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I SENSORI CCD
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Sensori CCD Esempio di sensore CCD
Matrice di fotorivelatori a stato solido, cresciuti su una comune base di silicio. A ciascuno di questi microscopici rivelatori corrisponde un singolo elemento dell’immagine (pixel).
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Sensori CCD DISEGNO DI UN MICROCHIP
Il CCD (Charge-Coupled Device) è nato presso i laboratori Bell di Murray Hill, New Jersey. Verso la fine del 1969, Boyle e Smith, ricercatori impegnati nella ricerca di nuovi metodi di acquisizione delle immagini tramite cristalli di silicio, trovarono quasi per caso il CCD. Il CCD è un dispositivo caratterizzato da una matrice di microscopiche regioni di forma quadrata o rettangolare, disposte a scacchiera sulla superficie di un cristallo di silicio, opportunamente trattato e integrato in un dispositivo chiamato microchip (tecnologia MOS). Tali regioni, molto sensibili alla luce, denominate pixel (picture element), sono ricavate direttamente nel silicio e disposte come mattonelle di un pavimento, troppo piccole per essere osservabili ad occhio nudo. DISEGNO DI UN MICROCHIP
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Sensori CCD Per comprendere meglio il funzionamento di una camera CCD, possiamo grosso modo compararne l'aspetto ad una semplice macchina fotografica. In una macchina fotografica tradizionale la superficie del film esposta alla luce giace su un piano posto di fronte all'otturatore. Se sostituiamo il film con un sensore CCD ed equipaggiamo la nostra macchina con un'elettronica e un software capaci di registrare e riprodurre immagini digitali, otteniamo una camera CCD. La superficie del sensore è paragonabile a quella di un'emulsione fotografica: alla matrice dei pixel corrisponde i granuli di alogenuro d’argento dell'emulsione. Da notare la differenza nelle dimensioni del sensore: nelle camere CCD non professionali sono poche decine di millimetri quadrati rispetto agli 864 mm2 del campo di una 24x36.
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Sensori CCD La superficie di un'emulsione fotografica, vista al microscopio, è composta di grani, le cui dimensioni non sono tutte perfettamente uguali. Inoltre, i grani del film sono distribuiti in modo non del tutto uniforme. Invece i pixel del CCD sono tutti identici e sono disposti con assoluta regolarità lungo le colonne e le righe di una matrice quadrata o rettangolare. Quando si riprende un’immagine con una camera CCD, la luce, composta a sua volta dai singoli fotoni provenienti dall'oggetto inquadrato, viene “catturata” dalla superficie del sensore e ciascun pixel raccoglierà una quantità di luce proporzionale alla durata dell'esposizione e all'intensità del flusso luminoso incidente in quel punto.
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Il CCD: principio di funzionamento
Il principio fisico su cui si basa tale dispositivo è l'effetto fotoelettrico. La struttura può essere riassunta in una superficie di dimensioni massime 6 x 6 centimetri, il cui costituente fondamentale è silicio, organizzata in una matrice di elementi, detti pixel, ciascuno costituito dall'elemento base di un CCD, il condensatore MOS (Metal Oxide Silicon).
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Il CCD: principio di funzionamento
Un CCD consiste in un circuito integrato formato da una riga, o da una griglia, di elementi semiconduttori (photosite) in grado di accumulare una carica elettrica (charge) proporzionale all'intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce. Questi elementi sono accoppiati (coupled) in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico, possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo (device) una sequenza temporizzata d'impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico grazie al quale è possibile ricostruire la matrice dei pixel che compongono l'immagine proiettata sulla superficie del CCD stesso.
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD
L’interazione dei fotoni con il CCD provoca la liberazione di elettroni per effetto fotoelettrico. Durante la fase di esposizione i fotoelettroni vengono accumulati in ciascun pixel. Quindi sulla superficie del sensore andrà formandosi una precisa mappa elettronica dell'immagine dell'oggetto ripreso. Il passo successivo consiste nel trasferimento della carica. La carica accumulata in ciascun pixel viene trasferita sequenzialmente, con l’ausilio di varie tecniche, ad un registro di lettura. Questa operazione viene effettuata manipolando in maniera sistematica la differenza di potenziale tra i pixel, in modo tale che il segnale costituito dagli elettroni si muova lungo i registri verticali da un pixel al successivo, come se viaggiasse su un nastro trasportatore. STRUTTURA DEL CCD
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD
Il registro di lettura accumula una riga alla volta e quindi trasporta il pacchetto di cariche in modo sequenziale ad un circuito amplificatore interno. L'operazione finale, la rivelazione delle cariche, avviene quando i singoli pacchetti di cariche vengono convertiti in un voltaggio d'uscita. Il voltaggio di ciascun pixel può essere amplificato da un amplificatore esterno, codificato in modo digitale e “trasformato“ in una sequenza numerica di bit, ovvero in un ben determinato tono (livello) di grigio. L’immagine digitale così ottenuta, che prende il nome di light frame, sarà quindi trasferita in un computer e visualizzata su un monitor.
