LA TERAPIA SIETE VOI !!!!!
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