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La crisi politica, sociale e religiosa del Trecento
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Sul libro di testo: Cap. 6: par.1: La crisi delle monarchie feudali e la guerra dei Cent’anni; par.3: Sollevamenti contadini e rivolte urbane; par.4: Dal grande scisma alle chiese nazionali.
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La Guerra dei Cent’Anni
La più lunga di tutte le guerre (durò più di un secolo: ) si assomma ai danni prodotti dalla peste e dalle carestie. Più che un conflitto tra due monarchie, Francia e Inghilterra, fu una lotta tra potere feudale e potere monarchico centrale: il vecchio contro i nuovo. Infatti:
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per questioni dinastiche (una delle figlie di Filippo il Bello, morto senza eredi maschi, era la moglie di Edoardo II d’Inghilterra nonché madre di Edoardo III), Filippo VI di Valois, scelto come Re nel 1328, sequestrò i feudi inglesi in Aquitania; per tutta risposta, Edoardo III si proclamò il legittimo Re di Francia (1337).
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Francia e Inghilterra Alla vigilia della Guerra dei cent’Anni
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Dunque: da un lato ci sono le esigenze della monarchia francese: accentramento, prelievo fiscale, desiderio di indipendenza dal potere feudale; dall’altro le esigenze dei re d’Inghilterra: sono grandi feudatari che esercitano grande potere soprattutto sulla zona delle Fiandre (manifatturiera, ricca, anti-monarchica).
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Non fu una guerra ininterrotta, ma una serie di assedi, battaglie campali inframezzate da lunghe interruzioni. Ebbe varie fasi: superiorità inglese (battagle di Crecy – 1346 – e Poitiers – 1356); ripresa francese tra il 1369 e il 1380, seguita però da una grave crisi: la pazzia di re Carlo VI causò la grave decadenza della Francia (guerre tra feudatari, crisi economica, intrighi di palazzo, etc) che culminò in una vera e propria guerra civile:
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il Ducato di Borgogna, filoinglese e antimonarchico;
dopo la sconfitta di Azincourt (1415) la Francia toccò il punto più basso della crisi, trovandosi divisa in due parti: il Ducato di Borgogna, filoinglese e antimonarchico; il resto della Francia, guidato dalla fazione degli Armagnac. La situazione dopo la battaglia di Azincourt
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La battaglia di Azincourt: gli arcieri inglesi guidati da Enrico V sconfissero la cavalleria che costituiva il nerbo dell’esercito francese. Era la crisi del modello antico di guerra che vedeva nella cavalleria la forza determinante in battaglia.
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Quando dunque si fu avvicinato il giorno in cui si sarebbe dovuta dar battaglia furono approntati gli eserciti dei due schieramenti [...] [Gli Inglesi] alzarono spaventevoli grida e cominciarono a tendere gli archi con quanta forza avevano in corpo e a tirare contro il nemico così tante frecce che queste oscurarono il cielo come una nuvola [...]. Infine cominciarono ad avanzare ferendo molti cavalli montati dai Francesi e anche uomini, di cui ne ammazzarono molti. Per questo i Francesi, prima ancora di avanzare al centro dello scontro, si diedero alla fuga e nella baraonda generale si uccisero persino tra di loro. Senza molti sforzi e quasi senza perdite gli Inglesi ne uscirono vincitori. Tommaso Basin, sec. XV
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Cambia il modo di fare la guerra: gli eserciti si confrontano nella capacità di durare più a lungo. Quindi: guerra più distruttiva e intollerabile; saccheggio e distruzione per gli abitanti e i loro beni; necessità continua di fondi per finanziare la guerra; pressione fiscale in aumento; utilizzo delle Compagnie di ventura: quando la Francia capì che la fanteria inglese era più forte, decise di ricorrere ai mercenari.
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Soldati di professione, offrivano i loro servigi a chi pagava meglio.
Quando la guerra finiva, le Compagnie dilagavano nelle campagne dedicandosi al brigantaggio. Il nuovo volto della guerra fu quindi il prolungato saccheggio del territorio che rese deserte e improduttive le campagne. Donatello, Il Gattamelata (Monumento equestre di Erasmo da Narni) Padova, piazza del Santo
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In questa situazione di disfacimento, la monarchia francese trova un nuovo protagonista che proviene dal mondo della campagna e da quel sesso femminile che la cultura clericale e cavalleresca disprezzavano: Giovanna d’Arco ( ). Donna, contadina, analfabeta: visse l’infanzia durante la guerra tra borgognoni e armagnacchi; dichiarò ai suoi giudici di essere stata chiamata da Dio a salvare il proprio paese.