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD
Dopo la chiusura dell'otturatore (1) il chip, che ha registrato nei singoli pixel le variazioni di carica dovute all'impatto dei fotoni, è pronto a trasmettere l'informazione (i pixel sono colorati in verde; le stelline rosse rappresentano le cariche generate dai fotoni). L'informazione contenuta nella prima riga di pixel si sposta simultaneamente nel registro seriale (2) dove viene raccolta ed inviata sequenzialmente all'uscita (3, 4). Quando il registro seriale si svuota, viene caricata la seconda riga di pixel e il processo riparte dal punto 2. Una volta che tutti i registri sono vuoti, l'otturatore può essere riaperto per cominciare la registrazione di una nuova immagine.
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD
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TIPOLOGIA DEI CCD Interline transfer
La matrice di mxn pixels è organizzata in maniera diversa a seconda dello schema di trasferimento di carica adottato: Interline transfer Frame transfer Full frame transfer Interline transfer Nei CCD Interline Transfer, ad ogni colonna di elementi fotosensibili è associata una colonna adiacente di elementi schermati dalla luce (registri verticali). Alla fine del processo di integrazione, le cariche accumulatesi negli elementi fotosensibili sono istantaneamente trasferite nei registri verticali, per poi essere trasferite riga per riga, nel registro orizzontale di lettura del segnale di uscita del CCD. Lo shift delle cariche dai pixel ai registri verticali di lettura dura poco più di un microsecondo.
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TIPOLOGIA DEI CCD Frame transfer CCD I CCD Frame Transfer presentano due aree strutturalmente identiche sulla superficie del sensore. Una, sensibile alla luce, è la zona dove si accumulano le cariche durante la posa; l’altra, schermata con una lamina metallica, è la memoria dove al termine del processo di integrazione sarà parcheggiata l’immagine dopo un trasferimento dall’area sensibile, della durata di 1-2 millesimi di secondo.
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Full frame transfer CCD
TIPOLOGIA DEI CCD Full frame transfer CCD I CCD Full Frame Transfer hanno solamente l’area attiva. La lettura dell’immagine al termine dell’esposizione, avviene mediante trasferimento progressivo al registro di lettura del contenuto delle righe della matrice del sensore, dalla prima riga fino all’ultima. Questo processo dura in genere qualche decimo di secondo. Se l’area del sensore nel frattempo non è protetta dal flusso incidente dei fotoni, l’immagine finale sarà affetta da smearing, ossia da un alone provocato dal continuo assorbimento di energia luminosa. Tale inconveniente viene eliminato equipaggiando tali camere con otturatori elettromeccanici, in grado di schermare l’area attiva del sensore durante la lettura e il campionamento dell’immagine.
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CURVE DI EFFICIENZA QUANTICA DI UN SENSORE CCD
CAMERE CON SENSORE CCD CURVE DI EFFICIENZA QUANTICA DI UN SENSORE CCD
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DARK CURRENT Per raffreddare il CCD in modo da diminuirne il rumore termico si ricorre spesso ad un sistema di raffreddamento termoelettrico (Thermoelectric Cooling - TEC). Questo sistema consiste essenzialmente in una cella o elemento Peltier, formata da una o più giunzioni, in serie, di due materiali diversi; il passaggio di una corrente nella giunzione induce un trasferimento di calore da un materiale all’altro, raffreddandone uno e riscaldando l’altro: il sistema si comporta, in pratica, come una pompa di calore.
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DARK CURRENT Il CCD viene attaccato al lato di raffreddamento della cella Peltier, la quale sottrae calore dal lato freddo e lo trasferisce al lato caldo, dove, affinché il sistema lavori correttamente, deve essere smaltito. Con le celle Peltier si può raggiungere al massimo una differenza di temperatura tra i due lati pari a circa 60 °C: di conseguenza la temperatura assoluta che può essere raggiunta dal lato freddo dipende da quella a cui si trova il lato caldo; per questo motivo è molto importante avere una buona dissipazione del calore sul lato caldo.
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I CCD A COLORI I sensori CCD non hanno alcuna conoscenza cromatica della realtà: reagiscono ai fotoni liberando elettroni, senza essere, di fatto, in grado di distinguere fra le diverse lunghezze d’onda della luce. Una volta avvenuta la “conversione” di fotone in elettrone, ogni informazione sul colore del fotone che l’ha generato viene persa. Dunque un sensore CCD, almeno allo stato attuale, è un dispositivo rigidamente monocromatico ("vede" a livelli di grigio) e genera una tensione elettrica variabile in funzione della quantità di luce che lo raggiunge. Un convertitore analogico/digitale fa poi il resto: la tensione in uscita dal sensore CCD, trasmessa singolarmente per ogni pixel di cui è formato il dispositivo di acquisizione, viene convertita in formato numerico.
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Maggiore è il numero di bit del convertitore, maggiore sarà il numero di sfumature effettivamente riconosciute durante l'acquisizione.
