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La Società del Rischio Dr Paolo Giuntarelli
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Le scienze dell’uomo riacquisiscono una loro significatività proprio attraverso il riconoscimento del fatto che esse indagano intorno ad un materiale caratterizzato dall’ Incertezza Fanno della problematicità il loro presupposto metodologico Intorno all’incertezza, tuttavia, emerge un ambito di dissenso sociale crescente riguardo i rischi causati dai grandi sistemi tecnologici e dalle nuove tecnologie, che chiama in causa le sfere della discussione sociale, scientifica e politica Quale sapere per l’ambiente? Necessità dell’interdisciplinarietà
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La coscienza del rischio equivale alla crisi ambientale
La crisi ambientale si produce, quando l’insieme delle alterazioni assume la figura della minaccia, quando la società si è mutata in Società del rischio. Concetto presente in precedenza = pericolo Si ha RISCHIO quando il verificarsi di un evento è connesso ad una decisione (è possibile effettuare il calcolo delle probabilità) Si ha PERICOLO quando siamo in presenza di un evento dannoso il cui verificarsi è indipendente da qualunque decisione (NON è possibile effettuare il calcolo delle probabilità)
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Teoria della Scelta Razionale
Filosofi utilitaristi ( Bentham, Stuart Mill) 2 presupposti: 1) che l’attore agisca razionalmente (sia in grado di calcolare costi/benefici); 2) che agisca intenzionalmente (scelta in base a proprie preferenze o credenze) Raro che l’individuo sia al corrente di tutti gli aspetti L’informazione risulta spesso incompleta La distinzione tra rischio e incertezza nei confronti delle conseguenze di un’azione si fonda proprio sul diverso grado di completezza dell’informazione
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La teoria si interessa non solo della razionalità oggettiva ma anche di quella soggettiva: come l’individuo agisce razionalmente a partire da ciò he ritiene fondato Applicazioni: studio dei fenomeni politici, funzionamento delle organizzazioni, Teoria dei giochi (la scelta è interdipendente o strategica, ciascun attore deve tenere conto di quello che fanno o potrebbero fare gli altri Limiti: tende ad ignorare le differenze culturali. Non spiega come si formano o si modificano le preferenze
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Teoria culturale del rischio
L’orientamento costruttivista si caratterizza per un’opzione a favore dello studio degli aspetti comunicativi e culturali della questione mbientale Mary Douglas: “Risk and Culture”. Il rischio è una costruzione sociale: la percezione pubblica del rischio ed i suoi livelli di accettabilità si prospettano come costruzioni sociali. La cultura è determinata dall’organizzazione sociale (modo in cui le persone si relazionano) Una particolare forma di organizzazione produce una visione del mondo Nesso tra cultura/società e individuo/struttura sociale Gli atteggiamenti dei soggetti verso il rischio sono strutturati dal sistema sociale globale
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Lo strumento analitico è il modello Griglia/Gruppo: la dimensione griglia esprime la regolazione dell’attività sociale; la dimensione gruppo la coesione sociale Individualismo = basso livello griglia/gruppo. Situazione imprenditore economico Emarginazione = alto livello di griglia e basso di gruppo Gerarchizzata = alto livello di griglia/gruppo. Organizzazioni burocratiche Egualitaria = basso livello di griglia e alto di gruppo. Sette religiose Nelle società moderne vi è una condizione di eterogeneità culturale L’ordine morale protegge e giustifica l’ordine sociale Le credenze e il comportamento degli individui sono definiti più dall’influenza sociale che dalla volontà personale
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Schwarz/Thompson = ciascuna forma di organizzazione sociale sottende ad una particolare visione o mito della natura Gerarchici = poco amanti dei rischi. Natura robusta e tollerante. Ruolo dei tecnici Individualisti = trascurano i rischi ambientali. Natura benigna Egualitari = prudenti. Natura come sistema fragile Emarginati = fatalisti. Natura imprevedibile Esiste una selezione culturale di ciò che costituisce un rischio o un pericolo. Diversi individui e gruppi sono sensibili in misura differente a quelli legati all’ambiente I rischi sono sempre carichi di implicazioni morali
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LA TEORIA DELLA SOCIETA’ DEL RISCHIO
La globalizzazione, la produzione in serie e il progresso tecnologico stanno modificando alla radice il modo di intendere e affrontare il rischio delle società occidentali e stanno anche cambiando la natura stessa del rischio. il rischio è visto come il risultato quasi automatico della produzione di merci e del progresso tecnologico. Rischi incalcolabili sono generati dai settori nucleare, chimico, genetico e militare e dall’uso generalizzato di combustibili fossili. Di fronte all’intensificarsi di questi rischi sembra che le istituzioni preposte alla gestione del rischio e alla protezione dei cittadini siano sempre meno in grado di assolvere al proprio compito.
