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PubblicatoDonatello Carletti Modificato 9 anni fa
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R ESPINGIMENTI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE Il caso Hirsi contro Italia di fronte alla Corte di Strasburgo
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Ingresso sul territorio a) Visto di ingresso (escluso esentati) b) Passaporto / Documento di viaggio valido c) Giustificazione scopo e condizioni soggiorno d) Disponibilità mezzi di sussistenza e) Inesistenza cause ostative a) Documenti specifici in base ai diversi motivi di ingresso (adozione, cure mediche, lavoro, motivi familiari, studio, turismo) Requisiti generali Requisiti specifici
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Il respingimento – nozione «territoriale» (art. 10 T.U.) Disposto dalla polizia di frontiera Immediato Non corredato da divieto di reingresso Non vi è reato di ingresso illegale Disposto dal Questore Differito nel tempo Non corredato da divieto di reingresso Contravvenzione di ingresso e soggiorno illegale Respingimento alla frontiera Respingimento differito
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- NECESSITÀ E URGENZA DI SOCCORSO - MINORE NON ACCOMPAGNATO - RICHIESTA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE Non si può dar luogo a respingimento in casi di:
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Nessuno Stato può disporre l’espulsione o il respingimento in nessun modo di un rifugiato verso uno Stato in cui lo straniero : (a) possa essere oggetto di persecuzione per motivi di: razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero (b) possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione ex A rt. 33(1) Convenzione del 1951 relativa alla status dei rifugiati e suo Protocollo del 1967 Richiesta di protezione internazionale
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A rt. 33(1) della Convenzione del 1951 relativa alla status dei rifugiati e suo Protocollo del 1967 Nessuno Stato può disporre l’espulsione o il respingimento di un RIFUGIATO = chiunque soddisfi i requisiti ex art. 1 A (2) Conv. 51 e art. 1 Prot. 67 e cioè ogni persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è - cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, - non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra” Richiesta di protezione internazionale
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A rt. 33(1) della Convenzione del 1951 relativa alla status dei rifugiati e suo Protocollo del 1967 Nessuno Stato può disporre l’espulsione o il respingimento «in nessun modo» inclusa ogni forma di trasferimento forzato, compresi deportazione, espulsione, estradizione, trasferimento informale o “rendition” e non ammissione alla frontiera nelle circostanze descritte di seguito A. verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione B. ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione Richiesta di protezione internazionale
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Eccezioni al principio di non-refoulement (art. 33(2) conv. 51) L’art. 33(1) non potrà tuttavia essere invocato da un rifugiato per il quale vi siano gravi motivi per considerarlo un pericolo per la sicurezza dello Stato in cui si trova, oppure da un rifugiato il quale, essendo stato oggetto di una condanna già passata in giudicato per un crimine o un delitto particolarmente grave, rappresenti una minaccia per la comunità di detto Stato”. L’applicazione di questa disposizione richiede una determinazione su base individuale da parte del paese nel quale il rifugiato si trova sul fatto che egli o ella rientri in una delle due fattispecie previste nell’art. 33(2) della Convenzione del 1951. Tutto ciò non intacca il DIVIETO DI ESPULSIONI COLLETTIVE da parte dello Stato ospitante in base al diritto internazionale generale, che non consente eccezioni.
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Diritto di ciascun migrante a un esame individuale e Diritto di ricorso effettivo contro il provvedimento negativo Patto del 1966 sui diritti civili e politici Convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti art. 22 CEDU Protocollo n. 4 art. 4 Carta dei diritti fondamentali dell’UE art.19 DIVIETO DI ESPULSIONI COLLETTIVE
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Hirsi Jamaa and Other vs Italy CEDU (Grande Camera), 12 febbraio 2012 Violazioni imputate all’Italia: “Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo” Art.1 “Proibizione della tortura” Art. 3 “Divieto di espulsioni collettive di stranieri” Art. 4 Protocollo n. 4 “Diritto ad un ricorso effettivo” Art. 13
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I fatti di causa Il 6 maggio 2009 tre imbarcazioni partite dalla Libia e dirette verso l’Italia vengono intercettate dalle autorità italiane a largo di Lampedusa. I migranti (circa 200 persone) presenti sulle imbarcazioni partite da Tripoli vengono caricati sulle motovedette italiane, riaccompagnati al porto di partenza ed affidati ad autorità Libiche.
