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1 - Introduzione all’Etica della Comunicazione
Anno Accademico 2010 – 2011
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L'etica non può essere insegnata.
L'argomentazione di Socrate si basava sulla maieutica, rivolta all'interpretazione della natura umana: il filosofo può solo aiutare gli allievi a partorirla da soli.
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Atto non episodico, continuo Agire si consolida, consuetudine Comportamento
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Sui nostri atti, sul nostro agire, sui nostri atteggiamenti e comportamenti, noi possiamo riflettere. Anche la riflessione è di per sé un atto. E’ l’atto per eccellenza o meglio l’atto filosofico per eccellenza.
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L’atto della riflessione è quello che può interrompere lo svolgimento di altri atti, che può produrre una presa di distanza da ciò che stiamo facendo, allo scopo di comprendere meglio una certa situazione e di trarre indicazioni per i comportamenti futuri. Soprattutto si tratta di una riflessione sull’agire che risulta essa stessa un agire.
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Nella lingua comune la parola etica non indica
solamente una riflessione sull’agire, evidenzia anche il complesso dei criteri che guidano l’azione, i principi e le consuetudini che regolano i comportamenti del singolo e della comunità, sia in generale che in un determinato periodo storico. Contemporaneamente indica le norme che guidano la vita di un gruppo sociale e, più in generale, di un popolo in una determinata epoca.
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Comunemente con la parola etica intendiamo far riferimento ad un complesso di norme, il cui contenuto è quello di orientare, positivamente o negativamente, un’azione individuale o collettiva, verso la realizzazione di un fine, qualificabile come bene in senso ampio. In questa definizione emergono alcuni punti problematici, il cui chiarimento determina la reale struttura dell’agire etico e la sua reale portata.
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ETICA = NORMA L’agire etico, come ogni altro agire umano, ha origine nell’atto di volontà del soggetto. L’atto di volontà di un soggetto è, per sua struttura originaria, di principio libero. Quando il soggetto si trova ad operare nella realtà, tale libertà si specifica praticamente in una serie indeterminata di possibilità d’azione. La possibilità come tale è il contesto oggettivo nel quale prende vita la decisione del soggetto.
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In concreto , la libertà di ciascuno si realizza , concretamente, come scelta tra una serie indeterminata di possibilità di comportamenti. La qualità della scelta è individuata non solo dall’azione positivamente determinata, ma, ancora maggiormente, da quelle che , pur egualmente possibili, vengono escluse. Perché ho scelto A e non B, C, D … N che, pur egualmente possibili, ho escluso con la mai scelta ? Dentro questa scelta, questa decisione, che è solo mia è contenuta la problematicità dell’atto etico
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Problematicità atto etico
Perché la logica che lo determina è quella della possibilità e non quella della necessità. Questo esclude che si possa usare l’argomento giustificativo “ era necessario fare così , sono stato costretto a fare così “. In ogni caso infatti il comportamento nasce da una decisione del soggetto, nel senso che ho deciso di “ non contrastare “ o di “ adeguarmi “ alla forza di fattori esterni. 1 - La necessità è la logica che sostiene gli eventi naturali che ricadono sotto le leggi della fisica e l’uomo solo per il suo profilo, ci ricade
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Responsabilità = Rispondere
Nessuno può sottrarsi a quella che si chiama comunemente responsabilità, nel senso di rispondere di ciò che io faccio e decido, perché ogni atto mi appartiene. Anche ciò che viene giustificato come osservanza di una norma, in realtà ha, come suo fondamento, la decisione del soggetto di osservare determinate regole o norme predisposte per il raggiungimento di particolari finalità.
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Emerge come non vi sia alcun legame strutturale tra l’agire etico e la normatività, e che, quindi, non basta osservare norme codificate come etiche per agire eticamente
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Nel linguaggio comune l’azione etica vale in sé e per sé, è disinteressata, risponde a norme assolute, ad un dovere fine a sé stesso. L’ambito dell’utile , invece è connotato dalla relatività soggettiva degli interessi e, dunque dalla loro calcolabilità, in vista di un fine vantaggioso per il soggetto.
