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PubblicatoMaría Campana Modificato 9 anni fa
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Messinese di nascita e irpina di adozione(vive ed opera ad Avellino), Anna Magistro è una scultrice mediterranea, cresciuta in un ambiente dove mare, terra,gente, tradizioni influenzano la visione della vita. E’ impossibile, infatti, sottrarsi al peso di una cultura che affonda le radici nella classicità ed ha una forza evocativa difficilmente riscontrabile altrove. “L’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza Immaginazione?”, in queste parole di Sciascia c’è la sintesi del potere evocativo che questa terra- centrale in tutta la storia del Mare Nostrum- ha avuto ed ha sulla cultura e sulle arti. …Si tratta di un bagaglio di segni impressionante, impunturato dalla stratificazione della cultura della Magna Grecia e dei Cartaginesi, dei Romani e dei barbari, dei bizantini e degli arabi, dei normanni e degli svevi, degli aragonesi e dei borbone fino ai piemontesi e all’Unità d’Italia. E’ proprio sull’asse temporale immaginario che unisce la Sicilia alla Campania, si colloca il gesto artistico di Anna Magistro. Possiamo dire che il suo itinerario esistenziale non è affatto casuale e segue in parallelo l’evoluzione delle sue sculture. La Grecia con l’apparente rigidità del suo periodo arcaico, l’equilibrio del periodo classico, il dinamismo ellenistico segnano, infatti, le sculture e i medaglioni di Anna Magistro. Da “Buongiorno/irpinia” giovedì 30 agosto 2007 Antonella Russoniello “…L’opera non restituisce nulla, il suo scopo è quello di esistere per creare situazioni di stimolo e coinvolgimento emotivo, evocare sensazioni, limiti nuovi per gli spazi della fantasia e tracce diverse per la memoria. Anche le sculture di Anna Magistro si lasciano inserire in questo solco: sono volti, piccole testine in pietra leccese, bianche e morbide, si sente il lavoro dello scalpello che impone la sua forma, ma si avverte anche la voce della pietra, del tozzetto che gelosamente custodisce la sua vocazione e generosamente la svela solo alla mano che sa intuirla e portarla”. Annamaria Cafazzo
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