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PubblicatoEulalia Quaranta Modificato 9 anni fa
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Fotosintesi Le membrane specializzate in cui si trovano la clorofilla e gli altri pigmenti sono chiamate tilacoidi, i quali hanno, in genere, la forma di sacchi appiattiti. Nelle cellule eucariote i tilacoidi sono contenuti in speciali organuli detti cloroplasti; l'alga Chlamydomonas, per esempio, ha un unico grosso cloroplasto, mentre la cellula di una foglia ha di solito 40÷50 cloroplasti, per cui ci possono essere anche cloroplasti per millimetro quadrato di superficie fogliare.
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I cloroplasti, come i mitocondri, sono delimitati da due membrane
I cloroplasti, come i mitocondri, sono delimitati da due membrane. I tilacoidi, all'interno del cloroplasto, costituiscono un terzo sistema di membrane. Intorno ai tilacoidi, all'interno del cloroplasto, c'e una soluzione densa, lo stroma, che ha una composizione diversa dal citosol. I tilacoidi racchiudono un ulteriore comparto, detto spazio del tilacoide, che contiene una soluzione di composizione ancora diversa. Al microscopio ottico e possibile vedere, nei cloroplasti delle foglie, delle piccole macchie verdi. Il microscopio elettronico ha rivelato che i grani sono pile di tilacoidi . Tutti i tilacoidi di un cloroplasto sono orientati parallelamente l'uno all' altro; perciò il cloroplasto, tramite oscillazioni che gli consentono di porsi in direzione ottimale rispetto al Sole, può puntare contemporaneamente tutti i suoi milioni di pigmenti verso la luce per assicurare la massima ricezione.
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Come sappiamo, la struttura di tutti gli esseri viventi e formata da composti organici, ossia del carbonio, e tutte le attivita cellulari sono rese possibili dall’energia immagazzinata in queste sostanze. Ma come si formano questi composti che sono utilizzati dagli organismi viventi sia a scopo strutturale che energetico? Per rispondere a questa domanda e necessario dividere gli esseri viventi in due grandi gruppi: gli organismi autotrofi e gli organismi eterotrofi. Gli autotrofi (letteralmente “che si nutrono da se”) sono quegli esseri viventi che, partendo da sostanze del mondo non vivente (anidride carbonica, di formula CO2 ed acqua, di formula H2O), riescono a costruire da soli i composti organici. Gli eterotrofi (letteralmente “che si nutrono di altri”) sono invece gli organismi che, non riuscendo a produrre da soli le sostanze organiche, debbono prenderle già fatte, nutrendosi di altri esseri viventi. Sono autotrofi le piante, le alghe e certi tipi di batteri, viceversa sono eterotrofi gli animali, i funghi, molti protisti e la maggior parte dei batteri.
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Gli autotrofi svolgono il loro ruolo di costruttori della materia vivente sintetizzando il glucosio. Questo infatti, oltre ad essere il principale combustibile usato dagli esseri viventi, e anche la materia prima a partire dalla quale i viventi costruiscono tutti gli altri composti che gli sono necessari (amminoacidi per le proteine, nucleotidi per gli acidi nucleici, glicerolo ed acidi grassi per i trigliceridi). La sintesi del glucosio avviene a partire dall’anidride carbonica e dall’acqua e puo essere riassunta dalla seguente reazione: 6CO2 + 6H2O ⇆ C6H12O6 + 6O2 Questa reazione chimica non e spontanea, in quanto i reagenti sono piu stabili (perche hanno legami piu forti) dei prodotti; essa pertanto e endoergonica e richiede l’impiego di energia. La CO2 e l’acqua sono sostanze molto diffuse in natura e dunque facilmente reperibili; piu complesso e invece ottenere l’energia necessaria a far avvenire la reazione. I vari autotrofi ottengono questa energia in modi diversi, ma quello di gran lunga piu diffuso e di ricavarla dalla luce del Sole, come fanno le piante, le alghe e certi batteri; tale processo prende il nome di fotosintesi (fotos in greco vuol dire infatti luce). Nelle piante la fotosintesi avviene nei cloroplasti, che si trovano nelle cellule delle foglie e, sia pure in minor misura, in quelle di tutte le altre parti verdi.
