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La sicurezza urbana Lezione 01
Corso di Formazione in Sicurezza Urbana Milano, novembre 2007
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Docente e modalità di ricevimento
Cristian Poletti (dip.Sociologia – Univ. Milano-Bicocca) Durante i corsi: al termine dell’orario delle lezioni o dietro appuntamento (indirizzo Da gennaio 2008: verranno rese note le nuove modalità di Ricevimento settimanale
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Programma del corso: parte teorica
Il concetto multidimensionale di in/sicurezza urbana. Elementi di sociologia urbana: quartiere e territorio. Le città in trasformazione: forme post-moderne della coesistenza urbana ed emersione del sentimento di insicurezza. Perché la gente ha paura? Dalla teoria del “panico morale” a quella delle “inciviltà”
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Programma del corso: parte speciale
Polizia e sentimento di insicurezza della popolazione: il caso della polizia di prossimità italiana Il comitatismo urbano: deriva sicuritaria o nuova forma di partecipazione politica dei cittadini? Criminalità e criminalizzazione degli immigrati in ambito urbano: dalla stigmatizzazione degli “extra-comunitari” alle tensioni nei confronti dei “neo-comunitari”. Rom e Sinti: minoranze senza territorio poste ai margini della realtà urbana.
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Testi e modalità d’esame
BARBAGLI M., “L’insicurezza nelle città italiane”, in Barbagli M. (a cura di), “Egregio signor sindaco. Lettere dei cittadini e risposta dell’istituzione sui problemi della sicurezza” D’ALOISIO F., “Sentirsi insicuri in città. Etnografia ed approccio antropologico al problema della sicurezza urbana”, in Callari Galli M. (a cura di), “Mappe Urbane. Per un’etnografia della città” PITCH T., “Sono possibili politiche democratiche per la sicurezza?” in Rassegna italiana di sociologia, anno XLII, n.1, gennaio-marzo 2001 TOSI A., “Quartiere”, in Territorio, n.19/2001 MANERI M., “Lo straniero consensuale. La devianza degli immigrati come circolarità di pratiche e discorsi”, in Dal Lago A. (a cura di), “Lo straniero e il nemico. Materiali per l’etnografia contemporanea” POLETTI C., “Criminalità e criminalizzazione dei migranti”, in Pirazzi M., Johnson P. e Di Persio C., “Il servizio di polizia per una società multiculturale: un manuale per la Polizia di Stato” POLETTI C., “La partecipazione dei comitati di cittadini alle politiche di sicurezza in ambito urbano: una ricerca sui comitati di cittadini modenesi”, in Dei delitti e delle pene: rivista di studi sociali, storici e giuridici sulla questione criminale, X, n.1-2-3/2003
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Testi e modalità d’esame
L’esame si svolgerà in forma scritta ed orale. La partecipazione attiva al corso, eventualmente attraverso la redazione di tesine scritte di approfondimento di determinate tematiche, verrà positivamente valutata dal docente in sede di valutazione. Per la redazione delle tesine, consultare il docente negli orari di ricevimento.
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Il concetto multidimensionale di sicurezza urbana
1. Dimensione criminologica “Sicurezza” § In/sicurezza reale § In/sicurezza percepita (concern about crime + fear of crime) “Urbana” Parlando del termine “sicurezza”, possiamo distinguere fra due tipi di rischi, di “eventi critici per il cittadino”, ad esso collegati: un “rischio oggettivo” ed un “rischio soggettivo”. Nel primo gruppo, rientra innanzi tutto il verificarsi di quegli eventi legati alla dimensione criminologica del concetto di sicurezza urbana, e quindi l’impatto che la commissione di fatti criminali o devianti può avere sui cittadini che restano vittime di tali fatti. Si tratta di fenomeni che gli studiosi di sicurezza hanno tradizionalmente posto sotto la loro lente d’ingrandimento per misurarne la ricorrenza in termini numerici e per predisporre interventi di risposta alla criminalità attraverso gli strumenti giudiziari in dotazione all’apparato repressivo dello stato. Però, come s’è cercato di evidenziare in precedenza, l’approccio dell’esperto di sicurezza urbana va oltre questo tradizionale tipo di visione: esso non sarà rivolto solamente ad una semplice rilevazione dei fatti criminali e/o devianti che avvengono in un determinato territorio. L’ottica con cui si guarderà a tali eventi sarà piuttosto di tipo contestuale: ciò che caratterizza l’interesse in materia di sicurezza urbana è proprio l’apporto che il contesto fisico e socio-economico in cui tali eventi si collocano fornisce al compimento di tali fatti e, di converso, l’impatto che tali eventi generano sul territorio circostante e sui soggetti che ne rimangono colpiti (di qui l’attenzione per le vittime di reato). Questo perché nel recente dibattito criminologico s’è affermata, in modo ormai evidente, l’idea che, al di là della presenza di un autore di reato razionalmente motivato, il contesto incida in misura rilevante sul compimento stesso dell’azione deviante. Ecco quindi che le caratteristiche socio-economiche delle vittime di reato e, più in generale, degli abitanti di un territorio, le loro abitudini ed i loro stili di vita, la coesione sociale di un quartiere e la capacità di controllo informale che gli abitanti di un’area riescono a sviluppare al suo interno, le caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui tali eventi si verificano, vanno a costituire importanti elementi di monitoraggio del rischio associato all’insicurezza urbana e possono orientare l’adozione di appropriate strategie preventive in un determinato contesto. Nella prospettiva di ricerca della sicurezza urbana, a poco o nulla servirebbe la mera lettura delle statistiche sulla delittuosità in un’area definita, senza avere informazioni di contesto sulle caratteristiche fisiche, economiche e socio-relazionali del territorio circostante.
