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L’estinzione del rapporto di lavoro:
licenziamenti individuali e collettivi
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Le due fondamentali tipologie di licenziamento
Individuale Collettivo (economico o per riduzione di personale)
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Il licenziamento individuale: la originaria filosofia codicistica: il recesso “ad nutum”
Art. 2118, comma 1, c.c.: “ Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti…” (a L’istituto del recesso è ispirato all’idea del pari significato giuridico dell'atto di dimissioni e del licenziamento (art cod. civ.)
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Il punto di partenza: la libera recedibilità bilaterale
Nel sistema del codice civile la libertà assoluta di licenziare non viene intaccata… Né dall’obbligo di preavviso Né dalla previsione del licenziamento per giusta causa ex art. 2119 perché il licenziamento ex art rimane assolutamente insindacabile dal giudice perché la mancanza di giusta causa, anche ove accertata dal giudice, lascia libero il datore di licenziare con preavviso
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La mistificazione ideologica presente nel codice civile del 1942
Si pose sullo stesso piano la libertà del lavoratore di abbandonare il datore di lavoro senza incorrere in alcuna responsabilità contrattuale la stessa ampia libertà del datore di lavoro di assumere l'iniziativa di risolvere il rapporto. Concezione formale del recesso Si allineava la risoluzione del rapporto a quella di ogni altro rapporto sinallagmatico a tempo indeterminato, considerandolo alla stregua di un qualsiasi altro istituto contrattuale riconducibile al diritto civile; ciò contribuiva a costituire una falsa simmetria tra la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro, nel comune segno della libera determinazione ad opera della volontà delle parti.
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L’indennità di mancato preavviso (il 2° comma dell’art. 2118 cc)
Si tratta di una indennità sostitutiva del preavviso lavorato; tale indennità può essere considerata l'equivalente monetario che ogni datore di lavoro paga per ottenere l'estinzione del rapporto di lavoro senza dover attendere il decorso del periodo di preavviso. In Italia si aggiunge al TFR
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Parità formale e diseguaglianza sostanziale dei contraenti
Le dimissioni del lavoratore creano al datore di lavoro il mero fastidio di una sostituzione, in genere già programmata al momento del recesso Il licenziamento costituisce per il lavoratore di solito un dramma esistenziale in ragione della difficoltà di reperire una nuova occupazione in un mercato del lavoro quasi sempre squilibrato, oltre che la perdita del salario fonte del proprio sostentamento Il contratto di lavoro riguarda l’avere per il datore ma l’essere per il lavoratore” (F. Santoro Passarelli)
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La tendenza evolutiva dell’ordinamento italiano
Prevedeva la possibilità per il lavoratore licenziato di attivare una procedura conciliativa intersindacale o la costituzione di un collegio arbitrale chiamato a pronunciarsi sulla giustificazione del licenziamento secondo equità e con potere – in caso di ritenuta carenza di giustificazione – di imporre al datore una penale a titolo risarcitorio Il blocco del 1945 La successiva contrattazione interconfederale (1947; 1950; 1965) La sentenza della Corte cost. n. 45 del 1965 La legge 604 del 1966 L'art. 18 dello statuto
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La sentenza della Corte che prelude alla disciplina legale
Il diritto al lavoro (art. 4) non è norma precettiva per cui il recesso ad nutum è legittimo “l'art. 4 della Costituzione, come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di un'occupazione (…) così non garantisce il diritto alla conservazione del lavoro, che nel primo dovrebbe trovare il suo logico e necessario presupposto”.
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continua 4. - Con ciò non si vuol dire che la disciplina dei licenziamenti si muova su un piano del tutto diverso da quello proprio dell'art. 4 della Costituzione. occorre una legge: perchè
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continua il potere illimitato del datore di lavoro di recedere dal rapporto a tempo indeterminato non costituisce più un principio generale del nostro ordinamento. Questi ultimi dimostrano che le condizioni economico-sociali del Paese consentono una nuova disciplina, verso la quale l'evoluzione legislativa viene sollecitata anche da raccomandazioni internazionali (cfr. 46 e 47 sessione della Conferenza internazionale del lavoro).
