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Come sempre, consegniamo le pergamene nell’ambito di una sessione di studio che è dedicata ai nostri Master. Ogni anno affrontiamo un tema originale, cercando.

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1 Come sempre, consegniamo le pergamene nell’ambito di una sessione di studio che è dedicata ai nostri Master. Ogni anno affrontiamo un tema originale, cercando di coniugare creatività e solide teorie. In effetti, abbiamo avuto la soddisfazione di vedere che molti dei temi che abbiamo affrontato negli anni precedenti sono divenuti, con un po’ di ritardo, questioni importanti di discussione non solo nella comunità accademica, ma anche tra imprenditori e manager, almeno quelli più attenti. Rivelare un segreto: brain storming con uno dei più creativi professori dell’AIIG: Giuseppe Zollo, amico personale. Quest’anno abbiamo scelto il tema del tempo. Una cosa importante per tutti e naturalmente per le imprese. Importante perché evoca concetti come dinamica, passato, storia, futuro. Qualunque organizzazione, impresa, matura o innovativa, per prosperare, avere successo, rimanere competitiva deve “viaggiare nel tempo”. Cioè deve fare salti verso il futuro in direzioni completamente nuove e solo parzialmente conosciute. Lo abbiamo interpretato in vario modo. Io al solito ho il privilegio e anche l’onere dell’introduzione. Ho scelto di interpretare il tempo dell’impresa dal punto di vista delle strategie e del cambiamento. Confucio dice che un disegno vale mille parole. Lascio quindi alla prossima diapositiva il compito di introdurre il tema della mia presentazione. IL TEMPO DELL’IMPRESA ISTRUZIONI PER UN VIAGGIO NEL FUTURO Sessione di studio in onore dei “Master 2005” Roma, 7 dicembre 2005

2 Star Trekking Nuove direzioni per il pensiero strategico
Forse non tutti lo sanno, ma questo leit motif di tutti gli episodi di star trek è stato preso da un rapporto della NASA del Quindi è una cosa vera. Quello che voglio dire è che spesso visioni, strategie, grandi obiettivi sono spesso generici, oppure anche quando non lo sembrano perché sono quantitativi (ad esempio, raddoppoiare le quote di mercato) in realtà sono solo misure. Allora il punto che voglio sottolineare è che le strategie devono essere invece il prodotto di una immaginazione creativa, naturalmente sostenuta da un grande lavoro tecnico, orientata a proiettare la nostra organizzazione, coraggiosamente là dove nessuno è mai stato prima.

3 Star Trekking Nuove direzioni per il pensiero strategico
Agostino La Bella

4 Sommario Introduzione: il tempo dell’impresa
Zeitgeist (lo spirito del tempo) Ascoltare il futuro Un salto in avanti Otto passi per arrivare “… where no one has gone before” Conclusioni Vediamo brevemente il sommario. Il primo punto di cui intendo parlare brevemente riguarda la nozione di tempo dal punto di vista dell’impresa. Farò solo un breve cenno perché poi su questo si soffermerà il prof. Zollo. Poi introdurrò il concetto di zeitgeist, ovvero spirito del tempo. Viene spesso evocato per sostenere l’idea di un determinismo socio-culturale, per cui ciò che succede in ogni periodo, ciò che viene scoperto non è che la risultante di esperienza, conoscenza, modi di pensare che si accumulano e stratificano nel tempo. Io non sono d’accordo. Ciò che viene dal passato è una componente importante, forte dello zeigeist. Ma c’è un’altra componente, ed è il futuro. Il futuro ci invia continuamente segnali, ma sono più deboli. Siamo in grado di riceverli: quante volte al verificarsi di eventi non abbiamo scoperto a posteriori quanti segnali avevamo avuto. Solo che dobbiamo fare molta più attenzione. I segnali del passato sono forti, quelli del futuro deboli e di più difficile interpretazione. Dobbiamo allora imparare ad ascoltare il futuro. Questo ci aiuta nel formulare le strategie. Troppo spesso questo è solo un esercizio retorico. Invece, deve esser un salto nel futuro. Non dipende dal settore. Abbiamo esempi in settori maturi, come Southwest e Ryan Air, ed in settori hi tech, come google. La strategia è un viaggio nel futuro: credibile, perché sostenuto da analisi, interpretazioni, competenze, fattibile, perché sostenuto dalle emozioni e dai sentimenti delle persone. Vi proporrò quindi gli otto passi da fare per viaggiare nel futuro e far viaggiare con voi l’organizzazione cui appartenete. Poi qualche conclusione che riassume tutto in una citazione.

