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PubblicatoDino Volpi Modificato 9 anni fa
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« … ho passato i primi vent’anni della mia vita dentro una società doppiamente non giusta, doppiamente non libera, doppiamente non razionale. Una società-non società, in effetti. La Sicilia, la Sicilia di cui Pirandello ha dato la più vera e profonda rappresentazione. E il fascismo. E sia al modo di essere siciliano sia al fascismo ho tentato di reagire cercando in me (e fuori di me soltanto nei libri) il modo e i mezzi. In solitudine. E dunque in definitiva nevroticamente.» (da La Sicilia come metafora, 1979, intervista a Marcelle Padovani)
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biografia Leonardo Sciascia nacque a Racalmuto (Agrigento) nel 1921 e morì nel La famiglia era di condizioni molto modeste e Leonardo studiò per diventare maestro elementare e rendersi indipendente. Sciascia entrò presto in contatto con l'ambiente culturale siciliano. Esordì con raccolte poetiche (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952), ma ben presto si rivolse alla prosa. Le parrocchie di Regalpetra (1956) e i racconti Gli zii di Sicilia (1958), hanno al centro la Sicilia, con il suo passato di delusioni e promesse tradite e il suo problematico presente. Inaugurò poi una nuova stagione scegliendo il giallo come genere letterario e la denuncia della criminalità mafiosa come argomento principale. Il giorno della civetta (1961), diede allo scrittore successo e un ruolo di grande rilievo nella battaglia contro la mafia per un cambiamento radicale delle regole della società siciliana. Seguirono Il Consiglio d'Egitto (1963), ambientato nella Palermo del Settecento e A ciascuno il suo (1966).
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All'inizio degli anni '70 l'impegno civile di Sciascia si volse contro la cosiddetta "strategia della tensione" e il terrorismo. Nacquero così due delle sue opere più interessanti e controverse, Il contesto (1971) e Todo modo (1974), indagini poliziesche su oscuri episodi coinvolgenti figure del potere politico. Un momento di illusione positiva è Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977), in cui esprime un'aspirazione alla razionalità ripresa dalla cultura illuministica. La battaglia civile contro la logica dell'intrigo e della sopraffazione ebbe espressione organica nel filone dell'inchiesta storica (La morte dell'inquisitore, 1967) e nei racconti-inchiesta Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971) su uno scrittore francese suicida; La scomparsa di Majorana (1975) sulla misteriosa sparizione del famoso fisico nucleare; L'affaire Moro (1978), sul sequestro e l'omicidio del presidente democristiano; Dalle parti degli infedeli (1979), sulla connivenza tra Chiesa e mafia; Il teatro della memoria (1981).
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Porte aperte Scritto e pubblicato nel 1987, cioè due anni prima della morte dello scrittore, il libro ricostruisce una vicenda di sangue e ingiustizia nella Palermo del 1937: un triplice assassinio da parte di un uomo, il processo che ne segue e la sentenza che – a sorpresa – evita pena capitale, reintrodotta dal fascismo nel 1926 per gravi reati politici e, nel 1930 per alcuni gravi reati comuni. Il protagonista dell’atroce delitto è un personaggio «vinto quanto quelli di Verga e sgradevole quanto quelli di Pirandello». Il libro è sostanzialmente un saggio contro la pena di morte: la parte narrativa è minima, mentre larga parte hanno i ragionamenti del «piccolo giudice» che rifiuta per principio questa scelta. Il titolo allude alla tesi del fascismo, secondo la quale, in quell’epoca la sicurezza dei cittadini era tale che ci si poteva permettere di andare a dormire lasciando le «porte aperte».
