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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE E SOCIALI CdLM in SOCIOLOGIA (LM-88) A.A. 2013-2014 Sociologia e politiche del lavoro MODELLI NAZIONALI DI FLESSICUREZZA.

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1 DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE E SOCIALI CdLM in SOCIOLOGIA (LM-88) A.A. 2013-2014 Sociologia e politiche del lavoro MODELLI NAZIONALI DI FLESSICUREZZA IN EUROPA 1990-2013 Schede didattiche a cura di A. Cortese (3)

2 La varietà dei modelli nazionali di regolazione del lavoro negli anni duemila A partire dalla seconda metà degli anni novanta i diversi paesi europei danno risposte differenti alle sfide comuni che derivano dai mercati e dalla SEO I modelli nazionali di regolazione pubblica del lavoro sono influenzati dagli assetti economici e istituzionali (varietà dei capitalismi e dei regimi di welfare) che storicamente hanno caratterizzato ciascun paese

3 …fra differenziazione e convergenza Il profilo delle strategie nazionali di flexicurity dipende: -dalle direttive comunitarie -dalle caratteristiche istituzionali e dal profilo economico di ciascun paese -dal metodo del coordinamento aperto che consente ai policy maker nazionali di calibrare diversamente le molteplici dimensioni di flessibilità e sicurezza

4 Il modello neoliberista di regolazione del lavoro nel Regno Unito

5 Le connotazioni storiche economiche e istituzionali del modello britannico Capitalismo di mercato non coordinato Regime di welfare liberale/ residuale

6 Il modello di regolazione del lavoro britannico negli anni ‘80/90: workfare selettivo g I principi del workfare: il mercato è il principale meccanismo di integrazione sociale, funzione residuale dello Stato (assistenza svantaggiati) il lavoro, in quanto fonte di reddito, è un importante canale di inclusione nella società e di protezione "work first” Lo stato deve favorire l’inserimento nel mondo del lavoro delle quote deboli di popolazione la conquista ed il mantenimento dell'occupazione sono una responsabilità individuale stigmatizzazione del disoccupato/assistito, concezione contrattuale della sicurezza sociale, criteri di eleggibilità stringenti e condizioni vincolanti per l’accesso alle prestazioni, la responsabilità di attivazione è attribuita al lavoratore

7 Il workfare britannico negli anni ‘80/90 Politiche del lavoro selettive ad elevata condizionalità: mercato del lavoro flessibile e scarsamente regolato; scarsi vincoli al licenziamento, flessibilità salariale; sistemi di indennità e tutele per i disoccupati restrittivi (lo scopo è ridurre la spesa sociale e "costringere" il disoccupato ad accettare un lavoro qualsiasi) workfare Misure selettive rivolte soprattutto alle quote deboli (programmi di attivazione e formazione differenziati) scarsa attenzione alle politiche di attivazione: lo stato deve favorire l'accesso al lavoro in tempi brevi grazie a servizi per l’impiego pubblici efficienti "in work benefits" (impieghi sussidiati)

8 Il workfare britannico negli anni ‘80/90 Esiti: Cresce l’occupazione (terziarizzazione / part time) Aumenta il n° dei lavoratori precari e basso reddito (working poor, bad jobs) Aumentano le disuguaglianze salariali, occupazionali e sociali

9 La “svolta” laburista degli anni duemila: dal workfare al welfare to work Gli elementi di novità: Innalzamento dei minimi salariali; New Deal: piano di interventi di attivazione (formazione, politiche di conciliazione) individualizzati, con focus sui soggetti più deboli; Maggiore impegno nella formazione (approccio funzionalista); potenziamento dei servizi per l'impiego (Job Centre Plus, patto di servizio, inserimento lavorativo "soggettivamente accettabile”, diverso timing dell’attivazione per varie categorie); Misure di job creation (LSU; LPU); Programmi di attivazione in due fasi: gateway (formazione breve/orientamento/ricerca), attivazione (lavoro sussidiato; formazione full time; volontariato; LSU o LPU)