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Giusta causa e giustificato motivo
L’intervento del legislatore (II) I RIMEDI (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo?) Il pagamento di una somma di denaro da parte del datore di lavoro (cd. monetizzazione del licenziamento) o la reintegra nel posto di lavoro (I)I LIMITI SOSTANZIALI (quando si può legittimamente licenziare?) Giusta causa e giustificato motivo
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(I) I LIMITI SOSTANZIALI
Il principio della causalità del recesso GIUSTIFICATO MOTIVO (l. 604/1966) Soggettivo Notevole inadempimento Oggettivo Ragioni inerenti l’impresa e il suo regolare funzionamento GIUSTA CAUSA (2119 c.c.): causa che non consente la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro
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La causalità del recesso nella carta di Nizza
Art. 30 Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali.
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La nozione di giusta causa
Secondo una prima interpretazione dottrinale: A) il gravissimo inadempimento; B) qualsiasi altra circostanza o situazione esterna grave Secondo una seconda interpretazione dottrinale: solo gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali; irrilevanza delle cause esterne Cause esterne e rottura del rapporto di fiducia : nessi
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Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 1997, n. 7884
Sulla nozione di giusta causa: il rilievo dei fatti estranei al rapporto di lavoro – la posizione della giurisprudenza La condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, assume rilevanza a tale fine e può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali, per la loro gravità e natura, da far venire meno quella fiducia che integra presupposto essenziale della collaborazione tra datore e prestatore di lavoro. Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 1997, n. 7884
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Una conclusione plausibile:
I fatti esterni al rapporto di lavoro ben possono integrare una giusta causa, ma soltanto se possano avere effetto sulla funzionalità del rapporto di lavoro e sulla aspettativa del datore di lavoro ad un puntuale adempimento degli obblighi lavorativi.
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La nozione di giustificato motivo:
Oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa Soggettivo: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali I rapporti con la nozione di giusta causa Insindacabilità delle scelte datoriali – libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.)
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Il licenziamento inefficace
Fattispecie di licenziamento invalido, diverse dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo (licenziamento annullabile) Il licenziamento inefficace Privo delle forme prescritte Il licenziamento nullo Discriminatorio, intimato durante il periodo di malattia o maternità, in occasione di matrimonio della lavoratrice Comunicazione per iscritto del recesso Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni Obbligo di rispondere per iscritto entro 7 giorni
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L’inefficacia del licenziamento per vizi di forma
Anche se la legge parla di inefficacia, la giurisprudenza prevalente considera il licenziamento intimato al di fuori delle forme prescritte come licenziamento nullo
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Sempre a proposito di nullità ed inefficacia
Se il licenziamento è qualificato come sanzione disciplinare Obblighi procedurali Contestazione dell’addebito Difesa del lavoratore assistito, se vuole, dal sindacato violazione Licenziamento nullo
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Il problema del licenziamento disciplinare
L’art. 7 dello Statuto Le norme disciplinari relative alle infrazioni e alle relative sanzioni devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti Il datore non può irrogare sanzioni senza aver preventivamente contestato l’addebito al lavoratore e averlo sentito a sua difesa Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale Queste disposizioni si applicano al licenziamento Disciplinare ovvero Il licenziamento è una sanzione disciplinare
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In generale: questioni normalmente coinvolte in casi di licenziamento per gmo
A) insindacabilità delle scelte gestionali e verifica del nesso causale tra scelta datoriale e soppressione del posto di lavoro B) Eventi oggettivi che incidono sulla concreta utilizzabilità del prestatore di lavoro licenziato e distinzione del giustificato motivo oggettivo dal giustificato motivo soggettivo C) onere di repechage D) Distinzione tra tra licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo e licenziamento collettivo.