5 Il tempo dell’impresa Storia e futuro Ciclo di vita Minacce
Opportunità Strategie Le organizzazioni evolvono nel tempo e, nelle diverse fasi del loro ciclo di vita, hanno bisogno di modelli diversi di comportamento, di stile di direzione, anche di strategie diverse. Il cambiamento è quindi strettamente legato alla vita (alla sopravvivenza) di qualunque organizzazione. Però quante organizzazioni si pongono con chiarezza il problema di formulare strategie per il cambiamento? La maggior parte delle strutture cambia faticosamente solo quando si sente esposta a delle minacce; difficilmente il cambiamento viene visto come strumento in grado di generare opportunità. Quando un’organizzazione si sente stabile ed in equilibrio non si pone neanche il problema. Io credo che lo stato “naturale” di qualunque organizzazione non sia l’equilibrio, ma il disequilibrio. L’equilibrio è una trappola. La storia naturale ci insegna che tutte le specie che raggiungono uno stato di equilibrio prima o poi si estinguono, mentre sopravvivono quelle che sanno adattarsi ai cambiamenti. La natura stessa, ogni tanto, genera eventi che spingono il sistema fuori dall’equilibrio. La storia dell’uomo ci insegna che la stessa cosa avviene per le civiltà: quelle che conseguono un equilibrio in senso lato, sia sul piano tecnico-economico che rispetto all’ambiente ed alle risorse, finiscono con l’essere soppiantate da culture più dinamiche. Allo stesso modo, inerzia e incapacità di cambiare emergono come i principali fattori che ostacolano un successo duraturo. Divenute grandi e profittevoli, le aziende diventano timorose di nuove idee per paura che interferiscano con le attività correnti. Si diffonde una paralisi cognitiva e culturale che impedisce il mantenimento del profilo creativo, dando ad altri la possibilità di attaccarle ed erodere il loro successo. La barriera della paura spegne la creatività organizzativa, indipendentemente dalla tecnologia posseduta e dal talento dei dipendenti, e porta al degrado della prestazione competitiva. E’ facile rendersi conto che le imprese che in alcuni periodi sono apparse gloriosamente insediate in uno stato di armonioso equilibrio, prima o poi sono scomparse del tutto o sono state drasticamente ridimensionate. Il tempo e la storia sembrano quindi lavorare contro le grandi organizzazioni di successo. Delle 100 maggiori imprese esistenti nel 1917, solo 18 continuavano ad esistere 70 anni dopo, nel Ma ciò che è ancora più sorprendente è che quelle sopravvissute tendono ad avere una prestazione del 20% inferiore a quella media del mercato. Tutte le organizzazioni devono quindi periodicamente, anche in assenza di evidenti minacce, rompere l’equilibrio spiccando salti verso il futuro. Cambiamento Disequilibrio Salto nel futuro