10 La “svolta” laburista degli anni duemila: dal workfare al welfare to work Gli elementi di continuità e le criticità: orientamento esclusivo ai fattori da offerta selettività individualizzazione, discriminazione tra i beneficiari discrezionalità degli operatori impostazione coercitiva Risultati deludenti: inclusione nel lavoro temporanea, spirale della dipendenza

11 L'approccio "funzionalista" alla formazione alti investimenti pubblici e privati (anche dei lavoratori) in formazione gestita da enti/agenzie (privati o statali, influenza della parte datoriale), in raccordo con i Job Centres  fenomeni di creaming e parking formazione tecnica specifica, di breve periodo, finalizzata al rapido inserimento nel lavoro nell’ottica dell’adattabilità  contrasto allo skills mismatch promozione dell'accesso alla formazione continua attraverso incentivi/prestiti (sistema market-oriented). ILA Attenzione alla certificazione delle competenze alti livelli di partecipazione al lifelong learning forte impegno pubblico per lo sviluppo delle opportunità formative, seppur all'interno di un sistema di mercato che fa perno sulle responsabilità individuali CONSEGUENZE: DISUGUAGLIANZE E SUBORDINAZIONE DELLA FORMAZIONE ALLA CRESCITA DELL'OCCUPAZIONE

12 La regolazione del lavoro in Danimarca il modello di attivazione della flexicurity

13 Le connotazioni storiche economiche e istituzionali del modello danese Capitalismo di mercato coordinato Regime di welfare universalistico, istituzionale, redistributivo

14 Il learnfare danese negli anni novanta I principi della flexicurity e del learnfare: flessibilità del lavoro, tutela dei lavoratori, efficienza dello Stato, innovazione e competitività delle imprese devono andare di pari passo e sono una responsabilità congiunta dello Stato e delle Parti (flessibilità negoziata) il lavoro è il principale mezzo di inclusione e di integrazione, in quanto strumento di empowerment individuale Lavoro e sicurezza sociale sono diritti di cittadinanza che devono essere garantiti dallo Stato la formazione deve essere finalizzata all'incremento delle capabilities individuali, oltre che all'accesso al lavoro

15 Il learnfare danese negli anni novanta Politiche del lavoro che coniugano flessibilità e sicurezza: flessibilità negoziata del mercato del lavoro (non deregolazione (ma concertazione e controllo delle Parti sociali interni ed esterni all’impresa) generosi schemi di sicurezza sociale, ad alta inclusività e bassa condizionalità; elevata protezione del reddito, attraverso i due pilastri assicurativo e assistenziale. Ampia articolazione, decentramento ed efficienza della rete di servizi per l'impiego pubblici; sistema di politiche attive ampio, incentrato sul lifelong e lifewide learning e sulla promozione sociale attraverso l'accrescimento del capitale umano (learnfare) Piani di azione individuali accompagnati da dispositivi di congedo retribuito per la formazione e la cura dei bambini (misure di conciliazione e job rotation)

16 Il “triangolo d’oro” danese

17 La “svolta” conservatrice degli anni duemila: dal learnfare al welfare to work? Elementi di continuità/discontinutà: L’ impianto complessivo del modello regolativo resta ancorato ai principi della flexicurity, ma diventa più rilevante l’obiettivo di riduzione della spesa pubblica non viene meno il carattere "attivante" delle politiche ma si coniuga con la prospettiva del work first Priorità all'accompagnamento al lavoro e non più alla formazione Minore articolazione e personalizzazione dei piani di azione schemi di sussidi per la disoccupazione più selettivi e meno generosi, "a due tempi" (periodo passivo+periodo di attivazione), maggiore condizionalità coercitiva Minore articolazione e decentramento dei servizi per l'impiego, più spazio alla privatizzazione