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Il concetto multidimensionale di sicurezza urbana
1. Dimensione criminologica 2. Dimensione economica 3. Dimensione socio-demografica 4. Dimensione culturale 5. Dimensione socio-relazionale 6. Dimensione ecologica 7. Dimensione politica Analogamente alla natura del fenomeno, anche le variabili prese in esame sono multidimensionali, tengono cioè conto delle differenti dimensioni semantiche e analitiche di cui si compone l’in/sicurezza urbana. Possiamo dunque distinguere variabili relative alla: - dimensione criminologica: le variabili relative a questa dimensione analitica, tradizionalmente considerata dagli studi sulla sicurezza, sono relative, da un lato, alla quantità di reati commessi in un determinato territorio di cui forze dell’ordine e sistema giudiziario vengano a conoscenza; dall’altro lato alle conseguenze che tali reati esercitano nei confronti dei soggetti che subiscono tali reati (le “vittime di reato”). Peraltro, per tutta una serie di considerazioni, a nostro giudizio le statistiche ufficiali sulla criminalità (e, quindi, anche quelle inerenti alla criminalità degli immigrati) non possono essere considerate perfettamente illustrative della situazione realmente esistente nel nostro paese. In primo luogo, infatti, queste cifre rappresentano solamente i delitti di cui le forze dell’ordine vengono a conoscenza nell’espletamento delle loro funzioni, e non di tutti i reati che effettivamente sono stati realizzati in un determinato lasso di tempo: esiste, perciò, il problema della cifra oscura della criminalità, costituita dal numero degli eventi delittuosi che si sono realmente verificati, ma che non sono stati denunciati o scoperti, e sono così rimasti esclusi dal computo delle statistiche criminali. Una seconda difficoltà in merito alle statistiche ufficiali sulla criminalità è attinente alla validità scientifica di queste cifre: ossia, il grado di costanza e di coerenza con cui le procedure di rilevazione sono state applicate, rispetto ai criteri prestabiliti, da parte delle agenzie preposte alla produzione dei dati (forze dell’ordine ed Autorità Giudiziaria) e di quelle deputate alla loro raccolta (ISTAT). Non sempre, infatti, queste fonti si sono rivelate attendibili in passato, proprio a causa di errori commessi nella classificazione e/o raccolta dei dati. Vi è, poi, un ultimo ordine di considerazioni da fare, ancora più importante rispetto ai due precedenti, ed è quello relativo all’interpretazione di questi dati ufficiali sulla criminalità: poiché essi non misurano direttamente la realtà effettiva, ma quella identificata, segnalata e denunciata del fenomeno, c’è il rischio tangibile che queste cifre siano molto più indicative dell’attività concretamente messa in pratica dalle forze dell’ordine che non del livello di devianza realmente esistente sul territorio. Che, in altre parole, questi dati – anche quando siano corretti ed attendibili – siano comunque condizionati dalle scelte operative attuate dalle polizie, dalla scala di priorità adottata nei loro interventi, dalle modalità concrete con cui pongono in essere la loro attività investigativa e di controllo del territorio (e, quindi, anche dai luoghi comuni e dalle convinzioni personali dei singoli operatori di polizia, nonché dalle pressioni che essi ricevono ad opera dei mass-media e della locale cittadinanza). - dimensione economica: sono variabili relative al livello di benessere socio-economico esistente in un determinato contesto; gli indicatori utili a monitorare tale tipo di fenomeno sono, per esempio: § i tradizionali tassi di attività, occupazione e disoccupazione (ricavabili dalle indagini Istat sulle Forze Lavoro); § l’indice di povertà relativa (che misura la distanza dei redditi o dei consumi dei cittadini residenti in una determinata zona da un valore medio) esistente in un determinato contesto. - dimensione socio-relazionale: si tratta di variabili sociali (non direttamente oggetto di politiche sociali) che possono rivestire grande importanza per la descrizione e la comprensione della realtà socio-relazionale in cui i problemi collegati all’in/sicurezza urbana possono manifestarsi. Si tratta di indicatori che possono rivelarsi utili a monitorare l’esistenza di situazioni a rischio, dal punto di vista della tenuta dei legami sociali interni alla popolazione che vive in un determinato contesto. - dimensione ecologica: si tratta di variabili che misurano il degrado fisico presente in determinati ambienti, e che può condizionare sia la percezione di insicurezza dei cittadini che l’esistenza di fenomeni devianti in determinate aree. Gli indicatori collegati a tale dimensione analitica sono, per esempio: § la frequenza con cui i cittadini incontrano elementi di degrado fisico o sociale nel quartiere di residenza (ricavabile dalle indagini Multiscopo Istat); § la frequenza delle chiamate, dagli esposti e dalle segnalazioni dei cittadini alle pattuglie ed alle centrali operative della polizia locale e della polizia di stato, aventi ad oggetto atti di inciviltà (anti-social behaviours) compiuti sul territorio. - dimensione politica: tali variabili vanno a monitorare l’efficacia delle politiche di intervento pubblico che incidono sulle problematiche socio-economiche esistenti in determinati quartieri.