6 Zeitgeist Simultaneità di teorie, scoperte ed invenzioni
Telefono (Meucci / Bell / Gray) Hyperion (Bond / Lassel) Evoluzionismo (Darwin / Wallace) Risonanza magnetica (Puercell, Torrey e Pound / Bloch, Hansen e Packard) Conoscenza accumulata: le scoperte “sono nell’aria” Segnali deboli Giocare di rimessa è più facile (reagiamo ad en evento) ma ci fa restare in secondo piano. L’anticipazione è più difficile perché, apparentemente, non abbiamo nessun riferimento. Ma è veramente così. Vi invito a riflettere su un fatto che può sembrare sorprendente: alcune tra le più note scoperte ed invenzioni sono state realizzate quasi simultaneamente ed indipendentemente da numerosi studiosi. Tutti conoscono il caso del telefono, invenzione rivendicata da Meucci, Bell e Gray. Meno noto ma più stupefacente è il caso della scoperta di Hyperion, il settimo satellite di Saturno, effettuata addirittura nella stessa notte dagli astronomi W. C. Bond e W. Lassel; per non parlare della teoria evoluzionista, formulata contemporaneamente da Charles Darwin e Alfred Wallace (lo stesso Darwin, leggendo un articolo di Wallace, commentò: “non ho mai visto una coincidenza così straordinaria; se egli avesse avuto i miei appunti, non avrebbe potuto farne un sunto migliore!”). In anni più recenti si può menzionare la risonanza magnetica nucleare, osservata indipendentemente e simultaneamente da Purcell, Torrey e Pound ad Harvard e da Bloch, Hansen e Packard a Stanford. Se si riflette un po’ più attentamente, tuttavia, la simultaneità di alcune scoperte ed invenzioni non è poi così sorprendente. Anche se frutto di menti originali, esse si basano sulla conoscenza ed esperienza accumulata da generazioni di scienziati ed ingegneri, che lavorano all’interno di grandi comunità di cultori che contribuiscono alle loro stesse discipline. Ciò fa sì che ad un certo tempo le scoperte siano “nell’aria”, come frutti maturi che aspettano di essere colti: si tratta solo di vedere chi è più bravo e più veloce a trarre le conseguenze. Non si può generalizzare, anche perché sono numerosi i casi di scienziati ed inventori che hanno anticipato di gran lunga i tempi (basta pensare al lavoro di Charles Babbage, solo per rimanere tra gli esempi discussi nel terzo capitolo di questo volume); tuttavia, il concetto di Zeitgeist (spirito del tempo) può certo applicarsi ad una consistente quota di invenzioni. In tali casi, ciò che determina la scoperta è soprattutto la capacità di cogliere, all’interno delle conoscenze disponibili, gli elementi latenti di una nuova idea. Si tratta di “segnali deboli” che solo poche menti educate ed allenate riescono a cogliere e correlare in un quadro significativo; infatti, i segnali deboli appaiono spesso mentre il pensiero corrente è dominato da paradigmi che non hanno ancora esaurito la loro carica esplicativa.

7 Ascoltare il futuro: i segnali deboli
Significato incerto Elevato rumore Frammentarietà Dinamica Natura ciclica Forma spesso qualitativa Anche se i segnali vengono percepiti, la loro analisi non è semplice e può dar luogo ad interpretazioni contraddittorie. Ad esempio, aziende come DHL, UPS o Federal Express temevano molto per il loro business dall’affermarsi di fax, posta elettronica e servizi web; invece si è verificato esattamente il contrario di ciò che temevano; anzi, esse stesse hanno introdotto queste tecnologie per migliorare i propri servizi in termini di prestazione e di rapporto con il cliente. Una strategia di cambiamento richiede quindi la capacità di percepire ed interpretare correttamente i segnali deboli, per individuare opportunità e minacce. Occorre in sostanza essere in grado di superare le seguenti difficoltà: I segnali deboli tendono ad essere ignorati. Ciò perché non si riesce facilmente ad associare loro un significato, in termini di interpretazione della realtà o di costruzione del futuro, e vengono quindi spesso confusi con il rumore di fondo che ogni sistema di acquisizione ed analisi di informazioni rileva. Ogni segnale è caratterizzato da una elevata frammentarietà: di per sé, appare privo di significato; il significato emerge solo se esso viene combinato opportunamente con altri segnali. Ma la “chiave” di questa combinazione non è nota; i diversi segnali sembrano, a seconda del momento, supportarsi reciprocamente o contraddirsi. I segnali lasciano poche tracce in contesti fortemente dinamici: essi cambiano velocemente nel tempo, come del resto anche i significati, le relazioni, ecc. Per giunta, ciascun segnale ha un proprio ciclo di vita, le cui singole fasi necessitano di una diversa interpretazione. Infine, essi non forniscono informazioni codificabili in forma numerica, ma indicazioni qualitative. In conclusione, questo tipo di segnali è spesso ignorato; e quando non lo è, fornisce quadri di difficile interpretazione e a volte contraddittori.