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Il punto problematico è quello in cui entra in gioco la libertà-responsabilità del soggetto che decide Se ogni decisione umana risponde ad una possibilità, anche quella che si vorrebbe a contenuto etico, cioè universale, è solamente una tra le possibili; ne segue, allora, che il suo specifico contenuto non può essere universale. Qui è il paradosso dell’etica: essa non consiste in un risultato, in una azione compiuta e definitiva, ma nel permanere di uno scarto
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L’effettività del gesto etico, sta nella comprensione dello scarto esistenziale tra ciò che devo e ciò che scelgo. Se non vi fosse questo scarto , domani cesserei di agire, cioè di vivere, perché non avrei più nulla da fare ancora. Lo scarto segna la distanza esistenzialmente incolmabile tra l’io e il mondo, tra la libertà originaria dell’io e la possibilità empirica costituita dal mondo
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L’etica non è quindi un orizzonte certo di risposte “ agisci così e farai bene “ , ma corrisponde ad un orizzonte di domande “ ho fatto bene ? Potevo far meglio ? “ dove il bene trasformato in meglio è il modo concretamente umano di affrontare l’universale. Si tratta di parametri che nessun uomo può calcolare definitivamente, o meglio nessun uomo può calcolare definitivamente gli effetti della propria azione sul mondo
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Ciò che però si può decidere di fare è formarsi una conoscenza sempre più ricca e precisa del mondo al fine di poter valutare, con una approssimazione sempre migliore, la qualità degli effetti delle proprie scelte d’azione. In questa ottica il meglio ha un suo ambito di realizzazione specifica nel dovere etico di conoscere meglio lo spazio della mia esistenza, che è inevitabilmente anche quella degli altri. È un percorso di libertà che trova il suo alimento nella formazione culturale e nella crescita della consapevolezza critica
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Libertà del soggetto e dovere si saldano nel gesto etico; nel percorso non vi è nulla di normativo nel senso tradizionale del termine, anche se spesso la filosofia morale ha come scopo quello di formulare norme etiche con il fine di colmare lo scarto esistenziale. L’unico fine possibile di una eventuale normativa etica, è quello di allestire un orizzonte di risposte capaci non di colmare lo scarto, ma di mitigare la solitudine di ciascuno di noi di fronte alle decisioni della vita
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Etica La parola deriva dal greco éthos che significa in generale comportamento, consuetudine , costume. In realtà vi sono due vocaboli che si possono trascrivere nel nostro alfabeto con éthos . Il primo eqoz evoca la prassi e il costume individuale Il secondo hqoz piuttosto esprime l’intimo legame di ogni comportamento alla dimensione della comunità e della dimora
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Entrambi gli aspetti devono comunque essere valutati e considerati in maniera unitaria. L’agire infatti può consolidarsi in una abitudine, in un costume (eqoz ) . Questo è il costume condiviso da una comunità, quello capace di identificarla nei suoi specifici caratteri (hqoz ) e nel suo essere comunità.
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Possiamo anche definire l’etica come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri. Essa pretende inoltre una base razionale, non di tipo irrazionale, emotiva dell'atteggiamento assunto. In questo senso essa pone una cornice di riferimento, dei canoni e dei confini entro cui la libertà umana si può estendere ed esprimere. In questa accezione viene spesso considerata sinonimo di filosofia morale: in questa ottica ha come oggetto i valori morali che determinano il comportamento dell'uomo.
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Il senso dell’esistere
L'etica si occupa anche di determinare quello che può essere definito come il senso dell'esistere umano, il significato profondo etico-esistenziale (eventuale) della vita del singolo e dello scenario che lo include.
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Etica - Morale Questo porta a differenziare i termini etica e morale. Un altro motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l'uso del termine morale per indicare l'assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola etica per riferirsi all'intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina
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Per esprimere sia l’ambito delle consuetudini e dei principi di comportamento, sia la riflessione filosofica che a tale ambito si rivolge, vengono utilizzati, per lo più senza distinzioni, i vocaboli “etica“ e “morale“. Ciò è dovuto al fatto che sia eqoz che hqoz , con i loro significati complementari, trovano nella lingua latina un unico corrispondente: il sostantivo mos, moris.
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Morale Il termine morale deriva dal latino ed ha lo stesso significato di etica, oppure è interpretata come oggetto dell’etica. In questo caso la morale rappresenta la condotta diretta da norme, la guida secondo la quale l’uomo agisce.
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I due termini sono normalmente usati con accezioni diverse.
Si intende per morale l'insieme delle consuetudini sociali legate ad una certa tradizione culturale o gruppo sociale o individuo particolare, e per etica lo studio filosofico universale del bene e del male e quindi della morale. In tal modo, etica ha un livello di astrazione più alto rispetto a morale.
