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Fascismo
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Il fascismo è una storia complessa
Le periodizzazioni Il fascismo è una storia complessa Esistono molte interpretazioni e periodizzazioni del fascismo. Vediamo una periodizzazione classica: ; ; ; ; ; Vediamo alcune interpretazioni classiche
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Le periodizzazioni Adotteremo questa partizione:
: costruzione : stabilizzazione e consenso : crisi, crollo e fine del fascismo
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Le interpretazioni Perché si parla per il fascismo di un “Totalitarismo imperfetto” Il ruolo della chiesa e dell’associazionismo cattolico Il concordato Il ruolo della monarchia Lo statuto albertino e gli “inserti” dello stato fascista regime reazionario di massa, dittatura moderna? Fascismo parentesi; Fascismo regime di classe; paradigma antifascista resistenziale Sono alcune chiavi di lettura dalle quali deriva il giudizio storico sul regime italiano.
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Le interpretazioni LE INTERPRETAZIONI CLASSICHE: tra il 1922 e il 1928 videro la luce alcuni lavori i cui autori si ripromettevano di uscire dall'ambito della cronaca e della polemica politica per delineare i caratteri di fondo della rivoluzione fascista e le ragioni storiche che avevano portato l'Italia verso un regime autoritario: P. Gobetti (La rivoluzione liberale, 1924), L. Salvatorelli (Nazionalfascismo, 1923), il nazionalista A. Lanzillo (Le rivoluzioni del dopoguerra, 1922), G. Dorso (La rivoluzione meridionale, 1924), P. Nenni (Diciannovismo, 1927), I. Bonomi (Dal socialismo al fascismo, 1924) L’esule cattolico democratico F.L. Ferrari (Le régime fasciste italien, 1928) A. Gramsci (soprattutto le Tesi di Lione e gli scritti pubblicati sull‘ “Ordine nuovo”, poi raccolti in Socialismo e fascismo, 1966). (A. De Bernardi)
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Le interpretazioni Nei lavori di questi intellettuali militanti si ritrovano alcuni dei temi fondamentali delle interpretazioni classiche delle origini del fascismo che poi, dopo la caduta del regime, caratterizzarono la ricerca degli storici di professione: il fascismo come prodotto della crisi morale dell'Italia liberale a seguito degli sconvolgimenti prodotti dalla prima guerra mondiale; il fascismo come esito delle anomalie e dei ritardi del processo di unificazione nazionale; il fascismo come risultato dello scontro tra le classi sociali, funzionale al rafforzamento del dominio capitalistico; il fascismo come fenomeno piccolo-borghese, espressione delle convulsioni sociali dei ceti medi travolti dalla crisi postbellica.
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Le interpretazioni “Fascismo parentesi”
B. Croce, negli articoli raccolti poi in Per una nuova Italia. Scritti e discorsi ( ), formulava la tesi del fascismo come “malattia morale”, tesi che divenne punto di riferimento fondamentale per tutte le interpretazioni non marxiste e radicali della dittatura. In questa chiave il fascismo viene visto come una “parentesi”, l'irruzione improvvisa del male nella storia dell'Europa sconvolta dalla guerra e da conflitti irriducibili. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Esiste una continuità tra questi primi tentativi di analizzare le ragioni del successo di un movimento reazionario che si era impossessato con la forza del potere e sembrava in grado di mantenerlo, e i successivi studi. Grande fortuna ebbe la tesi salvatorelliana del fascismo come espressione della mobilitazione della piccola borghesia, immiserita contro le due classi allora egemoni, la grande borghesia industriale e finanziaria e il proletariato. Questo connotato sociale giustifica i caratteri del movimento e del regime, reazionario e rivoluzionario a un tempo: reazionario contro la classe lavoratrice e le ideologie egualitarie di cui è portatrice, ma rivoluzionario rispetto all'ordine sociale esistente imperniato sulla tutela degli interessi del grande capitale. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Questa interpretazione si ritrova in opere diversissime tra loro: ricorre in classici della storiografia antifascista come Nascita e avvento del fascismo di A. Tasca (pubblicato all'estero nel 1938) e I ceti medi di Pischel, scritta nell'immediato dopoguerra; ricompare nell'elaborazione di un maestro della sociologia come G. Germani (Autoritarismo, fascismo e classi sociali, 1975) e nelle ricerche di uno storico marxista come F. Catalano (Fascismo e piccola borghesia, 1979); Costituisce la chiave interpretativa forte della monumentale biografia di Mussolini (Mussolini, ) con la quale R. De Felice si è assunto il ruolo di massimo esponente del revisionismo storiografico italiano. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Centrare come fa De Felice (anche in Le interpretazioni del fascismo, 1969), l'attenzione sul nesso fascismo-ceti medi comporta il rifiuto della tesi marxista tutta incentrata sul rapporto fascismo-borghesia capitalista. Infatti, fin da A. Gramsci il fascismo si configura nella riflessione degli intellettuali marxisti come il regime attraverso il quale il grande capitale agrario, industriale e finanziario riesce a sconfiggere la mobilitazione delle classi lavoratrici e a imporre con la forza il proprio controllo sul lavoro e la propria egemonia sull'intera società. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Il fascismo è dunque solo un regime reazionario (privo di qualunque componente “rivoluzionaria”) ed è espressione degli interessi del grande capitale e delle classi dirigenti borghesi. Questa tesi attraversa la storiografia per oltre mezzo secolo, dalle opere di P. Togliatti (Lezioni sul fascismo, 1935), di P. Grifone (Il capitale finanziario in Italia, 1945), di G. Salvemini (Scritti sul fascismo, 1961), a quelle di storici come E. Santarelli (Storia del movimento e del regime fascista, 1967), G. Carocci (Storia d'Italia dall'Unità a oggi, 1975), N. Tranfaglia (Dallo stato liberale al regime fascista), G. Quazza (Resistenza e storia d'Italia, 1973), E. Ragionieri (La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, volume IV, 1976). (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Questa storiografia (che molto deve alle intuizioni di Togliatti) ha stentato a cogliere molte delle implicazioni contenute nella famosa definizione del fascismo come regime reazionario di massa, insistendo più sul concetto di regime reazionario che su quello di regime di massa. Nel carattere di massa Togliatti intravede la natura moderna della dittatura, del tutto diversa dai regimi autoritari ottocenteschi; il fascismo si configura dunque come un nuovo sistema politico autoritario/totalitario chiamato a fare i conti con la società dominata da questa nuova entità sociale composita rappresentata dalla massa omogeneizzata dalla tecnica, dalla produzione standardizzata e dalla grande industria taylorista. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni RICERCA SOCIOLOGICA E NUOVE PROSPETTIVE:
questi sono gli ambiti più che quelli storiografici, a confrontarsi con la modernità dei regimi autoritari e totalitari europei tra le due guerre: da H. Arendt (che nel saggio del 1951 Le origini del totalitarismo mette in evidenza l'originalità dei nuovi totalitarismi fondati sulla pervasività del controllo sociale delle masse atomizzate e sull'utilizzazione spregiudicata dei nuovi mass media nella creazione del consenso), a R. Bendix (Stato nazionale e integrazione di classe, 1967), a G.L. Mosse (La nazionalizzazione delle masse, 1975), a Barrington Moore Jr. (con l'ormai classico Le origini sociali della dittatura e della democrazia, 1971). Ciò che accomuna questi studiosi è l'elaborazione della categoria della modernizzazione, intesa come sintesi della natura e della direzione del mutamento sociale all'interno di società toccate dai processi di industrializzazione. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Il fascismo rappresenta, secondo questi studiosi, un esempio emblematico di modernizzazione autoritaria, nella quale si realizza una "mobilitazione dall'alto" delle masse e una crescita che non lede la stabilità dei rapporti di potere, coerente con tutta la storia dell'Italia postunitaria, nella quale l'industrializzazione, per i suoi limiti intrinseci, non era stata in grado di promuovere un profondo rinnovamento delle classi dirigenti e un'integrazione democratica dei contadini e del proletariato urbano nella compagine dello stato. Assumere il fascismo come regime in grado di promuovere un autonomo processo di modernizzazione comporta spezzare uno degli assiomi paradigmatici delle interpretazioni storiografiche correnti, vale a dire l'incompatibilità tra sviluppo e dittatura, tra la modernità, intesa come sviluppo delle forze produttive e come crescita sociale, e l'affermazione di un regime totalitario come quello imposto da Mussolini. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni L'apporto delle scienze sociali non si è fermato a queste considerazioni. Due grandi psicologi come E. Fromm e W. Reich, in due opere fondamentali quali Fuga dalla libertà (1941) e Psicologia di massa e fascismo (1934), riallacciandosi al tema della difficile ricollocazione delle classi medie nella società di massa e delle nuove forme di psicologia collettiva indotte dalla modernità, hanno messo in evidenza come nelle società industrializzate si possano creare ampie disponibilità da parte di interi gruppi sociali, privi di identità ben strutturate, ad accettare sistemi politici autoritari e a sottostare al potere assoluto di un capo carismatico. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni Il fascismo affonda quindi le sue radici in questi atteggiamenti sostanzialmente distruttivi propri soprattutto della piccola borghesia: nella paura della libertà, nelle insicurezze di masse di individui sessualmente repressi, schiacciati da una morale pubblica e da dinamiche familiari autoritarie, nella crescita costante dello “spirito gregario” come alternativa alla distruzione del senso di appartenenza che cementava le società tradizionali. È in questo intreccio drammatico di pulsioni collettive e di conflitti irrisolti, alimentato dall'irrompere della modernità che, in una società ancora arretrata come l'Italia, trova spiegazione il consenso che indubbiamente il regime di Mussolini acquisì negli anni Trenta, piuttosto che nelle realizzazioni sociali ed economiche. (A.DE BERNARDI)
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Le interpretazioni I tradizionali paradigmi interpretativi di scuola liberale o marxista sono dunque stati messi in discussione da questo incontro con le scienze sociali, che hanno aperto nuove prospettive di ricerca per quel che riguarda: l'organizzazione dello stato fascista, tema sul quale primeggiano il lavoro di A. Aquarone, (L'organizzazione dello stato totalitario, 1965), di S. Cassese (La formazione dello stato amministrativo, 1974), di A. Lyttelton (La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, 1974) e di P. Pombeni (Partito nazionale fascista. Demagogia e tirannide, 1984); A. De Bernardi
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Le interpretazioni la politica economica, sulla quale vanno segnalati gli studi di E. Fano Damascelli (La "restaurazione antifascista liberista". Ristagno e sviluppo economici durante il fascismo, 1971), di V. Castronovo (La storia economica, in Storia d'Italia), di G. Toniolo (L'economia dell'Italia fascista, 1980), di G. Sapelli (Organizzazione, lavoro e innovazione industriale, 1978), di G. Barone (Mezzogiorno e modernizzazione, 1988); la politica culturale, con i lavori di L. Mangoni (L'interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, 1974), di E. Papi (Fascismo e cultura, 1974), di M. Isnenghi (Intellettuali militanti e intellettuali funzionari: appunti sulla cultura fascista, 1979), di G. Turi (Il fascismo e il consenso degli intellettuali, 1980), di P. Zunino (L'ideologia del fascismo, 1985). A. De Bernardi
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1922-1929 La costruzione Due date di riferimento “interne”:
il 1924 (crisi Matteotti) Il 1925 (avvio della dittatura) Tra il 1922 ed il 1929 abbiamo: A) soppressione libertà politiche; nasce il partito unico, il duce, la ritualità del regime B) soppressione libertà sindacali ed avvio del corporativismo C) soppressione libertà di stampa D) avvio della politica economica fascista e del cosiddetto dirigismo economico
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1929-1936 La stabilizzazione e il consenso
Due date di riferimento “internazionali”: Crisi economica di wall street (1929) Proclamazione dell’Impero (1936) Tra il 1929 ed il 1936 abbiamo: Patti lateranensi (1929) Elezioni plebiscitarie (1929 dopo i patti) Sistema corporativo (abolizione della lotta di classe in funzione dell’interesse nazionale) Nascita delle istituzioni fasciste che non sostituiscono lo stato ma si intrecciano con esso: MVSN, Gran Consiglio, Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, Corporazione
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1929-1936 La stabilizzazione e il consenso
Si sviluppa una politica economica caratterizzata da un forte dirigismo ed intervento dello stato E’ uno degli elementi che – abbinato al triangolo repressione/consenso/propaganda – fa sentire meno gli effetti della crisi del ‘29 pur con costi elevatissimi in termini di salari reali, licenziamenti ed effettivo mantenimento di condizioni di vita accettabili tra operai e contadini Le linee di intervento principali e caratterizzanti sono 5 (cui si aggiungono quelli propri delle politiche del lavoro e sindacali: il Sistema Corporativo, la Carta del Lavoro, il superamento della lotta di classe in funzione dei superiori interessi nazionali, la Magistratura del Lavoro, gli Uffici di Collocamento): nascita dell’IRI, gli interventi in agricoltura, le politiche ruralistiche e la battaglia del grano, Quota 90, l’autarchia.