18 Continuità/discontinuità nelle politiche danesi della formazione Learnfare degli anni novanta: centralità del lifelong learning; apprendimento finalizzato all'inclusione sociale; valorizzazione dell'informal learning alta spesa e coordinamento con misure di sostegno al reddito sistema prevalentemente pubblico e gratuito partecipazione delle parti sociali alla programmazione e alla gestione delle politiche formative (Organismo tripartito finanziato con i contributi delle imprese- 8% e Fondi settoriali) congedi retribuiti e job rotation centralità degli individui, diritto soggettivo alla formazione, piani formativi individualizzati Le politiche formative degli anni duemila: minore impegno nella formazione per disoccupati e maggiore enfasi su quella finalizzata ad accrescere la produttività degli occupati. Comparativamente restano buone le performances del sistema danese a livello europeo, in termini di investimenti e livelli di partecipazione

19 Esiti del modello di regolazione del lavoro danese I caratteri “di successo”: Alti tassi di occupazione Livelli elevati di qualificazione e di partecipazione ai programmi di lifelong learning Buona protezione sociale ed elevata percezione di sicurezza Le possibili criticità: Minore agibilità dei diritti per i soggetti deboli ( a bassa qualificazione, immigrati) con rischi di esclusione sociale Insostenibilità finanziaria nella fasi di crisi economica con rischi di sbilanciamento della flexicurity (maggiore flessibilità/ minore sicurezza).

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21 La regolazione del lavoro in Francia interventismo statale e flessibilità negoziata

22 Le connotazioni storiche economiche e istituzionali del modello francese Capitalismo di mercato coordinato (centralizzazione, statalismo) Welfare meritocratico corporativo

23 L'insertionfare francese negli anni novanta: I principi dell’insertionfare Lo Stato favorisce l’inclusione sociale garantendo al cittadino il diritto all’inserimento lavorativo l'inserimento lavorativo non ha solo una valenza economica, ma anche sociale e politica la regolazione del lavoro è compito dello Stato, che può delegare le sue funzioni alle parti sociali ("stato provvidenza" e "partitarisme“) la disoccupazione è un rischio ed una responsabilità sociale, di cui lo Stato deve farsi carico il diritto al lavoro deve essere garantito anche attraverso la creazione diretta di posti di lavoro nel settore dell'economia sociale

24 L'insertionfare francese negli anni novanta Le politiche del lavoro mercato del lavoro regolato e approccio garantista politiche passive tradizionali (prepensionamenti, sussidi) e innovative (riduzione orario di lavoro, RMI) pilastro assicurativo fondato sul paritarisme + pilastro assistenziale articolato a livello locale piani d'insertion: programmi integrati di formazione, sostegno al reddito ed assistenza sociale volti a ridurre le difficoltà d'inserimento dei soggetti svantaggiati creazione di posti di lavoro sussidiati (Contrats Aidés) negli enti pubblici e del terzo settore (reti di servizi locali); Sitema della formazione continua Servizi per l’impiego decentrati e centri specializzati di orientamento e assistenza per chi cerca lavoro

25 Dispositivi di sostegno al reddito attivanti Pilastro assicurativo: Assurance chomage (aide de retour à l’emploi ) criteri poco restrittivi (4 mesi di anzianità contributiva) e buoni tassi di rimpiazzo Pilastro assistenziale: Revenu minimum d’insertion  revenu de solidarieté active Principio risarcitorio: Contrat de securisation professionnel, indennità per il reinserimento occupazionale pagata dal datore di lavoro in caso di licenziamenti economici, legata ad un piano di reinserimento)

26 POLITICHE SOCIALI CREAZIONE DIRETTA DI POSTI DI LAVORO ATTIVAZIONE Creazione di posti di lavoro (sussidiati) negli enti pubblici e nelle organizzazioni no profit Terzo settore e amministrazioni pubbliche locali

