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L’evoluzione della specie
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Per evoluzione si intende il graduale cambiamento delle specie viventi nel corso del tempo. Le testimonianze fossili hanno dimostrato che tutte le specie viventi discendono da forme più semplici, che poi si sono modificate nel tempo portando all’esistenza di organismi sempre più complessi.
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A questo proposito sono state elaborate diverse teorie.
Lamarck fu il primo scienziato ad elaborare una teoria sistematica dell’evoluzione. Egli ipotizzò che tutte le specie, discendessero da altre specie, studiando in modo particolare gli organismi unicellulari e gli invertebrati. Egli osservò che le rocce più antiche contenevano fossili di forme più semplici e interpretò questo fatto nel senso che le forme più complesse sarebbero derivate da forme più semplici mediante una specie di progressione. Secondo la sua ipotesi, questa progressione è regolata da due principi fondamentali: Ereditarietà dei caratteri acquisiti in vita , ovvero la possibilità di trasmettere tali caratteri alle generazioni successive. Teoria dell’uso e del disuso: poiché gli esseri viventi si evolvono , per adattarsi all’ambiente circostante, essi mantengono solamente le strutture che utilizzano, mentre eliminano le strutture inutili.
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L’esempio più famoso usato da Lamark a sostegno della sua teoria è quello che riguarda il collo delle giraffe. La giraffa vive in ambienti in cui il suolo è per lunghi periodi dell’anno quasi privo di erbe; perciò, per nutrirsi essa è costretta a brucare le foglie degli alberi. Il continuo esercizio fatto per raggiungere i rami più alti avrebbe causato nel corso delle generazioni un allungamento del collo. Questo carattere, originariamente proprio di pochi individui, si sarebbe poi trasmesso di generazione in generazione diventando proprio della specie. Il punto debole del meccanismo evolutivo proposto da Lamark, riguardava i caratteri acquisiti che non si trasmettevano alle generazioni successive. Il grande merito di Lamark resta comunque quello di aver contrapposto alla teoria dell’immutabilità nel tempo delle specie,quella dell’evoluzione.
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Lo sviluppo della teoria evolutiva si ebbe grazie a Darwin, quest’ultimo fu condizionato dal geologo britannico Charles Lyell sostenitore della teoria dell’uniformismo, che si opponeva a quella delle catastrofi. Lyell, affermava che le forze naturali avevano prodotto continui cambiamenti nel corso della storia della Terra; Quando Darwin s’imbarcò sul brigantino inglese “Beagle”, portò con sé il volume dei Principi di Geologia di Lyell, e durante il lungo viaggio che durò circa cinque anni, raccolse un'ingente quantità di campioni ed eseguì numerose osservazioni su diverse specie di esemplari animali e vegetali, presenti nell’arcipelago delle Galapagos. Egli osservò che in ogni isola vi era un tipo di testuggine che differiva in qualche particolare dalle testuggini delle altre isole. Inoltre, vi era un gruppo di fringuelli comprendente 14 specie , che differivano tra loro nella grandezza e nella forma dei corpi e dei becchi, pur essendo tutti chiaramente fringuelli.
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Darwin arrivò alla conclusione che le creature o le piante devono lottare per sopravvivere. Le possibilità di sopravvivenza di un essere vivente dipendono da molti fattori, uno dei quali è anche la capacità di trovare cibo sufficiente e di sfuggire ai propri nemici. La specie si sarà evoluta, quando individui con certe caratteristiche ereditarie sopravvivono e si riproducono e altri con caratteri ereditari diversi sono eliminati.
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La teoria evoluzionistica di Darwin si basa su tre presupposti fondamentali:
Riproduzione: tutti gli organismi viventi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e l'ambiente messo loro a disposizione. Variazioni: tra gli individui della stessa specie esiste un'ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di più chiari e di più scuri, e così via. Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza tra gli individui all'interno della stessa specie e anche con le altre specie. Nella lotta sopravvivono gli individui più adatti, cioè quelli che meglio sfruttano le risorse dell'ambiente e generano una prole più numerosa.
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La differenza fondamentale tra la formulazione di Darwin e quella di ogni altro predecessore è il ruolo centrale delle variazioni. Le specie si originano quando le differenze tra individui nell’ambito di un gruppo sono gradualmente convertite, nel corso di molte generazioni, in differenze tra gruppi. Questo può verificarsi a mano a mano che i membri del gruppo originale si separano nello spazio e nel tempo, e sono sottoposti a forze ambientali differenti. Con la selezione naturale vengono eliminati gli individui più deboli, cioè quelli che, per le loro caratteristiche sono meno adatti a sopravvivere a determinate condizioni ambientali; solo i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli.
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La selezione naturale fu una delle sue più importanti teorie e Darwin la espose nel libro “L’Origine delle Specie”, su cui rifletté per più di vent’anni; fu pubblicato il 24 novembre e da allora il mondo occidentale non è più stato lo stesso. L’evoluzione è il filo conduttore unificante di tutti i diversi fenomeni del mondo vivente. La selezione naturale favo- risce quindi gli organismi più forti, cioè quelli che riescono più facilmente a superare le difficoltà dell’ambiente in cui vivono. Il carattere che accresce la probabilità di sopravvivenza di un individuo è detto adattamento. Tale carattere può riguardare le sue funzioni biologiche, la forma del suo corpo o il suo comportamento.
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