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L’Istituto Ricostruzione Industriale (I.R.I.)
Ente pubblico nato nel 1933 per salvare dal fallimento le principali banche italiane (Commerciale, Credito Italiano, Banco di Roma) che avevano pesantemente risentito della crisi economica mondiale del 1929 tanto da correre il rischio di entrare in fallimento. Per evitarne quest'eventualità il governo le acquistò, e con esse acquisì la proprietà delle numerose imprese industriali controllate da queste tre banche. In questo modo l’IRI, e quindi lo Stato, diventò proprietario di oltre il 20% dell' intero capitale azionario nazionale e di fatto il maggiore imprenditore: dalla cantieristica al settore automobilistico - con l' Alfa Romeo - e bancario. Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui scopo era limitato alla liquidazione delle attività così acquisite; ma nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente.
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Gli interventi in agricoltura
Nel 1928 iniziò un programma di bonifica a livello nazionale: lo Stato avrebbe provveduto alle opere fondamentali (risanamento terreni paludosi, rimboschimenti, drenaggio e controllo delle acque) lasciando ai privati il compito di completare a proprie spese la bonifica con piantagioni, dissodamenti, costruzioni rurali. Per l'inadempienza dei proprietari, il progetto rimase in buona parte inattuato.
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Gli interventi in agricoltura
Esito opposto ebbe la bonifica dell'Agro Pontino, che trasformò migliaia di ettari di terre malariche e scarsamente abitate, fra Roma e Terracina, facendovi sorgere circa 3000 poderi, sistemati ed attrezzati. I lavori iniziati nel 1931, furono portati avanti secondo progetti razionali, e contribuirono fra l'altro ad alleviare la disoccupazione che, a causa della crisi, era enormemente aumentata. Le iniziative di bonifica riguardarono comunque una superficie di oltre 4 milioni e mezzo di ettari.
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Le politiche ruralistiche e la battaglia del grano
La battaglia del grano iniziata nel 1925, era rivolta a diminuire l'importazione e a rendere, l'Italia completamente autosufficiente. Dopo la crisi economica del 1929, il regime fascista intensificò la propaganda a favore di un aumento della produzione agricola, facilitando attraverso alcune leggi, la vendita e il collocamento dei prodotti Con legge, dal 1932 vennero istituiti i consorzi agrari, che raccoglievano i prodotti agricoli, soprattutto cereali, offrendo agli agricoltori anticipi sulle vendite e assicurando la collocazione delle merci sul mercato. La produzione subì un reale incremento: da 59 milioni di quintali di frumento, nel 1923, si passò alla produzione di 79 milioni di quintali nel 1933
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Quota 90 Si trattò di una sopravalutazione della lira (quota 90 nel 1927): tasso di cambio della lira con la sterlina fissato nel 1927 a seguito della rivalutazione, annunciata da Mussolini nel discorso di Pesaro del 18 agosto 1926. A quella data il cambio era pari a 153 lire e quota 90 divenne l'obiettivo del governo. Comportò misure monetarie ed economiche, come il consolidamento dei Buoni del tesoro e la riduzione di salari e prezzi interni. In conseguenza di questa azione fu possibile mirare ad riduzione e compressione autoritaria dei salari ( ), intervento reso possibile per il sistema di repressione in atto e per l’esistenza di un sistema di compensazione sociale apparente (apparato del consenso)
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L’autarchia Linea di politica economica finalizzata all'autosufficienza di un sistema economico, mediante la massima riduzione di importazioni ed esportazioni (ottenuta con apposite misure fiscali, doganali e monetarie) e il massimo sfruttamento dei fattori interni. Dominò il sistema economico internazionale tra la prima e la seconda guerra mondiale in seguito all'isolazionismo statunitense, alla “cintura sanitaria” imposta all'Urss e alle difficoltà della ripresa della Germania umiliata dalle riparazioni. Fu uno dei principali fattori di instabilità internazionale
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L’autarchia Il mondo si divise lungo due direttrici
Le grandi potenze puntarono sulle proprie immense risorse interne (USA e URSS) oppure su quelle dei propri imperi coloniali (Gran Bretagna/Commonwealth, Francia, ma anche Belgio e Olanda) Germania, Italia e Giappone si orientarono vero un progressivo riarmo legandosi a tre slogan: “spazio vitale”, “posto al sole”, “area di coprosperità della più grande Asia orientale” Un sistema autarchico sopravvisse di fatto, durante la guerra fredda, nel blocco sovietico in seguito al rifiuto di accedere agli accordi di Bretton Woods (1944) e al piano Marshall (1947).
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L’autarchia Solo l'Italia fascista lanciò dichiaratamente l'autarchia dopo le sanzioni della Società delle nazioni per l'aggressione all'Etiopia (1935). Volta in realtà a rafforzare l'economia di guerra, essa comportò il drenaggio di risorse pubbliche a sostegno dell'industria pesante e la rinuncia a varie importazioni vitali, con gravi distorsioni nei consumi e negli investimenti per un paese poverissimo di materie prime e, soprattutto, una ridicola e molto propagandata pretesa di far da sé in campi tecnologicamente avanzati, e si tradusse in una terribile arretratezza anche della stessa attrezzatura bellica.