27 Contrats Aidés (Contratti sussidiati) contrat initiative emploi contrat d’accompagnement dans l’emploi contrat jeune en entreprise, contrat emploi solidarité, contrat emploi consolidé contrat d’insertion dans la vie sociale C.U.I (imprese pubbliche e private/lavoratori svantaggiati): 1)Convenzione (tra impresa, Pole Emploi, lavoratore) che regola: contenuti e condizioni di lavoro; misure di accompagnamento, orientamento, formazione preliminare; entità degli aiuti all’impresa 2)Contratto di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) Revoca degli aiuti concessi in caso di violazione della convenzione e recesso ingiustificato Dal 2010 sostituiti dal CONTRAT UNIQUE D’INSERTION+ Emploi d’avenir

28 Le politiche degli anni duemila fra welfare to work e learnfare I punti di forza welfare to work, collegamento di sussidi ed indennità a varie forme di attivazione (allocation d’aide au retour à l’emploi, à la creation d’entreprise) meccanismi di accesso alle tutele a bassa condizionalità negoziazione con le parti sociali dei dispositivi d'insertion; rispetto della libertà delle scelte individuali ; responsabilità collettiva rispetto alla creazione di lavori accettabili circolo virtuoso tra insertion, crescita occupazionale e sviluppo del welfare (job creation nei servizi sociali) Le criticità segmentazione tra mercato del lavoro "protetto" e "libero“ segregazione occupazionale dei soggetti svantaggiati, confinati in lavori di basso profilo in un settore con scarse prospettive

29 La formazione continua come diritto individuale Punti di forza sistema di lifelong learning tra i più sviluppati in EU, alti investimenti pubblici e obbligo di investimento in formazione continua per tutte le imprese sistema di f.c. gestito da organismi paritetici; formazione per disoccupati e giovani gestita dallo Stato ampliamento progressivo del sistema della formazione continua per garantirne il diritto a tutti i cittadini (CIF,DIF): maggiore attenzione ai lavoratori non standard (atipici, soggetti svantaggiati) tramite l'estensione dei dispositivi e la certificazione e "trasferibilità" delle competenze (riforma del 2009) Riconoscimento delle esperienze lavorative per il conseguimento di qualifiche formali (anche laurea). Criticità Permangono disuguaglianze nell'accesso alla formazione e al lavoro che penalizzano i soggetti con basso "capitale umano"

30 Il modello tedesco di regolazione concertata del lavoro

31 Le connotazioni storiche economiche e istituzionali del modello tedesco Capitalismo di mercato coordinato (federalismo, neocorporativismo) Welfare meritocratico corporativo

32 Il welfare to work tedesco negli anni novanta Solido sistema di protezione sociale: dispositivi di tutela garantisti e spesa elevata in politiche passive flessibilità regolamentata e dualistica: occupazione stabile e protetta nelle grandi imprese industriali, maggiore diffusione dei contratti atipici nel terziario tradizionale e nelle p.i. Elevati investimenti in capitale umano: sistema della formazione duale e politiche attive per chi cerca lavoro Creazione di posti di lavoro per i disoccupati nel settore pubblico e del no profit Servizi per l’impiego decentrati pubblici e privati Concertazione con le parti sociali nella governance locale e nelle grandi imprese (codeterminazione)

33 La svolta degli anni duemila e le riforme Hartz: dal welfare to work al workfare Gli obbiettivi delle riforme Hartz Ridurre la spesa per politiche attive: differenziare le misure per target di destinatari Ridurre la spesa per politiche passive: condizionalità più elevate e reinserimento rapido Ridurre il costo del lavoro favorendo la diffusione di contratti a termine e la flessibilità salariale Deregolamentare e ridurre le tutele rispetto ai licenziamenti Far crescere l’occupazione anche incentivando la diffusione di lavori a bassa qualificazione e retribuzione