8 Quale modello per il cambiamento?
Nuovi comportamenti Generati e/o rafforzati Analisi Informazioni, studi, rapporti, scenari Strategie Nuove idee e Programmi d’azione Quello che vediamo è un approccio molto diffuso. Si basa su analisi approfondite, generazione di scenari, previsioni, studi di mercato. Su questa base vengono formulate strategie. Poi si richiede a tutti di implementare i cambiamenti necessari per attuarle. Funziona? Certo, per cambiamenti relativamente modesti. Se però il cambiamento richiesto è forte, tale da richiedere una drastica revisione dei comportamenti, non l’ho mai visto funzionare. Tre ragioni: Quando si parla di cose veramente importanti e strategiche, spesso non è questione di analisi e di rapporti. Secondo, strumenti analitici hanno le loro limitazioni nel trattare i segnali deboli: l’estrapolazione del passato può comportare errori molto seri. Terzo e molto importante: analisi anche molto buone raramente contengono una carica motivante. Allora, non voglio assolutamente sostenere che gli strumenti analitici sono inutili, ma che sono solo una base su cui costruire il processo di cambiamento. Dobbiamo innescare un processo che fa leva sulle emozioni e sui sentimenti delle persone. Allora i nuovi comportamenti acquistano significato per le persone. E’ difficile: il primo processo ha bisogno di manager; il secondo richiede leadership. Leva sulla percezione Forte e chiara visualizzazione dei problemi Stimolare i sentimenti Evocare risposte emozionali Nuovi comportamenti Nuove idee cariche di significati

9 Strategie “star trekking”
Bilanciare approccio strutturato e creatività GAOS … per arrivare dove nessuno è mai stato prima Descrive le intenzioni strategiche, ma non è una “quantificazione” Individuare le risorse La trappola tecnologica Semplicità Per costruire una strategia di star trekking è necessario un buon bilanciamento delle due componenti. Utilizzare gli strumenti tecnici e l’immaginazione, caricare il risultato di significati emotivi, capaci di catturare l’attenzione e renderlo memorabile. La strategia deve essere sintetizzata in quello che definisco Gaos. E’ una formulazione che descrive le intenzioni strategiche, facile da capire, precisa senza essere tecnica o pedante. Non è una quantificazione del tipo raddoppiare la nostra quota di mercato, oppure ridurre i costi. Deve costituire un valore intrinseco. (Es. la nuova frontiera di Kennedy). E’ la strategia che aiuta ad individuare le risorse strategiche e non viceversa, come molti sostengono. O per lo menon non basta guardare solo le risorse. (teoria: quali sono le nostre risorse distintive, e da qui la strategia). In realtà è il Gaos che ci aiuta a definire quali sono le risorse strategiche, quelle che abbiamo e quelle che vogliamo, dobbiamo sviluppare. La stessa idea di business acquista nuovo signififcato. Ho trovato un caso interessante: Wal Mart, catena di grandi magazzini a prezzi scontati rivolta a fornire anche ai piccoli centri con meno di abitanti la stessa gamma e gli stessi prezzi convenienti dei megastore delle aree metropolitane (Sam Walton). La direzione non la vede così: il cuore del business è ciò che non si vede, come un iceberg: una sofisticata catena logistica, uso innovativo dell’IT, gestione di un sistema di trasporto. Troppo focalizzati sulla tecnologia. Perdiamo quote nell’hitech? Ma che vuol dire. Una ricerca su 400 capi d’azienda ha rilevato che l’80% di questi non includono la tecnologia tra le prime 5 risorse strategiche: è un fattore abilitante. Alcuni anni fa (1999) la rivista time ha indicato in Albert Einstein la persona del XX secolo sulla base della domanda: come sarebbe oggi il mondo se questa persona non fosse esistita. E che dire di Churchill, Gandhi, Stalin o Hitler? Inoltre, secondo la teoria dello zeitgeist, è verosimile che la relatività sarebbe stata comunque formulata da qualcun altro. Una caratteristica delle grandi strategie di star trekking è la semplicità. Vediamo cosa vuol dire.