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Il concetto multidimensionale di sicurezza urbana
§ Connotazione ontologica § Connotazione territoriale § Connotazione politica “Urbana” L’aggettivo “urbana” assume la funzione di connotare l’espressione in senso ontologico, territoriale e politico. In primo luogo, infatti, esso amplia le dimensioni concettuali associate al concetto di “sicurezza”: con l’espressione “sicurezza urbana” non ci si limita più alla sfera di fenomeni ricompresi all’interno della classica formula “ordine pubblico e sicurezza” (la commissione di reati e fatti devianti e tutta la serie di eventi ad essi collegati), la cui tutela è tradizionalmente affidata in misura preponderante alle forze di polizia nazionali. La sicurezza urbana comprende ora (come meglio si dirà analizzando i rischi ad essa collegati) tutta quella vasta fascia di fenomeni di molteplice natura che possono andare ad alterare la percezione pubblica di sicurezza stessa, al di là della presenza più o meno concreta di una minaccia criminale. Essa va quindi a toccare ancor più in profondità quell’insieme di fattori contestuali che incide non solo in via diretta sulla presenza di fenomeni di natura criminale o deviante, ma anche in via indiretta, andando ad intaccare le relazioni sociali e la qualità della vita degli individui in un dato territorio. In secondo luogo, la sicurezza urbana fa riferimento all’ambito territoriale ove i problemi di insicurezza e le dinamiche sociali ad essa collegate affiorano con maggiore evidenza e devono essere, quindi, affrontate con maggiore efficacia. A prescindere dalla natura “globale” o meramente locale dei fenomeni che stanno a monte dei problemi di sicurezza urbana, è del tutto evidente che è la città il luogo in cui la ricaduta di tali problemi si concentra in maniera più visibile e viene vissuta in modo più preoccupante dai propri abitanti . Uno spazio urbano che l’avvento della società postmoderna rivoluziona, sia nella sua conformazione fisica che nella sua composizione sociale. La città, un tempo intesa come località “centrale” e razionalmente organizzata, perde sempre più la sua identità territoriale, e diventa “policentrica” e dispersiva. Allo stesso modo, anche la composizione sociale della città si sta diversificando, perché essa racchiude popolazioni vieppiù eterogenee (per le proprie origini e/o per le modalità di fruizione della città), che inevitabilmente modificano gli equilibri sociali preesistenti e costringono gli “abitanti urbani” a ridefinire le proprie relazioni con l’ambiente circostante. E sempre più spesso questo scontro tra diversi ambiti relazionali materializza nei cittadini reazioni di sconcerto, di disagio e di fastidio; reazioni che possono facilmente alimentare la percezione di un abbassamento della vivibilità e della sicurezza all’interno delle loro città. Infine, l’aggettivo “urbano” definisce anche il contesto privilegiato per lo sviluppo delle azioni e degli interventi politico-istituzionali connessi alla prevenzione e gestione di tali problematiche, nonché la natura “locale” degli attori maggiormente coinvolti nella loro progettazione e implementazione (comuni e regioni). Non è un caso che, almeno nel nostro paese, il dibattito sulla sicurezza urbana si sia sviluppato in tutta la sua evidenza parallelamente ad un rinnovato attivismo degli attori politico-istituzionali presenti sullo scenario locale, in primis urbano (dal ruolo decisamente più incisivo degli amministratori locali in seguito alla legge n. 142/90 di riforma degli enti locali, fino al recente dibattito relativo alla “devoluzione” di poteri e competenze agli enti locali). Soggetti che fino a qualche lustro fa erano sostanzialmente privi di competenze dirette e responsabilità nella prevenzione e nel contrasto dei problemi legati alla sicurezza, ora diventano i principali artefici dell’attuazione di una serie di politiche tese a garantire la sicurezza del cittadino, interlocutori privilegiati delle forze dell’ordine su scala locale e protagonisti assoluti degli accesi dibattiti mediatici che focalizzano la loro attenzione sul tema.
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Per ogni ulteriore domanda o suggerimento relativamente alla lezione:
Per ogni eventuale richiesta di chiarimenti, fonti bibliografiche, per suggerimenti o quant’altro, il mio indirizzo è Grazie per l’attenzione.
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