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Consenso: una definizione
Accordo all'interno di una comunità relativo ai valori di fondo in essa perseguiti, alle norme che la regolano, agli obiettivi da raggiungere e ai mezzi prescelti per realizzarli. Sulla scorta delle analisi del sistema politico proposte da D. Easton, si suole fare una duplice distinzione all'interno di questa definizione generale: si parla di sostegno diffuso quando si intende riferirsi al consenso al sistema politico in quanto tale, indipendentemente dalla valutazione delle sue specifiche prestazioni; si parla di sostegno specifico ogni qualvolta il consenso degli individui al sistema politico dipende da una valutazione di specifiche convenienze individuali o di piccolo gruppo.
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Consenso: una definizione
Nei regimi democratici il consenso è misurato: innanzitutto dalla convivenza pacifica dei suoi cittadini, senza bisogno di ricorso alla coercizione; in secondo luogo, dalla partecipazione elettorale e dal responso delle urne in libere consultazioni (sistemi elettorali); in terzo luogo, dal sostegno che l'opinione pubblica manifesta nei confronti delle decisioni della classe politica. Il declino del consenso all'interno di un sistema politico rappresenta uno degli indicatori di crisi politica
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Il consenso Per cogliere il peso politico della ricerca e del mantenimento del consenso per un regime totalitario o autoritario, in una società di massa dell’Europa degli anni 20 e 30, occorre conoscere come si è sviluppata ed è stata organizzata la politica del consenso: Il fascismo tentò di organizzare in modo profondo il consenso dei cittadini, non solo con la propaganda e la costruzione dell'immagine del regime, ma soprattutto con la creazione di occasioni di partecipazione in questo senso il regime fascista percepì il bisogno di partecipazione da parte della popolazione dopo la prima guerra mondiale (che era stata una grande occasione di nazionalizzazione ma anche di reciproca “conoscenza”) a cui le classi dirigenti liberali non si erano dimostrate sensibili.
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Il consenso Il fascismo creò grandi momenti di identità e appartenenza per tutti (bambini e adulti, uomini e donne), adunate, marce, inni, feste di regime, manifestazioni di massa, sfilate di reduci, vedove, mutilati; Attorno al mito della patria, della “nuova Italia”, della guerra realizzò forme di aggregazione ideale, grandi occasioni retoriche di creazione di identità, di senso di appartenenza alla nazione e alla memoria della nazione (questione delle radici del fascismo) Il fascismo creò vere e proprie organizzazioni collaterali del PNF per la gestione di ogni spazio del tempo: nel lavoro, nel tempo libero, nella vacanza, nello sport.
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Il consenso Il consenso in un regime autoritario/totalitario non è affatto circoscritto alla dimensione ideologica o politica; queste dimensioni vengono “trasferite” in contesti apparentemente distanti e mediate dal messaggio che vuole essere trasmesso in quella diversa dimensione: Nel turismo, nello sport dilettantistico e nella attività fisica in generale, le funzioni erano essenzialmente pedagogico-educative, finalizzate alla costruzione mentale, fisica e culturale dell’uomo nuovo da contrapporre alla vecchia popolazione dell’Italia liberale Nello sport professionistico e nella partecipazione ad eventi sportivi internazionali, la funzione era tutta politica (interna ed internazionale), tesa ad esaltare la nazione, il suo popolo, il suo Duce
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L’uso politico del tempo libero
E’ evidente come tutto ciò – ancor prima del turismo e del tempo della vacanza – era funzionale al progetto di uno stato forte ed autoritario, con una popolazione ordinata, disciplinata obbediente e, all’occasione – poi fallita per la crisi del consenso – pronta ed unita per rispondere alle chiamate del regime. I messaggi passavano facilmente, dissimulati con abilità anche grossolana, ma senza creare quel clima di diffidenza o noia che produce in genere la propaganda diretta ed ufficiale. Altri elementi avrebbero messo in crisi questo sistema mentre l’esclusivo turismo di elite manteneva il suo ritmo
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La repressione L’altra faccia della medaglia delle politiche del consenso sono gli strumenti di repressione Alcuni dati offrono il quadro del sistema repressivo in atto nell’Italia fascista uccisioni – 2000 sedi (comuniste, socialiste, anarchiche) distrutte condannati dal Tribunale speciale a anni di carcere e a 43 pene capitali migliaia di confinati, arrestati perché ritenuti pericolosi, internati in quanto ritenuti instabili psicologicamente Sono dati orientativi (probabilmente al ribasso) in quanto criteri di calcolo e fonti sono, per alcune voci, incerti o comunque non pienamente riscontrabili se non attraverso un’analisi sistematica
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La repressione Il fascismo utilizzò diversi strumenti (legislativi e di fatto) per reprimere e sopprimere il dissenso. A parte le organizzazioni proprie (PNF, MVSN/CC.NN. OVRA/Polizia politica, Confidenti) e le strutture create nello Stato come il Tribunale Speciale, si basò progressivamente sulle strutture ordinarie in parallelo alla fascistizzazione della burocrazia (dai singoli ministeri, a quello degli interni, alla magistratura) riuscendo a creare una fitta rete di controllo reale della società Controllo che si espresse anche attraverso un sistematico utilizzo dei mezzi di comunicazione Lo schema seguente rende idea della struttura di controllo/consenso posta in essere dal regime fascista fra le due guerre
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La società durante il fascismo
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La società durante il fascismo
Nella società italiana agiscono strutture dedicate al controllo della società; a parte quelle repressive ed al PNF, il regime costruisce un vero e proprio sistema di controllo, irregimentazione e formazione culturale e pedagogico educativa. Ogni aspetto della vita quotidiana da fanciulli ad anziani viene portato all’interno di questo sistema Alla progressiva fascistizzazione – fino al resistono (per le particolarità del totalitarismo imperfetto): parte delle organizzazioni cattoliche (ACLI, AGESCI), gli oratorii, le strutture clandestine del PCI. Sarà la crisi ed il crollo del consenso seguita alle paure post-etiopia, alla Germania, alle leggi razziali a modificare velocemente ma radicalmente il quadro
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O.N.D. Nasce nel 1925 istituzionalizzando i circoli ricreativi dei sindacati fascisti, dieci anni dopo – all’apice del consenso al regime – era divenuta la struttura organizzativa maggiormente pervasiva della società All’inizio era rivolta agli ambienti urbani ed industriali (maggiormente “pericolosi”); negli anni 30 si rivolse al mondo delle campagne per evitare “distrazioni dal lavoro della terra” Dal 1929 si estese anche alle donne con un programma specifico: pronto soccorso, igiene ed economia domestica (ruolo della “donna nuova nell’Italia fascista” Tra il 1927 ed il 1929 diviene una struttura nazionale che vigilava ed organizzava il tempo libero suddividendole in Istruzione (cultura fascista e formazione professionale) Educazione fisica (sport e turismo) Educazione artistica (musica, cinema, radio e folklore)
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O.N.D. Gli iscritti avevano la possibilità di:
Sconti ferroviari sui treni popolari Possibilità di acquisti rateali Riduzioni per i cinema ed i teatri Possibilità di intraprendere attività sportive anche in età adulta: queste competizioni erano indipendenti da quelle del CONI ma con l’impegno di segnalare atleti particolarmente dotati.