10 La volpe e il porcospino (la volpe sa molte cose mentre il porcospino ne sa una sola, ma importantissima …) In cosa possiamo essere i migliori? Cosa costituisce il nostro motore economico? In cosa possiamo mettere il massimo dell’entusiasmo? Ci sono un sacco di storie sulla volpe ed il porcospino. La volpe è astuta, ha molta esperienza, sa tante cose, vede il mondo in tutta la sua complessità. Il porcospino una sola: sa fare bene il porcospino… e vince sempre lui. Chi riesce ad avere il maggior impatto è un porcospino: riuscire ad estrarre un semplice cristallino concetto, idea strategica dall’intersezione dei tre cerchi del diagramma del porcospino. Allora chiediamoci: c’è qualcosa in cui noi, la nostra struttura, possiamo essere i migliori (attenzione: non lo siamo ora, ma ciò che possiamo diventare)? C’è qualcosa in cui possiamo unire tutti nell’entusiasmo? Cosa abbiamo in grado di generare valore? Se questi tre cerchi hanno un’intersezione, allora massima focalizzazione. Non è facile. Esperimenti hanno dimostrato che la ricerca del concetto del porcospino richiede molto tempo e fatica, è un processo iterativo. Il diagramma del porcospino (J. Collins, 2001)

11 Step 1 Creare un sentimento di urgenza
Motivazioni Non sottovalutare le emozioni negative La sindrome del “se comandassi io …” Non anticipare la visione Attenzione alla paura A questo punto siamo pronti per il nostro salto nel futuro. Vi propongo un percorso in otto passi, che servono non tanto a viaggiare nel tempo, ma a portarci dietro la nostra organizzazione, gruppo, impresa. Primo passo: creare una tensione verso il cambiamento. Dimostrare in modo chiaro che il cambiamento è necessario ed urgente. Far leva sulle emozioni, l’orgoglio il senso di appartenenza. Sappiamo bene che ci sono molte resistenze. La prima risposta è sempre no. C’è spesso un atteggiamento diffuso di autocompiacimento. Tutti si preoccupano di ciò che dovrebbero fare gli altri, pochi si impegnano in ciò che possono fare loro. Tutti pensano che le responsabilità siano di qualcuno sopra di loro. Non sottovalutare questi aspetti. Troppe organizzazioni quando affrontano un processo di cambiamento puntano subito a costruire una visione motivante e le conseguenti strategie. E’ un errore. Occorre prima lavorare per superare o attenuare le resistenze.

12 Step 2 Il team visionario
Grandi cambiamenti richiedono una grande forza Qualità dei componenti Competenze Capacità relazionali Credibilità Connessioni Costruire la fiducia Dinamica del lavoro di gruppo Feed-back positivi La visione non è prodotta dal leader, ma da un lavoro di squadra. Il leader deve ispirare, approvare, raffinare, interpretare, incarnare la visione. Il suo contributo è fondamentale. Ma a chi spetta il compito di costruirla? E’ evidente che ciò dipende dalle dimensioni, dalla fase del ciclo di vita, dal modello organizzativo; in molti casi però può essere utile il suggerimento di Collins e Porras (1998): affidare il compito al “gruppo marziano”. Funziona così: immaginiamo di dover ricreare su un altro pianeta le migliori caratteristiche della nostra organizzazione, ma di avere a disposizione una nave spaziale con solo cinque (o al massimo sette) posti. Supponiamo che la missione sia di vitale importanza: chi inviamo? Certamente sceglieremo persone estremamente competenti, con una profonda comprensione e condivisione dei valori di fondo, con un livello di ingaggio molto elevato e dotati di straordinaria credibilità personale all’interno ed all’esterno della struttura organizzata. Si tratta di persone in grado di identificare ed articolare bene valori e propositi di fondo semplicemente perché ne sono essi stessi la migliore espressione. Sono in grado di definire un Gaos perché sono competenti e motivati, ed hanno capacità di comunicazione talmente sviluppata da catturare il futuro immaginato in una descrizione vivida di straordinaria efficacia. L’esperienza dimostra che individuare un “gruppo marziano”, all’interno di qualunque organizzazione, non è poi così difficile. Ci vuole però la capacità di riconoscere qualità e talento delle persone, di dar loro fiducia, di delegare. In sostanza, per individuare il gruppo marziano, metterlo insieme, trasformarlo in una squadra e mantenerlo unito ci vogliono tutte le abilità di un leader.