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L’impugnativa del licenziamento
Art. 6, l. 604/1966: Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione…ovvero della comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento
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L’impugnativa del licenziamento
L’impugnativa può essere: giudiziale stragiudiziale qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore (art. 6, l. 604/1966) impedisce, in ogni caso, la decadenza
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L’impugnativa del licenziamento
Il tentativo obbligatorio di conciliazione ex artt. 409 e 410 c.p.c. Il giudice, ove rilevi che non è stato promosso tale tentativo, sospende il giudizio e fissa alla parti il termine perentorio di sessanta giorni per consentirne l’espletamento
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2) tutela reale (effettiva reintegra
(II) I RIMEDI (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo perché privo di giusta causa o giustificato motivo?) 1) Tutela obbligatoria o 2) tutela reale (effettiva reintegra nel posto di lavoro)
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1) COSA SI INTENDE PER “TUTELA OBBLIGATORIA” (art. 8 l. 604/1966)
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro …o, in mancanza, a gli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità (ultima retribuzione globale di fatto) risarcire con
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Una norma pragmatica… …e un po’ ipocrita
Il licenziamento privo di giustificazione è illegittimo, ma è ugualmente idoneo a produrre i suoi effetti (Mancini) La finta alternativa tra riassunzione e pagamento dell’indennità La monetizzazione di fatto del licenziamento
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2) COSA SI INTENDE PER “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970)
Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto “il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. inefficace annulla dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione nullità reintegrare
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L’indennità sostitutiva della reintegrazione
Le modifiche del 1990 (l. 108/90) L’indennità sostitutiva della reintegrazione “Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto” Ha la funzione di monetizzare il licenziamento anche nell’area della tutela reale
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COME CONVIVONO LE TRE DISCIPLINE DEL LICENZIAMENTO?
Le discipline successive non sostituiscono quella precedenti. Tutte continuano a trovare applicazione Artt e 2119 c.c. Art. 8 l. 604/1966 Art. 18 Statuto dei lavoratori
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Come si stabilisce la tutela applicabile al caso
concreto? Il problema del computo dei dipendenti Unità produttive fino a 15 dipendenti L’intensità della tutela dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva ove avviene il recesso Unità con più di 15 o datori con più di 60 dipendenti Area della stabilità obbligatoria: alternativa rimessa al datore di lavoro Area della stabilità reale: ordine giudiziale di reintegra
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Due eccezioni importanti
PRIMA ECCEZIONE Casi in cui, anche nelle piccole imprese, e anche nell’area del licenziamento ad nutum, si applica la tutela reale SECONDA ECCEZIONE Casi in cui, anche nelle grandi imprese, si applica la tutela obbligatoria IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO LE ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
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Area in cui si applica il principio della libera recedibilità
E’ stata drasticamente ridotta dalla l. n. 108/1990. Prima di questa legge la regola della libera recedibilità trovava applicazione in tutte le imprese con meno di 35 dipendenti e in tutte le unità produttive con meno di 15 dipendenti I lavoratori domestici I lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti per la pensione, salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto nei limiti stabiliti dalla legge I lavoratori in prova I dirigenti I suoi confini si individuano, ormai, sulla base di elementi meramente soggettivi
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L’eccezione del licenziamento discriminatorio (art. 3, l. 108/1990)
In caso di licenziamenti discriminatori (nulli) si applica in ogni caso la tutela reale, a prescindere dai limiti dimensionali
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Le conseguenze nelle altre ipotesi di licenziamento nullo
Nell’area della stabilità obbligatoria e della libera recedibilità opera la tutela di diritto comune Il lavoratore ha diritto a tutte le retribuzioni non percepite dal momento del licenziamento fino alla sentenza dichiarativa della nullità Nell’area della stabilità reale si applica il regime della reintegrazione ex art. 18 S.L.
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Il licenziamento collettivo
Definizione della fattispecie (almeno 5 lavoratore in un arco di 120 gg) imprese superiori a 15 dipendenti (cessazione di attività o per riduzione di attività o di lavoro) (somma di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo) Obblighi procedurali (comunicazioni alle RSA) Criteri di scelta
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