34 La svolta degli anni duemila e le riforme Hartz Gli ambiti di intervento delle riforme Hartz 1) La riforma dei servizi per l’impiego e delle politiche attive I centri per l’impiego locali debbono raggiungere obbiettivi quantitativi misurabili e classificare i destinatari per livello di occupabilità (4 tipi) Gli interventi di attivazione sono graduati per tipo di destinatari: per i più occupabili (clienti di mercato) solo intermediazione; per tutti gli altri percorsi di attivazione differenziati; la formazione riservata a chi ha almeno il 70% di possibilità di inserimento; l’avviamento a lavori socialmente utili, pubblici o di terzo settore, spesso a bassa qualificazione, solo per i meno occupabili

35 Gli ambiti di intervento delle riforme Hartz (segue) 2) La riforma degli ammortizzatori sociali L’indennità di disoccupazione assicurativa su base contributiva: riduzione della durata (max 12 mesi, segue sussidio assistenziale) Il sussidio assistenziale, condizionalità penalizzanti: Prova dei mezzi più rigida Ammontare ridotto, uguale per tutti Maggiori obblighi per i lavoratori che non possono rifiutare lavori a bassa qualificazione, con salari inferiori a quelli contrattuali, lontani dal luogo di residenza 3) La riforma delle procedure di licenziamento: semplificate ed estese alle imprese fino a10 addetti

36 Gli ambiti di intervento delle riforme Hartz (segue) 4) Le politiche per la crescita dell’occupazione Incentivazioni contributive per i lavori non molto qualificati e a basso salario (Mini-jobs con salari mensili fino a 400 euro; Midi-jobs, 400- 800 euro) Gli esiti delle riforme Hartz Meno tutele e più obblighi per i lavoratori (workfare) Crescita dell’occupazione poco qualificata e a basso reddito Accentuazione del dualismo e della segmentazione del mercato del lavoro

37 La regolazione del lavoro in Italia: Flessibilità al margine e deficit di sicurezza

38 Le connotazioni storiche economiche e istituzionali del modello italiano Capitalismo di mercato coordinato (statalismo e neocorporativismo intermittente) Welfare meritocratico corporativo familistico

39 I vincoli alla strategia di flexicurity in Italia Vincoli strutturali - Gravi squilibri occupazionali e disoccupazione strutturale -Eccesso di manodopera a bassa istruzione -Discriminazione di genere e per età -Dualismo territoriale Vincoli istituzionali -Particolarismo e familismo del regime di welfare -Distorsione distributiva (disuguaglianze fra garantiti, semigarantiti, non garantiti) -Distorsione funzionale (incidenza prevalente della spesa pensionistica) - Eredità storica del modello di regolazione del lavoro

40 Vincoli istituzionali alla flexicurity I tratti originari del modello di regolazione del lavoro -Regolazione rigida, burocratica, centralizzata affidata a controlli amministrativi e normative vincolistiche (monopolio pubblico del collocamento, chiamata numerica, norme sul licenziamento…) -Sistema di protezione del lavoratore garantista incentrato sulla tutela dai rischi di licenziamento (tutela del posto) -Sistema di garanzia del reddito dei disoccupati, assicurativo, ipertrofico e con forti squilibri distributivi -Scarso sviluppo di politiche attive del lavoro e totale assenza di servizi per l’impiego efficienti

41 Le riforme “parziali” degli anni novanta Riforma del collocamento, abolizione del monopolio pubblico e della chiamata numerica, riconoscimento di agenzie private di intermediazione Decentramento, trasferimento alle Regioni e agli Enti locali delle funzioni di regolazione del mercato del lavoro (collocamento e politiche attive del lavoro) Istituzione di “nuovi” servizi per l’impiego per l’implementazione di politiche attive del lavoro Politica dei redditi: nuove misure “concertate” per il contenimento delle dinamiche salariali (abolizione della scala mobile) SEGUE