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I CCD A COLORI Per aggiungere cromaticità alle immagini si può ricorrere alla sintesi additiva. Attraverso una terna di filtri RGB e un sensore CCD monocromatico siamo in grado di riconoscere le singole componenti cromatiche primarie dell'immagine acquisita. Ovvero, una volta nota per ogni singolo pixel la quantità di rosso, di verde e di blu di cui la porzione d'immagine è formata, abbiamo un quadro piuttosto chiaro delle sue caratteristiche cromatiche. Nella sua accezione più semplice l'acquisizione a colori si riduce quindi ad effettuare tre singole esposizioni, anteponendo all'obbiettivo di ripresa un filtro rosso, un filtro verde e uno blu. Otteniamo in questo modo tre immagini monocromatiche che, opportunamente ricombinate tra loro, ripropongono l'immagine a colori corrispondente, o quasi, alla realtà.
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I CCD A COLORI Un sistema di ripresa organizzato in questo modo crea diversi problemi. Primo tra tutti il fatto che fotocamera e soggetto ripreso, durante le tre esposizioni, devono rimanere assolutamente immobili. Per lo stesso motivo sarebbe impossibile realizzare telecamere a colori a CCD singolo, proprio in virtù del fatto che nulla è più movimentato di una ripresa video. L'ostacolo delle tre riprese successive si può aggirare più o meno facilmente utilizzando tre singoli sensori CCD, ognuno filtrato diversamente, oppure anteponendo ai singoli pixel una fitta rete di microfiltri RGB.
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L'immagine "letta" da un sensore CCD realizzato con questa tecnologia è a colori. Per ogni punto conosciamo sempre una delle tre caratteristiche cromatiche primarie (il rosso, il verde, oppure il blu) e le altre due possono essere facilmente interpolate ricorrendo ai pixel situati nell'intorno di quell'area, che sicuramente saranno filtrati anche secondo le componenti cromatiche mancanti. In figura sono presi due generici pixel del sensore (A e B) ed è schematizzata una basilare tecnica di interpolazione, che tiene conto solo ed esclusivamente dei punti adiacenti. I CCD A COLORI
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I CCD A COLORI Da segnalare che non è assolutamente casuale il fatto che siano presenti più elementi filtrati in verde rispetto a quelli filtrati in rosso e in blu (i primi sono esattamente il doppio dei secondi e dei terzi), in quanto la regione del verde è quella di maggiore sensibilità per il nostro apparato visivo ed è proprio in quella "zona" dello spettro visibile che riusciamo a riconoscere un numero maggiore di dettagli e di sfumature. Non si può generare un'immagine a colori da un singolo sensore CCD microfiltrato, senza ricorrere all'interpolazione software. E' possibile, però minimizzare il problema ricorrendo ad uno schema di funzionamento più sofisticato, come quello mostrato di seguito.
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Si basa sull'utilizzo di pixel rettangolari, di dimensione esattamente pari alla metà dei punti immagine che intendiamo acquisire. Secondo lo schema in figura, per ogni pixel della nostra immagine conosciamo il valore di due delle tre componenti cromatiche primarie, mentre quattro pixel nel suo intorno possono fornire informazioni circa la terza. Ad esempio, del pixel A conosciamo esattamente la quantità di rosso e di blu di cui è composto, mentre dai pixel identificati con la lettera B possiamo interpolare la componente verde. Lo stesso accade per il pixel C, di cui è nota la quantità di rosso e di verde, mentre il blu possiamo interpolarlo dai quattro pixel identificati dalla lettera D. I CCD A COLORI
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I CCD A COLORI Ma il vero "salto di qualità" si ha eliminando del tutto o minimizzando al massimo il meccanismo di interpolazione software dei punti colore. In questo caso, se non intendiamo effettuare più esposizioni con differenti filtri, è necessario ricorrere a 2 o a 3 sensori CCD utilizzati insieme. In figura è mostrato uno schema esemplificativo di una fotocamera digitale basata su due sensori CCD, nonché la soluzione di 3 sensori CCD, uno per componente primaria di sintesi additiva.
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I CCD A COLORI E' evidente che nell'ultimo caso (3 CCD) non è necessario compiere alcuna operazione di interpolazione software di natura cromatica, in quanto di ogni pixel della nostra immagine conosciamo esattamente ognuna delle tre componenti cromatiche che identificano il rispettivo colore. Più interessante, dal punto di vista matematico, la situazione della coppia di sensori CCD, il cui schema di interpolazione è mostrato a lato.
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I CCD A COLORI Dei due CCD disponibili (di pari risoluzione grafica), ad uno è demandato il compito di leggere tutti i pixel verdi dell'immagine, mentre l'altro si occupa delle componenti rosso e blu, secondo lo schema a scacchiera mostrato. E' evidente che in questo caso di ogni punto conosciamo sempre esattamente due componenti cromatiche e solo la terza dovrà essere interpolata. Ad esempio, del pixel A è noto il verde e il rosso (il blu è da interpolare), mentre del pixel B conosciamo il verde e il blu, lasciando al software il calcolo della componente rossa. Anche in questo caso la predominanza di pixel verdi (che essendo presenti sul 100% della superficie non necessitano di interpolazione alcuna) permette risultati interessanti in termini di risoluzione finale.
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