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G.I.L. Stante la centralità dell’educazione giovanile, il regime costituì la Gioventù italiana del littorio ( ). Organizzazione giovanile creata per la “preparazione spirituale, sportiva e paramilitare dei giovani”. La G.I.L. assorbì l'Opera nazionale Balilla con tutte le sue organizzazioni interne (Balilla e Piccole Italiane – da 8 a 14 anni; Avanguardisti e Giovani Italiane – da 14 a 18 anni; Giovani Fascisti e Giovani Fasciste – dai 18 ai 21 anni) e fece capo direttamente alla segreteria del Partito fascista. Nel 1943 arrivò ad avere oltre iscritti. Annualmente organizzava i Ludi juveniles della cultura, dell'arte, dell'educazione fisica e dello sport. La G.I.L. doveva rappresentare la base comune di tutti gli italiani, indipendentemente dal futuro ruolo che il singolo andava a ricoprire nella società
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G.U.F. Mentre la GIL accompagnava i ragazzi e le ragazze fino alla maggiore età puntando sul mito della nuova Italia attraverso lo sport (atletica, sport invernali, ciclismo, nuoto, pugilato, tiro a segno e ovviamente calcio), i Gruppi Universitari Fascisti, istituiti nel 1927 come articolazione del PNF, raccoglievano universitari e iscritti alle accademie militari e avevano il fine di educare i giovani secondo le direttive del regime a livello culturale e teorico. Manifestazione principale erano i “Littorali della Cultura e dell’Arte” la cui prima edizione si tenne nel 1934 Fine ultimo dei GUF era l'educazione della futura classe dirigente.
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Le feste Venne data particolare attenzione al recupero e mantenimento delle feste tradizionali anche di tipo religioso (slogan Dio e Patria) ma con elementi nuovi: cortei e processioni venivano arricchiti da carri, canti popolari, gare sportive e fuochi d’artificio Divenivano centrali i luoghi e i miti della propaganda fascista: i caduti, la Patria, Roma, il ruralismo L’interesse per le feste popolari era strumentale in quanto collegato a scelte economiche e politiche importanti: con la politica dell’autarchia, il mondo rurale con le sue tradizioni doveva essere propagandato e divenire esempio per modelli culturali e comportamentali propri dello “spirito italico”.
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Il Treno popolare Primo impulso – derivato dalla politica sociale del regime per il contenimento delle compressioni salariali calcolate tra il 15 ed il 30% sul salario del 1919 – venne dato dai “treni popolari”. Nati nel 1931 per abbinare il calcolo economico con quello politico, permettevano di raggiungere uno sconto dell’80% sulle tariffe incrementando il trasporto e sanando il deficit delle FS. Ben evidenziati dalla propaganda i treni popolari divennero una vera e propria istituzione per le classi popolari anche se il prezzo – al di fuori delle organizzazione del PNF – era comunque elevato se rapportato ai redditi reali.
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La politica estera L’equilibrio degli anni Venti
Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione balcanica Avvicinamento ed alleanza con la Germania nazista: La guerra d’Etiopia ( ) Asse Roma Berlino (24 ottobre 1936) Anschluss austriaco (12 marzo 1938 Patto di Monaco (30 settembre 1938) Patto d’acciaio (22 maggio 1939) La guerra civile spagnola (giugno 1936-febbraio 1939)
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L’equilibrio degli anni Venti: una pericolosa illusione
Il Patto di Locarno (definiti nell’ottobre 1925) entrò in vigore nel 1926, quando la Germania fu accolta in seno alla Società delle Nazioni: fu l’inizio di un breve, ma intenso periodo di distensione e di collaborazione. Gli accordi furono denunciati da Hitler il 7 marzo 1936 con l’occupazione militare della Renania, in un clima internazionale totalmente mutato e degradato. Si tratta in realtà di diversi accordi il più importante dei quali fu il Patto Renano, tra Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia
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L’equilibrio degli anni Venti: una pericolosa illusione
Nel patto renano era prevista una garanzia collettiva delle frontiere francesi e belghe con la Germania, la smilitarizzazione di una zona sulla sponda sinistra del Reno, il divieto di ogni aggressione e l’obbligo di ricorrere all’arbitrato pacifico in caso di controversie. La Gran Bretagna e l’Italia, in qualità di potenze garanti, si impegnavano ad intervenire in aiuto dello Stato che fosse stato vittima di un’aggressione. La Germania accettò i confini occidentali scaturiti dalla guerra (in particolare la cessione dell’’Alsazia-Lorena) e concluse trattati d’arbitrato anche con la Polonia e con la Cecoslovacchia
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L’equilibrio degli anni Venti: una pericolosa illusione
I giudizi storici sul Patto di Locarno non sono unanimi alcuni vi scorgono un collegamento diretto con gli eventi che portarono alla seconda guerra mondiale, considerano questi trattati una pericolosa illusione. per altri rappresentano lo smantellamento del sistema antitedesco di Versailles. altri si soffermano sul fatto che sancirono due gradi di frontiere dove solo le prime erano garantite dalle potenze europee. Con ciò si era invitata la Germania ad attivare una politica espansionista ad est. Altri ancora li vedono come un’ammissione di debolezza da parte della Società delle Nazioni, costretta a propugnare soluzioni regionali non riuscendo a proporre una soluzione globale. la storiografia d’ispirazione sovietica e comunista lo ha poi ritenuto una manovra del capitalismo imperialista, soprattutto inglese, per rafforzare il blocco contro l’URSS.