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All’interno della membrana dei tilacoidi troviamo la clorofilla, che insieme ad altre molecole, forma delle strutture, dette fotosistemi, che servono per la cattura dell’energia luminosa. I fotosistemi sono costituiti da clorofilla, che assorbe la luce, e da un sistema di trasporto degli elettroni, essi sono organizzati in coppie (fotosistema I e fotosistema II), ognuno dei quali assorbe la luce a livelli di energia leggermente diversi; la membrana dei tilacoidi ospita un gran numero di coppie di fotosistemi.
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1° fase della fotosintesi (detta anche fase luminosa)
All’inizio del processo fotosintetico la luce colpisce la clorofilla del fotosistema II, eccitandone un elettrone, che sale ad un livello piu elevato di energia, dal quale scende verso il fotosistema I, attraverso una catena di trasporto di elettroni; durante la discesa della catena di trasporto l’elettrone perde parte della sua energia, che viene utilizzata per sintetizzare ATP. La clorofilla del fotosistema II, rimasta priva di un elettrone, lo riprende a spese di una molecola di acqua, che viene scissa in ossigeno gassoso e ioni H+: Allo stesso tempo la clorofilla del fotosistema I cattura altra energia luminosa, che ne eccita un elettrone spingendolo ad un livello di energia superiore; l’elettrone poi ridiscende, cedendo la sua energia per formare NADPH, a partire da NADP+ e da uno ione H+, derivante dalla scissione della molecola di acqua. Questo elettrone, nella clorofilla del fotosistema I, viene alla fine rimpiazzato da quello del fotosistema II. Riassunto della 1° fase: avviene nella membrana dei tilacoidi; l’energia luminosa e convertita in energia elettrica e questa in ATP ed NADPH; si produce ossigeno gassoso.
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2° fase della fotosintesi (detta anche fase oscura)
L’energia contenuta nell’ATP e nell’NADPH vengono utilizzati per costruire molecole di glucosio, utilizzando il carbonio e l’ossigeno derivante dalla CO2 e l’idrogeno proveniente dallo stesso NAPDH. La costruzione della molecola di glucosio avviene nello stroma, attraverso una serie di reazioni cicliche denominate ciclo di Calvin. Il ciclo inizia con un composto denominato ribulosio di fosfato (RuDP). Ad ogni giro entra in circolo un atomo di carbonio, mentre alla fine del ciclo stesso si riforma il RuDP, come avviene nel ciclo di Krebs per l’acido ossalacetico: sono quindi necessari sei cicli per ogni molecola di glucosio. Il primo prodotto del ciclo di Calvin è la fosfogliceraldeide, un composto a tre atomi di carbonio che si incontra anche in una tappa della glicolisi. Da esso si arriva al glucosio attraverso una serie di reazioni che assomigliano alle prime quattro della glicolisi, ma che avvengono in senso inverso. Riassunto della 2° fase: avviene nello stroma; l’energia contenuta nell’ATP e nell’NADPH vengono utilizzati per produrre glucosio, a partire dalla CO2 e dall’idrogeno derivante dall’acqua.
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Durante le reazioni indipendenti dalla luce, il ciclo di Calvin consuma l’ATP e il NADPH per produrre carboidrati. Nel corso di questo processo ha luogo la fissazione e la riduzione del CO2.
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Il ciclo di Calvin prevede tre fasi:
la fissazione del CO2 - il CO2 atmosferico si combina con il RuBP (ribulosio bifosfato), producendo una molecola C6 che si scinde immediatamente in due molecole C3 (3PG); la riduzione del CO2 - ciascuna molecola di 3PG viene ridotta in G3P (gliceraldeide-3-fosfato); la rigenerazione del RuBP - le molecole di G3P sono usate per riformare le molecole di RuBP, in modo che il ciclo non si arresti.
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