13 Step 3 Costruire la visione
Quando pensiamo alla visione molti di noi evocano una frase ad effetto che descrive più o meno bene il senso la direzione del cambiamento. In effetti anche molti manuali che ne parlano si limitano ad esempi di questo genere, sono spesso ben fatti, abbastanza ispiranti. Ma in realtà la visione è una cosa un po’ più complessa. Pochissimi sanno come si costruisce. Il punto di partenza consiste nell’individuare con molta chiarezza i valori ed i propositi di fondo dell’organizzazione, che non potranno mai essere modificati senza far venire meno le motivazioni profonde della sua stessa esistenza a differenza delle strategie e pratiche operative, che devono invece adattarsi continuamente in risposta ai continui cambiamenti ambientali. Deve poi essere messa a punto una immagine del futuro (“futuro immaginato”) che rappresenti ciò a cui vogliamo tendere, che desideriamo realizzare, attraverso i necessari cambiamenti e progressi. Nella figura 1, ripresa da Collins e Porras (1998), queste due componenti sono visualizzate in modo simbolicamente analogo alla tradizionale rappresentazione taoista delle forze yin e yang, perché è proprio dall’intrecciarsi delle interazioni tra “nocciolo duro” (ciò in cui crediamo profondamente, le ragioni di fondo dell’esistenza della struttura organizzata), immutabile, e “futuro immaginato” (ciò che vogliamo diventare, cui aspiriamo, che vogliamo creare), il vero motore della dinamica dell’organizzazione, che nasce la visone. Il nocciolo duro costituisce l’identità profonda di un’organizzazione. Esso fornisce il tessuto connettivo che la tiene unita mentre cresce e si diversifica. È molto importante. E’ evidente, infatti, che sapere “chi siamo veramente” è necessario per decidere “dove vogliamo andare”. Per sapere chi siamo dobbiamo sforzarci di individuare un insieme di valori di riferimento che non derivano dall’esterno, ma che sono intrinsecamente importanti per i membri dell’organizzazione e che non hanno bisogno di alcuna giustificazione. In altre parole, sono completamente indipendenti dall’ambiente, dal contesto competitivo, dalle mode. In genere sono relativamente pochi: se ne identifichiamo più di cinque o sei è probabile che ci stiamo confondendo con principi guida o prescrizioni culturali o morali che però sono suscettibili di cambiamenti, magari nel lungo periodo. I propositi di fondo, l’altro aspetto del nocciolo duro, costituiscono la ragione fondamentale dell’esistenza dell’organizzazione. Non devono essere confusi con gli obiettivi e le strategie, anche di lungo periodo. Devono essere considerati un punto di riferimento che, come la stella polare, ci serve di guida ma non è mai raggiungibile. Il futuro immaginato rende concreta la visione, perché la riferisce a ciò che vogliamo effettivamente realizzare (a differenza dei propositi di fondo, mai completamente conseguibili). Nello stesso tempo, però, deve racchiudere anche i sogni, le speranze, le aspirazioni individuali e collettive dell’organizzazione e delle persone che vi appartengono, e proiettarli in un futuro lontano ma raggiungibile. La prima componente del futuro immaginato è il “grande obiettivo di lungo periodo”, d’ora in poi richiamato come Gaos (Grande, Audace Obiettivo Sfidante). Tutte le organizzazioni hanno generalmente, nello stesso tempo, diversi obiettivi, a seconda del livello operativo cui si fa riferimento. Il Gaos ha però alcune caratteristiche peculiari:si applica a tutta l’organizzazione; ha un preciso traguardo temporale di portata pluriennale (orientativamente: dai dieci ai trenta anni); è al limite delle possibilità, ma raggiungibile; sfida senza spaventare; è chiaro e chiaramente formulato, quindi comprensibile a tutti all’interno ed all’esterno. La seconda componente del futuro immaginato è la “descrizione vivida”, ovvero una vibrante, emozionante, motivante e specifica visione di ciò che saremo, noi stessi, la struttura, l’ambiente, una volta conseguito il nostro Gaos. Il “nocciolo duro” Valori di riferimento Propositi di fondo Il “futuro immaginato” Grande obiettivo di lungo periodo Descrizione vivida

