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PubblicatoGiuliana Pastore Modificato 11 anni fa
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Teoria dello Stato e del Controllo Sociale Lezioni 01-02
Corso di Formazione in Sicurezza e Mitigazione del Rischio Milano, febbraio 2009
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Docente e modalità di ricevimento
Cristian Poletti (dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale – Università degli Studi di Milano-Bicocca) Ogni mercoledì dalle 12,00 alle 13,30 (stanza 2012c – Edificio U7 – Secondo piano) Possibili altre modalità orarie di ricevimento, previa fissazione di appuntamento (tel. ufficio: 02/ – indirizzo
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Programma del corso: parte generale
La nascita dell’idea di Stato: dal contratto sociale di Hobbes allo stato etico di Hegel Stato e ordine sociale: Durkheim, Weber, Kelsen Le teorie nordamericane del controllo sociale: il rifiuto dell’idea di Stato Lo sviluppo del concetto di controllo sociale: dalla scuola di Chicago a Mead Controllo sociale e devianza: dal paradigma consensuale di Parsons ai teorici dell’etichettamento
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Programma del corso: parte speciale
Michel Foucault: l’esercizio della “governamentalità” e del potere senza potere. La metafora del panopticon Howard Becker: che cos’è la devianza? L’integrazione fra ordine sociale e subcultura deviante
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Testi e modalità d’esame
Per la parte generale del corso: MELOSSI D., “Stato, controllo sociale, devianza: teorie criminologiche e società tra Europa e Stati Uniti”, Milano, Paravia Bruno Mondadori, 2002; o, in alternativa: MELOSSI D., “Lezioni di sociologia del controllo sociale”, Bologna, Clueb, 1996. Per la parte speciale del corso: BECKER H.S., “Outsiders: saggi di sociologia della devianza”, Torino, Edizioni del Gruppo Abele, 1991; FOUCAULT M., “Sorvegliare e punire: nascita della prigione”, Torino, Einaudi, 1993; FOUCAULT M., “Diritto di morte e potere sulla vita”, in Foucault M., “La volontà di sapere”, Milano, Feltrinelli, 2004: pagg
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Testi e modalità d’esame
L’esame si svolgerà in forma orale. La partecipazione attiva al corso, eventualmente attraverso la redazione di tesine scritte di approfondimento di determinate tematiche, verrà positivamente valutata dal docente in sede di valutazione. Per la redazione delle tesine, consultare il docente negli orari di ricevimento.
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Un corso, tre concetti STATO CONTROLLO SOCIALE DEVIANZA
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La nascita del concetto di “Stato”
N.Machiavelli (Il Principe, 1513) Crisi dell’universalismo medievale: emersione dell’individualismo Il Principe machiavelliano, soggiogatore di una natura umana infida attraverso l’esercizio delle proprie “virtù” Lo “Stato” del Principe, fra condizione umana e somma dei poteri e attribuzioni del signore Con il tramonto dell’epoca medievale ed il passaggio all’età moderna, entrano lentamente in crisi l’ordine sociale teocratico-feudale che per lunghi secoli aveva caratterizzato le società europee e le istituzioni di carattere universalistico come la Chiesa e l’Impero su cui tale ordine si poggiava. Questa “liberazione” dall’influenza dominante della religione e dagli equilibri politici e sociali ad essa sottesi non sarà infeconda. A partire dal XVI secolo, essa sarà alla base dell’insorgere di una diffusa percezione di disordine sociale e morale e della consapevolezza, da parte dei filosofi e letterati dell’epoca, della necessità di superare tali sconvolgimenti attraverso la costituzione di un nuovo ordine sociale, autonomo da quello religioso. Si avvia un lungo processo intellettuale e politico che scaturirà nella formulazione dell’ideologia di Stato e nella costruzione degli Stati nazionali nel continente europeo. In opposizione all’universalismo predominante in epoca medievale, il tratto distintivo di queste prime dottrine dello Stato è l’affermazione dell’individualismo. È, ad esempio, l’abilità politica di un individuo (il Principe), nel pensiero di Nicolò Machiavelli, a dover soggiogare una natura umana “ingrata, volubile e dissimulatrice”, ristabilendo l’ordine perturbato attraverso una combinazione di astuzia e di forza (Machiavelli, 1513, cit. in Melossi, 2002: pp.15-16). In questo caso la personificazione del potere con la figura del Principe e le sue capacità politiche è immediata, ed anticipa le mature teorizzazioni dello Stato che verranno elaborate nel secolo successivo. Lo stesso Machiavelli utilizza l’espressione “stato del Principe” per indicare al tempo stesso la somma delle prerogative di questo soggetto e la sua situazione in seno alla società; lo sforzo di astrazione della realtà che avverrà con la creazione del Leviatano hobbesiano non è ancora compiuto, ma i suoi caratteri si intravedono in nuce.