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Art. 1 Conv. Europea dei Diritti dell’Uomo: «Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione»
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Ad avviso della Corte, sin dalla salita a bordo delle navi delle forze armate italiane e fino alla consegna alle autorità libiche, i ricorrenti si sono trovati sotto il controllo continuo ed esclusivo, tanto de jure quanto de facto, delle autorità italiane. Nessuna speculazione sulla natura e sullo scopo dell’intervento delle navi italiane in alto mare può indurre la Corte a concludere diversamente. POSIZIONE ITALIA CORTE Non si è avuto un controllo assoluto sui migranti. L’operazione di salvataggio è rientrante nella Conv. di Montego Bay e negli accordi tra Italia e Libia Non è mai stata fatta violenza sui migranti Le navi italiane in alto mare sono considerate come territorio italiano (Art. 4 Codice della Navigazione IT) Le navi battenti bandiera di uno Stato, in alto mare, sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva (Art. 92 Convenzione di Montego Bay) Controllo effettivo di personale militare di uno Stato ne implica la sua giurisdizione (Sentenza Medvedyev vs Francia) Esistenza di accordi di cooperazione fra due Stati sembra allargare la giurisdizione reciproca (Caso Xhavara vs Italia)
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Art. 3 Conv. Europea dei Diritti dell’Uomo: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»
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POSIZIONE ITALIA CORTE I ricorrenti non hanno provato le violazioni Il trasferimento avvenuto nel rispetto degli accordi bilaterali tra Italia e Libia Le operazioni avvenute nel quadro del diritto internazionale Considerazione della Libia come luogo sicuro Art. 3 e protezione indiretta Libia descritta come un Paese “a rischio” (Report NGO e UN) In Libia non c’è alcuna protezione effettiva per i rifugiati Principio non refoulement e non refoulement indiretto Art. 33 Convenzione di Ginevra 1951 Art. 19 Carta dei Diritti Fond. UE Sentenza Haitian Centre for Human Rights et al. vs United States Il trasferimento dei ricorrenti verso la Libia ha comportato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione in quanto li ha esposti al rischio di rimpatrio arbitrario e verso paesi a rischio.
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Art. 4 Protocollo n. 4 della Conv. Europea dei Diritti dell’Uomo: «Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate»
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La Corte decide per un’interpretazione estensiva ed evolutiva della Convenzione al fine di salvaguardarne l’efficacia; afferma inoltre che la situazione non poteva offrire garanzie sufficienti all’identificazione dei migranti POSIZIONE ITALIA CORTE La norma si riferisce a casi in cui i soggetti siano fisicamente presenti sul territorio. Qui si tratta non di «espulsione» ma di un rifiuto ad autorizzare l’ingresso nel territorio nazionale Riferimento ad art. 31 e ss. Convenzione di Vienna per chiarire portata art. 4: o Oggetto e scopo del trattato o Ricorso ai lavori preparatori Evidente impossibilità pratica di condurre indagini individuali Altra normativa internazionale: o Art. 19 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea o Art. 12 Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli o Art. 22 Convenzione americana relativa ai diritti dell’uomo o Art. 26 Carta araba dei diritti dell’uomo
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Art. 13 Conv. Europea dei Diritti dell’Uomo: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali»
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La Corte ritiene che i ricorrenti siano stati privati di ogni via di ricorso che avrebbe consentito loro di sottoporre ad una autorità competente le doglianze e di ottenere un controllo attento e rigoroso delle loro richieste prima di dare esecuzione alla misura di allontanamento. POSIZIONE ITALIA CORTE Le circostanze del caso impedivano il diritto d’accesso ad istanze nazionali Mancato ricorso da parte dei ricorrenti (in un momento successivo) ai giudici nazionali Un ricorso non è effettivo se non ha effetto sospensivo (Sentenza Conka vs Belgio) Art. 3 deve essere oggetto di particolare tutela (Sentenza Chaimaiev vs Georgia e Russia) Già comprovata mancanza di informazioni ai ricorrenti
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Rilevanza della decisione (opinione concorrente del Giudice Albuquerque) Extraterritorialità del divieto di non-refoulement (rileva la giurisdizione) I diritti umani contribuiscono a rafforzare il sistema di protezione internazionale dei rifugiati (conv. 51) Il divieto di respingimento comporta infatti: - l’obbligo per ogni Stato di informare i migranti che possono richiedere protezione internazionale - obbligo di attivare per ciascun richiedente una procedura equa di esame del suo stato di rifugiato e dell’eventuale richiesta di asilo
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