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Beck sostiene che è in corso un profondo cambiamento che modificherà alla radice il modo di identificare e di gestire o, piuttosto, di non gestire il rischio. All’epoca dell’industrializzazione il rischio era affrontato prevalentemente dagli stati nazione. I Rischi attuali, sfuggono al controllo nazionale per la loro natura fondamentalmente globale e perché possono essere la conseguenza del tutto imprevista di rapide innovazioni e cambiamenti tecnologici. Beck definisce l’attuale mercato globale una forma di “irresponsabilità organizzata”. Malgrado tutte le buone intenzioni , non esiste un meccanismo di governo generale e, in questo contesto globale, la gestione del rischio è diventata estremamente difficile.
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Questo pone nuove sfide al meccanismo di governo generale o, secondo la definizione di Beck, “democrazia cosmopolita”. Beck avanza l’ipotesi che la gestione del rischio sarà il principale catalizzatore della politica transnazionale. Parla della nascita di “comunità del rischio”, gruppi di persone unite da un rischio condiviso anche se separate da frontiere. Beck individua chiaramente una nuova linea di faglia nella vita politica moderna: nell’ordine globale che si sta affermando esistono piccoli gruppi che generano rischi e ne traggono un utile mentre un gran numero di persone si trovano di fatto esposte a rischi senza trarne alcun beneficio visibile.
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Beck opera una distinzione tra vari tipi di pericoli globali per l’ambiente:
1. Distruzione dell’ambiente provocata dalla generazione di ricchezza ed effettuata per far avanzare la società dei consumi (buco dell’ozono, effetto serra, ecc.); 2. Distruzione dell’ambiente provocata dalla povertà (taglio delle foreste pluviali tropicali, rifiuti tossici, uso di tecnologie obsolete nocive per l’ambiente); 3. Uso potenziale di armi di distruzione di massa – nucleari, biologiche e chimiche.
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Beck ipotizza l’esistenza di potenti interessi che si oppongono alla creazione di nuove coalizioni transnazionali per far fronte a queste sfide. Quando questi argomenti sono trascurati dalla politica ufficiale, sono gruppi di cittadini e forze extraparlamentari che devono rilevare la sfida, gruppi caratterizzati da una maggiore flessibilità nelle azioni transfrontaliere. Beck si chiede anche in che modo la società stabilisca i compromessi tra la produzione industriale o l’attività militare e il rischio di innescare eventi catastrofici a catena che sfuggono al controllo umano.
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La BSE o “malattia della mucca pazza” può essere un esempio calzante in quanto i processi dell’industria agroalimentare hanno contribuito a scatenare una patologia che si è rivelata molto difficile da controllare in fase di diffusione e il commercio internazionale non ha fatto che aggravare il problema. A questo punto nasce un altro interrogativo circa il tipo di strumenti che la società potrebbe utilizzare per tenere il rischio sotto controllo.
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Viviamo nell’era della tecnologia nucleare, chimica e genetica e questo frappone ostacoli più complessi alla possibilità di assicurarsi contro le peggiori eventualità immaginabili. Non esiste istituzione che sia in grado di affrontare il peggior incidente che sia dato di immaginare per cui, nelle parole di Beck, la società del rischio è diventata la società priva di copertura assicurativa.
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la crescente tecnocrazia del rischio ne compromette i metodi di calcolo. Le definizioni del rischio sono inadeguate e non esistono regole standard per l’attribuzione di cause ed effetti in condizioni di elevata complessità, integrazione e casualità. Le società moderne trovano più facile ignorare i rischi che non capiscono invece di tentare di conoscerli meglio, in particolare quelli che derivano dalla produzione e attività industriale.
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Un’altra dimensione interessante del megarischio sta nella sua natura “democratica” nella misura in cui, in ultima analisi, tutti sono vulnerabili. Detto questo, i più poveri del mondo sono anche i più vulnerabili in quanto avrebbero le maggiori difficoltà ad adeguarsi, per esempio, a rapidi cambiamenti dell’ambiente, il che potrebbe portare a una nuova divisione globali tra vincitori e vinti sul piano del rischio.
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A Beck interessa osservare il modo in cui questi megarischi stanno mutando la politica.
Il sociologo tedesco prevede la diffusione di un nuovo tipo di politica “per la vita”, in cui la società civile cerca di riaffermare i propri diritti sui rischi generati dal nuovo ordine globale. Nelle parole di Beck, la comparsa di rischi su larga scala e di “incertezze fabbricate genera una dinamica di cambiamento politico e culturale che mina le burocrazie statali, sfida il predominio della scienza e ridisegna i confini e le battaglie della politica contemporanea”.
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