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L’equilibrio degli anni Venti: una pericolosa illusione
per altri invece ha rappresentato la svolta fra gli anni di guerra e gli anni di pace. Ha messo un termine alle ostilità tra la Francia e la Germania ed è stato il “vero” trattato di pace. L’accordo, a differenza dei tradizionali sistemi d’alleanze, non era diretto contro altri Stati e aveva una durata illimitata. Indicava che la mediazione dei contrasti era da ricercare nel diritto internazionale. Inoltre era stato all’origine di un nuovo clima di fiducia tra gli Stati. La suddivisione in vinti e vincitori era stata superata per sviluppare un progetto d’intesa comune. Comunque sia, negli anni successivi, gli accordi di Locarno furono presi a modello quale possibile soluzione elastica e pragmatica per i conflitti regionali: in particolare si era proposta una “Locarno” per i Balcani.
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Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione balcanica
Il fascismo non poteva – quasi geneticamente – accettare le soluzioni di Versailles Il mito della vittoria mutilata, gli avvicinamenti (in funzione antitedesca e contro le ipotesi di unione dell’Austria alla Germania) ed i contrasti (Balcani spazio italiano; insurrezionalismi nazionali; ruolo egemone e politica di potenza) con la Francia segnano – parallelamente al complesso rapporto con l’Inghilterra specie sugli spazi mediterranei - le tappe progressive sia delle oscillazioni di Mussolini in politica estera, sia uno dei veri obbiettivi del regime Il doppio versante etiope e balcanico, e la politica tedesca dal 1933 in avanti segnano la sconfitta della politica estera del regime e l’avvio della subordinazione di Roma a Berlino
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Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione balcanica
Molte sono le tappe della politica balcanica del fascismo (e prima liberale) negli anni 20 e 30, tra queste: Triangolo (Austria, Irredentismi nazionali, Albania) di pressione sulla presenza francese e della Piccola Intesa (sistema di alleanze tra la Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia dal 1920 al 1938 che ebbe come scopo principale la difesa dall'irredentismo ungherese; era sotto l’egida della potenza francese) Utilizzazione in funzione destabilizzante dei nazionali balcanici: Ustasa, Orim, Heimweren (Corpi paramilitari austriaci sorti per difendere la neonata Repubblica austriaca dal pericolo socialdemocratico e, in Carinzia, dalle rivendicazioni della minoranza slovena. Dopo l’Anschluss – aderirono al nazionalsocialismo).
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Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione balcanica
Revanscismo ungherese verso il regno di Jugoslavia Albania: Con il trattato di Tirana del 1920, Giolitti aveva rinunciato al protettorato sullo stato balcanico riconoscendone l’indipendenza in cambio dell'isolotto di Saseno. Il fascismo modificò la situazione: la proclamazione nel 1925 di Zog Capo dello stato pose le basi per il rafforzamento italiano che portò dapprima ad una serie di intese commerciali e (26 giugno 1926) all'accordo a favore dell’Azienda Italiana Petroli Albania (AIPA) che assunse, in concessione esclusiva, la gestione delle risorse petrolifere della regione albanese. Nel marzo 1939 Mussolini propose a Zog un nuovo trattato che avrebbe portato alla cessione totale della sovranità nazionale albanese L'invasione dell'Albania inizia il 7 aprile del 1939.
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Guerra d’Etiopia L’aggressione all'impero etiopico si basò su: motivi di prestigio internazionale (colonie, impero) motivi interni (riscatto di Adua, propaganda). Fu condotta anche con l'uso di bombardamenti e gas asfissianti. La vittoria permise al duce di proclamare l'impero il 9 maggio 1936. La Società delle nazioni decretò sanzioni economiche contro l'Italia, che furono poi ritirate. Di fatto è il momento di maggior consenso al regime, ma anche il punto di svolta della sua politica estera con il progressivo avvicinamento alla Germania
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Asse Roma Berlino 24 ottobre 1936
Patto d'amicizia formale di grande valore politico; sanciva il primo concreto avvicinamento tra i due paesi, divisi dalla questione austriaca e dalla collocazione internazionale dell’Italia. L’Asse era stato preparato dall’appoggio diplomatico che la Germania aveva offerto all’Italia sulla questione etiopica e contro le sanzioni. Le prime conseguenze furono la partecipazione di Italia e Germania alla guerra civile spagnola, in appoggio alle forze franchiste l'adesione dell'Italia al patto anticomintern (autunno 1937) Mussolini era ancora perplesso all’idea di raggiungere una vera alleanza militare (le “oscillazioni”). A seguito dell’Anschluss, dopo la conferenza di Monaco e con l’occupazione italiana dell’Albania, si decise a firmare il Patto d'acciaio.