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Il testo ha una struttura «circolare»: inizia e finisce con il confronto tra il «piccolo giudice» e il procuratore generale. Il loro dialogo iniziale mette subito in chiaro i due temi dell’opera: la pena di morte e il fascismo e le loro diverse posizioni. Alla proposta del Procuratore di applicare la legislazione Rocco il giudice replica duramente. contro la pena capitale: (pagg «Desidero soltanto invitarla….…» Il processo infiamma la città di Palermo a causa della personalità di una delle vittime (l’avvocato Bruno) e dopo la costituzione parte civile dell’On.le Pavolini a nome della Conf. Fascista Professionisti e Artisti. Nella Giuria popolare un singolare personaggio fa giungere al giudice un inatteso messaggio di solidarietà, facendolo sentire meno isolato. Pag. 61 e segg. Alla fine del processo, a sentenza pronunciata, i due si ritrovano a ragionare su cosa accadrà: «il piccolo giudice» sarà trasferito in una procura di montagna, la sentenza verrà rivista dalla Corte d’Appello e l’omicida sarà fucilato. Pagg (visita giudice al giurato-contadino)
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Contro la pena di morte: argomentazioni, citazioni di autori
1) Argisto Giuffredi 2) Cesare Beccaria 3) Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789 (Rivoluzione francese) 4) Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’ONU nel 1948
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1) In Porte aperte Sciascia ci offre la testimonianza di uno scrittore siciliano, ARGISTO GIUFFREDI, che già alla fine del Cinquecento aveva condannato la crudeltà e l’inutilità della tortura e della pena di morte. Nel suo libro Avvertimenti cristiani raccomandava di non dare la tortura, di non condannare alla frusta, di non condannare mai a morte «per qualsivoglia cosa» (p. 65). La tortura poteva colpire gli innocenti. Pietà e ragione non sono per il «giudice» (e per Sciascia) doti opposte, ma strettamente connesse.
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2) Cesare Beccaria ( ) è il filosofo, economista e letterato milanese autore Dei delitti e delle pene (1764) nel quale si dimostrano l’inutilità e l’ingiustizia della tortura e della pena di morte. In quest’opera Beccaria si faceva portavoce di idee diffuse tra gli intellettuali del Settecento, vale a dire: - il rifiuto di considerare la sofferenza fisica e psicologica come valori positivi, utili per espiare una colpa; - l’orrore nei confronti dello spettacolo della sofferenza e del sangue dei condannati offerti al pubblico; una nuova interpretazione dei rapporti tra il singolo e lo Stato, il quale non può considerarsi padrone assoluto della vita e della morte dei cittadini; - la convinzione che all’origine della maggior parte dei delitti stiano la miseria e l’ingiustizia sociale.
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3) Il pensiero del Settecento, l’Illuminismo, per la prima volta formulò con chiarezza l’idea che ogni uomo è dotato di «diritti», che gli vengono attribuiti indipendentemente dai suoi meriti o dalle sue caratteristiche fisiche, sociali, economiche, religiose, ma semplicemente per il fatto di essere nato e che tali diritti sono inalienabili, cioè che nessuno, nemmeno lo Stato o l’autorità religiosa, glieli può togliere. Tali diritti erano allora: libertà ed uguaglianza, proprietà, diritto ad un giusto processo, alla sicurezza personale.
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4) Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: fu approvata nel 1948 da tutti i Paesi rappresentati nell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). Ogni Paese che abbia firmato tale Dichiarazione s’impegna a rispettare i principi fondamentali di libertà, giustizia e promozione sociale di tutti i suoi cittadini. Tra i diritti fondamentali dell'essere umano si possono ricordare, tra gli altri, il diritto alla libertà individuale, il diritto alla vita, il diritto all'autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un'esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare la propria religione, oltre che, di recente tipizzazione normativa, il diritto alla protezione dei propri dati personali (privacy)e il diritto di voto.
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Il film «ispirato» al romanzo
Realizzato dal regista Gianni Amelio nel 1990; interpretato da Gian Maria Volonté (piccolo giudice); Ennio Fantastichini (omicida); Renato Carpentieri (giurato Consolo); Lydia Alfonsi (vedova Spadafora). Il film si discosta parecchio dal libro, puntando sul recupero della parte narrativa, appena accennata da Sciascia, attribuendo nomi e cognomi ai personaggi, sviluppando gli interrogatori durante il processo. E’ fatto salvo naturalmente il contrasto fra il giudice e il Procuratore, l’atmosfera ostile all’imputato; molto sfumati, se non assenti, i riferimenti giuridici/letterari, le citazioni che costituiscono parti molto ampie nel testo di origine.
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Il film è un lucido resoconto sul potere, sulla giustizia e sulla passione. Ha vinto il David di Donatello, la Grolla d'Oro per la regia, l'Oscar europeo e una candidatura a quello hollywoodiano. Superba l'interpretazione di Volonté e ottima quella dell'emergente Fantastichini
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