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Dopo avere incredibilmente convinto il Delfino, teologi e generali a farsi affidare il comando di un esercito, liberò Orleans dall’assedio (1429) e espugnò Reims: Carlo VII fu incoronato nella cattedrale della stessa città.
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Mentre tentava di liberare anche Parigi dal controllo inglese, fu tradita e venduta agli inglesi: morì sul rogo dopo essere stata accusata di eresia e stregoneria. Riabilitata da Carlo VII nel 1456, fu anche beatificata dalla Chiesa cattolica nel XX secolo. Qui a fianco: un fotogramma del film La passione di Giovanna D’Arco di C.T.Dreyser (1928)
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Dopo una serie di sconfitte, gli Inglesi abbandonarono la Francia conservando solo il porto di Calais (che la Francia riotterrà solo nel 1559). Al termine della guerra, la monarchia usciva rafforzata e in grado di sostenere il confronto con la nobiltà, indebolita da un secolo di guerre e lotte sociali.
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Francia e Inghilterra al termine della Guerra dei Cent’Anni
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Le sollevazioni popolari
Nel periodo della Guerra dei Cent’Anni nasce una nuova parola: jacquerie, che indica un particolare tipo di agitazione sociale, quella contadina. A causa dell’inasprimento fiscale, dell’aumento della pressione dei signori feudali, dei danni causati da eserciti e carestie, il mondo contadino francese attraversava un momento durissimo.
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Maggio 1358: le regioni centrali della Francia furono centro di una grande fiammata sociale. Quando fu ordinata la chiamata alle armi e imposto ai contadini di riparare i castelli danneggiati dalla guerra, i contadini si armarono per assalire e distruggere i castelli dei nobili francesi.
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Sconfitti a Clermont nel mese di giugno, e successivamente massacrati dalla rabbia dei signori, i contadini continuarono negli anni a dare vita a sporadiche e violente sommosse: le jacqueries, così dette dal nome collettivo del loro protagonista, Jacques Bonhomme, usato in senso spregiativo e ironico ad indicare il contadino.
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Massacro di Meaux, (1358)
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Non fu un fenomeno solo francese:
nel 1378 a Firenze scoppiò il cosiddetto tumulto dei Ciompi. I cardatori della lana, operai salariati delle manifatture tessili, pur avendo specifiche e precise competenze professionali, NON avevano una propria organizzazione corporativa ed erano esclusi dalla vita politica cittadina.
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Nell’estate 1378 riuscirono a imporre al governo oligarchico la costituzione di tre nuove Arti (tintori, farsettai, ciompi) e la loro partecipazione al governo cittadino. Dopo l’ennesima protesta nei confronti del Gonfaloniere Michele di Lando (agosto 1378), la rivolta venne stroncata nel sangue e le nuove Arti abolite. Dalla fine del Trecento, quindi, il potere a Firenze tornava oligarchico,passando alle nuove famiglie di mercanti e banchieri.
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La crisi religiosa Dopo la peste nera del , l’epidemia restò una minaccia continua in Europa: ricordiamo le epidemie a Firenze nel 1363, 1371, 1374, 1390, 1400, a Venezia nel , a Milano nel , a Londra nel 1655. La peste, in generale, aveva uno stretto nesso di causa-effetto con altri due flagelli, la fame e la guerra: a peste, fame et bello / libera nos, Domine: così nella liturgia. Il bacillo viaggiava spesso con gli eserciti; d’altra parte, durante le guerre la popolazione si chiudeva in città, con scarsi approvvigionamenti e precarie condizioni igieniche.
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La peste era vista anche come una punizione che Dio infliggeva agli uomini a causa della corruzione dei costumi religiosi. Nacquero diversi movimenti di contestazione nei confronti del clero, accusato di godere di privilegi e ricchezze, in contrasto con l’ideale di vita evangelico. Spesso, questi movimenti assunsero carattere sociale e politico: i borghesi trovavano ingiustificato l’arricchimento del clero ignorante e ozioso, le classi popolari contestavano la sottomissione cui erano soggette.