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Etica personale Si occupa del singolo all’interno di un quadro sociale preesistente, che non può essere direttamente modificato dallo stesso, e che assegna ad ognuno un determinato ruolo.
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Etica Sociale Si occupa del quadro sociale, al cui interno si muove l’individuo, in se stesso, domandandosi se l’ordinamento sociale comune esistente, in quanto quadro per l’assegnazione dei diritti e dei doveri, corrisponde alla dignità dell’uomo oppure va modificato attraverso una azione comune.
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Domande Le domande servono a individuare ciò che qualcosa propriamente è, a descrivere i vari modi di questo suo essere, ad inserire ciò su cui ci s’interroga in una più ampia rete di relazioni, ricercandone per un verso i motivi e per l’altro gli scopi. Tornando all’etica e all’agire ci si può infatti chiedere che cos’è che stiamo facendo e in che modo o come un certo atto si configura. In tal modo miriamo a definire e a descrivere la nostra attività.
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Dimensione aperta Ponendoci tali interrogativi ci troviamo in uno sfondo più vasto di legami che collegano gli eventi ad altri eventi in una catena quasi infinita di rimandi potenziali. Si profila una dimensione aperta con molte opzioni e mozioni fra le quali siamo chiamati a scegliere. Ma fondamentale è che dallo scenario abituale del cosa possiamo fare ?, ci spostiamo a quello del cosa decidiamo di fare ?. Facendo questo introduciamo il concetto del perché ?
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Che cosa sto facendo ? Come lo sto facendo ? Spinto da quale istanza ? Per quale scopo ? Perché lo faccio o lo debbo fare ? Che senso ha il mio fare e agire ? Sono queste le domande comuni dell’etica, quelle che l’impostazione di tipo filosofico estende dal Singolo atto concreto all’agire in generale, dal Comportamento particolare, dell’individuo o del gruppo ristretto, a una attitudine che si ritiene condivisa da ogni uomo.
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Condurre un discorso che valga non solo per il singolo uomo, ma per tutti gli uomini.
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Agire Nell’età antica risulta dominante la definizione dell’agire, cosa esso è e come di volta in volta si configura. Le tematiche relative al dovere distinguono invece la tradizione ebraico-cristiana e sono il riflesso della scissione fra ciò che l’uomo è portato a fare e ciò che invece gli viene richiesto da un’istanza superiore. Questo è presente anche nelle versioni laicizzate di tale scissione.
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Il problema del senso dell’agire, quello relativo alla domanda sul perché io faccio o debbo fare qualcosa, emerge nel momento in cui viene meno la risposta religiosa o laica, implicitamente condivisa, che a tale questione viene data.
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Agire La definizione dell’agire è fornita soprattutto dalla risposta a domande specifiche: che cosa è o in che modo si agisce . Evidenziando tali processi e cercando di comprenderli si cerca non solo di dar conto di essi, ma anche a stabilirne i motivi. La definizione dei modi dell’agire mira praticamente ad individuarne le cause. Ma conoscendo tali cause diviene possibile ricavare previsioni per i comportamenti futuri e fornire indicazioni su ciò che nell’agire stesso deve essere perseguito.
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Nascita delle etiche applicate
Dobbiamo sottolineare come proprio questo scenario, che si presenta in forme intense e nuove, ha sollecitato il riproporsi delle tradizionali domande etiche – sul che cosa, sul come, sul perché facciamo o dobbiamo fare qualcosa -, non già relativamente all’agire in generale, bensì, in particolare, riguardo all’agire che si fa nell’età della tecnica. Di fronte a tali problemi specifici, in quanto applicazione, allargamento, ma anche trasformazione dell’etica generale, sono nate le cosiddette etiche applicate.
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Etiche applicate Le etiche applicate hanno cominciato a fare questo partendo dai vari campi dell’ azione che hanno visti modificati i loro punti di riferimento tradizionali. Si è passati da un concetto Up To Down a quello del Down To Up Sono sorte nuove discipline con lo scopo di valutare gli impatti delle nuove tecnologie in ambiti specifici: la bioetica, l’etica ambientale, l’etica della comunicazione, l’etica sociale
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Etica della comunicazione
Rientra nell’ambito delle etiche applicate. E’ una disciplina che in forma codificata e autonoma, è sorta nella seconda metà del Novecento. “Etica della Comunicazione” di Karl Otto Apel e “Etica del Discorso” di Jurgen Habermas fanno prevalere l’interesse per la fondazione filosofica sulla intenzione di fornire una trattazione articolata dei differenti aspetti di questa disciplina.
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