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Anschluss Dopo la guerra l'Italia aveva ottenuto (con il Trattato di St. Germain-en-Laye, che segna la fine dell'Impero austro-ungarico), la sicurezza della frontiera nord-orientale con il confine al Brennero garantendo la sicurezza della Pianura Padana, fino ad allora messa in serio pericolo dal cuneo austro-ungarico. La “chiusura delle porte di casa”, si completava con la Carniola occidentale (Gorizia, Trieste, l'Istria fino alle Alpi Giulie). Il Trattato di St. Germain en Laye sanciva il divieto (imposto da Francia e Italia) per la Repubblica d'Austria di procedere all'Anschluss. Questo divieto era una delle contraddizioni del principio di nazionalità sul quale si era basata la sistemazione dell’Europa voluta dal Presidente americano Wilson;
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Anschluss Anche dopo l'avvento del fascismo, la posizione italiana rispetto all’indipendenza austriaca non si allontanò dall'impostazione liberale postbellica. Il 20 maggio 1925 Mussolini espose queste linee al Senato: “L'Italia non potrebbe mai tollerare quella patente violazione dei trattati che consisterebbe nell'annessione dell'Austria alla Germania. La quale annessione, a mio avviso, frustrerebbe la vittoria italiana, aumenterebbe la potenza demografica e territoriale della Germania e darebbe questa situazione di paradosso: che l'unica nazione che aumenterebbe i suoi territori, che aumenterebbe la sua popolazione, facendo di sé il blocco più potente nell'Europa centrale, sarebbe precisamente la Germania” L'obiettivo era quello di inserire l'Austria all'interno del rapporto privilegiato che l'Italia possedeva con l'Ungheria già da parecchi anni e che si sarebbero rinforzati con il progetto di unione doganale italo-austro-magiara del 1932.
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Anschluss I segnali di pressione tedesca verso sud-est, quindi, iniziarono a minacciare questa situazione: l'eventuale perdita del mercato austriaco avrebbe causato la fine del progetto di unione doganale e la decadenza della penetrazione politica anti-francese e anti-tedesca. La contemporanea attività commerciale tedesca nei confronti dell'Ungheria, culminata con la stipula, nel giugno 1933, di un Trattato di amicizia e di commercio, inoltre, mise in pericolo il complesso della politica balcanica liberale e fascista. Da tempo l’Italia finanziava le Heimwehren e appoggiava il Governo Dolfuss dopo la svolta autoritaria del derivata anche dalla criticità della situazione economica e sociale del paese Quando Hitler giunse al potere, il ruolo di garante dell'indipendenza austriaca svolto dall'Italia e il sistema politico di Vienna non erano esenti da problemi : l'opinione pubblica non vedeva di buon occhio un eventuale intervento armato italiano, pur in difesa dell'indipendenza nazionale.
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Anschluss Hitler aveva fatto ripetutamente presente a Mussolini, tramite Göring, della necessità che Dollfuss venisse rimosso; un’ipotesi ripetuta dallo stesso Hitler durante l'incontro di Stresa del giugno 1934, nel corso del quale il Fuhrer espose l’idea di tenere libere elezioni, certo di una vittoria dei nazisti. Mussolini si limitò a prendere atto della richiesta, convinto che qualunque modifica avrebbe permesso al nazismo di far breccia nell’opinione pubblica austriaca, spianando la strada all'Anschluss e mettendo a rischio la frontiera del Brennero. Fu ucciso il 25 luglio 1934 da nazisti austriaci durante un tentativo insurrezionale. Nel luglio 1934 i nazisti austriaci tentarono un’insurrezione: le minacce di Mussolini evitarono l’intervento tedesco ma non salvarono la vita di Dolfuss. L'obiettivo di Hitler di togliere di scena Dolfuss era raggiunto
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Anschluss L'atteggiamento italiano nei confronti dell'Anschluss mutò agli inizi del 1936. Gli incontri gennaio tra Mussolini e l'Ambasciatore tedesco a Roma posero le basi di un riavvicinamento dopo la crisi seguita alla morte di Dolfuss. Mussolini prospettò nuove soluzioni: considerando il Fronte di Stresa ormai morto e sepolto, comunicò all'Ambasciatore tedesco che si sarebbe posto fine alla protezione austriaca e che si sarebbe accettato la graduale assimilazione dell'Austria e della Germania. L’11 luglio 1936 viene concluso un primo accordo austro-tedesco. In occasione della firma italiana al Patto anticomintern (6 novembre 1937), Mussolini ebbe un colloquio con J.von Ribbentrop, durante il quale dichiarò di non aver più intenzione di fare la sentinella dell'indipendenza austriaca. Nel marzo 1938 Adolf Hitler poteva procedere all'Anschluss.
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Patto di Monaco 30 settembre 1938
Accordo raggiunto tra i rappresentanti di Germania (Hitler), Gran Bretagna (N. Chamberlain), Francia (E. Daladier) e Italia (Mussolini), che consentì ai tedeschi di occupare (10 ottobre) il territorio cecoslovacco abitato dalla forte minoranza linguistica dei Sudeti (regione che dal 1933 era oggetto delle rivendicazioni naziste tese a riunire tutte le minoranze tedesche). L’esplicita minaccia (12 settembre 1938) di procedere ad una annessione violenta e la crisi internazionale che ne derivò spinsero Mussolini a farsi promotore dell'incontro di Monaco, dove non furono invitati i dirigenti cecoslovacchi. Il cedimento di britannici e francesi alle pretese naziste in nome dell'appeasement convinse Hitler che le potenze occidentali non avrebbero scatenato un conflitto di fronte ad altre espansioni.
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Patto di Monaco 30 settembre 1938
Mussolini si presentò come salvatore della pace ma non colse le conseguenze e contribuì di fatto al successivo accordo con l’URSS (agosto 1939). Il compromesso di Monaco, come proposto da Mussolini, sanciva il passaggio del territorio dei Sudeti alla Germania. Questa cessione doveva costare alla Cecoslovacchia la perdita di una superficie di oltre km²; una regione ricca di risorse minerarie e di vitale importanza militare, in quanto unico baluardo naturale nei confronti di un’eventuale invasione tedesca. L’intesa si rivelò del tutto fragile: l’intera Cecoslovacchia fu occupata nel marzo 1939.