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Elemento comune di questi movimenti era l’idea che la lettura e l’interpretazione della Bibbia fossero libere, non vincolate all’autorità della Chiesa. Il potere ecclesiastico considerava i fautori di queste idee come eretici: contro la loro minaccia (religiosa, ma anche sociale e politica) fu istituito il processo inquisitorio, basato sul semplice sospetto di reato, sulla tortura, privo di ogni garanzia per l’imputato.
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Il colpevole di eresia veniva prima scomunicato (esclusione simbolica dalla comunità) e poi affidato al braccio secolare (il potere laico) per l’eliminazione fisica mediante rogo purificatore (esclusione fisica). Vittima illustre dell’Inquisizione fu Jan Hus, un prete boemo: la sua predicazione, che associava l’egualitarismo cristiano al movimento nazionalista boemo contro i Tedeschi, incontrò un tale consenso presso la popolazione, che fu convocato a Costanza per il Concilio e qui condannato al rogo (1415).
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Tutto ciò prelude alla grande riforma luterana del XVI secolo
Anche in Inghilterra, un docente di Oxford, John Wycliffe, sosteneva la necessità di riformare la Chiesa riportandola al modello della povertà evangelica: non solo scrisse e diffuse le proprie idee, ma organizzò gruppi di predicatori che diffusero nelle campagne inglesi idee radicali contro il potere mondano del Papa e la ricchezza del clero. Di conseguenza, ci fu una rivolta contadina nel 1381, che arrivò a saccheggiare la stessa Londra. Tutto ciò prelude alla grande riforma luterana del XVI secolo
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Il rogo di Jan Hus (1415) John Wycliffe ( )
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Cattività avignonese e Scisma d’Occidente.
La politica teocratica e la dottrina della libertas Ecclesiae di Bonifacio VIII avevano portato al conflitto tra il Papato e il re di Francia Filippo il Bello: quest’ultimo aveva organizzato una spedizione in Italia ed era arrivato a fare prigioniero lo stesso pontefice. L’elezione di un Papa francese, Clemente V, fu l’esito dell’asservimento della Chiesa alla Francia:
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dal 1309 al 1377 la sede pontificia fu spostata ad Avignone, sotto il controllo della monarchia francese, interessata solo all’aspetto economico della riscossione di tasse e decime. La Chiesa divenne mero strumento politico di dominio – anche economico. Uno scorcio del Palazzo dei Papi ad Avignone
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Papa Gregorio XI riportò la Chiesa a Roma; ma alla sua morte (1378) l’elezione di un Papa italiano, Urbano VI, causò la risposta dei cardinali francesi che elessero l’anti-Papa Clemente VII. Il Concilio di Pisa (1409) dichiarò decaduti entrambi i Papi in carica (eretici e scismatici) e ne elesse un terzo, Alessandro V. I due Papi deposti non lasciarono la carica e la Chiesa si ritrovò con tre pontefici. Che fare?
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Nel 1414 si tenne il Concilio di Costanza, convocato dallo stesso Imperatore Sigismondo d’Asburgo.
Fu il concilio in cui il problema da risolvere era quello di fondare una legittima autorità nella Chiesa: prevalse la cosiddetta tesi conciliarista, secondo la quale l’autorità suprema della Chiesa NON è il Papa ma il Concilio Ecumenico:
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Decreto Haec sancta: Questo santo sinodo di Costanza, legittimamente riunito nello Spirito Santo, essendo concilio generale ed espressione della Chiesa cattolica militante, riceve il proprio potere direttamente dal Cristo e chiunque di qualunque condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto ad obbedirgli in ciò che riguarda la fede e l'estirpazione dello scisma. Lo Scisma termina quando, nel 1417, Martino V promette di governare la Chiesa assieme al Concilio. In realtà, nei decenni successivi (Concilio di Basilea, 1431), i Papi si libereranno dell’autorità conciliare grazie alla sovranità che eserciteranno sullo Stato della Chiesa e alla politica dei concordati con i singoli stati europei.
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Miniatura raffigurante il Concilio di Costanza
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Marsilio da Padova (1275-1342) Defensor pacis (1324):
il potere imperiale NON deriva da Dio; NON è superiore a quello di regni o repubbliche; è preferibile la monarchia elettiva a quella ereditaria; il potere viene dal popolo (pars valentior); conciliarismo; subordinazione della Chiesa allo stato negli affari terreni e civili.
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