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La nascita del concetto di “Stato”
T.Hobbes (Leviathan, 1651) Il disordine morale dello “stato di natura”: homo homini lupus Impersonificazione del potere (del) sovrano e dell’unità sociale in un’entità macroantropica: il Leviatano Legittimazione del potere (del) sovrano attraverso il contratto sociale J.Locke (1690): costruzione dei “contraenti” come soggetti dotati di diritti inalienabili (vita, libertà, proprietà), ma a certe condizioni… Sono, soprattutto, individui le parti contraenti di quel contratto sociale che viene posto alla base della teoria dello Stato da autori come Bodin, Hobbes o Locke nel corso del XVII secolo. Prendiamo alcuni passi significativi dell’opera che probabilmente evidenzia con maggior forza i meccanismi con cui avviene questo processo di individualizzazione del potere e delle sue attribuzioni: il Leviatano di Thomas Hobbes. Due elementi risaltano all’interno di questo famoso brano. Da una parte, la preoccupazione fondamentale che sta alla base del processo di costruzione dello Stato attraverso il contratto sociale è la protezione della sicurezza degli individui. Il superamento, cioè, di quello “stato di natura” che in altre sue opere Hobbes descrive attraverso l’espressione latina homo homini lupus (tradotto letteralmente: “l’uomo è un lupo per ogni altro uomo”): si tratta, secondo Hobbes, di uno stato permanente di paura che deriva dalla natura profondamente egoistica degli esseri umani, spinti ad agire dagli istinti bestiali di sopravvivenza e di sopraffazione, in una sorta di lotta di tutti contro tutti. La riconduzione di questa originale condizione umana all’ordine richiede una sua razionale ricomposizione, ed il frutto di questo sforzo intellettuale è appunto la costruzione di uno Stato. Lo Stato diventa, così, sia quell’unità sociale capace di racchiudere al suo interno una moltitudine di individui e di risolvere le tensioni esistenti nello stato di natura, sia quell’autorità politica chiamata ad esercitare legittimamente il proprio potere sovrano nei confronti di tale moltitudine per assicurare loro quella sicurezza che, altrimenti, non sarebbero capaci di mantenere. L’altro elemento che risalta nel discorso hobbesiano è, invece, il processo di individualizzazione del potere politico e delle sue forme di legittimazione. Così come sono individui le parti del contratto sociale che decidono spontaneamente di spogliarsi dei propri diritti soggettivi e di affidarli ad una superiore autorità, è allo stesso modo concepito come un individuo il frutto di quel patto collettivo, quel Leviatano che riunisce i poteri che gli sono delegati e li esercita in funzione del bene comune. Peraltro, esso non è più quel Principe in carne ed ossa cui faceva riferimento Machiavelli un secolo prima. È piuttosto un uomo artificiale, un makroanthropos, un “dio mortale” che si distingue da quello ultraterreno per la razionalità della sua azione, ma che, come il suo illustre collega, viene rappresentato ad immagine e somiglianza degli altri individui. All’interno della dottrina dello Stato di Hobbes e degli altri coevi teorici del contratto sociale, l’idea di Stato si lega indissolubilmente a quella di individuo. Questo è vero tanto per i meccanismi costitutivi dello Stato (che scaturisce dalla libera rinuncia degli individui ad esercitare egoisticamente i propri diritti naturali), quanto per le modalità di affermazione del potere sovrano: la fondazione dell’ordine sociale razionale, che è lo scopo della costruzione del Leviatano, viene perseguita attraverso l’esercizio della “volontà” e del “giudizio” di questo uomo artificiale. Egli limita con la propria azione autoritativa le volontà ed i giudizi della moltitudine di consociati, sebbene lo faccia legittimamente, sulla scorta del libero consenso di questa moltitudine. Il lungo percorso di teorizzazione delle democrazie moderne affinerà le modalità concrete attraverso le quali avviene l’esercizio del potere e la determinazione della “superiore volontà” di Stato; esso, però, non modificherà quel carattere individualistico del potere sovrano e della sua legittimità politica che connota l’ideologia dello Stato moderno.
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Prime critiche al concetto di “Stato”
G.Hegel (Lineamenti di filosofia del diritto, 1821) Critica alle teorie contrattualistiche: lo Stato non è costruzione di soggetti razionali, altrimenti si espone lo Stato al “capriccio” del singolo. Concezione dello “Stato etico”: lo Stato è espressione di uno “spirito oggettivo”, che promana dalla storia (cultura, tradizioni) di un popolo, ed il suo fine non è la tutela dei diritti dei singoli, ma l’unità e la coesione sociale della società civile.
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Prime critiche al concetto di “Stato”
K.Marx (Critica ai lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, 1844) Lo Stato non è portatore di unità e coesione sociale: è un fantasma ideologico (il “comitato d’affari della borghesia”), funzionale alla riproduzione di rapporti di potere diseguali fra classi sociali, fondati sull’accesso alla proprietà privata. Scissione fra potere politico (cittadino) e potere economico (uomo): solo abolendo la proprietà privata si può ricomporre la scissione e ricostruire l’unità universale degli individui.
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Per ogni ulteriore domanda o suggerimento relativamente alla lezione:
Per ogni eventuale richiesta di chiarimenti, fonti bibliografiche, per suggerimenti o quant’altro, il mio indirizzo è Grazie per l’attenzione.
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