14 Step 4 Vendere la visione
Comunicare per ridurre l’ansia e lo stress Sgombrare i canali dalle questioni ed informazioni inutili Allineare parole e comportamenti Not walking the talk: alimenta disaffezione e cinismo Difficile notare il “mismatch” Sottostima dell’importanza Faticoso Il leader ha il compito fondamentale di vendere la visione, cioè comunicarla efficacemente, convincere, motivare. La comunicazione è importantissima. Però c’è un fatto ancora più importante: logos, pathos, ethos. Non c’è sostituto possibile per la credibilità del leader: deve essere capace di walking the talk, allineare parole e comportamenti. E’ molto difficile per tre ragioni: La prima è che è difficile notare il disallineamento. Avete mai notato con quanto nonchalance molte persone si comportano in modo diverso da ciò che hanno proclamato?. Non è solo cinismo, è che è molto difficile quando siamo coinvolti personalmente. (la famosa storia della pagliuzza e della trave). La seconda è che, anche quando ce ne accorgiamo, tendiamo ad essere troppo teneri con noi stessi, magari si tratta di una piccola cosa, che però acquista importanza se contraddice la visione che dovremmo sostenere. La terza ragione è che in ogni caso è molto faticoso.

15 Step 5 Empowerment Tutti possono essere protagonisti
I maggiori ostacoli sono in genere i quadri intermedi Non accrescere il potere, ma rimuovere le barriere I maggiori ostacoli sorgono quando i primi 4 step sono stati poco efficaci Rivedere il sistema di premi e sanzioni Atteggiamento mentale e paura Attenzione alle informazioni In questo caso parliamo di empowerment non nel senso di dare maggiore autorità alle persone, ma di rimuovere le barriere che le persone incontrano nel tentativo di mettere in atto i cambiamenti. A nessuno piace cambiare. Se i primi tentativi trovano ostacoli, il processo si ferma. E gli ostacoli sono sempre tanti. Nella mia esperienza ho notato che le maggiori resistenze vengono in genere dai quadri intermedi. Spesso neanche per colpa loro. Cosa fa il leader: si rivolge agli strati superiori della gerarchia, per convincerli e motivarli. Fatto questo, ci si rivolge alle folle. I capi e capetti con varie responsabilità anche minori vengono poco coinvolti nel processo, e quindi diventano un ostacolo. Un altro problema riguarda l’asimmetria di premi e sanzioni. Il premio per un buon comportamento in genere è modesto; la sanzione per un insuccesso è in genere più severa (rimozione dall’incarico). Ciò non incoraggia l’assunzione di rischi. Il sistema deve essere rappresentativo dei valori. Un altro ostacolo è la paura di non essere in grado di fare ciò che ci viene richiesto; dopo anni in cui ho fatto sempre le cose allo stesso modo, mi chiedono di fare cose diverse in modo diverso: e se non fossi all’altezza. Bisogna fare attenzione alle info che circolano. L’organizzazione diventa piena di si dice, corre voce, ho sentito. Far sentire la voce del leader, scovare ed illustrare esempi (veri, non falsi) di successo è utile per incoraggiare le persone e indicare modelii.