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Guerra civile spagnola giugno 1936 - febbraio 1939
Rivolta dei militari guidati da Francisco Franco contro la repubblica democratica governata dal Fronte popolare, vincitore delle elezioni del 1934. Di fatto è l’anticipo del conflitto sotto due aspetti: Taluni caratteri propri della guerra totale Prima vera contrapposizione tra democrazia e fascismo in tutta Europa. Fu combattuta sul territorio spagnolo, ma coinvolse tutto il mondo sollevando un'ondata di solidarietà verso la repubblica, che in Italia intaccò il consenso di cui godeva in quel momento il regime. Alla guerra parteciparono migliaia di volontari stranieri inquadrati nelle Brigate internazionali (tra gli italiani: Camillo Berneri, Carlo Rosselli, Pietro Nenni) .
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Guerra civile spagnola giugno 1936 - febbraio 1939
La Germania e l’Italia inviarono massicci aiuti in truppe e materiali, mentre i governi democratici, dietro dichiarazioni antifasciste di facciata, rimasero tentennanti, finendo per abbandonare la repubblica al suo destino Solo la Francia (grazie anche all’emigrazione antifascista di Parigi) e l’Urss – ma con atteggiamenti difficili e complessi nei confronti delle brigate internazionali per il loro disallineamento rispetto al comunismo sovietico che condusse a veri omicidi politici - si impegnarono in aiuti scarsi, nella speranza che una vittoria della repubblica potesse condizionare le forze dell’Asse.
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Guerra civile spagnola giugno 1936 - febbraio 1939
Il trionfo della dittatura franchista in Spagna fu un ulteriore incoraggiamento per la politica aggressiva dell” Asse Roma-Berlino. Per il fascismo la guerra di Spagna fu la “sua guerra” da contrapporre anche alla conquista dell’Etiopia considerata il necessario riscatto dell’esercito dopo Adua. La MVSN (con uomini) fu il perno dell’intervento italiano con la denominazione di CTVI (Corpo Truppe Volontarie Italiane)
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Patto d’acciaio - 22 maggio 1939
Accordo firmato a Berlino tra Italia e Germania, definito d'acciaio da Mussolini per sottolineare la forza del legame politico e militare decennale. Una clausola prevedeva l'aiuto reciproco in caso di pericolo per la sicurezza di una delle due parti. Per Mussolini fu il vincolo definitivo con la Germania, dopo l'Asse Roma-Berlino Per Hitler un altro passo verso il conflitto mondiale.
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Le leggi razziali 7 Leggi emanate in Italia tra il 5 Settembre 1938 e il 29 Giugno 1939, che ricalcano essenzialmente quelle promulgate in Germania. Il primo documento ufficiale da cui sono poi scaturite le Leggi Razziali, è il Manifesto sulla purezza della razza presentato il 14 Luglio 1938 e pubblicato il 5 agosto 1938 sulla rivista La difesa della razza, firmato da 10 scienziati italiani e sottoscritto da oltre 300 esponenti della cultura, docenti universitari, membri del partito.
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Le leggi razziali I capoversi che fissano le basi del razzismo fascista: LE RAZZE UMANE ESISTONO … ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. … IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO... LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA … È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI … ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA"… È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI … È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I MEDITERRANEI D’EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA . GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA ... I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO …
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Le leggi razziali L’applicazione delle leggi razziali in Italia cominciò con un inaspettato censimento etnico, nel mezzo dell’estate del 1938 Alle prefetture fu diramata una circolare, in data 11 agosto 1938, disponendo una “esatta rilevazione degli ebrei residenti nelle provincie del regno”, da compiersi “con celerità, precisione e massimo riserbo”. La schedatura fu completata in una decina di giorni: ebrei censiti sul territorio del regno,di cui stranieri (nei confronti dei quali fu immediatamente decretata l’espulsione). Si trattava di cifre già note al Viminale ma la valenza del censimento era tutta politica; conoscere, più che dimostrare o valutare.
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Le leggi razziali Ad esso fecero seguito queste applicazioni:
Gli ebrei italiani non possono: Prestare servizio militare; Esercitare l’ufficio di tutore; Essere proprietari di aziende interessanti la difesa nazionale; Essere proprietari di terreni e fabbricati; Avere domestici ariani Gli ebrei non possono lavorare: nelle amministrazioni pubbliche e nel PNF; negli Enti provinciali e comunali; nelle banche e nelle assicurazioni Gli ebrei non possono insegnare e studiare nella scuola italiana
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1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
Alcune date di riferimento “interne/internazionali” per seguire la storia: 1933: presa del potere da parte del nazismo in Germania 1936: proclamazione dell’impero, apice del consenso, sanzioni della SdN. Isolamento italiano ed avvicinamento alla Germania nazista 1936: asse Roma/Berlino. Intesa stipulata tra Germania e Italia il 24 ottobre Patto d'amicizia formale e vago, ma di grande valore politico. 1937: intervento nella guerra civile spagnola
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1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
: difesa della razza e leggi razziali 1939 (maggio): patto d’acciaio. Il patto era di alleanza in caso di minacce internazionali; di aiuto immediato e supporto militare in caso di guerra, inoltre nessuna delle parti avrebbe potuto firmare la pace senza l'accordo dell'altra; e di collaborazione nella produzione bellica e in campo militare. Il Patto d'Acciaio era fondato sull'assunzione che la guerra sarebbe scoppiata nel giro di tre anni. 1939 (settembre) inizia la seconda guerra mondiale 1940 (giugno) l’Italia entra in guerra
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1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
1/9/ /6/1940: la non-beligeranza : la guerra fascista : francia, grecia e balcani : africa settentrionale e etiopia : campagna di russia 1942: la sconfitta in africa ed il crollo sul fronte orientale segnano l’inversione nei destini di guerra 10 luglio 1943: sbarco alleato in Sicilia 25 luglio 1943: caduta di Mussolini e avvio della occupazione tedesca (peraltro predisposta da maggio) 8 settembre 1943: armistizio italiano
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1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
: le tre guerre e le tre italie, gli scioperi e la resistenza al nord, gli americani e i partiti al sud inverno : RSI e linea gustav 6 giugno 1944: liberazione di Roma inverno : la linea gotica 25 aprile 1945: sfondamento alleato, insurrezione partigiana, fine della guerra in Italia
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