42 Le riforme “parziali” degli anni novanta (segue) Regolamentazione dei licenziamenti collettivi Riforma degli ammortizzatori sociali per la riduzione delle disparità (indennità di mobilità, innalzamento dell’indennità ordinaria, revisione dei contratti di solidarietà) Deregolamentazione, introduzione di contratti atipici (Lavoro interinale, part time. Pacchetto Treu) flessibilità selettiva al margine Regolamentazione dell’apprendistato Accordi collettivi per la costruzione di un sistema nazionale di formazione continua

43 Il nuovo corso delle politiche del lavoro negli anni duemila: dalla flessibilità al margine alla flexinsecurity La liberalizzazione “dall’alto” del mercato del lavoro: dalla Legge Biagi alla riforma Fornero Cambia il rapporto fra Governo e Parti sociali: finisce la stagione della concertazione e del dialogo sociale;si rompe l’unità sindacale sui temi della liberalizzazione del mercato del lavoro (Patto per l’Italia) Flessibilità in entrata: con la Riforma Biagi nuovi contratti atipici e modifica della disciplina di contratti già esistenti (Job sharing, contratto a chiamata, contratto di inserimento, part time, apprendistato, contratto a progetto, somministrazione di lavoro) Riforma dei Servizi per l’impiego: operatori pubblici e privati autorizzati operano in competizione nell’intermediazione fra domanda e offerta di lavoro Resta debole e selettivo il sistema di protezione sociale e parziale il programma di lifelong learning

44 Le politiche di emergenza negli anni della crisi La riforma Fornero (L.92/2012) interviene a 3 livelli: 1) Regolazione dei rapporti di lavoro e delle procedure di licenziamento: si liberalizza il ricorso al lavoro atipico, ma se ne migliorano le tutele; si punta sull’apprendistato come principale canale di accesso al lavoro per i giovani Si abolisce l’obbligo di reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa (art.18 SL) 2) Riforma degli ammortizzatori sociali : ASPI, miniASPI 3) Servizi per l’impiego con soglie di prestazione

45 Le politiche di emergenza negli anni della crisi Gli interventi del governo Letta: 1)Le misure di contrasto alla povertà: - sperimentazione del reddito di inclusione attiva nelle città con più di 150mila abitanti 2) Le misure per l’occupazione giovanile : - Incentivi fiscali per l’assunzione stabile di giovani -Misure dedicate ai giovani nel Mezzogiorno (a sostegno dell’autoimpiego, delle assunzioni nel Terzo settore, dei tirocini formativi per giovani NEET). -Liberalizzazione dei rinnovi dei contratti a termine -Staffetta generazionale

46 Le criticità La riforma incompiuta del sistema di protezione sociale Sistema degli ammortizzatori particolaristico e poco generoso -Legge 181/2000 introduce la condizionalità dei sussidi all'accettazione di offerte "congrue"(Workfare). Ma condizionalità poco stringente e disposizioni legislative inattuate - Potenziamento degli ammortizzatori per fronteggiare la crisi (ammortizzatori in deroga, ammortizzatori per i collaboratori a progetto) - - Riordino dell’indennità ordinaria di disoccupazione per ridurre le disparità di trattamento (ASPI, miniASPI per i lavoratori con contratto a termine) - -Coinvolgimento dei Fondi paritetici interprofessionali nel fonanziamento degli ammortizzatori Tuttavia - Nonostante i ripetuti tentativi di riforma manca un sistema organico e universalistico di ammortizzatori sociali e aumenta la percezione di insicurezza fra i lavoratori italiani

47 Le criticità La rivoluzione incompiuta della formazione continua strategia di lifelong learning sbilanciata sulla formazione continua funzionale all'occupabilità il diritto individuale alla formazione professionale iniziale e continua, sancito dalla Costituzione, rimane inattuato diversi sistemi di formazione (classificabili per fonte e destinatari) scollegati tra di loro e non sempre in sintonia con il mercato. Differenze territoriali. Attuazione incompleta e disomogenea del sistema bilaterale per la formazione continua (Fondi Interprofessionali) Amplificazione delle disuguaglianze: si forma di più chi ne ha meno bisogno, difficoltà di accesso per gli atipici Penalizzazione dei giovani: svalorizzazione dell’istruzione tecnica/prof.; inefficienza del sistema pubblico di formazione professionale; scarso utilizzo dell’apprendistato; utilizzo abusivo dei tirocini formativi