16 Step 6 Stabilire traguardi a breve
Progressi visibili e significativi in tempo sufficientemente breve Devono essere di impatto emotivo e privi di ambiguità Può implicare scelte meno lineari o efficienti Focalizzazione Evitare le esagerazioni E’ opportuno organizzare la transizione in modo da avere nel più breve tempo possibile progressi chiaramente visibili. E’ utile perché: Costituisce un feedback positivo per tutti coloro che si stanno impegnando; Genera fiducia nella capacità di conseguire il risultato; Contribuisce a combattere il cinismo che in misura più o meno grande aleggia in tutte le strutture. A costo di utilizzare un percorso meno lineare ed efficiente per conseguire l’obiettivo finale, consiglio sempre di organizzarsi per produrre risultati visibili a breve. Su questo si innesterà al solito un buon processo di comunicazione. Attenzione però a non strafare, a non esagerare troppo ciò che veramente è stato ottenuto. La discrasia tra la realtà e ciò che viene proclamato alimenta il cinismo e la sfiducia.

17 Step 7 Non cedere Quando siamo vicini al traguardo la tensione si abbassa Attenzione alle spine: Il mercante della paura Il cacciatore di gloria Il protettore del popolo Sbarazzarsi del lavoro inutile Approfittare di ogni occasione utile per lanciare la succesiva ondata di cambiamenti Statisticamente, la maggior parte degli incidenti avvengono negli ultimi km dei viaggi. Stanchezza; la tensione si allenta. Vale anche per i viaggi nel futuro. Quando siamo vicini al traguardo dobbiamo raddoppiare le attenzioni. E’ in questa fase che intervengono alcune forze negative che ho caratterizzato in tre personaggi. Il primo è il mercante della paura. Per lui non siamo vicini, ma il grosso rimane ancora da fare e richiederà molti più sforzi e sacrifici di quanti ne siano stati fatti finora. Inoltre, gli ultimi cambiamenti possono essere quelli che si scontrano con le resistenze mentali più profonde. “Non gli basta quanto abbiamo fatto finora, vogliono snaturare il nostro stesso DNA!). Il cacciatore di gloria si sente già realizzato: trascura gli ultimi ma fondamentali adempimenti e lancia se stesso ed i suoi collaboratori su altri progetti ed altri fronti. Il protettore del popolo è quello che magari ha assistito in sordina al cambiamento, senza crederci troppo, ma quando vede vicino il traguardo esce allo scoperto e pretende per i suoi ma soprattutto per se uno sproporzionato ritorno, in termini di privilegi, promozioni ecc. per collaborare nell’ultimo tratto di strada. E’ il momento della massima focalizzazione. Buttiamo via tutta la zavorra. Facciamo una lista di ciò che non ci serve delle cose da non fare di rami di attività da abbandonare.

18 Step 8 Stabilizzare i cambiamenti
I cambiamenti sono sempre più fragili di quanto pensiamo Trasformare i cambiamenti in cultura, non viceversa La “leadership eroica” non è sufficiente Contrastare i “giapponesi” Riconoscere i meriti L’ultimo passo: cosa fare per evitare il ritorno al passato. Purtroppo i cambiamenti sono fragili. Le organizzazioni sono piene di nostalgici. Ci sono i giapponesi, che continuano a combattere senza sapere che la guerra è finita. Per fare un paragone, è come se una nuova casa fosse tenuta in piedi da chi l’ha costruita. Quando la squadra se ne va, perché pensa di aver finito il lavoro, crolla tutto. Per questo la leadership eroica non è sufficiente: occorre cambiare la cultura, e questo richiede persone dotate di qualità relazionali al lavoro in tutta l’organizzazione. La cultura è ciò che permette di stabilizzare i cambiamenti. Ma questo viene dopo. Ho sentito molti sostenere che per facilitare i cambiamenti occorre prima cambiare la cultura aziendale in una più orientata alla sfida, meno avversa al rischio. Non funziona. Una cultura cambia gradualmente solo quando nuove modalità operative e nuovi comportamenti sono stati introdotti e si sono dimostrati utili e di successo. Su questo bisogna lavorare utilizzando tutti gli strumenti di rinforzo che conosciamo.

19 Conclusioni Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa
a cambiare se stesso. (Leone Tolstoj)


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