48 I tratti distintivi del modello italiano 1)regolazione dei rapporti di lavoro Liberalizzazione parziale e selettiva flessibilità al margine che penalizza i giovani e le donne Si abbassa la protezione dei contratti a termine EPL 2) sistema di protezione sociale Dispositivi di integrazione del reddito dei disoccupati ispirati a logiche categoriali e assicurative che accentuano le disuguaglianze Mancanza di dispositivi di tutela del reddito assistenziali e universalistici

49 I tratti distintivi del modello italiano (segue) 3) politiche attive Decentramento regionale e provinciale del governo del mercato del lavoro Attivazione dei beneficiari Rendimenti differenziati delle misure di attivazione per aree territoriali (al Sud Servizi per l’impiego meno efficienti) e dotazione di risorse individuali (premiano i più occupabili) Scarse risorse per la job creation

50 Le principali criticità del modello italiano Le riforme del mercato del lavoro hanno costruito un nuovo modello di regolazione del lavoro più flessibile, promozionale e preventivo che non riesce a superare: -La segmentazione del mercato del lavoro -Le disparità fra i sistemi locali di regolazione -L’inadeguatezza del sistema di ammortizzatori sociali -La penalizzazione dei giovani, delle donne e delle categorie più deboli -I limiti del sistema di lifelong learning Queste criticità avvicinano il modello italiano a quello spagnolo

51 Le possibili strade verso la flexicurity in Italia Le strategie per contrastare la segmentazione e le disuguaglianze: 1.Superare il dualismo contrattuale 1.1 mantenendo la distinzione tra contratti temporanei e permanenti, ma riducendo le disparità di costo controllando i comportamenti elusivi delle imprese favorendo la rapidità delle transizioni (servizi e politiche attive), 1.2 introducendo un contratto unico di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a tutele ridotte ma progressivamente crescenti 2. Costruire un sistema di protezione del lavoratore sul mercato efficace e universalistico Sussidio unico e generoso per chi perde il lavoro Tassa a carico delle imprese che licenziano Libertà di licenziamento per motivi economici

52 CONCLUSIONI Convergenza o differenziazione? In tutti i casi studiati sono state realizzate riforme all'insegna dell'attivazione e della flessibilizzazione del mercato del lavoro e del contenimento della spesa pubblica Tuttavia permangono differenze fra i modelli nazionali di regolazione del lavoro imputabili a diverse tradizioni regolative (modelli di capitalismo e regimi di welfare)

53 Convergenza o differenziazione? DANIMARCA e REGNO UNITO Convergenze Le politiche dei due paesi sembrano convergere verso una logica di "WORK FIRST Differenze cruciali rispetto: - alla definizione dei diritti individuali e collettivi in materia di lavoro - al ruolo dello stato e delle parti sociali - al significato del lavoro (strumento di accesso al reddito in UK, mezzo di promozione sociale e diritto esigibile dallo stato in DK) -al significato della formazione (funzionale all'occupazione in UK, fulcro dei processi di inclusione sociale in DK).

54 Convergenza o differenziazione? ITALIA e FRANCIA Convergenze rilevanza del ruolo dello Stato evoluzione verso il paradigma dell'attivazione centralità della formazione continua a scapito della formazione per disoccupati. Differenze In Francia tratti originali sul versante della creazione d'impiego nel terzo settore, della valorizzazione della gestione paritetica della f.c. e della sua centralità In Italia riforma incompleta delle politiche passive ed attive e della formazione continua, minori investimenti e partecipazione al lifelong learning


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